Tag: berlusconi

  • Nella condanna del pianista del bunga bunga
    il perché dell’assoluzione del Cav.

    “E’ del tutto evidente che rapporti di tal genere con un personaggio come Berlusconi Silvio costituiscono un movente più che consistente, quasi scontato, per dichiarare il falso su circostanze, quali quelle relative ai rapporti sessuali dallo stesso consumati, con giovanissime donne, perciò stesso retribuite, in occasione dei ricevimenti nella villa di Arcore che, oltre a poter avere rilevanza sul piano delle responsabilità penali, avrebbero comunque arrecato, quanto meno, imbarazzo ad uno degli uomini più potenti d’Italia”.

    Non ci sono ancora le motivazioni della sentenza che ieri ha assolto Silvio Berlusconi nel processo senese per corruzione in atti giudiziari – il fatto non sussiste – ma una grossa mano per capire quale sia la strada individuata dal collegio presieduto dal giudice Simone Spina arriva dalle motivazioni, finora inedite, della sentenza con cui il precedente collegio ha invece ritenuto Danilo Mariani, il pianista del bunga bunga, colpevole di falsa testimonianza.

    A maggio scorso Mariani è stato condannato a due anni, pena sospesa, per aver mentito nei processi milanesi sulla prostituzione a villa San Martino. I contatti tra Berlusconi e le ragazze al massimo si limitavano a una “stretta di mano”, la “famosa statuina di priapo” altro non era che “una cosa simpatica, non una cosa a sfondo sessuale”, nessun gioco in cui si mimasse giochi sessuali, “lo smentisco in modo stracategorico” aveva spiegato Mariani. Gli spogliarelli, “mai visti”. Bugie, stabiliscono i giudici di Siena, e anche piuttosto grossolane.

    Sulla corruzione in atti giudiziari, a maggio scorso, il collegio non si esprime, avendo stralciato la posizione di Mariani e Berlusconi per quel solo reato, rinviandolo all’attenzione di una nuova corte, quella che ieri ha assolto i due imputati. E tuttavia è piuttosto chiaro, nelle motivazioni di condanna per falsa testimonianza, il presupposto che spiega l’assoluzione sulla corruzione.
    Berlusconi intratteneva rapporti economici sistematici con Mariani già dal 2006, ben prima delle feste di villa San Martino. Per anni gli fornisce uno stipendio di 3mila euro al mese. Tra il 2010 e il 2011 gli fa avere 250mila euro in due tranche per aiutarlo a comprare casa, con due “prestiti infruttiferi”. Ed è vero che a cavallo tra il 2012 e il 2013, in date prossime a quelle delle udienze in cui Mariani testimonia, da Berlusconi partono due bonifici da 7mila euro. Ma è la stessa Agenzia delle Entrate, con un accertamento fiscale successivo, a considerare quel denaro il corrispettivo del lavoro prestato da Mariani come pianista.

    E allora difficile considerare quei bonifici il prezzo della corruzione. Mariani, sembrano dire i giudici, mente di sua spontanea volontà. “Il netto contrasto, che è stato rilevato, tra le dichiarazioni testimoniali rese da Mariani Danilo e le circostanze emerse nell’ambito dei procedimenti milanesi – afferma il primo collegio di Siena – definiti con pronunce dotate della forza del giudicato, le quali hanno accertato la riconducibilità alla nozione di prostituzione delle prestazioni di intrattenimento, offerte dalle ospiti femminili delle serate di Arcore, nonché la decisione, quasi paradossale, con cui invece Mariani Danilo ha escluso la natura sessuale di quegli svaghi inducono a ritenere che l’imputato abbia consapevolmente voluto negare circostanze a lui ben note, all’evidente scopo di non pregiudicare il suo rapporto fiduciario con l’ex Presidente del Consiglio, la cui conservazione evidentemente valeva ben più della minaccia costituita dalla sanzione penale”.

    Non sarà però facile applicare lo stesso ragionamento nel processo milanese, dove la situazione è in parte diversa. Mariani è l’unico, per esempio, a non ricevere la famosa letterina con cui nel 2013 Berlusconi, quando vengono depositate le motivazioni “relative agli incredibili processi sulle cene in casa mia”, annuncia alle sue amiche di via Olgettina di non poterle più aiutare economicamente. “Seguendo l’impulso della mia coscienza – scriveva il cavaliere – ho continuato a dare a te e alle altre ospiti per lenire gli effetti della devastazione che questi processi hanno causato alla vostra immagine, alla vostra dignità, alla vostra vita”. Tutto ciò, per il pianista di Arcore, non vale. Suonava spesso, veniva pagato dal 2006, non riceve la lettera, continua a riceveva denaro anche in seguito.

  • Steccanella recensisce la Boccassini story

    Mi sono letto in soli due giorni le 341 pagine del libro che ha fatto tanto discutere chi invece quel libro non l’ha letto e si è basato su anteprime di stampa quanto mai fuorvianti.
    La prima annotazione “a caldo” è che per poter scrivere un’autobiografia che ti viene voglia di leggere tutta d’un fiato, e senza essere un’attrice famosa, un calciatore o un front man di una rock band, bisogna avere vissuto una vita come quella della Boccassini, vita che lei stessa dichiara di essere stata quella che voleva vivere, anche se, aggiunge a pag. 341, il suo racconto “non piacerà a tutti, soprattutto a molti miei colleghi”.
    La seconda annotazione sempre “a caldo” è che si tratta di un potentissimo J’accuse senza sconti al mondo della magistratura presso cui ha operato per 40 anni, perché non si salva quasi nessuno, ivi compresi molti miti mediatici che per anni hanno monopolizzato giornali e TV come eroici paladini dell’antimafia o dell’anticorruzione, e che dal racconto di fatti e aneddoti che li hanno personalmente riguardati ne escono davvero a pezzi, come peraltro ex Ministri, Capi della Polizia, Onorevoli e Senatori.
    Perché il libro è principalmente un racconto di fatti, dettagliati e difficilmente smentibili, seppure intervallati a considerazioni personali che l’autrice non manca di inserire, anche in questo, le va dato atto, senza ipocrisie o prudenze da galantuomini del ne quid nimis, per citare quella categoria manzoniana tanto invisa al Cardinal Federico.
    E’ come se, dopo avere maniacalmente evitato di rilasciare qualsiasi dichiarazione alla stampa, l’ex PM avesse voluto, una volta raggiunta la pensione, togliersi tutti i sassolini accumulati in oltre 40 anni di professione in una volta sola, e non mettere più piede in quel Palazzo dove aveva trascorso gran parte della propria vita.
    Ovviamente trattandosi di personaggio viscerale e privo di mezze misure, ma lei di questo non ne fa mistero, sono molti i passaggi del libro che destano perplessità in chi ha diversa sensibilità in tema di devianza, carcere, repressione, forze di polizia e persino gabbie in aula “mi erano del tutto indifferenti ma turbavano i sonni del presidente del tribunale dell’epoca”, scrive a pag. 302.
    Come è fuor di dubbio che la sua comprovata conoscenza del fenomeno mafioso non riveli altrettanta autorevolezza laddove si estende a indagini su antagonismi politici, dove si leggono considerazioni più da vulgata come “compagni che sbagliano” “misteri sul sequestro Moro” et similia.
    Quelli che lei chiama “danni collaterali” nel capitolo numero 11, per me sono invece gli imputati ingiustamente incarcerati nei tanti blitz (di due di loro ne ho esperienza diretta), a tacer del processo Ruby, la cui nota conclusione viene liquidata in due righe a pag. 306 con “la sentenza fu ribaltata in secondo grado e il presidente del collegio Enrico Tranfa si dimise in aperta polemica con quella decisione. La Cassazione confermò l’assoluzione”.
    E così pure, alla fine della lettura del libro, sembra di ricavare la conclusione che in Italia ci siano stati solo un magistrato e un giornalista capaci, Giovanni Falcone e Giuseppe D’Avanzo, il che peraltro personalmente mi trova poco d’accordo nel secondo caso, perché di certo non sento particolare nostalgia delle sue celebri “dieci domande”, ma è indubbio che sulla dottoressa Boccassini queste due persone abbiamo avuto un’influenza anche personale notevole, e che la loro prematura morte, seppur per ragioni diverse, l’abbia segnata nel profondo.
    A proposito del criticatissimo racconto del suo rapporto con Falcone, va sottolineato che la Boccassini si limita a dire di averlo amato profondamente lei mentre lui amava la propria moglie, per cui non vedo dove sia l’oltraggio al morto, e del resto oggettivamente non poteva omettere il racconto di un amore che ha segnato a tal punto la sua vita non solo professionale, ma anche privata, da non essere più stato sostituito né in un campo né nell’altro.
    Mi è piaciuta molto la parte in cui si racconta nel suo privato di donna che fino ad oggi era stato tenuto rigorosamente schiacciato dall’immagine della PM virago alla quale, va detto, nulla ha mai fatto per sottrarsi.
    Le sue intense e durature amicizie con persone totalmente estranee all’ambiente del tribunale, il suo rapporto con Napoli, la città dove è cresciuta e si è formata, i figli, i fratelli, la madre, e anche aneddoti divertenti, come l’incontro con Nanni Moretti prima dell’uscita del “Caimano” e in generale la sua passione per il cinema e per la mostra di Venezia, dove confermo personalmente di averla più volte incontrata e che, solare e simpatica, sembrava davvero un’altra persona rispetto a quella che talvolta mi capitava di incontrare in tribunale per ragioni professionali.
    Mi è piaciuta anche la parte in cui confessa debolezze e paure, i suoi primi giorni in Sicilia in un albergo orrendo e isolato da tutto, l’uso di orecchini sempre diversi o la scelta di certi abiti a seconda dell’occasione, l’appellativo di “agave” che le riserva lo psicologo Kantzas, e ho trovato fantastico leggere a pag. 300 “sono sempre stata considerata una bella donna (e sono assolutamente d’accordo!) per certe caratteristiche quando ero giovane e per altre quand’ero più adulta”.
    Fa anche una certa impressione leggere che indagini che hanno sconvolto il Paese (dalla Dumo Connection alla strage di Capaci e dai processi al cavaliere al processo Infinito che rivelò le infiltrazioni della ‘ndrangehrta in Lombardia) siano state condotte sostanzialmente da lei sola senza grandi apparati “in alto” e con la sola collaborazione fidata di forze di polizia, “il PM è l’avvocato della Polizia”, aveva detto Falcone al momento dell’approvazione del nuovo codice e lei lo ha applicato alla lettera.
    Per cui se c’è stato un PM che ha davvero separato la propria carriera da quella di un giudice senza bisogno di grandi riforme è stata lei, che infatti riserva ai giudici, come agli avvocati, un ruolo davvero modesto nel libro, quasi non fossero parti necessarie al processo.
    Però questo libro merita di essere letto al di là di quello che si possa pensare di chi l’ha scritto, perché volendo fare un’analogia (ovviamente solo metodologica) con un personaggio più volte nominato nel libro, se Buscetta era stato il primo mafioso a raccontare come funzionava la mafia dal suo interno, l’ex PM Boccassini è il primo magistrato a raccontarci come funziona la magistratura dal suo interno, e tutta, da Milano e Roma e dalla Sicilia a Catanzaro.
    La pessima abitudine di “lavare i panni sporchi in famiglia” con lei è saltata tutta d’un colpo non appena ha fatto ritorno a quella che era invece la sua vera famiglia e agli adorati nipotini, ai quali può riservare, lo scrive lei stessa, quelle attenzioni che il suo lavoro aveva sottratto ai figli, e quanto ai recenti “casi” Palamara e Procura di Milano vi lascio intendere quali siamo i lapidari commenti.
    Quasi glissa via con malcelato fastidio, visto che lei si era dimessa da ogni corrente a far tempo dal lontano 2010 intuendone le gigantesche falle e subendo per questo l’esclusione da ogni “potere”, come dimostra il dato eclatante che non sia mai stata presa in considerazione per la Commissione antimafia dove pure sono passati (lei non lo scrive ma si intuisce “cani e porci”).
    Lei, a differenza di Buscetta ovviamente, non è affatto “pentita” di quello che ha fatto, ma il suo j’accuse non è meno potente, e questo libro rivela coraggio e non, come pure ho letto, voglia di ribalta, quella, se l’avesse voluta, se la sarebbe presa quando migliaia di cronisti assediavano il suo ufficio a qualunque ora del giorno mentre lei li chiudeva fuori dalla porta.
    Oppure, facendo una qualsivoglia carriera dirigenziale, come centinaia di suoi colleghi dal curriculum assai meno prestigioso, e invece il libro si chiama stanza numero 30 perché da quella stanza del quarto piano – dove io la incontrai per la prima volta nel 1990 – non si è mai mossa, tranne che per andare tre anni in Sicilia a catturare “gli assassini di Giovanni”.
    Avvocato Davide Steccanella

  • La battuta choc di Berlusconi su Balotelli che non avete mai ascoltato

    Ecco la frase choc di Silvio Berlusconi che finora nessuno vi ha fatto ascoltare con le vostre orecchie. Quella battuta razzista e francamente inattesa, riferita a Mario Balotelli, di cui vi abbiamo parlato quasi due anni fa, quando il video che troverete qui sotto fu depositato agli atti dell’inchiesta Ruby ter. Da allora il catenaccio anti-giornalista messo in atto dalle parti che avevano accesso a questo documento è stato micidiale. Ora qualcosa si è spezzato.

    Riteniamo sia doveroso darne conto, considerato il ruolo pubblico che Berlusconi ancora ha, in un momento in cui il tema del razzismo è di lampante attualità. A Mario Balotelli la massima solidarietà per quello che forse non avrebbe voluto sentire e che invece fa ancora tristemente parte dell’armamentario para-umoristico italiano. La scenetta si conclude con Berlusconi che dice a Marysthelle Polanco “tu sei abbronzata, lui invece è proprio negro negro”. Parole che ci fa un certo effetto anche solo trascrivere. Il video lo trovate qui sotto.

    Eccolo: berlusconi-balotelli-giustiziami

  • Video inedito di Berlusconi
    “Balotelli negro”, tu Polanco “solo abbronzata”

     

     

    Raffaella Fico…Raffaella…”ma quella sta con Balotelli che se la tromberà due tre volte e poi la molla“, dice Marysthelle Polanco a un Silvio Berlusconi stanco, appesantito e spaparanzato su un divano damascato, nella sua villa di Arcore, in maglioncino blu d’ordinanza. L’ex cavaliere interviene sul punto: “Che poi, te lo dico, a me una che va con un negro mi fa schifo”. La Polanco si sente chiamata direttamente in causa: “Papi, ma io sono negra!”. “No tesoro, lascia stare, tu sei abbronzata”. Sorrisino.
    Ritratto inedito di Berlusconi che emerge da un video di 27 minuti depositato agli avvocati dalla Procura di Milano e proveniente dalla rogatoria Svizzera condotta nell’ambito dell’inchietsa Ruby ter. Una scenetta che rievoca il famoso “abbronzato” di Obama, ma che rivela un linguaggio fin qui sconosciuto sulla bocca di Silvio Berlusconi. Il quale parla rilassato, in una situazione di grande famigliarità con le sue ospiti, non sapendo di essere ripreso di nascosto dalla soubrette Marysthelle. Oltre a lei, altre due giovani donne, le quali piombano ad Arcore per supplicare di avere un lavoro di rilievo e visibilità nell’azienda del Cavaliere. Come la Fico, oppure come “quella di Sipario” o addirittura come un certo Emilio Fede. “Devi chiamare e dire, lui non fa più il direttore, lo faccio io il direttore del Tg4“, insiste, scherzosa, la Polanco.

  • Le Olgettine convocate dalla Gdf
    Nel mirino lo ‘stipendio di Papi Silvio’

     

    Chi ha dato ha dato, ma chi ha avuto viene multato. E lo ‘stipendio di Papi’ rischia di finire nelle mani dello Stato.

    Mancano pochi giorni all’udienza preliminare che vedrà Silvio Berlusconi di nuovo imputato (questa volta per corruzione in atti giudiziari) accanto a una ventina delle sue ospiti del bunga bunga arcorino. Proprio in questi giorni, con un tempismo stupefacente, la Guardia di Finanza ha convocato in caserma le ragazze, per la resa dei conti. Quelli veri, da misurare in euro. Nulla di penalmente rilevante, in questo caso, il problema è la legge che disciplina l’utilizzo di contanti. Ricordate la famosa soglia dei mille euro di Mario Monti, poi innalzata a 3mila euro con il discusso provvedimento del governo Renzi? Le ragazze, stando all’indagine Ruby ter di cui la Gdf ha acquisito gli atti, lo avrebbero ampiamente superato, innumerevoli volte. Con buste zeppe di contanti. Per esempio con quella sorta di stipendio da 2mila o 2500 euro al mese ‘confessato’ dalle stesse ragazze in Tribunale e persino dallo stesso Berlusconi, il quale sostenne “la Procura le ha rovinate, io le aiuto“.

    Evidentemente la Gdf, che nega le convocazioni (confermate invece a Giustiziami da almeno quattro fonti indipendenti) deve aver portato a termine i suoi calcoli. E non devono essere stati semplici: nel corso degli anni le normative sono cambiate. Tra le convocate (ma nessuna di loro si sarebbe presentata) c’è una giovane che avrebbe ricevuto almeno 147mila euro. Un’altra che ne ha avuti quasi 190mila. Una terza che in contanti, stando alle indagini della Procura, avrebbe ricevuto ‘solo’ 25 mila euro. Sulle restanti frequentatrici di Arcore, non abbiamo conferme. Tutte comunque rischiano di dover sganciare, sotto forma di multa, fino al 40 per cento di quanto ricevuto dall’ex Cavaliere. Cosa che forse Berlusconi non immaginava, ai tempi in cui manteneva le sue predilette, e che forse forse un pochino lo farà arrabbiare…i suoi soldi per le ragazze, girati all’Erario. Che disdetta.

    Ah, ci sono due protagonisti della vicenda che per ora non stati ancora convocati: Berlusconi e Ruby.

  • In esclusiva l’audio della telefonata Berlusconi – Mantovani: lavoro – sesso – segretarie

    Raccomandazioni, posti di lavoro da trovare a fratelli, compagni, ex mogli. E poi nomine per i vertici Aler da spartire in quote prestabilite tra Forza Italia, Lega, Ncd, Lista Maroni. Tra i criteri per sostenere un candidato “l’essere un bell’uomo”. E poi un’inedita battuta (sesso-lavoro-segretarie) in tipico stile di Arcore. “Non mettete quella famosa clausola che dice che la segretaria deve fare l’amore ameno una volta alla settimana”.

    Berlusconi Mantovani (file .wav)

    C’è tutto questo nella breve telefonata del 22 dicembre 2013 – pubblicata in esclusiva da Giustiziami – tra Silvio Berlusconi e Mario Mantovani. La conversazione è intercettata dalla Guardia di Finanza di Milano nel corso delle indagini che hanno portato l’ex senatore ed ex assessore regionale prima in carcere e poi ai domiciliari con accuse di corruzione, turbativa d’asta e altro. Nell’inchiesta condotta dal pm Giovanni Polizzi è indagato anche l’ex assessore regionale leghista Massimo Garavaglia, con l’accusa di aver dato il suo contributo a quella che gli inquirenti ritengono una turbativa d’asta: una gara per il servizio trasporto dializzati i cui effetti vengono vanificati, stando alle accuse, grazie all’intervento della catena Garavaglia-Di Capua-Scivoletto, ovvero l’assessore all’economia, il suo braccio destro e il direttore della Asl1 di Milano. Viene così favorita una onlus, la Croce Azzurra Ticino, facendo arrabbiare chi quella gara se la era regolarmente aggiudicata. Garavaglia, indagato per questo unico episodio, ha presentato una memoria difensiva. L’8 marzo, davanti al gup Gennaro Mastrangelo, inizierà l’udienza preliminare per 15 imputati, tra cui i due politici Mantovani e Garavaglia.

    Berlusconi, intercettato indirettamente mentre parla con il fedelissimo Mantovani, non è indagato. Tra gli episodi citati nella conversazione che pubblichiamo, uno merita una spiegazione. E’ quello che riguarda Alan Rizzi, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Milano. Il quale, a dicembre 2013, decide di passare a Ncd, ‘tradendo’ l’ex Cavaliere. Pochi giorni dopo, però, fa marcia indietro. Con una mossa imprevista e apparentemente inspiegabile. Che cosa ci sia dietro, lo chiariscono le parole di Silvio Berlusconi.

  • Emilio Fede va alla guerra contro le testimoni del processo Ruby ma per il gip fa querele “pretestuose”

    L’uomo è sanguigno, si sa. E si sa anche che “la miglior difesa è l’attacco”. Sorprende però che un giornalista esperto come Emilio Fede, ex direttore di successo, questa volta sia stato tanto impulsivo da fare – in sede giudiziaria – come il pilota che a 90 all’ora punta dritto contro un muro di cemento armato. Facendosi male da solo.

    Il suo muro incrollabile, Fede lo trova nelle dichiarazioni di tre testimoni, Chiara Danese, Ambra Battilana e Imane Fadil, nel processo Ruby. Quelle che hanno fatto luce sul bunga bunga e i metodi di cooptazione di giovani avvenenti ragazze ad Arcore. Le tre testimoni hanno contribuito alla condanna di Fede in primo e secondo grado (la Cassazione ha annullato, ci sarà un nuovo processo d’appello). Il 13 settembre 2013 Fede presenta a Novara una querela “per i delitti di calunnia, falsa testimonianza e altri eventualmente ravvisabili” (meglio abbondare. Meno di due mesi prima era stato condannato in primo grado nel processo Ruby per induzione alla prostituzione). Oggi il gip di Milano Donatella Banci Buonamici archivia la querela, e la motivazione non è piacevole per l’ex direttore del Tg4.

    “Merita solo evidenziare, a dimostrazione della strumentalità della denuncia querela presentata dal signor Fede (…) il contenuto di alcune conversazioni riportate in sentenza e comunque non contestate dalle difese, dalle quali emerge in maniera assolutamente univoca l’impegno profuso da Fede nell’individuare e selezionare giovani donne da condurre al cospetto di Silvio Berlusconi e indurle al compimento di atti sessuali“. Il luogo è villa San Martino ad Arcore, “dove si verificheranno i sipari descritti da una pluralità di testimoni presenti”, scrive il gip. Le accuse a carico delle tre ragazze vanno archiviate perché è “assolutamente evidente la assoluta mancanza di elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Ma non avevano detto una sacco di bugie in aula, come sosteneva Fede? “Allo stato, sulla base del materiale esistente agli atti, questo giudice non può che condividere la valutazione espressa dal collegio giudicante, non emergendo dalle dichiarazioni delle tre indagate elementi in grado di inficiarne la veridicità del contenuto. Vanno invece valorizzate la linearità e la coerenza delle dichiarzioni rese dalle testimoni, che risultano scevre da contraddizioni”. Il loro racconto è “logico e coerente, estremanente dettagliato nelle parti salienti e privo di qualisiasi forzatura o animosità punitiva o di odio nei confronti dell’imputato”. Lui invece un pochino arrabbiato forse lo è.

    Il documento: archiviazione querela fede

  • Ruby non parla ai pm
    Ma leggetevi le domande…

    E all’improvviso, Ruby non parla più. Vi ricordate la scenetta di Karima El Marough sullo scalone del palazzo di giustizia mentre mostra il suo passaporto alle telecamere? E l’intervista al programma di Santoro? Naturalmente, i processi sono un’altra cosa. Qualunque affermazione uno faccia in aula ha un peso molto diverso da quello che avrebbe di fronte a una telecamera. E Ruby, anche in aula di cose ne ha dette, con la sua deposizione fiume davanti ai giudici che processavano Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti.

    Ora però, nell’indagine ‘ter’, davanti ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, preferisce non rispondere alle domande degli inquirenti. I quali ci provano comunque a raccogliere le sue dichiarazioni e non si accontentano di un semplice “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”: ne raccolgono infatti ben nove. Loro domandano, mettono la giovane marocchina davanti a una serie di elementi accusatori e lei quasi meccanicamente risponde: “Mi avvalgo”.

    L’interesse di questo verbale sta allora nelle domande, e non nelle risposte. Vale la pena dargli un’occhiata. Qui sotto.

     

    prosegue

     

     

  • Berlusconi a Segrate sbaglia festa elettorale
    e invita a votare il candidato ‘comunista’

    Ve lo immaginate Silvio Berlusconi che va a sostenere il candidato di quelli che ancora oggi si ostina a chiamare comunisti, anche se magari di comunista hanno ormai ben poco? Un ex cavaliere attorniato da gente che balla il liscio, mentre le salamelle cuociono sulle piastre, come in una vecchia festa dell’Unità, nell’ultimo giorno di campagna elettorale? Bene, è successo. A Segrate, uno dei luoghi cari al suo ‘regno’. Il Comune in cui Silvio ha costruito Milano2, dove hanno sede gli studi Mediaset, su cui incide l’ospedale San Raffaele fondato dall’amico don Verzé e l’ormai nota via Olgettina, che alle ‘olgettine’ diede a lungo ospitalità.
    Ieri sera, attorno alle 22.45, raccontano i presenti, tre auto blindate parcheggiano al margine di largo Carabinieri d’Italia, nel centro di Segrate. Dalla vettura centrale scende lui. Lui lui. Preceduto dalla senatrice Maria Rosaria Rossi. Ma la festa è quella del candidato sbagliato, quello sostenuto da una coalizione di centrosinistra. Racconta un testimone: “Berlusconi procede verso il palco, leggermente disorientato. Incrocia dei ragazzi, chiede loro di ricordargli come si chiami il candidato sindaco”. Quelli gli rispondono con un nome maschile, Paolo, suscitando lo stupore dell’ex cavaliere. Il quale sbotta: “Ma come, non era una donna?”. Effettivamente il candidato sostenuto da Forza Italia è proprio una donna. La frittata è fatta. Berlusconi, con quattro esperienze da premier, decine di processi alle spalle, una vita sulla breccia, non è tipo da farsi scoraggiare. Dall’impiccio delle situazioni più difficili sa uscire con una battuta. “E allora voi votate Paolo”, avrebbe detto ai ragazzi. Poi sarebbe filato via in auto.
    Altri raccontano una versione leggermente diversa. Berlusconi avrebbe chiesto il nome del candidato, sindaco e avrebbe risposto “e allora tutti a votare Paolo”. Solo in seguito, andando via, notando qualcosa di strano, avrebbe detto ai suoi: “Ma non avevano detto che il nostro candidato era una donna?”. Sarà passato a salutare, alla festa giusta, non distante da lì? Ah, saperlo…
    P.s. Con la cronaca giudiziaria questa storia non c’entra, ma Berlusconi è pur sempre colui che in questi anni ci ha fornito più titoli, più storie. Anche questa andava raccontata.
  • Ruby ter, i pm da Fabrizio Corona
    Video bunga bunga? Non ne ho visti

    Il sospetto l’aveva insinuato già a fine 2010 durante la pausa di un suo processo. “Ci sono le fotografie delle feste ad Arcore. Se io avessi continuato a lavorare…”.

    Fabrizio Corona di fotografie e video se ne intende. Di solito li raccoglieva e li proponeva ai paparazzati in cambio di denaro. “Un favore se le foto erano brutte”, a suo modo di vedere le cose. Di foto del bunga bunga ad Arcore, però, se ne sono viste veramente poco. A parte un paio di scatti di una stanza vuota con il letto sfatto, niente. Al più immagini ammiccanti delle Olgettine, scattate con il telefonino e piuttosto fuori contesto.

    Eppure Corona era convinto che quelle fotografie compromettenti esistessero e che semmai fossero state fatte sparire per convenienza. Che le ragazze le avessero imboscate eventualmente per poterle usare come strumento di ricatto nei confronti di un soggetto che in effetti, fino a tempi recenti, è sempre stato ben disposto a retribuire le sue amiche. In cambio del silenzio? È quello che sospettano gli inquirenti dell’inchiesta Ruby ter. I quali, per dovere di completezza investigativa, si sono presi la briga di andare a sentire Fabrizio Corona in carcere a Opera, come testimone. L’ex re dei paparazzi avrebbe solamente confermato che le voci sulla presunta esistenza dei video erano insistenti, nell’ambiente dei vip da copertina di rivista patinata. Ma che lui non ne aveva mai visti. E che, per quanto a lui noto, poteva anche trattarsi di rumors infondati. Forse il segnale migliore Corona l’ha dato sulla propria consapevolezza di quel che gli sta succedendo. In carcere ha messo da parte gli abiti del bullo, ogni giorno legge da cima a fondo i quattro quotidiani che ha a disposizione, e molti libri. Un Corona ‘rieducato’? Sembrano lontani i tempi in cui scorrazzava in Bentley e dettava tempi e modi – non sempre leciti – degli scoop fotografici. Ma le dinamiche di quel mondo le conosce ancora benissimo.

  • Coppi, dire che Arcore era un harem e stravincere

    “Professore – chiede un cronista durante una pausa del processo d’appello Ruby – ma lei che ne pensa della vivacità sessuale di Berlusconi?”. “Alla mia età (ha due anni meno dell’ex premier, ndr) si rinuncia alla domanda e si teme anche l’offerta, quando arriva, perché si rischia una brutta figura”.

    Al professor Franco Coppi di posare un’aureola sul capo di Silvio Berlusconi non è mai passato per la mente. Anzi se possibile, durante le sue arringhe ha fatto brillare ancor più la cresta del “drago” a cui  “le vergini si offrono per rincorrere il successo”, metafora coniata dalla ex dell’ex Cavaliere, Veronica Lario, e poi ripresa da tutti i magistrati che hanno rappresentato l’accusa in questa vicenda.

    Ad Arcore c’era un sistema prostitutivo, questo è certo – ha ammesso candido Coppi davanti alla Suprema Corte – ma non c’è prova che Berlusconi sapesse della minore età di Ruby. E quella sera, quando chiamò in Questura, fece bene a chiedere di affidare Ruby a Nicole Minetti che poi si è rivelata quel che è, ma allora era una rispettabile consigliera regionale”.

    Semplice, semplice, solo sfogliando il codice e certo senza attingere al suo fondo di sapienza, il Professore ha convinto i giudici di secondo grado e la Cassazione a cancellare i sette anni di condanna per concussione e prostituzione minorile. Del resto, che quello a Silvio non fosse un processo così complicato l’hanno sottolineato pure gli ‘ermellini’ classificando il caso con un grado di difficoltà 5,5 su 10. A renderlo un ‘mostro’ giuridico erano stati i predecessori di Coppi, Niccolò Ghedini e Piero Longo.

    Nel processo di primo grado hanno cercato di convincere le tre giudici (bastava un po’ di psicologia di seconda mano per capire che in quanto donne andavano affrontate in diverso modo) che ad Arcore si sarebbero celebrate “cene eleganti”, dove tutt’al più si raccontava qualche barzelletta spinta, ci si travestiva da Ilda Boccassini e si cantavano le canzoni con Apicella. Ma il loro ‘capolavoro’ è stato non impedire quell’incredibile marcia verso il Palazzo di Giustizia di un centinaio di parlamentari del Pdl capeggiati da Angelino Alfano contro la persecuzione ai danni di Berlusconi ricoverato al San Raffaele per un male all’occhio. Invece di blandire il loro ‘capo’ ne hanno assecondato l’istinto a difendersi dal processo e non dentro l’aula. E’ bastato metterci un piede in quell’aula a Coppi per stravincere uno dei suoi processi più facili. (manuela d’alessandro)

  • Cronaca giudiziaria orfana di zio Silvio.
    Ora lo possiamo dire: mai più uno così.

    Senza ‘zio Silvio’ non c’è più la cronaca giudiziaria. Siamo tutti orfani.  Uno come lui su cui scrivere non ci sarà mai più. Presidente del consiglio o capo dell’opposizione, tre tv,  giornali, assicurazioni, banche, un partito personale, un potere immenso, decine di processi  soprattutto a Milano nel palazzo che fu simbolo di Mani pulite (che lui all’inzio appoggiò con i suoi potenti mezzi) e dulcis in fundo il numero di cellulare memorizzato sugli apparecchi di centinaia di prostitute.

    Ora ‘zio Silvio’ ha meno potere di prima e i processi sono quasi finiti, anche se dovrà far fronte a Ruby-ter, la corruzione dei testimoni e soprattutto delle testimoni, quando la procura incavolata per l’assoluzione in appello del Ruby-uno chiederà il rinvio a giudizio. Ma nulla sarà come prima. Sia per lui sia per i cronisti giudiziari, costretti a sbarcare il lunario vergando articolesse sulla querelle Bruti-Robledo, anche quella peraltro conseguenza dell’inizio della fine del potere del Cav ex Cav.

    Nessun imputato potrà essergli mai pari. Leggi ad personam da una parte e procedure ad personam dall’altra. Parlamento a sua disposizione fino ai 214 che votano “Ruby nipote di Mubarak” e decine di persone, specialmente femmine, intercettate perché frequentavano Arcore, prima di indagare formalmente lui sei mesi dopo. Una storia durata vent’anni, iniziata con un avviso di garanzia per corruzione depositato in edicola mentre lui presiedeva a Napoli un convegno planetario sulla criminalità e finito molto tempo con un’assoluzione.

    Tante prescrizioni perché lui modificava le norme, ma anche apparati investigativi giganteschi. Mai un’azienda ebbe un numero così elevato di perquisizioni a tappeto. Fossero stati trattati tutti così i grandi gruppi industriali sarebbe finito il capitalismo senza alcuna presa del palazzo d’inverno da parte dei bolscevichi.

    Abbiamo lavorato tantissimo, ci siamo anche divertiti e ora sentiamo la sua mancanza. Anche se lui c’è ancora, un po’ tra gli anziani di Cesano Boscone e un po’ a fare lo statista e il padre della patria, cosa questa di cui quando era potente gli fregava nulla. Buttato fuori dal Senato grazie a una legge che anche il suo partito aveva votato sotto l’emozione delle ruberie di Batman, un Carneade qualsiasi, “solo un mariuolo”, uno che a zio Silvio manco un baffo gli fa. Comunque grazie zio Silvio e lunga vita (frank cimini)

  • “Le dimissioni di Tranfa, un atto grave e inquietante”

    “Non so se corrisponde al vero quanto oggi scritto sul ‘Corriere della Sera’ secondo cui il Presidente della Corte di Appello, che ha recentemente assolto Silvio Berlusconi, si sarebbe dimesso il giorno stesso del deposito delle motivazioni della sentenza da lui firmata perché in dissenso sul dispositivo. Mi auguro di no perché se così fosse sarebbe davvero un fatto grave ed inquietante. A prescindere dal merito di una decisione che, a quanto si è potuto leggere, risulta del tutto ineccepibile in diritto (se manca la prova di un requisito essenziale di un reato l’imputato va necessariamente assolto), si può comprendere l’intimo disagio di un giudicante per una condanna ingiusta, ma non quello per una assoluzione non condivisa.

    Non a caso le norme prevedono la facoltà di manifestare in forma scritta (in busta segreta) il proprio dissenso da ostentare in caso di futura richiesta risarcitoria per ingiusta condanna, caso evidentemente incompatibile con una assoluzione, perché chi potrebbe lagnarsi avverso la stessa, ovvero il pm, dispone dei mezzi giuridici per farlo avanti la Corte di Cassazione.

    Tra l’altro, richiedendo la legge l’irragionevolezza del dubbio per pronunciare condanna il gesto del Presidente Tranfa suona anche quale pesante accusa di irragionevolezza al dubbio evidentemente ritenuto e manifestato dai suoi due colleghi, il che va oltre ogni pur legittima critica.

    Brutta pagina, insomma, che squalifica in modo irreparabile agli occhi della sempre più sconcertata opinione pubblica proprio quella importante funzione giudiziaria che il predetto magistrato, come si legge sul ‘Corriere’, ha esercitato per oltre 30 anni. Avrei preferito da addetto a lavori leggere qualche dissenso in più su chi in Procura ha ritenuto di disporre un giudizio immediato “per evidenza della prova” in un caso in cui tale prova non solo non era affatto evidente ma è risultata, al vaglio del processo, addirittura insufficiente.

    La sentenza di assoluzione peraltro non mostra nessuna “indulgenza” verso la persona dell’imputato che viene assolto sol perchè circondato da una tale corte di lacchè che, per ottenere quel che vuole, non deve neppure commettere reati ma questo nessuno lo dice. Quando la Giustizia diventa “tifo” abbiamo perso tutti. Giudici, Avvocati e soprattutto…imputati. (avvocato Davide Steccanella)

  • Ruby, le 300 pagine di motivazioni che spiegano l’assoluzione di Berlusconi

    Motivazioni Ruby appello

    Nelle oltre trecento pagine che potete leggere cliccando sul link, i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Milano spiegano perché hanno assolto il 18 luglio scorso Silvio Berlusconi dalle accuse di concussione e prostituzione minorile.

    L’ex premier va asssolto dal primo reato perché non ebbe alcun “atteggiamento intimidatorio o costrittivo” verso i funzionari della Polizia che affidarono Ruby a Nicole Minetti la notte del 27 maggio 2010. E’ vero, concedono i giudici, in quel momento Berlusconi aveva “interesse” che Ruby, portata in Questura dopo essere stata fermata, fosse rilasciata e non affidata a una comunità per minorenni, perché aveva saputo che era minorenne e temeva le sue rivelazioni sul ‘bunga – bunga’. Tuttavia, il funzionario che gli rispose al telefono, Pietro Ostuni, agì non perché costretto da Berlusconi, ma per “eccessivo ossequio e precipitazione”, “timore reverenziale” e “debolezza”.

    Quanto all’accusa di prostituzione minorile, i giudici argomentano che il leader di Forza Italia non era a conoscenza della minore età della ragazza quando ebbe rapporti sessuali con lei durante le serate ad Arcore. E smontano, definendola una “congettura”, la ‘prova logica’ invocata dal Tribunale per cui sarebbe stato Emilio Fede ad informarlo della reale età di Karima. (m.d’a.)

  • Sentenza Ruby, ecco perché Berlusconi non rischia il carcere

    La domanda in queste ore  è: Silvio Berlusconi rischia di finire in carcere se domani e poi in Cassazione verrà confermata la sentenza di condanna nel processo Ruby? Bisogna scartabellare un po’ di articoli del codice, consultare i nostri ‘oracoli giudiziari’  e rimettere in fila il curriculum penale dell’ex premier per arrivare al responso.

    Ebbene, Berlusconi rischia un bel numero di anni ai domiciliari, ma molto difficilmente finirà in carcere come il suo amico Marcello Dell’Utri.  Prendiamo il caso peggiore per il leader di Forza Italia: domani la Corte d’Appello ribadisce la condanna a sette anni di carcere e poi la Cassazione rende definitivo il fardello. A quel punto, ‘rivivrebbero’ i 3 anni di condanna indultati per Mediaset e per Silvio si profilerebbe un Everest di 10 anni di galera.

    In suo soccorso però arriverebbe l’articolo 47 ter dell’ordinamento penitenziario così come modificato dalla legge ex Cirielli secondo cui la pena della reclusione “può essere espiata” da un ultra – settantenne ai domiciliari purché non sia stato condannato per alcuni reati particolarmente gravi indicati dalla legge e “non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza”. Tra i reati per i quali scatta il carcere vengono annoverati violenza sessuale , strage, terrorismo, rapina armata, mafia, contrabbando, ma non la concussione e nemmeno la prostituzione minorile. Quanto alla dichiarazione di “delinquenza abituale, professionale o per tendenza”, viene pronunciata dal Tribunale di Sorveglianza ma in casi rari e per il momento l’ex Cavaliere non sembra essere a rischio. L’ipotesi che possa finire in carcere è allora tutta condensata nell’espressione “può essere espiata”. In teoria, il Tribunale di Sorveglianza potrebbe non concedergli questa possibilità spedendolo in carcere. Ma è un’ipotesi  che, spiegano fonti giudiziarie, nel caso di Berlusconi non dovrebbe essere presa in considerazione. (manuela d’alessandro)

     

     

  • Il conflitto di interessi dei giudici:
    “Se ci attacchi ti arrestiamo”

    C’è un nuovo conflitto di interessi in questo paese dove i magistrati fanno politica, i politici fanno i giudici e i giornalisti scimmiottano un po’ gli uni e un po’ gli altri. Il “conflitto” è quello dei giudici che in un provvedimento nero su bianco hanno detto a Silvio Berlusconi: “Se ci attacchi ti revochiamo l’affidamento in prova ai servizi sociali e ti arrestiamo”.

    Si può pensare tutto il male possibile e anche peggio del signor Berlusconi, ed è il caso di chi scrive queste poche righe, ma chi di mestiere fa il giudice non può decidere sul grado di accettabilità delle critiche che arrivano alla categoria delle toghe. In questo modo non si fa altro che dar ragione a Berlusconi.

    Nel provvedimento dei giudici di sorveglianza c’è un ricatto bello e buono al condannato in sede di esecuzione pena. La magistratura si comporta da casta inattaccabile e non criticabile. Del resto per stare solo agli ultimi giorni, dalla querelle Bruti-Robledo emerge che cosa è veramente il Csm con le sue correnti-partito, i giochi di potere, i veti incrociati. Una situazione che giustifica le critiche più radicali ai giudici e ai loro organismi.

    C’è la responsabilità della classe politica, soprattutto del centro-sinistra (degli altri inutile parlare visto l’argomento  e il capo dello schieramento) che non ha voluto varare una seria normativa sul conflitto di interessi, ma se la magistratura pensa di risolvere la questione dicendo “a brigante brigante e mezzo”,  allora a quel punto si fa portatrice di un nuovo “conflitto” ed è la fine della democrazia. Ammesso e non concesso che ne esista già una compiuta. (frank cimini)

  • Mai visti giudici così buoni con Silvio, è la fine?

    Un magistrato che si è scornato in aula più volte con Berlusconi commenta: “Potevano essere più cattivi”. Niccolò Ghedini, uno che alla fine di ogni udienza inseriva lo strale automatico contro le toghe made in Milano, gode: “Decisione equilibrata dei giudici”. Che succede a Palazzo? Forse è davvero la fine di Silvio Berlusconi se, dopo il Pd, anche gli altri eterni rivali sono diventati buoni con lui, se lo trattano come un bambino discolo a cui si tolgono solo pochi giocattoli e gli si paventa qualche scapacione se rifarà la marachella.

    Nell’ufficio del Presidente Pasquale Nobile De Santis telefonano dal New York Times, dal Brasile, da mezzo mondo per sapere come dovrà espiare la pena del processo Mediaset. Forse si aspettavano la ‘battaglia finale’, il sangue scorrere sui titoli di coda.  Invece. C’è addirittura delicatezza nelle parole dei giudici che gli concedono l’affidamento in prova. Silvio ha pagato almeno in monete il suo debito civile con la giustizia, si è mostrato disponibile a imboccare i vecchietti, e tanto basta per mettere nero su bianco che “è scemata la sua pericolosità sociale” e “almeno in nuce” ci sono i presupposti per la redenzione. Sì, la strada per la salvezza può essere imboccata perfino da chi è stato “capace di influenzare l’ambiente in direzione incompatibile con le regole del diritto civile” perché ci sono “indici di volontà di recupero dei valori morali perseguiti dall’ordinamento”. Certo, deve stare attento a non farsi tentare ancora dal Diavolo. Le “recenti esternazioni pubbliche in spregio della magistratura potrebbero inficiare gli indici di resipiscienza”, ammonisce il Tribunale.  Eppure sgorga fiducia nel futuro del 78enne ex Cavaliere: “L’affidamento in prova può sostenere e aiutare il soggetto a portare a maturazione quel processo di revisione critica e di emenda”. Silvio, preoccupati: i giudici tifano per te!  (manuela d’alessandro)

     

     

  • Un assistente sociale per Berlusconi

    Alle cinque del pomeriggio, Berlusconi entrerà nell’arena al primo piano del Palazzo di Giustizia. Cinquantonovesimo ‘torero’, dopo altri 58 condannati che aspettano di sapere come sconteranno la loro pena. Davanti a lui, o ai suoi avvocati se deciderà di non presentarsi, ci saranno il Presidente del Tribunale, Pasquale Nobile De Santis che per l’occasione scenderà in campo in prima persona, il giudice Beatrice Crosti e due ricercatori universitari sorteggiati dall’apposito albo, gli ‘esperti’ in materia. L’udienza si aprirà con la relazione di uno dei due giudici che spiegherà come si sia arivati a questo punto, come il protagonista assoluto della politica italiana degli ultimi 20 anni rischi di perdere la libertà dopo essere stato condannato a quattro anni per frode fiscale nel processo Mediaset. Uno solo di questi anni dovrà scontare, gli altri sono indultati. Tutte le ipotesi sono aperte, dalla più cruenta per l’ex Cavaliere (i domiciliari, escluso il carcere per l’età), a quella auspicata e più probabile (l’affidamento ai servizi sociali). Dopo il giudice prenderà la parola l’accusa, rappresentata dal pg Antonio Lamanna che esprimerà un parere non vincolante. Infine, i giudici si riserveranno una decisione entro 5 giorni, cioè martedì della settimana prossima, che verrà comunicata solo alle parti (tutto si svolge in camera di consiglio, off limits al pubblico). La novità di oggi è che il ‘torero’ – contrariamente a quanto accade a Milano per chi deve scontare un anno o meno di prigione – è stato sottoposto alla cosiddetta ‘indagine sociale’ nei mesi scorsi. Un assistente sociale ha bussato a casa sua per vedere se ci sono i presupposti per rimetterlo sulla ‘retta via’, se l’ambiente sociale e familiare in cui vive è adatto a indirizzarlo verso un futuro probo. E poi, cosa accadrà se il ‘torero’ dovesse uscire vivo dalla battaglia? Potrebbero decidere i giudici stessi dove  dovrà scontare i servizi sociali, in che contesto, oppure saranno i suoi avvocati, Franco Coppi e Niccolò Ghedini, a suggerire un ambiente idoneo. Certo dall’arena uscirà un (fu) Cavaliere se non incornato a morte quantomeno ferito.  (manuela d’alessandro)

  • Gli avvocati di Silvio
    difesi da ‘comunisti’ e finiani

    Ma se l’avvocato finisce nei guai, chi difende l’avvocato? E se l’avvocato nei guai è anche un politico, per lui ci vuole un avvocato-politico? E se l’avvocato-politico-uomo finisce nei guai per una vicenda che ha molto a che vedere con le donne, non sarà meglio farsi affiancare da un avvocato-politico-donna? Facciamo di meglio: qui ci vuole un grande-avvocato-politico-donna-diideeoppostealletue. (altro…)

  • Hollande e Cav, Europa unita nel nome di quella cosa

    Francoise Hollande rischia fortemente di emulare il “nostro” Cav, quei croissant fragranti portati dall’unico poliziotto di scorta per il ristoro di monsieur le president e dell’attrice dopo la trombata notturna potrebbero essere devastanti come il “bunga-bunga” di Arcore.  Certo solo mediaticamente, ma non è poco.

    Andando in giro praticamente senza le tutele previste dalla norma per l’inquilino dell’Eliseo, Hollande, dicono i critici, avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale tramite la sua persona. Insomma, il guaio è la gnocca. Pure un altro Francoise, Mitterand, l’aveva sempre al centro dei suoi pensieri, quella cosa, ma era super – protetto, a cominciare dal sistema dei media. Ma erano altri anni, non solo in Francia. In Italia accadde pure che i sequestratori dovessero sobbarcarsi la consegna di missive vergate dall’illustre ostaggio in direzione dell’amante, mentre erano in gioco le sorti della Repubblica.

    Comunque Hollande non è Berlusconi. Non andò anni addietro in piazza San Pietro con Casini e Fini, altri soggetti con disponibilità di più famiglie e f… plurima, a manifestare “per l’unità della famiglia” e, ovvio, “nel nome di Santa Romana Chiesa”. Fu “il family day”, una delle più grandi prese per il culo della storia patria. Come poi riscontrato anche ufficialmente dal Ruby-gate e dal processo sempre per quel pelo di troppo costato al Cav una condanna a 7 anni di reclusione.

    Sono vulnerabili i politici del terzo millennio, a differenza dei loro predecessori, esempio i vecchi democristiani che facevano tutto al riparo di tutto. Un esponente veneto della “Balena bianca” era solito recarsi in Namibia per gridare al momento dell’orgasmo “z’è nera, z’è nera”.

    Di questi tempi l’unico a non rischiare è lo zar Putin. Di tutto quello che accade nelle dacie, dove il Cav è frequente ospite, non sapremo mai nulla. E giustamente. Il Bel Paese può replicare con le pudenda del premier ceco Topolanek immortalato a villa Certosa in una foto che fece il giro del mondo. Ecco, a ‘sto punto manca solo l’immagine relativa all’attrezzo del regista del bunga-bunga, per mettere il cartello “completo”. (frank cimini)

  • Ruby ter. Ecco i 44 nomi

    Chi e quanti saranno gli indagati nell’annunciata inchiesta Ruby Ter? Non ci vuole grande fantasia per indovinarli. I nomi li hanno già suggeriti alla Procura di Milano, mettendoli nero su bianco, i giudici dei due processi di primo grado sul caso. Nomi scritti nei dispositivi delle sentenze: quella a carico di Silvio Berlusconi e quello nei confronti di Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora. Il tribunale ha disposto “la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per quanto di competenza in relazione agli indizi di reità ravvisati”, come si può leggere nel dispositivo della condanna “Ruby bis”.

    Ecco perché, tenuto conto degli articoli 331 n° 4 e 335 del codice di procedura penale (vedi qui http://www.altalex.com/index.php?idnot=36798) abbiamo fatto le nostre previsioni. Possiamo sbagliarci. Ma visto il meccanismo, la Procura dovrebbe limitarsi a prendere atto e iscrivere, salvo rivedere le cose in seguito, decidendo di archiviare. Oppure invece proseguendo l’azione penale. L’iscrizione, di per sé significa poco e non necessariamente va vista come un’infamia.

    Tra gli indagati allora dovrebbero esserci un ex presidente del Consiglio attualmente fuori dal parlamento, un paio di ex sottosegretari, un fisioterapista, un dj, un famoso autore di musica napoletana, due coppie di giovani gemelle, tre avvocati due dei quali attualmente parlamentari, una sfilza di ragazze, alcune delle quali indicate dalla stampa come ‘le olgettine’, e una funzionaria della Questura di Milano. Quarantaquattro nomi in totale. Le accuse saranno diverse, calibrate a seconda del comportamento dei singoli. Una sarà certamente “corruzione in atti giudiziari”, per altre persone sarà invece “falsa testimonianza”.

    Non siamo neppure all’inizio dell’inchiesta Ruby Ter. Per noi, potrebbero essere tranquillamente tutti assolti, o persino archiviati al termine delle indagini. L’iscrizione è per alcuni un atto dovuto. E tuttavia, secondo molti osservatori, alcuni episodi illeciti della futura indagine sono più provati di quelli per cui è già stato emesso un verdetto di condanna. Chissà come andrà a finire. In ambienti legali, c’è chi ipotizza con giustiziami.prlb.eu un provvedimento di sequestro del profitto del reato (si parla delle olgettine in questo caso: ve lo immaginate? Almeno 2500 euro moltiplicato per un certo numero di mesi oltre alle auto e agli altri benefit liberalmente elargiti da Berlusconi). Bando alle chiacchere. Volete sapere i nomi? Li trovate qui sotto, nel file allegato “Ruby ter, potenziali indagati”. (nino di rupo, manuela d’alessandro)

    Ruby ter, potenziali indagati

  • Motivazioni Ruby Bis

    Perché Berlusconi va indagato per corruzione in atti giudiziari? E perché devono esserlo anche i suoi (ormai ex) legali, Niccolò Ghedini e Piero Longo? E Karima El Marough, invece, di cosa risponderà? Se avete avuto la forza di leggervi le motivazioni della condanna in primo grado a carico di Berlusconi, ora è giunto il momento di attaccare con il sequel. Tranquilli, la produzione ha già annunciato anche il terzo episodio della saga, Ruby Ter. Ci vorrà tempo, ma il canovaccio c’è già. Intanto, eccovi le motivazioni della condanna Fede-Mora-Minetti, meglio nota come Ruby Bis, appunto.

    motivazioni ruby bis  

  • Motivazioni Ruby seconda parte

    Ecco la seconda parte delle motivazioni del processo Ruby. Non perdetevi le conclusioni, le trovate sempre qui su giustiziami.prlb.eu.

    motivazioni ruby pag 151-321

  • Motivazioni Ruby prima parte

    Ecco la prima parte delle motivazioni della sentenza Ruby. Buona lettura. (giustiziami.prlb.eu)

    motivazioni ruby prima parte

  • Motivazioni Ruby Berlusconi, le conclusioni

    Nelle ultime dieci pagine delle motivazioni della sentenza di condanna a sette anni per concussione e prostituzione minorile, i giudici della Quarta sezione penale del Tribunale di Milano tirano le conclusioni giudiziarie, e non solo, del comportamento dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Noi le abbiamo lette, ora fatevi voi un’idea. Sul sito trovate le motivazioni integrali divise in due parti. (giustiziami.prlb.eu)

    conclusioni motivazioni ruby

  • Ligresti-Cancellieri-Cav, il Belpaese del ”tengo famiglia e pure amici”

    Non si ferma la saga da ”amici miei” che vede coinvolto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri per i suoi presunti rapporti con i Ligresti. Tanto che, proprio mentre il Guardasigilli incassa la fiducia del Parlamento malgrado i turbamenti del Pd su quelle telefonate con la compagna e il fratello di ‘Don’ Salvatore, da Milano esce ‘nero su bianco’ il virgolettato di un verbale dell’ingegnere di Paternò: racconta di quella volta che avrebbe raccomandato la vecchia amica a Berlusconi. Una ”segnalazione”, una spintarella, presunta, all’italiana.

    E’ il 15 dicembre 2012. Il pm di Milano Luigi Orsi interroga Salvatore Ligresti in una tranche dell’inchiesta Fonsai, quella in cui è indagato per calunnia e corruzione anche l’ex presidente dell’Isvap, Giancarlo Giannini, che per 8 anni avrebbe chiuso un occhio sul gruppo assicurativo anche perché Ligresti gli aveva promesso, tramite Berlusconi, un posto all’Antitrust. E quando il pm gli chiede ”quanto spesso” gli sia ”capitato” di ”segnalare delle persone all’autorità politico-amministrativa”, l’ex patron di Fonsai si ricorda della sua vecchia conoscenza. ”Mi feci latore – ha spiegato – del desiderio dell’allora prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione”. E con chi si fece latore? Con il Cavaliere ovviamente, che c’entra sempre. (altro…)

  • Rubyter, pacco-regalo di Natale dei pm a Berlusconi

    Entro il 22 novembre ci sarà il deposito della sentenza Ruby, entro il 3 dicembre quello di Ruby2. A quel punto il capo della procura Bruti Liberati e l’aggiunto Ilda Boccassini daranno concretezza come atto dovuto all’invito che i giudici dei due processi avevano rivolto ai pm con la trasmissione degli atti riguardanti diverse false testimonianze: indagare su Silvio Brelusconi, sui 2500 euro mensili a 32 olgettine le cui deposizioni in aula avrebbero affermato cose lontane dal vero, su Mariano Apicella, sulla funzionaria di polizia Giorgia Iafrate, sulle presunte irregolarità nelle indagini difensive degli avvocati Ghedini e Longo.

    Insomma si chiamerà Rubyter, il pacco-regalo che entro Natale la procura di Milano farà recapitare all’ex presidente del Consiglio dei ministri, il quale con ogni probabilità si vedrà pure sequestrare i conti correnti presso l’Mps dai quali partivano e partono in verità tuttora i versamenti alle ragazze “al fine di risarcirle almeno in parte dei danni mediatici subiti a causa del clamore dell’inchiesta”.

    Il Cavaliere correrà pure il rischio di una misura cautelare personale che potrebbe portarlo in carcere o ai domiciliari dal momento che nel frattempo avrà perso l’immunità che gli deriva dallo status di senatore della Repubblica. La stessa sorte potrebbe toccare alle olgettine, in un’inchiesta che sembra destinata a chiudersi in tempi brevi con la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione in atti giudiziari, reato contestato a chi paga testimoni affinchè dicano il falso. Rubyter un bis del caso Mills, per capirci. Con la differenza che stavolta la prescrizione è lontana, lontanissima, considerando che i pagamenti sono in corso. L’accusa, insomma, appare molto più provata di quella del processo principale a carico del Cav dove è lecito dubitare circa la rilevanza penale di comportamenti politicamente e moralmente deplorevoli. In altri paesi un premier che chiama la polizia per far liberare aumma-aumma una minore sparisce dalla vita pubblica per il resto dei suoi giorni al di là di eventuali risvolti penali. Qui invece, citando Marco Pannella, “s’è fatto un processo per stabilire se ci fu penetrazione”. (frank cimini)

  • de petris ‘il duro’ sarà la pubblica accusa nell’appello ruby

    Dopo Ilda Boccassini, un altro ‘osso duro’ per Silvio Berlusconi nella vicenda Ruby. Secondo quanto apprende ‘Giustiziami’, a rappresentare la pubblica accusa nel processo d’appello a carico dell’ex premier, condannato in primo grado a cinque anni di carcere, dovrebbe essere Piero De Petris, considerato uno dei sostituti procuratori generali milanesi più rigorosi ed esperti. Le sue requisitorie sono molto efficaci e puntuali e non lasciano mai spazio all’enfasi, neppure quando riguardano personaggi noti. Tuttavia, c’è un precedente tra i due che può far ben sperare Berlusconi, almeno in chiave scaramantica. (altro…)