Tag: anarchici

  • Pacchi bomba, assolti pista anarchica distrutta a Genova

    Per Natascia Savio e Robert Firozpoor i pm avevano chiesto la condanna a 17 anni, per Giuseppe Bruna 18 anni e 4 mesi. Tutti accusati di terrorismo in relazione ai pacchi bomba intercettati con destinazione due magistrati di Torino è un dirigente del Dap. Si trattava dell’inchiesta Prometeo, pista anarchica, con l’appoggio di tutti i partiti e tutti i giornali. Oggi i giudici di Genova hanno deciso per l’assoluzione. Non hanno commesso il fatto. La pista anarchica non c’è più.
    La sentenza arriva dopo due anni e mezzo di carcere duro. I giudici hanno disatteso le richieste di condanna della procura antiterrorismo di Genova dando credito ai difensori che avevano parlato di indagini a senso unico. Dei tre imputati Bruna resta in carcere a causa di un’altra misura cautelare mentre gli altri due sono liberi. Natascia Savio aveva fatto un lungo sciopero della fame perché detenuta in una prigione troppo lontana dal suo difensore Claudio Novaro.
    Non è la prima indagine su gruppi anarchici che si rivela un flop. Era già accaduto di recente sia a Roma sia a Bologna, con le misure cautelari annullate dal Riesane e dalla Cassazione.
    A Genova è stato necessario arrivare alla sentenza di primo grado davanti alla corte d’Assise. Nel frattempo gli imputati hanno pagato un prezzo altissimo con due anni e mezzo di carcere. Erano stati arrestati nel 2019 con l’accusa di aver confezionato pacchi bomba diretti ai pm torinesi Antonio Rinaudo, noto come grande inquisitore dei NoTav per terrorismo con scarsissimi risultati, e Roberto Sparagna. Il terzo pacco bomba era destinato a Santi Consolo del Dap.
    (frank cimini)

  • Anarchica fa sciopero della fame nel carcere dei pestaggi

    Nel carcere dei pestaggi e dei detenuti di Santa Maria Capua Vetere dove l’inchiesta ha portato a 52 misure cautelari a carico di funzionari e agenti penitenziari c’è una reclusa anarchica Natascia Savio che fa lo sciopero della fame dal 17 giugno scorso perché considera lesi i suoi diritti di difesa.
    Savio è sotto processo a Torino per associazione sovversiva ma a piede libero perché le manette erano state annullate dal Tribunale del Riesame. A Genova invece è imputata per l’invio di pacchi esplosivi.
    Savio è in sciopero della fame per protestare contro le sue attuali condizioni detentive che le impediscono di avere rapporti continuativi con i suoi familiari e il suo avvocato e che costituiscono un’evidente diminuzione delle sue possibilità difensive.
    Savio è anarchica. È detenuta in custodia cautelare dal marzo del 2019. Da marzo di quest’anno, proprio nell’imminenza dei due processi a suo carico, è stata trasferita a Santa Maria Capua Vetere, che dista circa 1.000 Km dal luogo di residenza dei suoi familiari e dallo studio del suo legale. L’avvocato Claudio Novaro si è rivolto al Garante dei detenuti che ha risposto, confermando di aver avviato un’interlocuzione con il ministero.
    Sono state inviate anche plurime istanze al DAP – nella speranza di ottenere un suo trasferimento in un carcere vicino al luogo di celebrazione dei suoi processi e attrezzato per consentirle di consultare gli atti. Tutto finora senza esito. (frank cimini)

  • Anarchici, dietrofront del pm Dambruoso sul “terrorismo”

    La procura di Bologna ha chiuso le indagini che nel maggio 2020 avevano portato agli arresti per associazione sovversiva finalizzata al terrorismo rinunciando alla contestazione proprio del reato più grave. Il pm Stefano Dambruoso ha dovuto prendere atto delle sconfitte riportate davanti al Riesame prima e alla Cassazuone poi dove gli arresti erano stati annullati.
    “Non basta la comune adesione all’ideologia anarchica
    come effettivo e reale ‘contagio’ del gruppo investigato da parte delle idee e finalità terroristiche eventualmente sviluppatesi in altre cellule della galassia anarchica mentre viene richiesto al giudice di merito di fornire la prova di una tale e concreta contaminazione che deve portare alla gemmazione di cellule autonome aventi le caratteristiche tipiche dell’associazione sovversiva con finalità di terrorismo”. Era questo uno dei passaggi della motivazione con cui la Cassazione rigettava il ricorso del pm Stefano Dambruoso contro la decisione del Riesame di Bologna di scarcerare gli anarchici arrestati a maggio.

    La Cassazione ricordava inoltre che non erano state rinvenute armi ma unicamente artifici pirotecnici aste e bastoni impiegati per dispiegare bandiere o stendardi. L’acquisto di maschere antigas non era finalizzato al compimento di azioni violente ma a scopi protettivi in vista di possibili azioni delle forze di polizia in occasione delle manifestazioni di piazza.

    Nel corso dei cortei e delle manifestazioni alle quali parteciparono gli indagati “al di là di qualche imbrattamento e danneggiamento non vi fu mai pericolo concreto per la pubblica incolumità“.

    In occasione dell’incendio di un impianto di ricetrasmissione diventato il fulcro della ricostruzione accusatoria la Cassazione sposava la tesi dei giudici del Riesame. C’era l’obiettivo di danneggiare la struttura “ritenuta espressione dell’assoggettamento alle tecnologie da parte delle istituzioni dello Stato piuttosto che la volontà di causare un pericolo di devastazione di maggiori proporzioni”.

    Al centro dell’inchiesta che portò agli arresti poi revocati dal Riesame c’erano una serie di manifestazioni di solidarietà con i detenuti che avevano visto aggravata la propria condizione dalla diffusione del Covid. Le riunioni pubbliche si erano svolte usando ogni precauzione dalle mascherine al rispetto della distanza tra le persone. Per cui l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo era apparsa spropositata e animata dalla volontà di reprimere il dissenso rispetto alle politiche securitarie. I giudici del Riesame avevano rilevato proprio questo rischio.
    Insomma tanto rumore per nulla. Il blitz era costato un po’ di settimane di carcere ai militanti del gruppo anarchico che ora saranno presumibilmente processati solo per i reati fine che da soli
    non sarebbero bastati a giustficare le richieste di manette. La procura decideva di forzare la mano anche montando una campagna mediatica sulle pagine dei giornali locali i quali poi avrebbero riportato solo in poche righe la sconfessione del “teorema” da parte del Riesame per concentrarsi nel titolo sulla “manifestazione non autorizzata” per celebrare le scarcerazioni. (frank cimini)

  • C’è sempre una pista anarchica ovunque e comunque

    C’è sempre una pista anarchica, ovunque e comunque. A Torino, dove la procura aveva invano tentato di trasformare l’incendio di un compressore in un atto di terrorismo, il prossimo 21 aprile il tribunale di sorveglianza dovrà decidere su richiesta dei pm se applicare a Marco Boba la misura della sorveglianza speciale e tra gli elementi da valutare c’è un libro scritto sei anni fa dal titolo “Io non sono come voi”. “Io ho odio dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mie sono pulsioni nichiliste” si legge nel romanzo che dovrebbe costare a chi l’ha scritto secondo la procura una forte limitazione della libertà. Non il carcere perché per quello non c’è abbastanza. Ma un prezzo il redattore di Radio Black Out, occupante di El Paso, esponente del movimento anarchico, deve evidentemente pagare.
    Da Torino a Roma dove il Riesame su input della Cassazione ha cancellato l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per quattro anarchici arrestati a giugno dell’anno scorso. Siccome il reato più grave era già stato annullato per Francesca Cerrone siamo davanti all’ennesima inchiesta flop sugli anarchici analoga a quella di Bologna.
    Marco Boba, 53 anni, in passato aveva scontato diversi periodi detenzione per la sua partecipazione alle lotte sociali. A quanto pare non è sufficiente scontare le condanne ma è anche necessario abiurare la propria identità la propria appartenenza e dimostrare di aver assorbito un’altra idea, quella del silenzio e della rassegnazione.
    Nel romanzo l’alter ego di Boba dice: “Per la società per il sistema io sono un violento ma ti assicuro che per indole sono una persona tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta”.
    La misura della sorveglianza speciale risale ai tempi del fascismo ma viene usata spesso anche in democrazia o democratura a seconda dei punti di vista. Il provvedimento si concretizza in un serie di divieti che cancellano relazioni amicizie affetti nel nome della cosiddetta pericolosità sociale. La refrattarietà a piegare la testa è prova di pericolosità sociale secondo la procura già responsabile insieme al tribunale della vicenda di Dana Laureola da nove mesi in carcere con la prospettiva di restarci fino a due anni per aver parlato con il megafono durante una mafistazione dei NoTav in autostrada.
    A Roma invece della mega operazione “antiterrorismo” del giugno scorso non resta quasi niente. Il reato associativo è stato spazzato via su indicazione della Cassazione. In carcere resta solo Claudio Zaccone per una presunta azione contro una caserma dei carabinieri ma anche per lui l’accusa di aver agito con fini di eversione dell’ordine democratico è caduta.
    Daniele Cortelli, Flavia Di Giannantonio e Nico Aurigemma sono stati scarcerati. Prima la Cassazione e poi il Riesame hanno dato ragione al difensore Ettore Grenci secondo il quale il blitz era stato una repressione del dissenso sociale e politico. Si trattava di manifestazioni in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid fatte tra l’altro con l’uso di mascherine e rispettando le distanze tra le persone.
    Le procure però sembrano non curarsi dei paletti più volte fissati dalla Cassazione in materia di terrorismo nel senso che non basta l’adesione astratta a una ideologia per far scattare le manette. I servizi di sicurezza poi ci hanno messo il carico presentando le operazioni flop di Bologna e di Roma nella relazione annuale come grandi successi investigativi. Al pari dell’estradizione dalla Spagna di Francesca Cerrone che adesso dell’intero castello di accuse deve fronteggiare solo il presunto furto di cemento del valore di 30 euro. Dopo aver fatto nove mesi di galera praticamente gratis. (frank cimini)

  • Cade accusa di terrorismo per altri 4 anarchici romani

    È caduta l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per altri quattro anarchici romani arrestati a giugno dell’anno scorso. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Roma al quale la Cassazione aveva rimandato indietro gli atti spiegando che la mera adesione all’ideologia anarchica non basta per contestare l’aggravante di aver agito con fini di eversione dell’ordine democratico.

    L’accusa di terrorismo cade per Claudio Zaccone, Daniele Cortelli, Flavia di Giannantonio e  Nico Aurigemma. Sono stati tutti scarcerati a eccezione di Zaccone che resta detenuto per un’azione contro una caserma dei carabinieri.

    In precedenza era stata scarcerata Francesca Cerrone. L’operazione del giugno scorso si rivela sempre di più come un flop investigativo nonostante fosse stata citata come un successo nella relazione annuale dei servizi di sicurezza.

    Va ricordata la storia di una analoga operazione avvenuta a Bologna nel maggio dell’anno scorso con scarcerazione da parte del Riesame di tutti gli anarchici dopo tre settimane.

    A scoprire gli altarini nel caso di Roma è stata ancora una volta la Cassazione che già in passato aveva avuto modo di fissare paletti ben precisi in relazione all’associazione sovversiva finalizzata al terrorismo.  Ma gli uffici inquirenti della magistratura e quelli della Digos sembrano proseguire imperterriti per la loro strada di fatto criminalizzando manifestazioni di dissenso come quelle organizzate sotto le carceri in solidarietà con i detenuti alle prese con l’emergenza Covid.

    Francesca Cerrone aveva scontato nove mesi di custodia cautelare e dell’accusa a suo carico resta solo il presunto furto di sacchi di cemento del valore di 30 euro. Per capire il contesto politico di queste inchieste va ricordato che Nico Aurigemma si era visto negare il permesso di colloquio con i genitori e la sorella perché il pm esprimendo parere contrario aveva indicato tra i motivi il fatto che il giovane si era avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Cioè Aurigemma per aver esercitato il suo diritto di indagato si vedeva negare un diritto da detenuto. (frank cimini)

     

  • Terrorismo, Cassazione: per Cerrone motivazione carente

    “La motivazione sull’esistenza dell’ipotizzata associazione con finalità terroristiche è carente. La sovrapposizione della struttura associativa e quella del centro sociale è affermata ma non sufficientemente illustrata e non fa comprendere  in che modo la frequentazione e del centro sociale Bencivengasia già di per se espressiva dell’esistenza di un rapporto di stabile e organica compenetrazione e del sodalizio tale da implicare un ruolo dinamico e funzionale”. Questo scrive la Cassazione in merito all’attività politica dell’anarchica Francesca Cerrone arrestata per  ordine dei giudici di Roma.

    La Cassazione ha annullato con rinvio degli atti al Riesame per un nuovo giudizio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Cerrone nel frattempo resta detenuta e va ricordato che la Cassazione ha impiegato dai primi d dicembre a oggi due mesi e mezzo depositare la motivazione. Non sono stati ancora depositati invece i motivideella decisione relativa ad altri quattro anarchici i quali ai primi di novembre erano stati rimandati gli atti al Riesame sempre  con annnullamento dell’ordine di carcerazione.

    Per quanto riguarda la posizione di Cerrone la Cassazione ha annullato senza rinvio il mandato di arresto in riferimento alla stesura del documento “Dire e se dire” dove veniva contestata l’istigazione a delinquere anche in rapporto alla campagna di solidarietà con i detenuti. Sempre senza rinvio cassata l’accusa riguardante i fumogeni accesi durante una manifestazione davanti al carcere di Rebibbia.

    In pratica il lavoro della procura, del gip autore del solito copia e incolla, e del Riesame responsabile dell’assenza totale di qualsiasi sforzo critico è stato fatto a pezzi dalla Cassazione. La suprema corte già in pasto aveva fissato dei paletti ben precisi in tema di associazione sovversiva ma le procure fanno di non capire sempre ligi ai canoni dell’emergenza infinita.

    (frank cimini)

  • Giustizia superlumaca anarchici in attesa in galera

    Alla giustizia lenta e lentissima siamo abituati da sempre ma “il fenomeno” è ancora più inquietante quando a pagarne le conseguenze sulla propria pelle sono indagati detenuti in custodia cautelare e a carico dei quali la procura (Roma nel caso specifico) non ha ancora esercitato l’azione penale.
    Ai primi giorni del novembre scorso la Cassazione rispediva al Riesame gli atti relativi all’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per 4 anarchici invitando il Tribunale a decidere ex novo. Ecco, sono passati quasi tre mesi e le motivazioni della Cassazione non sono state ancora depositate. Fatto che rende impossibile una nuova udienza mentre gli indagati restano in cella. A metà dicembre analoga decisione per una quinta persona del gruppo, con rilievi critici ancora più forti in merito alla scelta del Riesame di confermare il
    carcere. Anche queste motivazioni mancano all’appello.
    Gli avvocati della difesa avevano presentato ricorso contro gli arresti paventando che il costante richiamo alla vicinanza ideologica a una determinata area dell’anarchismo diventasse l’unico criterio alla base degli arresti. I legali ricordavano che proprio la Cassazione aveva nel recente passato fissato dei paletti ben precisi affinché non si perseguisse il fatto ma il “tipo di autore”. Si tratta della tendenza che è storicamente rappresentata nel concetto di “diritto penale del nemico”.

    Del resto al centro dell’inchiesta c’erano una serie di manifestazioni sit-in volantinaggi contro il carcere come istituzione e per denunciare le condizioni di detenzione aggravate dall’emergenza Covid. C’era e c’è il rischio di criminalizzare un pubblico attivismo politico impostato su una critica radicale anche dura a istituzioni pubbliche.. (frank cimini)

  • Anarchici, Cassazione manda ko il pm Dambruoso

    “Non è predicabile soltanto in ragione della comune adesione all’ideologia anarchica un effettivo e reale ‘contagio’ del gruppo investigato da parte delle idee e finalità terroristiche eventualmente sviluppatesi in altre cellule della galassia anarchica mentre viene richiesto al giudice di merito di fornire la prova di una tale e concreta contaminazione che deve portare alla gemmazione di cellule autonome aventi le caratteristiche tipiche dell’associazione sovversiva con finalità di terrorismo”. È questo uno dei passaggi della motivazione con cui la Cassazione rigetta il ricorso del pm Stefano Dambruoso contro la decisione del Riesame di Bologna di scarcerare gli anarchici arrestati a maggio.

    La Cassazione ricorda inoltee che non sono state rinvenute armi ma unicamente  artifici pirotecnici aste e bastoni impiegati per dispiegare bandiere o stendardi. L’acquisto di maschere antigas non era finalizzato al compimento di azioni violente ma a scopi protettivi in vista di possibili azioni delle forze di polizia in occasione delle manifestazioni di piazza.

    Nel  corso dei cortei e delle manifestazioni alle quali parteciparono gli indagati “al di là di qualche imbrattamento e danneggiamento non vi fu mai pericolo concreto per la pubblica incolumità“.

    In occasione dell’incendio di un impianto di ricetrasmissione diventato il fulcro della ricostruzione accusatoria la Cassazione sposa la tesi dei giudici del Riesame. C’era l’obiettivo di danneggiare la struttura “ritenuta espressione dell’assoggettamento alle tecnologie da parte delle istituzioni dello Stato piuttosto che la volontà di causare un pericolo di devastazione di maggiori proporzioni”.

    Al centro dell’inchiesta che portò agli arresti poi revocati dal Riesame c’erano una serie di manifestazioni di solidarietà con i detenuti che avevano visto aggravata la propria condizione dalla diffusione del Covid. Le riunioni pubbliche si erano svolte usando ogni precauzione dalle mascherine al rispetto della distanza tra le persone. Per cui l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo era apparsa spropositata e animata dalla volontà di reprimere il dissenso rispetto alle politiche securitarie. I giudici del Riesame avevano rilevato proprio questo rischio. E adesso la Cassazione ha confermato spiegando che si trattava di attività politica legittima alla luce del sole. Dambruoso è il magistrato assurto alla gloria della copertina di Time nel periodo in cui si occupava da Milano di terrorismo internazionale di matrice islamica. Poi era stato deputato di Scelta Civica con Mario Monti.(frank cimini)

     

     

     

     

     

  • Cassazione rinvia al Riesame il “terrorismo anarchico”

    La Cassazione ha annullato con rinvio a un nuovo Riesame l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo contestata a quattro anarchici arrestati a giugno scorso a Roma. All’origine della decisione potrebbe esserci una carenza di motivazione come avevano sottolineato i difensori degli indagati nei loro ricorsi. Bisognerà aspettare almeno una ventina di giorni per conoscere i motivi della scelta operata dalla Suprema Corte. Nel frattempo gli indagati restano in carcere.

    G,i avvocati della difesa avevano presentato ricorso contro gli arresti paventando che il costante richiamo alla vicinanza ideologica a una determinata area dell’anarchismo diventasse l’unico criterio alla base degli arresti. I legali ricordavano che proprio la Cassazione aveva nel recente passato fissato dei paletti ben precisi affinché non si perseguisse il fatto ma il “tipo di autore”. Si tratta della tendenza che è storicamente rappresentata nel concetto di “diritto penale del nemico”.

    Del resto al centro dell’inchiesta c’erano una serie di manifestazioni sit-in volantinaggi contro il carcere come istituzione e per denunciare le condizioni di detenzione aggravate dall’emergenza Covid. C’era e c’è il rischio di criminalizzare un pubblico attivismo politico impostato su una critica radicale anche dura a istituzioni pubbliche.

    Sempre la Cassazione ha chiuso almeno per il momento un’altra partita quella relativa all’inchiesta “sorella” di quella romana avviata dalla procura di Bologna rigettando il ricorso del pm Stefano Dambruoso contro le scarcerazioni di un gruppo di anarchici finiti in carcere a maggio e poi rimessi fuori dal Riesame. Per Dambruoso noto per essere finito sulla copertina della rivista Time come cacciatore di terroristi islamici si tratta di una sconfitta su tutta la linea.

    Per quanto riguarda l’indagine romana la Cassazione dovrà esaminare il prossimo 16 dicembre il ricorso di un’altra indagata Francesca Cerrone arrestata in Spagna e poi estradata.

    Non è stata ancora fissata invece l’udienza sempre davanti alla Suprema Corte per discutere il ricorso dell’avvocato Ettore Grenci per conto dell’indagato Nico Aurigemma al quale era stato negato il colloquio con i genitori e la sorella. Tra i motivi del no al colloquio spiccava il parere del pm relativo al fatto che Aurigemma si era avvalso della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Cioè era stato penalizzato e “punito” per aver esercitato un suo diritto (frank cimini)

     

  • Anarchici, perché il Riesame ha bocciato pm Dambruoso

    “Non sono enucleabili incitamenti alla commissione di reati rivolti ai loro lettori trattandosi di documenti che esprimono spesso ricorrendo a meri slogan posizioni radicalmente critiche proprie dei gruppi cosiddetti antagonisti verso le politiche migratorie senza però trascendere nell’istigazione a delinquere”.  È questo dei tanti passaggi in cui il Riesame di Bologna boccia su tutta la linea il pm Stefano Dambruoso e il gip che con la richiesta della procura aveva fatto copia e incolla arrestando        7 anarchici accusati di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. Tutti scarcerati appunto dal Riesame il 30 maggio dopo tre settimane di detenzione.

    Adesso sono state depositate le motivazioni in cui si sottolinea che i documenti scritti del gruppo “non contengono espressioni idonee a indurre i lettori a passare alle vie di fatto per realizzare gli obiettivi selezionati costituendo piuttosto tesi di programmazione di un’azione politica voora a porre in atto la cosiddetta controinformazione in vista di una futura aggregazione di soggetto sociali subalterni”.

    I giudici affermano inoltre che l’incendio di un tetto collegato a un manufatto con alcuni ripetitori televisivi “non aveva messo in pericolo la pubblica incolumità“. Inoltre non era stato necessario nemmeno l’intervento dei pompieri.

    Il Riesame ricorda inoltre che in relazione al detto incendio “considerando la pena edittale di due anni non è possibile disporre alcuna misura cautelare”.

    E la solidarieta’ ad alcune persone detenute per fatti di terrorismo “non può essere ritenuta istigante a commettere atti violenti in quanto ci si limita a esortare gli aderenti al movimento a non abbassare la testa”.

    Dalle motivazioni emerge quello che gli stessi inquirenti avevano detto in conferenza stampa parlando di arresti nell’ambito di una strategia di tipo preventivo in vista di disordini originati dalla crisi economica dovuta al diffondersi del corona virus. Insomma era un processo alle intenzioni.

    Il Riesame ricorda che la Cassazione in materia di 270 bis, associazione sovversiva, fissa dei paletti molto concreti. Va detto che in materia il Riesame di Bologna la pensa all’esatto opposto di quello di Roma che di recente ha confermato tutti gli arresti di anarchici tranne uno e che spieghiera’  i motivi intorno a Ferragosto.

    Al centro di entrambe le inchieste ci sono azioni di solidarietà con immigrati reclusi in strutture senza aver commesso reati e con detenuti mentre si continua a non sapere nulla dei motivi per cui nella prima decade di marzo 15 reclusi morirono nel corso di rivolte. L’unico dato certo al riguardo è che 34 detenuti saranno processati per devastazione a Milano. (frank Cimini)

  • Non risponde al gip. Negato colloquio con genitori

    L’indagato in stato di arresto si avvale della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia. Pochi giorni dopo il giudice delle indagini preliminari di Roma Anna Maria Gavoni rigetta l’istanza di colloquio con i genitori e la sorella del detenuto accogliendo il parere contrario del pubblico ministero che aveva messo nero su bianco l’esplicita motivazione.

    ”Con parere allo stato contrario anche alla luce dell’esito dell’interrogatorio di garanzia” sono le parole del magistrato della procura, il sostituto Francesco Dall’Olio. Il protagonista della vicenda è Nicola Aurigemma uno degli anarchici arrestati il 12 giugno scorso con ll’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. Si tratta della famosa ordinanza musicale dal momento che tra gli eventi contestati agli indagati destinatari delle misure cautelari c’era “utilizzo dell‘Hip Hop.

    ”Non mi era mai capitato di vedere rigettata un’istanza di colloquio con una motivazione del genere” è il commento dell’avvocato difensore Ettore Grenci il quale sta preprando insieme ai colleghi le memorie in vista dell’udienza del Riesame in programma per il prossimo 30 giugno.

    Il detenuto Aurigemma insomma paga dazio per aver esercitato il suo diritto di avvalersi del,a facoltà di non rispondere davanti al gip. E per questa ragione si vede negare un altro diritto quello di poter ricevere la visita o di parlare per telefono con i genitori e la sorella.

    Una giustizia emergenziale in cui ovviamente le responsabilità maggiori in negativo sono del gip che aveva già fatto copia-incolla con la richiesta di custodia cautelare della procura per i sette anarchici, cinque finiti in carcere e due ai domiciliari (frank cimini)

  • NoExpo, prosciolti 5 anarchici greci perché già condannati ad Atene

    Il Tribunale di Milano, decima sezione penale, ha prosciolto cinque anarchici greci accusati di devastazione e saccheggio in relazione agli scontri avvenuti il primo maggio del 2015 in occasione dell’inaugurazione di Expo. “Non luogo a procedere”. La ragione è molto semplice: erano già stati processati e condannati in patria a 2 anni e 5 mesi per gli stessi fatti,  qualificati però giuridicamente con imputazioni meno gravi perché nel loro Paese non esiste il reato di devastazione e saccheggio. Le condanne di Atene erano infatti per resistenza aggravata.

    Il reato di devastazione e saccheggio in Italia prevede condanne comprese tra 8 e 15 anni di reclusione, come soltanto in Albania e in Russia. Le accuse erano già state messe in discussione dalla Corte d’appello di Atene quando aveva rigettato la richiesta di estradizione inoltrata dai giudici di Milano. I magistrati greci avevano affermato che non esiste la responsabilità collettiva ma soltanto quella personale e che non c’erano elementi sufficienti di accusa per arrestare gli imputati e rimandarli in Italia. Successivamente, sulla base degli atti italiani, i cinque anarchici erano stati processati in Grecia e la sentenza di condanna era diventata definitiva anche perché i legali della difesa avevano rinunciato al ricorso in Appello promosso originariamente.

    Il Tribunale ha applicato il principio del “ne bis in idem” su parere conforme della Procura. Per un sesto imputato, cittadino italiano, Massimiliano Re Cecconi, gli atti tornano ora, per decisione dei giudici, ai pm di Milano, che dovranno riscrivere l’atto di conclusione delle indagini, riformulare eventualmente la richiesta di rinvio a giudizio e andare in udienza preliminare. Il Tribunale ha accolto l’eccezione dei difensori, gli avvocati Mauro Straini ed  Eugenio Losco, sulla dichiarazione di irreperibilità di Re Cecconi dal momento che, in base alle dichiarazioni dei genitori, il giovane risiedeva tranquillamente a Tolosa, dove frequentava una scuola di musica e dove venne arrestato ed  estradato in Italia.

    Finora la Procura di Milano non è riuscita a ottenere nessuna condanna per devastazione e saccheggio in relazione ai fatti del primo maggio. Ci sono state solo condanne per reati minori. In relazione agli anarchici greci i pm sono stati costretti a fare una sorta di buon viso a cattivo gioco perché i giochi erano già stati fatti ad Atene. L’accusa per adesso registra una sconfitta su tutta la linea ma in materia di antagonismo sociale e politico ritiene di avere altre carte da giocare. Per esempio dal prossimo 2 aprile, quando saranno processati, per associazione per delinquere, i militanti del collettivo per la casa del Giambellino, nonostante che, per ammissione degli stessi pm, gli imputati in relazione alle occupazioni non abbiano guadagnato un euro. Si tratta di un racket molto presunto e di un processo istruito in linea con il clima politico che si respira nel Paese, dove le lotte sociali, come accade nel settore della logistica e per la questione del Tav, vengono represse con un accanimento degno di miglior causa (frank cimini)

     

  • No Expo condannati in Grecia, a rischio processo Milano

    Sorpresa. I quattro anarchici greci imputati a Milano per devastazione e saccheggio in relazione agli incidenti del primo maggio 2015 per l’inaugurazione di Expo sono già stati processati ad Atene per quei fatti e condannati a 2 anni e 5 mesi. Questa mattina i difensori Mauro Straini e Eugenio Losco hanno chiesto il non luogo a procedere depositando la sentenza di Atene diventata definitiva. Il pm Piero Basilone ne ha preso atto e si è detto d’accordo nel non celebrare il processo per il principio del ‘ne bis in in idem’. I giudici della decima sezione penale del Tribunale decideranno il prossimo 28 marzo.

    Ad Atene i giovani anarchici sono stati condannati per resistenza a pubblico ufficiale e per reati ravvisabili del codice greco dove non esiste l’imputazione di devastazione e saccheggio. I quattro imputati che hanno avuto nel loro paese la pena sospesa sono a piede libero perché la corte di Appello aveva respinto la richiesta milanese di arrestarli ed estradarli criticando fortemente l’impianto accusatorio e ricordando che non esiste la responsabilità collettiva ma solo quella personale e spiegando che non vi erano elementi sufficienti per rimandarli in Italia.

    I giudici di Milano dovranno comunque occuparsi di un quinto imputato Massimiliano Re Cecconi. I difensori hanno chiesto che si torni all’udienza preliminare contestando la dichiarazione di irreperibilità per il giovane poi arrestato in Francia e estradato. Per i legali anche sulla base di quanto detto dai genitori il ragazzo era chiaramente reperibile a Tolosa dove studiava in una scuola di musica.

    In attesa della decisione dei giudici e del processo a Re Cecconi si può dire che finora in relazione alla manifestazione del primo maggio per nessuno la procura è riuscita a ottenere la condanna per devastazione e saccheggio, reato per il quale è prevista la pena compresa tra 8 e 15 anni di reclusione. Ci sono state condanne ma solo per reati minori. E oggi la procura si è arresa davanti alle risultanze della giustizia greca. Insomma il primo maggio del 2015 è lontano molto lontano. Adesso per la procura ci sono altre priorità a livello di antagonismo sociale e politico. Innanzitutto il processo al comitato per la casa del Giambellino dove viene contestata l’associazione per delinquere anche se i pm sono i primi ad escludere che gli imputati abbiano guadagnato un solo euro dal presunto racket, molto presunto (frank cimini)

  • No Expo, Grecia critica Italia: pene eccessive e processo non equo

     

    Il reato di devastazione non c’è nel codice greco e in Italia sono previste pene eccessive per incidenti durante le manifestazioni. Eseguendo il mandato sarebbero violati i principi della proporzionalità della pena e dell’equo processo. Sono queste alcune delle ragioni per cui la corte di Atene ha rigettato la richiesta di estradare in Italia cinque anarchici accusati dalla magistratura di Milano di aver rivestito un ruolo nelle violenze avvenute il primo maggio del 2015 in occasione della manifestazione che contestava l’inaugurazione di Expo.

    Sia il reato di devastazione e saccheggio sia quello di resistenza secondo i giudici greci vengono contestati descrivendo gli stessi fatti e non emerge che cosa avrebbero fatto con precisione i singoli manifestanti. La corte di Atene scrive di vaghezza dell’imputazione oltre a ricordare che per manifestazioni violente in Grecia la pena massima arriva a 5 anni. In Italia il reato di devastazione e saccheggio è punito con condanne comprese tra gli 8 e i 15 anni di reclusione.

    L’estradizione è stata negata ma potrebbe essere avviata un’indagine penale in Grecia a carico dei cinque antagonisti. La motivazione del no all’estradizione potrebbe pesare sul procesos che inizierà il 6 aprile prossimo davanti alla quarta sezione pnal del tribunale di Milano a carico di quattro imputati italiani (un quinto indaggato è latitante). La difesa potrebbe chiedere il rito abbreviato facendo tornare gli atti al giudice delle udienze preliminari. Dal no all’estradizione arrivato da Atene la giustizia italiana non ne esce benissimo (eufemismo) con riferimento sia alle pene troppo alte sia al modo di formulare le accuse da parte dei magistrati. Non è la prima volta che accade nei confronti di altri paesi e non sarà sicuramente l’ultima. (frank cimini)

  • Il pm De Pasquale libera i 3 anarchici fermati ieri, tanto rumore per nulla

    Sono liberi i 3 anarchici arrestati ieri durante gli scontri relativi allo sgombero del centro sociale ‘Il corvaccio’ in zona Corvetto. Il pm Fabio De Pasquale, per anni grande accusatore di Silvio Berlusconi e ora alle prese con presunte maxitangenti pagate dall’Eni in mezzo mondo, non ha chiesto nel processo per direttisssima la convalida dei fermi. Alla base della decisione del magistrato la convinzione che si trattasse di fatti di lieve entità riguardanti lanci di bottiglie di birra e di latte, pezzi di intonaco che peraltro non colpivano nessuno. Non c’erano inoltre esigenze cautelari. I tre giovani tra i 25 e 33 anni restano indagati a piede libero per resistenza a pubblico ufficiale, al pari di altri 6 militanti dell’area antagonista. I 3 erano stati fermati a causa di una valutazione sui loro precedenti. La decisione del pm almeno per ora ha azzerato tutto.

    Tanto rumore per nulla. Ieri era stato messo in atto un costosssimo dispositivo repressivo tra un paio di elicotteri, blindati e centinaia di uomini al fine di sgomberare i due centri sociali ‘Il Corvaccio’ e la ‘Rosa Nera’. Secondo stime attendibili il valore dell’operazione sarebbe stato di almeno 100 mila euro. Soldi investiti o buttati a mare (è questione di punti di vista) per trasformare come accade troppo spesso un problema sociale, politico e culturale in una esclusiva questione di ordine pubblico dove lo Stato decide di mostrare i muscoli in quartieri periferici della metropoli in cui  di solito brilla per la sua assenza. Accade raramente ma stavolta è successo. Di avere a che fare con un magistrato che un minimo di sale in zucca ce l’ha (frank cimini).