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  • Modelli 45 e 44 le spine per nuovo procuratore Milano

    Due voti per il Pg di Firenze Marcello Viola, un voto a testa per il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e per l’aggiunto di Milano Maurizio Romanelli. Dalla commissione incarichi direttivi arrivano queste tre indicazioni per la nomina del nuovo procuratore di Milano in sostituzione di Francesco Greco andato in pensione a metà novembre per ereditare un ufficio che non sarà facile riorganizzare devastato da una guerra interna e dove da tempo regnano insoddisfazione e confusione senza dimenticare i diversi pm indagati a Brescia.
    In attesa di sapere chi uscirà vincitore dal Csm in questo momento è importante capire cosa potrà dovrà e vorrà fare il neo procuratore.
    Va ricordato che in ogni procura che si rispetti e Milano non può fare certo eccezione una sorta di armadio degli scheletri è costituito dal l’insieme dei fascicoli rubricati a modello 45 senza ipotesi di reato ne’indagati e a modello 44 con reati ipotizzati a carico di ignoti. Si tratta spesso di rubricazikni per svolgere accertamenti senza comunicare nulla ai diretti interessati al fine di guadagnare tempo o di anticamere dell’insabbiamento.
    Il nuovo procuratore andrà a spulciare quei fascicoli o no? Col tempo sapremo. Ma non è certo questo l’unico problema. A Milano l’organizzazione del lavoro la geografia dei dipartimenti e tutto il progetto di Greco ha lasciato strascichi di lamentele e scontentezze che erano sfociate nelle 57 firme su 64 pm di solidarietà a Paolo Storari che rischiava il trasferimento nell’ambito della battaglia interna relativa alla loggia Ungheria e al caso del processo Eni.
    Che fine farà il dipartimento riguardante i reati transnazionali la cui creazione aveva suscitato disaccordi interni all’ufficio fin dall’inizio? Il destino del dipartimento dipende anche da quello del suo responsabile Fabio De Pasquale il procuratore aggiunto indagato a Brescia per omissione in atti d’ufficio che rischia il trasferimento per incompatibilità ambientale insieme al sostituto Sergio Spadaro nel frattempo approdato alla procura europea.
    Sarà il nuovo procuratore a decidere se mantenerlo in piedi o inglobarlo come era in precedenza nel dipartimento dei reati contro la pubblica amministrazione oggi diretto da Romanelli. Poi sarà da vedere chi resta e chi va. L’aggiunto Eugenio Fusco ha chiesto di andare a fare il procuratore a Verona. L’aggiunto Laura Pedio è indagata a Brescia sempre per gli strascichi Eni e Ungheria e rischia di essere trasferita.
    Insomma si prospetta per il nuovo procuratore, probabilmente un “papa straniero” perché Romnnelli tra i tre resta quello con meno chance, un durissimo e delicato lavoro. Tutto ciò nel trentennale di Mani pulite e in una situazione profondamente diversa se non proprio opposta a quella di allora.
    (frank cimini)

  • La mitica procura allo sbando ma Csm non ha fretta

    Il Consiglio superiore della magistratura non sembra proprio avere fretta di nominare il nuovo procuratore capo di Milano dopo l’uscita per pensionamento di Francesco Greco avvenuta a metà del novembre scorso. Ci vorranno settimane se non addirittura mesi. Intanto la mitica procura che fu di Mani pulite continua a funzionare con l’organizzazione che le aveva dato Greco generando con il passare del tempo insoddisfazioni e incertezze. Una situazione simboleggiata poi dai 57 pubblici ministeri su 64 che votarono contro il trasferimento di Paolo Storari chiesto dal pm della Cassazione in seguito alla vicenda dei verbali di Amara consegnati a Davigo. Fu un voto che andava al di là dell’episodio specifico e che suonava come la generale sfiducia dei sostituti per il capo della procura, avversario di Storari nell’intervista vicenda Eni.
    Attualmente c’è un procuratore della Repubnlica facente funzione Riccardo Targetti che andrà in pensione nel prossimo mese di aprile a dimostrazione ulteriore del quadro estremamente fluido dell’ufficio. Il Csm si sarebbe “tranquillizzato” dopo aver risolto il caso della procura di Rona con la nomina di Lo Voi al posto di Prestipino. Era considerato il caso più spinoso dopo che TAR e Consiglio di Stato avevano deciso per l’irregolarità della nomina di Prestipino accogliendo il ricorso del Pg di Firenze Marcello Viola.
    Una vittoria che a Viola non ha portaro bene perché la sua candidatura a capo della procura di Roma è stata bocciata per la seconda volta e a vantaggio di Lo Voi. A viola insomna continuano a nuocere i ricami di chiacchiere intorno alla famosa riunione dell’hotel Champagne con i politici nonostante la sua conclamata estraneità alle operazioni sottobanco.
    Al punto che Viola non sarebbe messo bene nemmeno per diventare capo della procura di Milano e sarebbe costretto a puntare su quella di Palermo. Viola sarebbe considerato eccessivamente discontinuo per una procura ritenuta territorio di Md dopo le gestioni di Bruti Liberati e Greco. La lotta vede in pole position il procuratore di La Spezia Antonio Patrono e quello di Bologna Giuseppe Amato. Sarebbe in vantaggio a livello di titoli Amato perché proveniente da una procura sede di distrettuale antimafia e antiterrorismo. Tra i candidati c’è anche il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli ma stavolta la scelta sembra matura a favore del cosiddetto “papa straniero”.
    Ma ci vorrà ancora almeno un po’ di tempo. A Milano restano i problemi di diversi pm indagati a Brescia. Il 3 febbraio ci sarà l’udienza preliminare per Storari e Davigo. La procura di Brescia deve ancora decidere sulle posizioni di Fabio De Pasquale Sergio Spadaro e Laura Pedio in relazione sempre alla vicenda Eni. L’ufficio gip invece deve valutare la richiesta di archiviazione per Francesco Greco (frank Cimini)

  • Loggia Ungheria, da Mattarella in giù omertà solo omertà

    Non ne parla più nessuno per non disturbare il manovratore. Il manovratore è il sistema di cui evidentemente la loggia Ungheria sparita dal dibattito pubblico e dai giornali fa parte a pieno titolo.
    Il primo insabbiatore come presidente della Repubblica e del Csm è Sergio Mattarella che disquisisce su svariati argomenti tranne che sulla famosa consorteria di potere di cui parlò a verbale davanti ai pm di Milano l’avvocato Piero Amara spiegando che serviva ad aggiustare inchieste e processi, confezionare nomine dei magistrati in ruoli apicali.
    Non è detto che la loggia esista veramente ma per saperlo ci sarebbe stato bisogno di indagare. Formalmente più procure se ne occupano ma in sostanza per fare niente, nemmeno per sequestrare i 100 milioni di euro che il legale siciliano avrebbe incassato con le sue consulenze di alto bordo.
    Amara è stato protetto prima perché considerato grande testimone d’accusa al processo a carico dei vertici dell’Eni rivelatosi un flop e successivamente perché avrebbe acquisito enormi capacità di ricatto.
    A Milano c’è un procuratore delegittimato dai suoi sottoposti che hanno ottenuto l’inamovibilità di Paolo Storari vanificando la richiesta addirittura del Pg della Cassazione. Vietato sapere se l’indagine su Amara sia stata o meno riassegnata e chi la coordini adesso.
    Tace Milano e tace pure Perugia dove c’è un altro pezzo dell’inchiesta sulla loggia. Tace il Csm che entro l’anno dovrà nominare il successore di Francesco Greco. Il suo presidente Mattarella non dice niente sul punto come se non avesse a che fare con uno dei più gravi scandali nella storia della magistratura. Il discorso vale in un senso o bell’altro, anche nel caso in cui Amara si fosse inventato tutto. Mattarella insiste nel dire che va cercata la verità su Moro “tutta la verità” fregandosene di quanto emerso in sei dibattimenti. Evoca gli archivi dei servi segreti dell’Est che in realtà dalla caduta del Muro sono in mano all’Occidente. E ci fossero state circostanze di collusione con i rapitori di Moro sarebbero da tempo state pubblicate con titoloni. Anche l’Ungheria sta a est. Ma è solo il nome di una piazza di Roma dove abiterebbe uno dei giudici della loggia. Una loggia coperta nel caso esista davvero da un’omertà di sistema. Politici magistratura giornali e telegiornali, quelli che continuano a celebrare Falcone e Borsellino, ma comportandosi per il resto come mafiosi.
    (frank cimini)

  • Le lunghe ferie di Greco e l’incastro con i giochi di Md

    Il procuratore della Repubblica di Milano Francesco Greco non anticipa la pensione ma fa lunghe ferie lasciando in pratica la gestione dell’ufficio all’aggiunto con più anzianità di servizio Riccardo Targetti che aveva incontrato nei giorni scorsi. Nel caso avesse anticipato la pensione che scatterà il prossimo 14 novembre il procuratore avrebbe accelerato l’iter per la nomina del successore.
    E questo avrebbe provocato problemi alla sua corrente, Magistratura Democrstica, che ha bisogno di prendere tempo al fine di trovare dentro il Csm le alleanze necessarie al fine di scongiurare l’arrivo al vertice della procura del cosiddetto “papa straniero”.
    Peppe Cascini uomo di punta dei magistrati di sinistra all’interno del Csm, raccolti tra Area e Md, è già all’opera da tempo per portare a termine il progetto, puntando alla nomina di Maurizio Romanelli, attuale coordinatore come procuratore aggiunto del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione e che è l’unico candidato interno.
    Romanelli esperto sia di antimafia sia di antiterrorismo ha sulla carta meno titoli del procuratore generale di Firenze Marcello Viola e del procuratore capo di Bologna Jimmy Amato, ma con il gioco delle correnti diciamo che come la storia anche recente del Csm insegna si possono fare “miracoli”.
    La situazione non è certo cambiata dopo l’uscita di Luca Palamara e la sua radiazione dall’ordine giudiziario. Proprio Cascini fu a lungo in grande consuetudine di rapporti alleanza e amicizia personale con
    l’allora “ras delle nomine”.
    Basti ricordare la vicenda delle tessere per lo stadio Olimpico. Cascini ne aveva una a suo nome ma dovendo portare anche il figlio a vedere la partita non fu nemmeno sfiorato dall’idea di andare in biglietteria, cacciare i soldi di tasca e comprare il tagliando. Si rivolse a Palamara “per un contatto al Coni in modo da non doverti rompere i coglioni tutte le volte”. Quindi non si trattava neanche di un “una tantum” ma di un ingresso stabile anche per il pargolo. Questo emerge dalle intercettazioni fatte con il famoso trojan messo dai pm di Perugia nel telefono cellulare di Palamara.
    I prossimi mesi diranno se Md, che considera la procura di Milano territorio di sua appartenenza, riuscirà nell’intento. Greco intanto fornisce il suo contributo facendo di tutto per tenere in caldo il posto con ferie lunghe anche se abbastanza amare diciamo. Greco ricordiamo è indagato a Brescia per non aver proceduto tempestivamente alle iscrizioni tra gli indagati sulla base delle dichiarazioni rese da Piero Amara, capitolo loggia Ungheria. Greco comunque non rischia un procedimento disciplinare ma solo perché non vi sarebbbe il tempo per farlo.
    E a proposito di iscrizioni nel registro degli indagati diciamo che piove sul bagnato. Secondo insistenti indiscrezioni circolanti da tempo risulta indagato a Brescia un altro magistrato della procura di Milano insieme a un importante funzionario pubblico. Si tratterebbe di un atto dovuto dopo la lunga deposizione di un testimone presentatore di un esposto-denuncia.
    (frank cimini)

  • Loggia Ungheria, procure in mezzo al guado

    L’ormai famosa loggia Ungheria è esistita, esiste o si tratta di una bufala messa a verbale dall’avvocato Piero Amara? Non lo sappiano e c’è il rischio di non saperlo mai. Le procure di Milano, Perugia e Vattelapesca dovrebbero accertarlo. Il condizionale è d’obbligo perché a quanto pare nulla è stato fatto sia prima sia dopo l’emergere del caso.
    Diciamo che le procure potrebbero (eufemismo) essere imbarazzate. Nel caso dovessero indagare finirebbero inevitabilmente per lanciare il messaggio di sospettare di altre toghe. Dal momento che Piero Amara ha affermato che ne facevano parte anche magistrati e giudici insieme a politici imprenditori avvocati e uomini di affari. Anche per intrallazzare sulle nomine del Csm.
    Nel caso invece non dovessero indagare finirebbero per buttare a mare con un gioco di parole Amara che per molti versi ci si è buttato da solo. Ma, dettaglio importantissimo, l’avvocato siciliano viene ancora valorizzato al massino come testimone della corona dalla procura di Milano nel ricorso in appello contro la sentenza che ha assolto i vertici dell’Eni dall’accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari nel tentativo in verità non facile di ribaltare il verdetto al processo di secondo grado. Delle due l’una. Non esiste una terza via, a meno che non dovesse trattarsi di non fare niente.
    A non fare niente intanto anche sul punto è il Csm che pare non toccato dalla vicenda. A cominciare dal suo presidente Sergio Mattarella che è anche il capo dello Stato e di questi tempi parla di tutto persino dell’istituto di previdenza dei giornalisti ma non della bufera che ha investito la categoria nel suo complesso.
    A tacere poi è la politica tutta. Storicamente quando la politica è in difficoltà, basta ricordare il mitico 1992, viene azzannata dalla magistratura che in questo modo aumenta il proprio potere.
    Quando la magistratura è in difficoltà la politica sembra avere paura. È riuscita a tacere in sostanza anche sul caso del senatore Caridi assolto dopo 5 anni compresi 18 mesi di carcere dove lo mandò il Parlamento accogliendo la richiesta di arresto dei giudici.
    Tornando a botta. Cosa farà per esempio sulla famosa loggia Ungheria la procura di Milano in pratica delegittimata dal Csm che ha deciso di non trasferire il pm Pm Paolo Storari il quale aveva rotto con il capo Francesco Greco proprio su quelle indagini mancate? Cosa può coordinare Greco a pochi mesi dalla pensione e indagato a Brescia giusto per lo scontro con Storari?
    E nel caso in cui Greco anticipasse la pensione chi lo dovesse sostituire come facente funzione in attesa della nomina del successore riprenderebbe subito in mano la patata bollente? E a Perugia sono tutti presi solo dal caso Palamara senza avere tempo per altro? Non resta che aspettare magari nella consapevolezza di non doversi aspettare niente se non che il tempo scorra.
    (frank cimini)

  • Csm: Storari resta a Milano. Greco sempre più in bilico

    La decisione del Csm di rigettare la richiesta del Pg della Cassazione Giovanni Salvi di trasferire da Milano il pm Paolo Storari impedendogli di esercitare le stesse funzioni anche altrove taglia la testa al toro e contiene un chiaro messaggio per il procuratore Francesco Greco.
    Greco alla luce della scelta del Csm, chiara e netta, appare sempre più in bilico. Il procuratore dovrebbe coordinare fino al 14 novembre data della pensione, un ufficio inquirente dove ben 60 pm su 64 avevano espresso solidarietà a Storari smentendo Greco.
    Il procuratore aveva sostenuto che Storari consegnando i verbali di Piero Anara a Davigo avrebbe “gettato discredito sull’intero ufficio”.
    Si tratta della stessa linea scelta dal Pg Salvi il grande sconfitto di questa vicenda in cui è l’intera magistratura a fare una magra figura (eufemismo).
    Salvi evidentemente pensava di risolverla trattando Storari come Luca Palamara. Trasferendo Storari e impedendogli di continuare a fare il pm secondo il Pg della Cassazione avrebbe risolto tutto.
    E invece il no secco del Csm ha aggravato la situazione. Diciamolo chiaramente: anche il documento dei 69 pm solidali con Storari non è stato formalmente depositato al CSM ha finito per pesare in modo decisivo.
    Adesso sarà il procuratore Francesco Greco a decidere cosa fare. Nel caso il procuratore andasse in pensione in anticipo accelererebbe l’iter per la nomina del suo successore dove i favoriti sono il Pg di Firenze Marcello Viola e il capo dei pm di Bologna Jimmy Amato.
    Non sembra avere molte chance il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli unica candidatura interna all’ufficio. Questa volta i pronostici sono tutti per un “papà straniero”, un magistrato fuori dai giochi e dai giri della procura meneghina.
    (frank cimini)

  • I nostalgici di Mani pulite non salvano la procura

    I nostalgici di Mani pulite con il ricordo dei bei tempi che furono non salvano la mitica procura dai guai in cui è coinvolta adesso. E per una ragione molto semplice. Quelli non furono bei tempi perché i codici e le procedure furono usati come carta igienica per un’operazione di potere. Altro che dire “ai tempi di Borrelli non sarebbe accaduto”.
    I fan della grande farsa di trent’anni fa non potendo negare che la procura di Nilano sta vivendo momenti difficili ricorrono al passato rimpiangendo i vecchi tempi. Adesso c’è un pm che sospettando violazioni da parte del suo ufficio non le denuncia in maniera formale ma prende copie di interrogatori dal suo computer per consegnarle a Davigo uno dei protagonisti del 1992-1993 di cui si fida in modo particolare. E neanche Davigo dal CSM fa azioni formali. Si limita a parlarne con chi di dovere. Insomma siamo alle cose aumma aumma, senza alcun rispetto delle norme e delle procedure.
    E dove era il rispetto di norme e procedure anche ai tempi di Mani pulite quando si arrestavano gli indagati per farli parlare? Quando si decideva di fare accertamenti perquisizioni e sequestri solo quando conveniva operando secondo mille pesi e mille misure. Lasciando da parte poteri forti come la Fiat e Mediobanca, rinunciando a fare indagini serie sul Pci PDS non in omaggio alle toghe rosse ma solo perché una sponda politica all’indagine era pur necessaria per andare oltre e evitare che la politica tutta facesse blocco contro gli inquirenti.
    I guai allora furono evitati perché c’era il grande consenso di un’opinione pubblica fortemente condizionata dai giornali di proprietà di editori che per altre loro attività di imprenditori erano sotto lo schiaffo del mitico pool. Per cui fu facile mettere la polvere sotto il tappeto e zittire quei pochi che dissentivano.
    Adesso è meno facile perché l’affaire ruotante intorno all’avvocato Amara arriva dopo il caso Palamara che ha ridotto in modo sensibile la credibilità dell’ordine giudiziario e dei suoi organi a iniziare dal Csm. Ma non ci sono casi Amara o Palamara. C’è un caso magistratura dal quale lor signori cercheranno probabilmente anche con successo di uscire con la solita logica dei capri espiatori. Daranno tutte le colpe solo al pm Storari, alla segretaria del Csm e a Davigo che ormai fuori dai giochi conta più niente (frank cimini)

  • Greco e De Raho assolti, o’ malament è Palamara

    “Non ha compiuto un’improria interferenza nelle nomine di sei procuratori aggiunti”. Con questa motivazione il Csm ha deciso di non aprire un procedimento disciplinare a carico del procuratore di Milano Francesco Greco. L’ultima parola spetta al plenum ma la strada è ormai segnata da tempo. Il Csm in pratica difende se stesso continuando a raccontare che nei giochi sottobanco per le nomine e gli incarichi dei magistrati c’è un solo colpevole, o’ malament, Luca Palamara che in pratica avrebbe fatto tutto da solo.

    Palamara contribuì alla nomina di ben 85 colleghi che però sono tutti innocenti e candidi come gigli. “È emerso sicuramente che vi furono interlocuzioni tra i consiglieri dell’epoca Nicola Clivio e Palamara e il dottor Greco ma tali interlocuzioni furono attivate dagli stessi consiglieri e non si risolsero in alcuna segnalazione o promozione di specifici nominativi da parte di Greco – è la conclusione dell’organo di autogoverno al momento – quanto in una generale consultazione sulle problematiche dell’ufficio e sulla professionalità richieste per la migliore gestione del medesimo. Pertanto non risultano condotte suscettibili di incidere sull’imparzialita’ e indipendenza neanche sotto il profilo dell’immagine”.

    Nessun procedimento anche per il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho che era stato a strettissimo contatto con Palamara al punto da scrivergli come risulta dalle intercettazioni “la tua battaglia è la nostra”. Greco invece gli scriveva: “Ci vediamo al solito posto”.

    Lo sanno anche i sassi che dopo la furibonda lite Bruti-Robledo risolta con l’altissimo intervento del presidente Napolitano e al fine di evitare fatti simili in futuro il Csm lascia che siano i capi degli uffici a decidere le nomine degli aggiunti.

    Tra i candidati ad aggiunto a Milano c’era il sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo con un curriculum di incarichi impressionante pieno di presenze in organismi internazionali e quindi di gran lunga superiore a quello di altri colleghi. Ciaravolo aveva preannunciato a Greco la propria domanda per andare in procura. “Non ci sono problemi” fu la risposta. E invece i problemi c’erano. Iniziò un fuoco di sbarramento che costrinse Ciaravolo a decidere di ritirare la candidatura tre ore prima che il plenum decidesse.

    Anche le chat scambiate da De Raho con Palamara in occasione dell’assegnazione di due incarichi direttivi “non hanno determinato un appannamento della sua credibilità professionale e personale”.

    Insomma non era accaduto nulla. Tutte le colpe sono esclusivamente di Palamara che è stato radiato dalla magistratura e per il Csm la storia deve finire così e basta. Insomma punto fermo. Sia Greco sia De Raho tra pochi mesi lasceranno per raggiunti limiti di età’. Quindi non ci sarebbero stati neanche i tempi tecnici per istruire e portare a termine il disciplinare. Ma era ed è una questione di immagine del Csm. Avviare i procedimenti avrebbe finito per ridare credibilità a Palamara che nel libro scritto con Sallusti ribadisce: “Mica ho fatto da solo, non avrei potuto”.

    Niente di nuovo sotto il sole. Il Csm come aveva già dimostrato il caso Bruti-Robledo resta il regno dell’omerta’ e dei traffici illeciti di influenza. Sì proprio il reato che le procure distribuiscono in giro ai comuni mortali. A palazzo dei Marescialli invece sono tutti innocenti. Tranne uno, sempre lui, “o malament”. (frank cimini)

     

  • Gli altarini della casta togata, il libro di Zurlo

    Al fine di accompagnare i taralli del caso magistratura, derubricato dal CSM e dai giornaloni a caso Palamara con ovvia radiazione del capro espiatorio per fingere pulizia e tabula rasa, appare utile la lettura delle 223 pagine vergate dal collega Stefano Zurlo cronista nelle aule dei processi di vecchia data, edizioni Baldini e Castoldi, 18 euro.
    “Il libro nero della magistratura” recita il titolo accompagnato dall’occhiello “I peccati inconfessati delle toghe italiane nelle sentenze della sezione e disciplinare del Csm.
    Si tratta del terzo lavoro di Zurlo sullo stesso tema dopo “La legge italiana siamo noi” del 2009 e “Prepotenti e impuniti” del 2011, “sempre sbianchettando i nomi” specifica l’autore “per non rischiare grappoli di cause milionarie e grane a non finire. Nove anni dopo ci risiamo”.
    Non c’è una virgola che sia inventata fuori posto esagerata. “Ci sono giudici che hanno depositato sentenze con mesi e mesi di ritardo e altri che hanno dimenticato in cella gli imputati per 51 giorni… giudici che hanno chiamato i carabinieri per non pagare il conto al ristorante e altri che hanno smarrito pratiche e fascicoli vanificando anni di processi….  Molti sono stati assolti perché c’è quasi sempre una scappatoia, troppo lavoro, il sistema che non funziona, la separazione dalla moglie, la malattia grave di un congiunto”.
    Molti non sono sfuggiti alla sanzione, spesso minima, tra ammonimento e censura. Raramente si è arrivati alla perdita di anzianità e molto difficilmente all’espulsione dalla categoria. Tutti processi celebrati in silenzio.
    In questo libro siamo oltre gli accordi sottobanco, le spartizioni tra le correnti. Siamo a fatti di vita quotidiana rispetto ai quali si resta senza parole soprattutto perché i comuni mortali per episodi simili sono costretti a vedere i sorci verdi e la loro vita sconvolta dalle decisioni dei togati.
    Un giudice resta al suo posto nonostante sia responsabile di 74 procedimenti civili fuori tempo massimo con punte tra i 595 e i 560 giorni e di aver copiato pari pari 55 delle 71 pagine del testo da una delle due parti. La nobilissima arte del copia e incolla. Il signore ha “pagato” con la perdita di un anno di anzianità con gli utenti sempre costretti ad aspettare i suoi tempi.
    Un altro giudice si ubriaca, barcolla, viene soccorso, arrivano due poliziotti e lui li “saluta”a modo suo: “Sbirri di merda, mi avete rotto i coglioni”. E ancora: “Ve la faccio pagare adesso chiamo il questore e vi sistemo”. Successivamente dopo aver tamponato un’auto prende a calci e pugni due carabinieri rifiutando di dare le proprie generalità. Diversi procedimenti disciplinari, il buffetto dell’ammonizione. Ma non si ferma, prosegue. Viene sospeso dalle funzioni e dallo stipendio. Adesso vive con l’assegno alimentare cosiddetto. Quello alle toghe non lo negano mai.
    C’è il giudice che picchia la moglie e viene assolto con la commissione disciplinare che filosofeggia sui fallimenti esistenziali per coprire gli eccessi e gli istinti maneschi.
    Non manca chi ha molestato e vessato per anni una collega “perché non ci stava”, rischia il trasferimento ma non arriva neanche quello e il giudice continua in aula a rappresentare lo Stato.
    Un altro fa il giudice e il vicesindaco nello stesso territorio ma se la cava con l’ammonimento.
    428 giorni, più di un anno agli arresti domiciliari per un erroraccio del gip che avrebbe dovuto firmare la remissione in libertà di due imputati a maggio del 2013 ma lo fece solo nell’agosto dell’anno successivo. La commissione disciplinare del Csm decide che si tratta di grave negligenza. Emerge che lo stesso giudice aveva dimenticato in cella un terzo imputato per 48 ore. Ma tutto finisce con una semplice censura. Nella commissione disciplinare che prende la decisione ci sono Maria Elisabetta Alberti Casellati futuro presidente del Senato e dulcis in fundo Luca Palamara. Da lui eravamo partiti per parlare del libro di Stefano Zurlo e non possiamo non finire con lo stesso, ormai ex magistrato. Quello che adesso viene misconosciuto dai colleghi a cominciare da quelli beneficiati dalle sue attività diciamo borderline. Ovvio non aveva agito da solo. Piazzare negli anni passati al Csm 86 magistrati in ruoli di vertice non è impresa da poco. Alla fine ha pagato solo lui. E molti giudici dei quali ci racconta Zurlo fecero di peggio molto di peggio, anche se il Csm quei misfatti li ha retrocessi a una sorta di vizi privati da curare al massimo con qualche caramella amara.
    (frank cimini)

  • Capri espiatori, Becciu il Palamara del Vaticano

    È la logica del capro espiatorio la soluzione che organismi di potere dimostrano di gran lunga di preferire pur di non affrontare problemi e fenomeni che sono chiaramente alla radice di ciò che emerge. E non sembra una situazione caratteristica esclusiva del nostro Paese a vedere quello che sta accadendo in Vaticano con la parabola discendente di monsignor Giovanni Becciu, fino a pochi giorni fa potentissimo caro amico di Papa Francesco e ora nella polvere.
    Ci corre un paragone con la vicenda di Luca Palamara, il magistrato che veniva ripetutamente e ossessivamente cercato da colleghi che ambivano a incarichi importanti e che adesso, caduto in disgrazia, è stato scaricato da tutti.
    Ovviamente la stragrande maggioranza degli organi di informazione fiancheggia queste operazioni, si fa pochissime domande e procede a spron battuto nella distruzione dell’immagine degli ex potenti.
    Monsignor Becciu venne nominato da Benedetto XVI nel 2011. È stato sostituto per gli Affari generali, confermato da Bergoglio e nominato delegato speciale presso il Sovrano ordine militare di Malta al fine di risolvere la crisi dello stesso. Poteva gestire i fondi della Segreteria di Stato, a cominciare da quelli dell’Obolo di San Pietro, il denaro che la Chiesa raccoglie per le opere di carità in favore dei poveri.
    Evidentemente Becciu poteva agire senza controlli. Evidentemente i controlli non esistevano. Non c’erano gli anticorpi che sarebbero stati necessari per prevenire operazioni illecite, comprese quelle sottrazioni di denaro poi finito in mille rivoli che adesso vengono ipotizzate dalle inchieste sia della Santa Sede sia in Italia.
    Il modo in cui Becciu è stato eliminato, addirittura con l’esclusione dal futuro conclave, dimostra l’inutilità sostanziale di parlare di mere ipotesi investigative. Becciu non ha avuto possibilità di difendersi in presenza di un quadro accusatorio sicuramente pesante. Il monsignore sarebbe stato tra l’altro responsabile di un accordo per mettere lo stemma della Caritas sulle bottigliette della birra artigianale “Pollicino” prodotte dalla “Angel’s” amministrata dal fratello Mario.
    Tutto dovrà essere provato? Solo in teoria è così. Monsignor Becciu in sostanza è già stato condannato. Non è certo il primo collaboratore del Pontefice chiamato a svolgere incarichi importanti a finire male. Ha fatto tutto da solo? In Vaticano esistono organismi e persone che hanno il compito di vigilare? Chi controlla chi?
    E Luca Palamara ha fatto la stessa fine di Becciu. Il capo della Direzione nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, come risulta dalle intercettazioni finite puntualmente sui giornali, gli telefonava per dirgli: “La tua battaglia è la nostra”. Il procuratore di Milano Francesco Greco gli dava appuntamenti: “Ci vediamo al solito posto”. Palamara aveva in mano la carriera di decine e decine di colleghi. Avrebbe contribuito alla nomina per incarichi direttivi di almeno 84 magistrati.
    Perché Palamara agiva con grande furbizia. Anche quando aveva in origine un candidato suo diverso da quello che poi avrebbe vinto, il nostro virava in extremis sul vincitore. Insomma, non perdendo praticamente mai acquisiva sempre maggiore potere.
    Ora l’ex magistrato più potente d’Italia è rimasto con un pugno di mosche in mano. Con il Csm di cui fece parte che gli ha negato a livello disciplinare il diritto a difendersi. Aveva chiesto, Palamara, 133 testimoni a discarico: ne ha ottenuti solo un paio, peraltro già presenti nella lista dell’accusa. Per i commerci sotto banco degli incarichi e per i rapporti con il mondo politico sarà il solo a pagare l’ex pm della capitale. E il suo “disciplinare” rischia di essere il processo pilota per il futuro. Quello senza diritti della difesa, quello sognato da molti procuratori almeno fino a quando non saranno loro a finire sotto inchiesta.
    Restano al loro posto tutti i colleghi che Palamara ha contribuito a far nominare. Sembra sia stato solo lui a inquinare la vita della magistratura. L’Anm non ammette critiche, lamenta addirittura che ci si occupi sui giornali delle irregolarita’ nei concorsi per magistrati (in realtà se ne scrive pochissimo).
    La politica dal canto suo è silente. Stanno zitti anche gli esponenti di partiti che in passato furono protagonisti di scontri durissimi con la magistratura, a iniziare da quelli che nel 2013 occuparono i corridoi del tribunale di Milano in difesa del loro leader, imputato in un processo per un pelo di quella lana nel quale alla fine venne assolto. Evidentemente a tutti o quasi va bene la giustizia per come viene amministrata, va benissimo il Csm ripulito dal metodo Palamara, quello usato per beneficiare tanti magistrati che continuano a impartire dal loro scranno lezioni di etica e di morale. Tutto bene ora. In Italia e pure all’estero. Senza Becciu e senza Palamara.
    (frank cimini)

  • Pm di serie A Roma e Perugia, Bergamo serie B

    Ci sono uffici giudiziari di serie A dove i procuratori appena nominati si insediano e altri di serie B dove passano mesi e mesi prima del cambio. Michele Prestipino a Roma e Raffaele Cantone a Perugia persino Claudio Gittardi a Monza appena designati dal CSM hanno preso posto immediatamente. Diverso destino per Antonio Chiappani che il CSM in data 15 maggio è stato scelto dall’organo di autogoverno ma dovrà aspettare la metà di agosto per una serie di adempimenti formali che in altri casi erano stati saltati.

    Questo accade nonostante la procura di Bergamo sia senza un capo effettivo da aprile dell’anno scorso e quell’ufficio sia chiamato a prendere decisioni importanti a causa dell’emergenza Covid e si trovi sotto pressione da parte dei comitati dei parenti delle vittime che nei giorni scorsi hanno chiesto alla Corte europea di vigilare sulle indagini. Una richiesta che tra l’altro suscita anche non poche perplessità dal punto di vista formale perché mette in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

    Va ricordato che per la nomina di Chiappani, 67 anni, all’ultimo incarico prima della pensione aveva già impiegato un sacco di tempo.
    L’anticipato possesso non sarebbe scattato per Chiappani a causa della delicata situazione della procura di Lecco dove a lavorare con lui dopo la scomparsa del pm Laura Siani ci sono solo tre colleghi e dove ci sono da trattare 10 mila fascicoli l’anno.
    Non si capisce perché non sia stato applicato un magistrato a Lecco in modo da permettere a Chiappani di andare subito a Bergamo. Intendiamoci non ci sono dietrologie da fare ma appare anche difficile spiegare tutto con la burocrazia. Le indiscrezioni riferiscono di una certa sciatteria al riguardo nei rapporti tra il Csm è il ministero della giustizia.

    E‘ anche vero che al CSM di questi tempi hanno brutte gatte da pelare con il caso etichettato come “Palamara” ma che in realtà riguarda l’intera categoria e tutta la gestione degli incarichi spartiti con logiche poco trasparenti (eufemismo). E pure al ministero della Giustizi non sono giorni tranquilli.

    Sta di fatto però che evidentemente ci sono magistrati e uffici che pesano più di altri. Cantone è un potente anche dal punto di vista mediatico e a Perugia si indaga sui giudici romani Palamara compreso. Il discorso vale ancora di più per Prestipino a Roma considerando che era stato in origine    scelto Marcello Viola e che poi la procedura era sta riaperta a causa delo tsunami che aveva investito il consiglio superiore.

    A Bergamo però ci sono scelte importanti da fare. Si tratta di decidere se mandare per competenza a Roma la parte di indagine relativa alla mancata creazione della cosiddetta zona rossa ai tempi della massima diffusione del corona virus. I parenti delle vittime del Covid hanno manifestato più volte davanti alla sede della procura. Chiedono giustamente dal loro punto di vista la verità in merito alle tragedie che hanno vissuto. Ovviamente non è detto che lo strumento penale sia quello più adeguato ma c’è poco da scherzare.

    Sempre a Bergamo c’è un’altra deLicata inchiesta che vede coinvolte realtà legate alla Curia impegnate nell’assistenza ai migranti le quali avrebbero ricevuto finanziamenti non dovuti. I 35 euro al giorno per ogni extracomunitario sarebbero stati riscossi anche quando i diretti interessati erano ormai altrove. La lista degli indagati è lunga e pare da scremare. La presenza del capo effettivo dei pm sarebbe necessaria. L’ufficio dalla scomparsa prematura di Walter Mapelli è retto come facente funzione da Maria Cristina Rota che era andata a Roma a sentire come testimone il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e aveva raccolto la deposizione sempre come teste del governatore Attilio Fontana. (frank cimini)

     

  • La Popolare di Bari, Csm e politica, la vera storia

    Ogni presidente ha la sua banca. Sarà sicuramente una coincidenza ma ad ogni cambio del numero 1 di Palazzo dei Marescialli cambia anche la banca che svolge il servizio di tesoreria er il Csm. E ogni volta la banca scelta è “legata” in qualche modo al feudo elettorale del capo di piazza Indipendenza,

    Durante la gestione di Michele Vietti piemontese in quota Udc la cassa era gestita da Intesa San Paolo il maxi gruppo torinese. Arrivato Giovanni Legnini abruzzese e renziano di stretta osservanza la cassa passa alla Popolare di Bari. L’istituto di credito pugliese che qualche mese dopo l’insediamento di Legnini aveva acquistato la cassa di risparmio di Teramo, la Tercas.

    Questo affidamento è venuto con un bando pubblicato nel 2015 durante la settimana di Ferragosto quando il Csm è chiuso. L’unico requisito era “l’offerta economicamente più vantaggiosa”. Banca Popolare di Bari era già sotto gli occhi della Banca d’Italia per la gestione allegra del credito avendo appena rilevato la banca di Teramo sull’orlo del fallimento.

    L’acquisto della banca abruzzese era stato il colpo di grazia per le finanze della  Popolare di Bari salita la scorsa domenica con l’iniezione da parte del governo di 900 milioni d euro.

    Per vincere il bando, Bpb mise sul piatto una offerta irrinunciabile: mutui scontati per tutti i dipendenti del Csm e super scoperto del conto del 26 per cento normalmente praticato dalla concorrenza. Soldi di fatto “regalati” per i signori magistrati.

    A parte l’anomalia di un bando di tale importanza pubblicato a Ferragosto possibile che nessuno abbia mai avuto il sospetto che questa offerta fuori mercato nascondesse una gestione disastrata come poi si è scoperto della banca barese?

    Nessun magistrato del Csm ha mai provato imbarazzo per simili condizioni di fatto non praticate nemmeno ai dipendenti bancari da parte di un istituto di creditori all’epoca molto chiacchierato? Bpb gestisce il patrimonio del Csm. Circa 40 milioni l’anno solo di depositi di cassa. Vanno aggiunti gli stipendi e altre voci. (frank cimini)

  • La lunga estate al Csm, un dibattito per rompere il silenzio

    Un dibattito per rompere il silenzio che ha avvolto la vicenda relativa alla lunga e calda (il meteo non c’entra nulla) estate del Csm con l’emergere del ‘mercato delle vacche’ grazie a un trojan inserito nel cellulare di Luca Palamara. Il dibattito ieri sera al circolo De Amicis. Per il presidente dell’Ordine degli avvocati Vinicio Nardo il silenzio per molti versi si è rivelato salutare, ce n’era bisogno per favorire una riflessione più approfondita. Il giudice Guido Salvini come via d’uscita ha proposto una sorteggio limitato ai magistrati più votati come idonei a ricoprire un incarico, “i tre migliori per esempio”. Davide Galliani, docente di diritto pubblico, ha spiegato che il mestiere del magistrato è diventato troppo burocratizzato.

    Il giudice Fabio Roia che in passato dal 2006 al 2010 fece parte dell’organo di autogoverno “senza andare a cena con i politici” ricorda che gli avvenimenti di cui abbiamo saputo in estate sono stati un brutto colpo per l’intera categoria e bisogna trovare il modo per evitare che si ripetano. Roia ha parlato di patologia. Chi scrive queste poche righe per riassumere il dibattito si è detto d’accordo con Mauro Mellini che del Csm fece parte ed è lo storico per eccellenza della magistratura. Mellini sostiene che “i maneggi ci sono sempre stati”. Insomma allora mancava il maledetto e benedetto trojan.

    Roia ha ricordato che fu il governo Berlusconi a gerarchizzare e verticalizzare le procure dando ai capi poteri pressoché assoluti. Ho aggiunto che sì fu il governo di Berlusconi ma che in seguito della gerarchizzazione si è avvalsa Magistratura Democratica la corrente che tanti fa nacque proprio per garantire l’orizzontalità. Basta citare l’esempio di Bruti Liberati supportato da Napolitano capo dello stato nella guerra interna con Robledo.

    Il moderatore del dibattito Giovanni Maria Jacobazzi del “Dubbio” in sede di conclusione mi ha chiesto che cosa succederà adesso. Ho risposto che nel prossimo fine settimana sarà eletto al Csm il pm Nino di Matteo che pochi giorni fa ha definito “clan mafiosi” le correnti e questo è grave per un magistrato antimafia perché al Csm c’è omertà ma mancano altri elementi importanti di Cosa Nostra tipo intimidazione e violenza. “Se l’avesse detto uno di noi sarebbe stato arrestato”, ha chiosato Salvini. (frank cimini)

     

  • Crac dell’Unità: “pm Fava ci ha detto che sul Pd dobbiamo indagare noi”

    “Si rigettano le richieste istruttorie potendo provvedere la difesa all’acquisizione documentale e all’assunzione delle informazioni”. Così il pm di Roma Stefano Fava, coinvolto nella bufera che ha travolto il Csm, ha risposto alle richieste di approfondimento, tra cui quelle sul ruolo del Pd, presentate dai legali di 3 imputati nel procedimento sul crac della società Nie (Nuova Iniziativa Editoriale) che ha pubblicato il quotidiano ‘L’Unità’ dal 2008 al 2015.  A  raccontarlo, in vista dell’udienza preliminare che si aprirà a settembre, sono gli avvocati Pasquale Pantano e Davide Contini che assistono l’imprenditore Maurizio Mian e le consigliere di amministrazione della Nie Olena Pryschchepko e Carla Maria Riccitelli. L’accusa per loro  è di bancarotta fraudolenta.

    “Dopo che il pm ha notificato nell’aprile dell’anno scorso il 415 bis (l’atto che sigla la chiusura dell’inchiesta, ndr) – affermano i legali – ci siamo accorti che nella consulenza tecnica da lui disposta in precedenza mancavano tutta la parte relativa all’investigazione sul ruolo del Pd i i documenti societari necessari per stabilire le responsabilità nella gestione”. Pantano e Contini hanno quindi presentato un’istanza al pm chiedendo di fare luce, tra le altre cose, sull’esistenza di un patto parasociale “in forza del quale la concreta gestione dell’affare sociale di Nie era concentrata nelle esclusive mani del Partito Democratico per il tramite di Eventi Italia srl, circostanza confermata nelle interviste agli atti di Matteo Fago, Antonio Misiani e Matteo Orfini (rispettivamente socio della Nie e indagato; tesoriere del Pd; parlamentare dello stesso partito)”. Inoltre, hanno domandato al pm di sentire come testimoni Misiani, che, secondo un testimone, avrebbe firmato i patti, Orfini e Lino Paganelli, amministratore unico di Eventi Italia srl. A questa istanza, il il pm Fava ha risposto con poche righe a penna, senza entrare nel merito delle singole richieste, invitando la difesa a provvedere da sola “all’acquisizione documentale e all’assunzione delle informazioni”.  “In sostanza il pm – replicano i legali  – vuole che indaghiamo noi sul Pd quando spetterebbe a lui”. Nel frattempo, il pm Fava è finito indagato per  favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito dell’indagine perugina che coinvolge l’ex presidente di Anm Luca Palamara, sospeso nell’ambito della ‘crisi’ del Csm, e legato, stando alle intercettazioni, all’esponente del Pd Luca Lotti. A puntare il dito contro il partito è anche Mian in una memoria agli atti del procedimento e finora inedita. “Ho registrato una perdita di quasi 14 milioni di euro – scrive –  frutto di una gestione dir poco arrogante da parte del Pd che usava la Nuova società editrice (Nie) per assecondare i propri principi politici”.

    Attraverso la sua società, la Gunther Reform Holding (ora in liquidazione), e “su sollecitazione degli apicali del Pd” che possedeva l’1% per cento della società,  Mian aveva finanziato la Nie con 14 milioni e, in cambio, il partito gli aveva prestato una garanzia con una fideiussione.  “Con evidente senno del poi ritengo di avere fatto l’errore di fidarmi del partito – sostiene Mian- perché il Pd ha mancato di onorare le garanzie prestate, facendomi perdere una rilevante somma che io non avrei mai impegnato se il Pd non mi avesse raggirato”.  Secondo il pm romano, i 12 indagati, tra i quali anche l’imprenditore ed ex governatore sardo del Pd Renato Soru nelle vesti di socio della Nie, avrebbero “cagionato o partecipato a cagionare il dissesto della società aggravandone la crisi finanziaria e dissipando il patrimonio societario non riducendo i costi fissi relativi alla stampa del quotidiano, pur in presenza di una contrazione delle vendite della testate e di un decremento significativo dei contributi pubblici”. A quattro indagati, tra cui Mian, viene contestato in particolare di “avere distratto in concorso dal patrimonio della società, già in crisi, come evidenziato dalle perdite per gli anni 2009-2010-2011, risorse pari a 4 milioni di euro e consistenti nei contributi pubblici all’editoria che la Nie avrebbe dovuto ricevere, attraverso le cessioni di crediti datate 4 aprile e 8 giugno 2012, atti stipulati al solo fine di favorire il socio Gunther Reform Holding, restituendo allo stesso finanziamenti effettuati alla Nie”.  (manuela d’alessandro)

     

     

  • Greco: “Non sappiamo nulla di quello che accade nel Csm”

    “Palazzo d’Ingiustizia”  firmato da Riccardo Iacona e Danilo Procaccianti non gli è piaciuto, ma Francesco Greco, intervenendo a un convegno, non è apparso così distante  nei toni e nei contenuti dalle critiche al Csm espresse nel libro dai due giornalisti e da alcuni magistrati.

    “Non sappiamo nulla di quello che avviene dentro al Csm”, ha sentenziato il procuratore capo di Milano durante l’incontro intitolato: ‘L’orgoglio dell’autogoverno:Una sfida possibile per i 60 anni del Csm?’.

    “Il problema del Csm è un problema serio e se non vogliamo che il populismo giudiziario decolli bisogna ricominciare dalla trasparenza del Csm. Deve esserci un impegno scritto da parte di tutti gli eletti al Csm sulla trasparenza, può essere fatto anche dopo le elezioni (previste a breve, ndr) visto che vanno di moda i contratti”. Il magistrato ha criticato in modo feroce anche le modalità di comunicazione dell’organo di autogoverno: “Le circolari non sono mai inferiori alle 100 pagine, ti devi quasi dopare per arrivare alla fine”. Per Greco, “il Csm dovrebbe essere un palazzo di vetro. Non ci possiamo più permettere vie clientelari di accesso al Csm. Una cosa che mi fa imbestialire, per esempio, è che io vorrei sapere le cose che mi riguardano dalla segreteria del Csm e visto che hanno un sacco di soldi potrebbero farla. Invece le vengo a sapere da un consigliere amico oppure dalla segreteria di un’altra corrente”. Duro anche contro i tempi lunghi per le nomine dei magistrati quando ci sono posti vacanti: “Ci vuole trasparenza nella pubblicazione delle vacanze, si devono dare i criteri di volta in volta. E’ più importante questo tema che quello degli incarichi direttivi e semidirettivi che appassiona le liste. La decisione della Commissione deve arrivare entro pochi mesi, invece ci vogliono anche un anno e mezzo, due anni”. Per Greco, è da cambiare anche il modo con cui ci si candida agli incarichi direttivi, sul suo esempio: “Ora si scrive tutto e il contrario di tutto, invece bisogna scrivere dieci punti e basta sull’organizzazione dell’ufficio, io ho fatto così”. E ancora: “Assistiamo ad un delirio di controllo
    degli uffici di primo grado e io non mi sottraggo al controllo, ma voglio che sia garantita l’autonomia e la indipendenza delle  Procure e dei tribunali di primo grado”.  (manuela d’alessandro)

  • Botte da orbi tra i magistrati per il libro di Iacona

    “E’ inaccettabile paragonare le attività del Csm ai metodi utilizzati dalle organizzazioni criminali”. “Così intimidite chi esercita il diritto di critica”. Botte da orbi tra le toghe, spaccate sul libro ‘Palazzo d’Ingiustizia’ firmato da Riccardo Iacona e uscito nel momento in cui gli equilibri del potere giudiziario sono più labili in vista delle elezioni per il nuovo Csm. Ieri sera, quattro magistrati, tra i quali Piercamillo Davigo (intervistato nel libro), hanno recapitato alla mailing list di Anm un invito: “Prendiamo atto che, a seguito della pubblicazione di un libro che contiene specifiche e gravi accuse all’indirizzo del Csm, le uniche reazioni associative hanno riguardato le modalità espressive di tali critiche.  Confrontiamoci invece apertamente sul merito delle questioni denunciate piuttosto che sulla forma delle espressioni, anche per evitare il rischio che la pubblica sollecitazione di iniziative disciplinari si traduca in una sostanziale intimidazione nei confronti di chi ha esercitato o vorrebbe esercitare il diritto di critica”. Stamattina, la violenta replica di Anm a cui, mastica e rimastica, continua ad andare di traverso l’intervista in cui il giudice Andrea Mirenda riferisce di “metodi mafiosi” nell’organo di autogoverno,considerazioni che gli sono valse una richiesta di procedimento disciplinare. Il paragone secondo Anm “è inaccettabile e inappropriato” e “fatta salva la libertà di manifestazione del pensiero danneggia l’Istituzione e l’intero ordine giudiziario, instillando nei cittadini l’idea di un Csm che non garantisce l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, così offuscandone l’immagine, gettandovi discredito”.  Sempre oggi, per la prima volta il nome di Alfredo Robledo, dal cui racconto è nato il libro, emerge dal dibattito aperto da giorni, ma senza mai citarlo.  A farlo è la candidata al Csm Alessandra Dal Moro (moglie di Gherardo Colombo) che definisce l’inchiesta di Iacona “la presentazione di una vicenda in totale condivisione con uno dei protagonisti” la cui “unilateralità del taglio, immediatamente evidente, è estranea al mio modo di ragionare”. “Non mi convince neppure – aggiunge Dal Moro, di Area come Edmondo Bruti Liberati – la rappresentazione di una Procura della Repubblica che col lavoro quotidiano di tutti i suoi sostituti ha fatto tanto per questo Paese”. Tra le risposte, quella di Felice Lima: “I Democraticoni fanno fuoco e fiamme contro Mirenda, solo perché Mirenda è piccolo e solo e sarebbe giudicato dalla giustizia disciplinare gestita come dicono Iacona e Robledo”. Anche al Palazzo di Giustizia di Milano il malumore di molti è alto per le accuse contenute nel libro, tanto che si vocifera di iniziative a tutela dell’”orgoglio di appartenenza” a questo Tribunale che tra i suoi ‘eroi’ vide proprio  Davigo e Colombo. Alcuni magistrati si chiedono tra loro se sia opportuno o meno andare alla presentazione ufficiale del volume, prevista per il 2 maggio alla Feltrinelli di Milano. Lontano il tempo quando Riccardo Iacona veniva chiamato a moderare i convegni di Anm, ora può essere pericoloso andarlo a sentire. (manuela d’alessandro)

  • La nuova mappa del potere in Procura, gli aggiunti scelti dal Csm

    Cambia la mappa del potere a Milano con 6 procuratori aggiunti nuovi di zecca chiamati a sostituire Francesco Greco, Pietro Forno, Alfredo Robledo, Maurizio Romanelli e Ilda Boccassini che per vari motivi hanno lasciato o lasceranno a breve il loro posto a capo dei dipartimenti.

    Dopo mesi di trattative tormentate, dalla votazione della quinta Commissione del Csm, quella che si occupa degli incarichi direttivi, vengono fuori 5 nomi già sicuri del posto: due con l’unanimità, Maria Letizia Mannella e Tiziana Siciliano più Fabio De Pasquale, Eugenio Fusco e Alessandra Dolci con 5 voti. Entreranno al Plenum come ‘generali’ e tali ne usciranno. A parte Mannella, sostenuta dalla corrente moderata Unicost, gli altri sono tutti esponenti di Area, formazione di sinistra. 

    Sarà bagarre invece sul sesto nome perché l’attuale pg Nunzia Ciaravolo e il pm Laura Pedio hanno preso 3 voti a testa. Sembra leggermente favorita la prima, che nel curriculum ha esperienza in Kosovo per l’Onu, e dovrebbe contare sui voti di Unicost, Magistratura Indipendente e di alcuni consiglieri laici, oltre alla preferenza del presidente della Cassazione Giovanni Canzio, col quale è stata a lunga nel consiglio giudiziario milanese. Pedio è sostenuta da Area e dal procuratore capo Francesco Greco che le ha affidato diverse inchieste economiche di rilievo. (manuela d’alessandro)

  • Fondi Expo, ora i magistrati chiedono al Csm di aprire una pratica su loro stessi

    Tre esponenti della corrente di Magistratura indipendente chiedono al Csm di aprire una pratica sulla distribuzione dei 16 milioni di fondi Expo assegnati alla giustizia milanese per lo più senza gare e con criteri apparsi  poco trasparenti anche all’Anac. E a decidere quale commissione dell’organo di autogoverno della magistratura si dovrà occupare della vicenda sarà, tra gli altri, anche l’attuale primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio che, all’epoca, guidava  Corte d’Appello di Milano.

    “Si tratta di un argomento – scrivono Luca Forteleoni, Claudio Galoppi e Lorenzo Pontecorvo nella mailing list di Area – di fondamentale importanza sul quale deve essere fatta chiarezza al fine di salvaguardare il prestigio e la credibilità dell’ordine giudiziario”.    

    I tre, si legge nella mail che Giustiziami ha potuto leggere, chiedono “l’apertura di una pratica avente ad oggetto l’attuazione, presso il Tribunale di Milano, dei principi organizzativi previsti per il processo civile telematico di cui alla risoluzione consiliare del 13 maggio 2015 nonché la verifica della regolare gestione dei fondi pubblici utilizzati per l’implementazione di specifici progetti organizzativi”.

    Per capire quanta voglia avranno le toghe di indagare su loro stesse, bisognerà capire a chi il Comitato di Presidenza, di cui fa parte anche Canzio, assegnerà la pratica, se alla più agggressiva  prima commissione, che si occupò anche del caso Bruti – Robledo, o alla settima, solitamente più cauta nel valutare profili disciplinari dei magistrati. Tra chi potrebbe finire nel mirino ci sono l’ex capo dei gip milanesi facente funzione Claudio Castelli, ora presidente della Corte d’Appello di Brescia, e il magistrato civile Enrico Consolandi, mentre Livia Pomodoro, all’epoca vertice del Tribunale milanese, non rischia nulla da questo punto di vista perché è in pensione.

    Quanto a Canzio, in seguito alle prime rivelazioni giornalistiche il 21 ottobre 2014 dichiarò a questo blog: “Non solo non sappiamo niente di questi contratti ma niente ne vogliamo sapere. Questo deve essere chiaro perché la conoscibilità implica delle responsabilità. Come mai il Tribunale è così presente nelle carte? Chiedetelo a loro…”.

    (manuela d’alessandro)

  • Assolta avvocatessa accusata di avere calunniato giudice milanese

    Un giudice di Brescia assolve un’avvocatessa dall’accusa di avere calunniato un suo collega magistrato ‘perché il fatto non costituisce reato’. Succede, e quando succede è sicuramente una notizia.

    La toga milanese Benedetto Simi De Burgis aveva querelato il legale per calunnia perché lei lo aveva accusato di avere pronunciato frasi “offensive, denigratorie e umilianti” nei suoi confronti, durante un procedura in cui era curatrice, “finalizzate a farle togliere gli incarichi”.

    Due a zero per l’avvocatessa (parziale, De Burgis farà senz’altro appello) perché la vicenda penale deriva da una disciplinare, chiusa con un provvedimento definitivo di ‘censura’ da parte della Corte di Cassazione a carico del magistrato per avere tenuto “un tono irridente e allusivo” nei confronti della curatrice. Il legale aveva fatto scattare il procedimento disciplinare lamentadosi col presidente della sezione in cui lavora De Burgis del contenuto di alcuni scritti, da lei ritenuti offensivi, e lui aveva ribattuto denunciandola per calunnia. De Burgis, stando a quanto scritto dalla Cassazione, si era preso gioco dell’avvocatessa ironizzando sulla sua esosa richiesta di liquidazione rispetto al patrimonio da lei amministrato e su altre strategie procedurali del legale nell’ambito di una procedura per la nomina di un ammistratore di sostegno. Nel suo ricorso alla Cassazione, dopo una prima censura del Csm, il giudice si era difeso sostenendo che la donna avesse “specifici motivi di astio” contro di lui. (manuela d’alessandro)

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  • Fusco risponde a Robledo, su Finmeccanica nessuna rivelazione ad Aiello

    La “guerra” tra l’ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l’ex aggiunto Alfredo Robledo continua con altri mezzi, cioè a colpi di “memorie” despositate al consiglio giudiziario tra il pm Eugenio Fusco e lo stesso Robledo nel frattempo trasferito a Torino come giudice.

    Il consiglio giudiziario entro un paio di mesi dovrà prendere una decisione molto importante dal punto di vista formale, la possibilità per Robledo di vedersi confermare l’incarico di procuratore aggiunto, incarico sul quale la Cassazione modificando la scelta del Csm ha già detto di sì. In ogni caso Robledo non potrà tornare in procura a Milano.

    In una memoria Robledo aveva chiesto che Fusco, componente del consiglio giudiziario, si astenenesse nella decisione a causa di incompatabilità e anche un presunto conflitto di interessi.

    Al centro della vicenda i rapporti tra Robledo e l’avvocato Aiello all’origine del trasferimento a Torino. “Anche Fusco ebbe rapporti con Aiello” è la tesi di Robledo in relazione all’indagine su Finmeccanica. “Mi viene attribuito di aver rivelato il contenuto di una misura cautelare despoitata il 21 dicembre 2012 di cui successivamente avrei fatto sapere l’esito e il contenuto di informative a carico di Lunardi nelle quale si richiedeva l’emissione di misure cautelari – replica Fusco – Nell’atto prodotto dal dottor Robledo manca un elemento di fondamentale importanza, che può sfuggire a chi legge ma difficilmente a chi scrive: tutte le conversazioni telefonicbe riportate (tra l’avvocato Aiello e un altro legale n.d.r.) sono successive all’esecuzione dell’ordinanza nei confronti di Giuseppe Orsi e Bruno Spagnolini”.

    Inoltre Fusco precisa: “Non corrisponde al vero che siano state redatte informative con richiesta di emissione di misura cautelare a carico di Lunardi”.

    (frank cimini e manuela d’alessandro)

    La memoria con cui Fusco risponde a Robledo

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  • Guerra senza fine in Procura. Robledo: anche il pm Fusco ebbe contatti con l’avvocato Aiello.

    E’ senza fine la guerra in procura a Milano che era sfociata nel trasferimento dell’aggiunto Alfredo Robledo come giudice a Torino nel corso del contenzioso con l’allora procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Adesso Robledo ha depositato al consiglio giudiziario, chiamato a formulare un parere sul mantenimento dell’incarico, una memoria in cui chiama in causa il pm Eugenio Fusco.

    Fusco avrebbe intrattenuto rapporti confidenziali con l’avvocato Domenico Aiello, lo stesso legale con il quale Robledo aveva scambiato una serie di sms all’origine del trasferimento del magistrato a Torino.

    “Nello stesso contesto dell’indagine di Reggio Calabria Aiello – scrive Robledo – sempre in occasione di conversazioni telefoniche con terzi affermava che il collega Fusco gli avrebbe rivelato in dettaglio il contenuto di una richiesta cautelare al gip depositata il 21 dicembre 2012”. “Non ho alcun dubbio che le affermazioni di Aiello non siano veridiche – aggiunge Robledo nella memoria al consiglio giudiziario –  per queste ragioni ritengo che via sia stata una disparità di trattamento. Per analoga fattispecie nei miei confronti era stato aperto un procedimento disciplinare mentre non mi risulta che analoga iniziativa sia stata adottata nei confronti del collega Fusco”

    Fusco è membro del consiglio giudiziario e si troverebbe secondo Robledo in una classica situazione da conflitto di interessi non solo per le affermazioni di Aiello ma anche per la precedente vicenda Sea, il fascicolo “dimenticato” in carico allo stesso Fusco e che il procuratore Bruti Liberati affidò al dipartimento di Robledo solo a gara d’asta conclusa e quando in pratica non era più possibile svolgere accertamenti dal momento che i direttati interessati ormai sapevano di essere sotto inchiesta.

    Secondo la ricostruzione di Robledo, Fusco non dovrebbe partecipare al voto in merito al parere che il consiglio giudiziario deve mandare al Csm. Quel parere è importante perché riguarda il futuro professionale di Robledo. Le sezioni civili della Cassazione infatti confermando il trasferimento di Robledo a Torino hanno anche deciso che contrariamente alla scelta del Csm il magistrato può fare l’aggiunto. La decisione non è definitiva non essendo ancora state depositate le motivazioni e di questo ritardo Robledo si duole nella memoria al consiglio giudiziario.

    Va detto che rapporti di grande confidenza tra avvocati  e magistrati sono la norma, a volte pure con punte di spregiudicatezza (non ci sembrano questi i casi, né per Robledo, né per Fusco), ma il problema è che in questa vicenda ci sono stati fin qui due pesi e due misure.

    A Robledo il Csm e la Cassazione hanno fatto pagare la colpa di aver gridato forte che il re è nudo, cioè che i magistrati spesso fanno valutazioni politiche. Del resto questo è il rimprovero della procura di Brescia a Bruti Liberati in merito alla gestione del caso Sea pur assolvendolo dall’accusa di abuso d’ufficio. Ma anche qui il rimprovero è rimasto lettera morta soprattutto perché il Csm annunciava il procedimento disciplinare a carico di Bruti solo quattro giorni dopo che l’allora capo della procura aveva annunciato di andare in pensione. E’ la giustizia bellezza! (frank cimini e manuela d’alessandro)

     

     

  • Storia di corna, membro del Csm simula furto iphone

     

    Aveva scritto via whatsapp un messaggio all’amante inviandolo per errore alla moglie che s’infuriava e chiedeva spiegazioni e lui replicava che l’apparecchio gli era stato rubato. Il nostro nel tentativo di dimostrare di essere estraneo al fatto presentava una denuncia formale alla polizia affermando di aver subito un furto. Protagonista della vicenda un componente togato del consiglio superiore della magistratura che ora è nei guai, indagato dalla procura di Roma per simulazione di reato e sotto procedimento disciplinare. Perché la denuncia si è rivelata priva di riscontri con la realtà.

    I controlli e gli accertamenti in un caso del genere sono molto più accurati e soprattutto più veloci rispetto a quando una denuncia del genere viene presentata da un comune mortale. Per cui emergeva immediatamente che l’apparecchio, peraltro intestato al Csm, era sempre stato nella disponibilità del consigliere e mai oggetto di un furto.

    Il nostro magistrato è indagato dalla procura di Roma per aver simulato un reato e sotto inchiesta disciplinare da parte del Csm. Tutto è accaduto perché il consigliere non ha avuto la forza di far fronte alla rabbia di sua moglie per quel messaggio all’amante dal contenuto diciamo “inequivocabile” e ha finito per imboccare una strada senza ritorno.

    La vicenda è clamorosa, considerando l’importante incarico ricoperto dall’interessato che è tuttora al suo posto a giudicare i colleghi in attesa dello sviluppo delle indagini. L’episodio avvenuto alcuni mesi fa è coperto dal massimo riserbo anche se risulta essere a conoscenza di un numero non certo piccolo di persone.

    Con tutti i problemi che ha il Csm mancava solo una storia di corna gestita molto male (peggio non si poteva insomma) dal protagonista principale. Adesso si tratta di stare a vedere come sarà gestita dai colleghi del nostro, a Perugia e a Roma. Mettere tutto a tacere appare francamente difficile anche se recentemente in più occasioni il cosiddetto organo di autogoverno dei giudici ha dimostrato di avere l’omertà nel suo dna (frank cimini).

  • Il Csm riduce la sanzione a Robledo che gridò: “Il re è nudo”

    Alfredo Robledo si vede confermare dal Csm il trasferimento a Torino ma recupera la funzione di procuratore aggiunto oltre alla perdita di sei mesi di anzianità. Insomma sanzione ridotta ma resta il fatto che Robledo è l’unico a pagare dazio per lo scontro interno alla procura di Milano con l’allora capo Edmondo Bruti Liberati, una vicenda con la quale la magistratura è riuscita a farsi male da sola e in misura superiore a qualsiasi “delegittimazione” compresa quella operata dall’imputato eccellente per antonomasia.

    Robledo con il suo esposto in pratica aveva gridato: “Il re è nudo”.  Aveva fatto emergere alla luce del sole che i magistrati fanno valutazioni politiche. Questo tra l’altro mise nero su bianco, rimproverando Bruti pur assolvendolo dall’abuso d’ufficio, la procura di Brescia. Bruti però non ha pagato dazio dal momento che il Csm annunciò il procedimento disciplinare solo quattro giorni dopo il comunicato con cui l’allora procuratore disse che di lì a poco sarebbe andato in pensione.

    Sul fascicolo Sea, insabbiato da Bruti e consegnato a Robledo con sei mesi di ritardo quando in pratica non si poteva più indagare non sapremo mai cosa accadde veramente. Francesco Greco che supportò Bruti è stato addirittura premiato come successore al vertice dell’ufficio nonostante una decina di  indagini per frode fiscale avocate dalla procura generale e finite con la condanna degli imputati dopo le richieste di archiviazione rigettate dal gip.

    Paga solo l’anello debole della catena. Così ha voluto Giorgio Napolitano al Quirinale all’epoca di fatti e misfatti e regista nemmeno tanto occulto dell’operazione, con quel suo richiamo ai poteri pressoché incontrollabili dei capi degli uffici.

    Il re era nudo per davvero. Ma la verità non interessava non interessa a nessuno. Basta scorrere le cronache con cui i giornaloni hanno incensato la nomina di Greco, da destra a sinistra passando per il centro. Almeno la smettessero di blaterare di indipendenza e autonomia, di obbligatorietà dell’azione penale a ogni piè sospinto. La smettessero di prendere per i fondelli. Non lo faranno. Impunità garantita per legge. Dal Csm che dovrebbe controllare. Il condizionale è più che mai d’obbligo. (frank cimini)

    La difesa di Robledo davanti al Csm

     

  • Il Csm dell’omertà nomina Francesco Greco Procuratore

    Ci sono voluti sette mesi per formalizzare, ma in realtà era tutto scritto, a cominciare dalla manfrina di sentire i candidati uno per uno. Una messa in scena, una ammuina, per fingere una gara vera. Almeno questo spettacolo potevano evitarlo prima di comunicarci che Francesco Greco va a capo della procura di Milano in sostituzione di Edmondo Bruti Liberati, in pensione dal 16 novembre scorso.

    Così è pienamente assicurata la continuità con la gestione di Bruti, soprattutto con la moratoria delle indagini su Expo che tra l’altro ha consentito la candidatura di Beppe Sala a sindaco di Milano, passando per un proscioglimento senza nemmeno il disturbo di un interrogatorio e con una motivazione tragicomica. Il giudice che su input della procura l’aveva firmata era lo stesso che per i fondi Expo giustizia aveva contribuito a non indire gare pubbliche ricorrendo alle solite aziende in strettissimi rapporti con l’amministrazione. Più o meno come si era comportato Sala nel settore ristorazione con Oscar Farinetti.

    Un altro giudice che contribuì a evitare le gare pubbliche, andato in pensione, ora siede comodo in due importanti consigli di amministrazione. Se Expo è stata una grande abbuffata, senza esercizio obbligatorio di quell’azione penale con cui a parole ci ammorbano da sempre, a tavola era presente anche la magistratura.

    I giornaloni illustrando il curriculum del nuovo signore del quarto piano elencano le tante inchieste fatte omettendo però di ricordare che Francesco Greco aveva sollecitato l’archiviazione in una dozzina di procedimenti per frode fiscale, con avocazioni da parte della procura generale che poi otteneva la citazione diretta a giudizio e anche la condanna degli imputati. Il Csm, informato per prassi della questione, ha fatto finta di niente.

    Del resto parliamo del cosiddetto organo di autogoverno che aveva coperto fino in fondo le responsabilità di Bruti Liberati in relazione al famoso fascicolo “scomparso” del caso Sea. L’iter disciplinare veniva annunciato solo dopo il comunicato con cui l’allora procuratore affermava che di lì a poco sarebbe andato in pensione.

    Sea è la storia di un insabbiamento. I pm di Brescia nell’archiviare l’abuso d’ufficio a carico di Bruti scrivevano che il procuratore aveva agito in base a valutazioni politiche, ma pure in questo caso il Csm se n’è fregato. Il fascicolo ricompariva magicamente solo quando le indagini in pratica non si potevano più fare per finire con sei mesi di ritardo sul tavolo dell’allora aggiunto Alfredo Robledo, l’altro protagonista con Bruti della guerra interna all’ufficio. Decisa su diretto intervento del Quirinale, gestione Napolitano. Robledo cacciato e trasferito a Torino. E per giunta processato dal Csm nello stesso giorno in cui diventa procuratore Francesco Greco componente del cerchio magico di Bruti. Il procuratore della Cassazione addirittura ha chiesto per lui la perdita di un anno di anzianità e il trasferimento ad altra sede e funzione. Lo metteranno a togliere la polvere ai fascicoli?   La continuità intanto è pienamente assicurata. E’ arduo dare la palma del peggiore tra controllati e molto presunti controllori (frank cimini)

  • Greco avanti, ma Nobili non è molto lontano: gara apertissima per la Procura

    E’ apertissima la gara per la Procura di Milano dopo che oggi la quinta commissione del Csm ha proposto i nomi dei candidati alla successione di Bruti Liberati: il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco ha ottenuto tre voti (due da consiglieri di Area, uno da Sel); una preferenza, del togato di Mi, è andata al pm milanese Alberto Nobili e un’altra, quella della consigliera laica del Pdl, a Giovanni Melillo, capo di gabinetto del Ministro Orlando. Si è astenuto il togato di Unicost e proprio da questa non scelta bisogna partire per provare a immaginare quello che accadrà nel plenum.

    Unicost sembra più che mai decisiva, i cinque voti a sua disposizione possono cambiare l’esito della partita. Cosa ha voluto comunicare con la sua astensione il togato Massimo Forciniti? A quanto apprendiamo, la corrente è spaccata: da una parte Luca Palamara insisterebbe per Greco, scelta non gradita ad altri che invece punterebbero su Nobili.

    Greco è il candidato di Area, che ha un pacchetto di 7 voti tra i togati ed è corrente alla quale sarebbe vicino anche Melillo che oggi però è stata proposto dall’incertissima, fino all’ultimo, laica di centrodestra Elisabetta Casellati. Pare che il suo voto sia stato ispirato dal Presidente della Cassazione Giovanni Canzio al quale risulterebbe indigesta la nomina del capo del pool economico milanese. L’obbiettivo: sparigliare le carte, non far andare Greco contro Nobili allo scontro finale perché in un ‘uno contro uno’ avrebbe prevalso con molta facilità il primo.

    Nobili conta sui tre voti di Magistratura Indipendente e, oltre che sperare di ottenere le preferenze di Unicost, deve cercare consensi tra i laici. Stando a quanto riportato dal Sole24ore, la battuta che sta circolando in queste ore a Palazzo dei Marescialli è: “Davigo alla testa dell’Anm e Greco della Procura di Milano è troppo. Mani Pulite non può prendersi tutto”. Tuttavia, il procuratore aggiunto è molto gradito da Matteo Renzi e, almeno fino al voto della Casellato, sembrava godere anche delle simpatie di Silvio Berlusconi.  Area propone Greco ma, se la situazione dovesse pendere a favore di Nobili, a un certo punto potrebbe cambiare cavallo, buttandosi su Melillo. Finora il capo di gabinetto è stato considerato troppo ‘politico’, dimenticando che negli ultimi anni, con la gestione di Bruti,  la Procura di Milano è stata di fatto guidata da Quirinale e Palazzo Chigi. (manuela d’alessandro)

  • Di Martino e le carriere frenate dei pm che indagarono su Di Pietro

    Per protestare contro le correnti, i veti e i controveti dentro la magistratura va in pensione il  pm Roberto Di Martino che rappresenta l’accusa al processo per la presunta frode sportiva del ct Antonio Conte. Ma i “guai” di Di Martino che si è visto rigettare dal Csm sia la richiesta di fare il capo della procura di Bergamo sia quella di diventare avvocato generale dello Stato a Brescia non derivano dal pallone. Bisogna tornare indietro di una ventina di anni quando a Brescia Di Martino indagò su Di Pietro per corruzione in atti giudiziari, il famoso caso di Chicchi Pacini Battaglia, l’uomo entrato e uscito come una meteora da Mani pulite, per ricordare le parole dell’avvocato Giuliano Spazzali nel teleprocesso a Cusani.

    A coordinare l’indagine sul magistrato simbolo della falsa rivoluzione di Mani pulite c’erano con Di Martino, Fabio Salamone, Francesco Piantoni e Silvio Bonfigli. Salamone si era candidato per la procura di Bergamo. Il Csm ha detto di no. Piantoni aveva chiesto di diventare procuratore aggiunto e non ce l’ha fatta. Bonfigli, confinato in procura generale a Brescia dopo anni di “esilio” in organismi internazionali, per sua fortuna non aveva chiesto nulla. E si è risparmiato un niet, perché quell’inchiesta che vedeva il buio dove tutti vedevano la luce con la notte che era scura davvero pesa ancora. Chi tocca i fili muore. Non si poteva mettere in discussione Mani pulite e infatti gli ineffabili gip  bresciani si adeguarono alla ragion di Stato, esemplificata da un comunicato dell’Anm che ai tempi per la prima volta nella sua storia difese l’indagato e non i pm. Ovviamente fu anche l’ultima.

    La magistratura non perdona chi canta fuori dal coro. Di Pietro viveva a scrocco degli inquisiti del suo ufficio tra prestiti a babbo morto, telefonini, Mercedes e appartamenti, ma fu prosciolto. La categoria così difese sé stessa, la sua immagine.

    Una sorta di legge dell’omertà, che sta nel dna del Csm, come dimostra la recente soluzione della guerra interna alla procura di Milano, dove ha pagato solo l’anello debole Afredo Robledo trasferito a Torino, mentre non ha pagato dazio il capo Bruti Liberati che “dimenticò” per 6 mesi in un cassetto il fascicolo Sea e che dal 16 novembre è tranquillamente in pensione.

    Tra meno di un anno ci sarà il 25esimo compleanno di Mani pulite. L’unica celebrazione seria sarebbe quella di mettere al quarto piano del palazzo di giustizia di Milano una targa con le parole intercettate di Pacini Battaglia: “Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato”. Parole che furono considerate millanterie dai giudici. In un paese in cui si celebrano processi per molto meno, e a ripetizione persino per un pelo di quella lana. Infatti siamo già praticamente al Ruby quater. Quasi come il caso Moro, insomma.  (frank cimini)

     

  • Cassazione, censura al giudice milanese che ha irriso l’avvocato

     

    Avviso ai giudici: prendere in giro un avvocato non si può, anche se ha torto. A fare sfoggio di eccessiva ironia era stato il magistrato milanese Benedetto Simi De Burgis incappato qualche tempo fa in una sanzione disciplinare del Csm per avere tenuto un “tono irridente e allusivo” nei confronti di una curatrice nell’ambito di una procedura di sostegno. La suprema corte ha depositato ora una sentenza con la quale conferma la censura inflitta dal Csm, che è una “dichiarazione formale di biasimo” a carico di Simi De Burgis per avere violato il “i doveri di correttezza, imparzialità ed equilibrio, ponendo in essere abitualmente provvedimenti lesivi della sua immagine, gravemente scorretti nei confronti di parti, difensori, personale amministrativo, colleghi e ausiliari” (legge 109 del 2006 sugli illeciti disciplinari dei magistrati).

    Il magistrato si era preso gioco per iscritto di una curatrice ironizzando sulla sua esosa richiesta di liquidazione rispetto all’entità del patrimonio da lei amministrato e su altre strategie procedurali del legale.  Con la sentenza, gli ermellini smontano le tesi difensive del magistrato anche in relazione ad altre incolpazioni, tra cui cui avere fornito a una delle parti di un procedimento di interdizione suggerimenti in virtù di “un rapporto di conoscenza personale” e avere revocato a una professionista la nomina di curatrice di un minore a seguito dell’accusa, poi rivelatasi “infondata, di avere trattenuto illecitamente somme di proprietà dell’assistito”.  De Burgis nel ricorso ha scritto  che l’avvocatessa redarguita “aveva specifici motivi di astio nei suoi confronti” ma per le sezioni unite i sei capi di incolpazione costituiscono nell’insieme”comportamenti abitualmente e gravemente scorretti”. E, in ogni caso, anche se il legale aveva torto, come rivendicato da De Burgis, per la suprema corte poco conta: non doveva permettersi di sbeffeggiarla.  (manuela d’alessandro)

    Sentenza Cassazione su Simi De Burgis

  • Consigliere laico a Csm: aprire pratica su “moratoria Expo”

    Pierantonio Zanettin, consigliere laico del Csm, ha depositato in data 11 novembre la richiesta all’organo di autogoverno dei magistrati di aprire una pratica sulla presunta moratoria delle indagini su Expo a evento in corso di cui per primi avevamo scritto ad aprile (la-moratoria-sulle-indagini-della-procura-di-milano-per-expo-e-non-solo).

    “Alcuni articoli di stampa hanno ipotizzato un accordo tra procura della Repubblica di Milano e Governo per una non meglio precisata sospensione dell’attività requirente durante l’intero periodo dello svolgimento di Expo nei confronti di manager o comunque di altri soggetti responsabili dell’organizzazione e della gestione dell’esposizione” scrive Zanettin nella richiesta aggiungendo che la notizia se confermata richiederebbe valutazioni da parte della settima commissione del Csm. Il consigliere fa esplicito riferimento all’istituzione della cosiddetta area omogenea nell’ambito del progetto organizzativo della procura in relazione a Expo 2015.

    Ci potrebbe essere stata, secondo Zanettin, la violazione delle regole organizzative dello stesso ufficio inquirente “peraltro di diretta attuazione del precetto costituzionale di cui all’articolo 112 della Carta”. Il riferimento è al principio dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale.

    Zanettin sollecita l’apertura della pratica per le valutazioni della settima commissione del Csm.

    Il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati, in occasione della presentazione del bilancio sociale 2015, due giorni fa aveva escluso qualsiasi moratoria o sospensione delle indagini rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano le ragioni del ringraziamento del premier Renzi “per la sensibilità istituzionale” della procura in occasione di Expo.

    Non resta adesso che attendere l’apertura o meno della pratica da parte della commissione competente, anche se va ricordato che il Csm fin qui ha agito quantomeno con lentezza rispetto a presunte responsabilità del capo della procura le cui iniziative erano state censurate dal consiglio giudiziario mentre i pm di Brescia avevano addebitato a Bruti valutazioni politiche nell’assolverlo dall’accusa di abuso d’ufficio.

    Il procedimento disciplinare a carico di Bruti era stato annunciato solo quattro giorni dopo la formalizzazione della decisione da parte del procuratore capo di andare in pensione il prossimo 16 novembre. Quindi il procedimento disciplinare non ci sarà mentre il consiglio giudiziario aveva deciso il non luogo a provvedere sulla conferma nell’incarico di Bruti proprio perché in procinto di andare in pensione (frank cimini)

  • Bruti-Robledo, l’omertà nel dna di csm e consiglio locale

    L’ultima notizia sta nell’ennesimo rinvio. Da parte del consiglio giudiziario, il Csm locale, al 22 settembre per esprimere il parere sulla conferma di Edmondo Bruti Liberati come capo della procura di Milano. Parere da inviare al Csm, che nonostante l’annuncio del pg della Cassazione al momento della richiesta di trasferimento dell’aggiunto Alfredo Robledo a Torino, non ha compiuto un atto che sia uno del procedimento disciplinare a carico di Bruti. E nemmeno in relazione all’iter del procedimento a carico di Robledo, la vicenda del quale sembra in pratica chiusa con la misura cautelare con destinazione Torino.

    Tutto ciò accade dopo che i pm di Brescia, nel chiedere l’archiviazione dell’abuso d’ufficio a carico di Bruti, avevano “rimproverato” il capo della procura per valutazioni squisitamente politiche in riferimento sia al fascicolo Sea dimenticato per 6 mesi un cassetto e assegnato a Robledo solo quando ormai era impossibile fare indagini sia all’archiviazione del primo esposto dei radicali per le firme false del partito di Formigoni.

    Insomma, stiamo parlando di comportamenti omertosi, perché da Brescia era chiara l’indicazione della valutazione disciplinare in sede di archiviazione penale. Ci sono dei magistrati che accusano un loro autorevole collega di aver agito in base alla politica e non accade nulla. E’ ridicolo sciacquarsi la bocca con i nomi di Falcone e Borsellino a ogni occasione per poi silenziare oltre limite una storia scabrosa dove finora ha pagato solo uno dei due protagonisti, quello che ricopriva il ruolo meno importante dal punto di vista gerarchico.

    E come se non bastasse Bruti potrebbe chiedere la proroga dell’incarico in deroga alla norma che fissa il pensionamento a 70 anni. Con i tempi delle decisioni di Csm e consiglio locale evidentemente se lo può permettere. Ma non c’è bisogno di un eccessivo spirito critico per concludere che l’indipendenza della magistratura è ormai una barzelletta. Senza dimenticare la moratoria delle indagini su Expo a evento in corso che manda tanti saluti pure all’esercizio obbligatorio dell’azione penale, altro principio buono per essere sbandierato in convegni e comunicati. Al pari dei nomi dei magistrati uccisi dalla mafia (frank cimini)

    ps a ottobre il consiglio giudiziario, dopo innumerevoli rinvii, ha pronunciato il ‘non luogo a provvedere’ sul parere per la conferma di Bruti Liberati. La decisione è stata motivata col fatto che il procuratore ha annunciato di andare in pensione il 16 novembre e il parere sarebbe ormai superfluo.

  • Da Milano a Brescia a occuparsi di colleghi appena lasciati, Csm: ok

    Da Milano a Brescia a occuparsi di indagini che vedono i colleghi appena lasciati come indagati o parti offese, ma per il Csm è tutto ok. Accade questo. In sede di commissione il Csm ha proposto come procuratore aggiunto a Brescia il pm milanese Carlo Nocerino. Nella città della leonessa c’è già un altro aggiunto Sandro Raimondi, anche lui proveniente da Milano, incaricato di trattare i fascicoli in cui sono coinvolti magistrati in servizio nel distretto di Milano. E con ogni probabilità sarà affiancato da Nocerino. Ovviamente qui non è in discussione l’onestà personale di Raimondi e Nocerino. Il problema è che l’organo di autogoverno della magistratura avrebbe dovuto tenere presenti ragioni di opportunità e di trasparenza.

    E’ giusto che un magistrato si trovi a dover decidere la sorte di colleghi che certamente conosce e con cui ha lavorato fino a pochissimo tempo prima? Non sarebbe stato meglio evitare soprattutto di mettere in imbarazzo un magistrato che va a lavorare proprio nella sede titolare dei cosiddetti “articoli 11”? Non mancavano di certo altre candidature altrettanto autorevoli per il posto da aggiunto a Brescia che sarà lasciato libero da Fabio Salamone che scade per la regola dell’ultradecennalità. E’ il caso di Roberto Di Martino, attuale capo della procura di Cremona, coordinatore delle indagini sul calcio scommesse, e di Francesco Piantoni, pm a Brescia da molti anni.

    Carlo Nocerino è un magistrato di grande esperienza che nel recente passato si è occupato dei casi Enipower e Parmalat quando era nel dipartimento relativo ai reati societari e prima ancora delle indagini sull’omicidio di Maurizio Gucci. E’ a Milano da moltissimi anni. Il Csm accogliendo la sua domanda di fare l’aggiunto a Brescia, nel caso l’ok della commissione dovesse essere confermato dal plenum, potrebbe metterlo in una situazione di non serenità, di imbarazzo. Evidentemente avranno pesato altre valutazioni, senza rispettare il principio che un magistrato, anche e forse soprattutto quando deve giudicare il comportamento di colleghi, non solo deve essere ma apparire indipendente, nel senso di non essere condizionato da rapporti di conoscenza, amicizia frequentazione. (frank cimini)

  • Domanda semplice e non innocente: il Csm su Bruti deciderà mai?

    La domandina è semplice e vorrebbe tanto essere innocente ma non si può. Il Csm, sia pure in via cautelare ha deciso su Robledo trasferendolo a Torino, accelerando improvvisamente dopo aver tergiversato per 10 mesi sull’intera querelle con il suo capo Bruti Liberati facendo emergere sms, magari inopportuni e poco eleganti con l’avvocato leghista, che erano a disposizione da un anno e mezzo. Ma su Bruti Liberati che per “colpevole dimenticanza” (parole sue) lasciò nel cassetto il fascicolo sulla Sea che lambiva l’allora neonata giunta di centrosinistra (ottobre 2011) l’organo di “autogoverno” dei magistrati quando pensa di decidere?

    Il Pg della Cassazione Ciani, ora in pensione, dopo aver proposto il trasferimento di Robledo poi ottenuto, aveva emesso un comunicato ufficiale per dire: “Per il resto l’istruttoria prosegue….”. Il resto dov’è? E’ andato in pensione con Ciani?

    Non si conoscono i tempi del procedimento disciplinare su Bruti che tra pochi mesi (31 dicembre) andrà in pensione. E nemmeno quelli del procedimento di merito relativo a Robledo. E’, nel caso dell’ormai ex procuratore aggiunto, come mettere in galera un indagato e non fissare la data del processo. Il Csm aspetta che le sezioni civili della Cassazione decidano, è questione di mesi, sul ricorso contro il trasferimento?

    E per quanto riguarda Bruti si aspetta cosa? Che arrivi il momento della pensione? O un fascicolo nel cassetto per sei mesi (ottobre 2011 marzo 2012) è ritenuto da lor signori giudici dei giudici meno grave delle informazioni che l’avvocato Aiello afferma di aver appreso dai giornalisti e su Internet? Quindi bisogna pensare che l’intero affaire non è da ascrivere solo a due pesi due misure ma perfino a una tempistica diversa che rischia fortemente di sfociare nel mai?

    Insomma, il Csm non vuole fare chiarezza su una vicenda che, per chi vuol capire, ha danneggiato l’immagine, e non solo quella, della magistratura, in misura di molto superiore all’attività dell’imputato più eccellente di tutti. Bruti si sa ha un potere che val molto al di là della sua persona e della sua corrente (Md), il capo dello Stato uscente Napolitano fece fuoco e fiamme per proteggerlo. Era stato designato a capo della procura di Milano quasi all’unanimità e ovvio su input di re Giorgio. Da politico consumato ha garantito un po’ tutte le parti. Adesso ha pure deciso di tenere per sé l’interim del dipartimento anticorruzione, fatto anomalo in una grande, nel senso di grossa, procura. I boatos riferiscono che le inchieste su Expo riprenderanno dopo il 31 ottobre. A palazzo dei Marescialli, cacciato chi aveva gridato che il re è nudo, tutto va bene. Piccolo particolare: Il re di vestiti addosso non ne aveva. Nel frattempo la menano un giorno sì e l’altro pure che sono indipendenti. Persino quando dicono loro che dovrebbero essere in ufficio il primo settembre e non a metà mese, come tutti i comuni mortali. Gridano anche che hanno la produttività più alta d’Europa. Il Csm vada a verificare quanti magistrati, non solo a Milano, stanno in ufficio di pomeriggio. Con calma, anche dopo il 31 dicembre. Non c’è fretta (frank cimini)

  • “Giustiziato” Robledo, i due pesi due misure del Csm

    Alfredo Robledo lascia il posto di aggiunto alla procura di Milano per andare a fare il giudice a Torino. Trasferito. Lo ha deciso il Csm che ha valutato gli sms scambiati da Robledo con l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello quando questi era indagato a Reggio Calabria e venne intercettato. Quei messaggi che al massimo saranno stati inopportuni e ineleganti alla fine pesano molto di più rispetto a cose più gravi. Questa è la forma che è vero che è sostanza ma a volte conta più della sostanza. A quasi un anno dall’esposto presentato da Robledo contro il capo della procura Bruti Liberati il Csm di fatto decide solo su Robledo.

    Due pesi e due misure. Come se il fascicolo sulla Sea “dimenticato” da Bruti in cassaforte e finito sul tavolo di Robledo con sei mesi di ritardo fosse aria fritta, un nonnulla. Il pg della Cassazione Gianfranco Ciani ad un certo punto si svegliò dal torpore, quello della giustizia interna alla magistratura, per dire che Robledo doveva andare via da Milano. “L”istruttoria per il resto prosegue”, aggiunse qualche giorno dopo, ma del resto non si è saputo più niente.

    Robledo paga per il fatto di aver gridato che il re è nudo. Gli sms con Aiello, vecchi di un anno e mezzo, sono stati tirati fuori al momento opportuno quando servivano per risolvere una situazione che all’immagine della magistratura ha fatto molto male. Quei messaggi servivano per punire l’anello debole della catena, dal momento che Bruti Liberati notoriamente ha un potere che va molto al di là del suo nome e della sua corrente, Md. E infatti non è un mistero che sia stato sostenuto in tutti i modi dal capo dello Stato uscente Giorgio Napolitano che fu tra i suoi grandi elettori.

    La pezza è peggio del buco, ma in un certo senso regge. Garantisce il diritto dei magistrati, della categoria e soprattutto dei suoi vertici a fare politica, a compiere scelte politiche in violazione di principi come indipendenza e autonomia, obbligatorietà dell’azione penale buoni da sempre solo per essere sbandierati nelle dichiarazioni pubbliche e nei comunicati stampa.

    Della sabbia sulla Sea, dei criteri di assegnazione delle indagini (Ruby e non solo) in pratica non si parlerà più. Il Csm con i suoi due pesi due misure ha fatto giustizia, ha garantito riproduzione di potere. In realtà per chi vuol capire questa storia dimostra che i magistrati sono persino peggio dei politici perchè avrebbero dei doveri in più di essere credibili, di apparire indipendenti, ma alla fine della fiera a lor signori in toga frega niente.(frank cimini)

  • Ecco l’atto di accusa del pg della Cassazione contro Alfredo Robledo

    Ecco l’atto d’accusa firmato dal pg della Cassazione Gianfranco Ciani contro Alfredo Robledo. Il titolare dell’azione disciplinare chiede che il Csm trasferisca lontano da Milano il procuratore aggiunto e che gli tolga le funzioni di pm. Le accuse ruotano attorno a un presunto “scambio di favori” con l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello che avrebbe ricevuto dal magistrato notizie riservate nell’inchiesta sugli indebiti rimborsi dei consiglieri regionali lombardi. In queste ore, Robledo sta scrivendo la memoria difensiva che presenterà alla sezione disciplinare del Csm nell’udienza del 5 febbraio. (m.d’a.)

    Atto incolpazione Robledo

    dopo-10-mesi-per-il-pg-solo-robledo-e-out-e-bruti

  • Dopo 10 mesi per il pg solo Robledo è out…E Bruti?

    A 10 mesi dall’esposto presentato da Alfredo Robledo contro il capo dell’ufficio inquirente Edmondo Bruti Liberati il pg della Cassazione Ciani si sveglia e decide il da farsi solo sul procuratore aggiunto un tempo a capo del dipartimento anticorruzione poi spostato d’imperio alle esecuzioni penali.

    Per il pg della Cassazione Robledo deve essere trasferito da Milano e perdere le funzioni di pm a causa di uno scambio di favori con l’avvocato della Lega Nord Aiello che emergerebbe da intercettazioni di sms nell’ambito di una vicenda già archiviata dalla procura di Brescia a dicembre in relazione all’aspetto penale.

    Robledo avrebbe fornito informazioni all’avvocato nell’inchiesta sul Carroccio avendo in cambio altre informazioni sul comportamento della Lega nella vicenda dell’ex sindaco di Milano Albertini in causa con il vice di Bruti. In particolare, secondo il pg Robledo avrebbe suggerito ad Aiello un’istanza con cui ottenere copia di una consulenza non ancora nota agli indagati. E nell’indagine sui rimborsi ai consiglieri regionali, avrebbe violato il dovere di riservatezza rivelando al legale gli indizi a carico degli indagati.

    Giustizia disciplinare rapida solo per Robledo dunque e a quasi un anno dall’inizio della querelle, che non solo ha leso l’immagine della procura di Milano dove un tempo operò il “mitico” pool, ma che ha finito per scoperchiare gli altarini dei rapporti tra magistratura e politica.

    Un fatto incontrovertibile c’è: un fascicolo sulla Sea che lambiva l’allora neonata giunta di centrosinistra restò per sei mesi in un cassetto prima di essere affidato a Robledo, ma ormai monco perché non si poteva più intercettare gli indagati. “Mia colpevole dimenticanza” ammise Bruti, che però almeno per il momento se la cava alla grande, nonostante il suo grande protettore Giorgio Napolitano non sia più al Quirinale.

    Politicamente comunque Bruti è sempre stato più forte di Robledo, avendo un potere che va anche al di là della sua persona. Ma i due pesi e due misure adottati dal pg suscitano interrogativi sempre più inquietanti. In un paese normale, che non è questo, a 15 giorni dall’esposto entrambi i contendenti sarebbero stati trasferiti, quantomeno per incompatibilità ambientale che può esserci anche senza colpe specifiche. Così invece vince la politica, chi ce l’ha più duro nel vantare rapporti con quelli che contano. L’indipendenza e l’autonomia della magistratura di cui Csm, Anm e toghe varie blaterano tutti i giorni sui media sarebbero un’altra cosa. (frank cimini)

     

  • Salta l’accordicchio su Bruti – Robledo, il Csm teme la figuraccia

    Al vertice del Csm ci hanno provato, ma trovare quello che Luigi Ferrarella sul Corriere definisce oggi “allineamento astrale”, un accordicchio aumma aumma con troppe variabili, diciamo noi, era davvero un’impresa. Era troppo.

    Forse oggi, con un’improvvisa presa di coscienza, qualcuno ha pensato che la figuraccia per la magistratura e le sue correnti fosse eccessiva. E allora meglio tornare indietro. Salta l’accordo sul trasferimento di Robledo a Venezia. Scrive l’Ansa: “L’ipotesi di applicare il pm milanese Alfredo Robeldo alla procura generale di Venezia, per farlo poi rientrare a Milano, quando il procuratore Edmondo Bruti Liberati sarà in pensione, è tramontata. Non ci sono i presupposti normativi e di questo ha preso atto oggi la Settima Commissione del Csm, che avrebbe dovuto avviare l’iter necessario”.

    Ragione tecnica numero uno: per la procura generale ci sono due posti a bando. Con venti domande. In queste condizioni, la norma prevede che non si  possa avviare il cosiddetto ‘interpello’ per un posto da applicato. Come poteva Robledo andare a Venezia per un solo anno? Poteva fare domanda per un posto ordinario, ma non per un ufficio a scadenza programmata.

    Secondo problema: chi, nel 2015, avrebbe coperto il ruolo da aggiunto al dipartimento anticorruzione di Milano? I pm del pool, nei giorni scorsi hanno scritto a Bruti Liberati, chiedendo una nomina per superare l’impasse e riprendere sul serio il lavoro. In queste condizioni, come assicurare a Robledo il suo vecchio posto da capo di quel dipartimento, lasciando il pool in mano a un aggiunto a sua volta ‘a tempo’?
    E le varie commissioni del Csm cosa dovevano fare, adeguarsi a un accordo informale, opaco, preso tra i protagonisti Robledo-Bruti-Legnini e limitarsi a ratificare tutto, senza aprire becco, mentre la stampa segnalava all’opinione pubblica un’anomalia che scandalizzava anche decine di magistrati milanesi?
    “Era una soluzione assurda, che tra l’altro dava per implicita la conferma di Bruti”, commenta un pm meneghino. Per non parlare, prosegue “della pazzesca, inquietante coincidenza con la fine del mandato di Napolitano”.

  • Robledo va a Venezia per tornare a Milano
    Il Csm trova l”accordicchio’

    Dieci mesi non sono bastati al Csm per decidere sulla querelle Bruti-Robledo. Alla fine, proprio nei giorni in cui Giorgio Napolitano grande protettore di Bruti Liberati lascia il Quirinale, spunta un sorta di accordicchio che porterà Robledo per circa un anno alla procura generale di Venezia come sostituto per poi tornare a Milano a capo del dipartimento anticorruzione che, nel frattempo, dovrebbe essere coperto con una nomina provvisoria. Nei giorni scorsi, alcuni pm dell’anticorruzione si sono lamentati  con Bruti che il loro lavoro è bloccato dopo l’esautorazione dell’aggiunto. (lotta-di-potere-in-procura-bruti-caccia-robledo-dallanticorruzione)

    Robledo tornerebbe quando Bruti andrà in pensione al 31 dicembre 2015 per raggiunti limiti di età, senza avvalersi degli effetti di una eventuale ulteriore proroga che potrebbe essere  decisa per l’impossibilità del Csm di rispettare gli impegni a livello di nomine dei capi degli uffici.

    Insomma, domani la prima commissione deciderà di non aprire la pratica formale di trasferimenti per incompatibilità ambientale ma aderirà alla cosiddetta “mediazione istituzionale” (insomma le istituzioni non godono di buona salute, diciamo) varata dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, che già di recente aveva annunciato: “Stiamo lavorando a una soluzione bonaria”.

    Dice un giudice milanese: “E’ la conferma che al Csm da tempo hanno preso i vizi peggiori della politica”. Al punto che, possiamo aggiungere, se in pratica si insabbia un’inchiesta importante comne quella sulla Sea, ammettendo di aver dimenticato il fascicolo per 6 mesi in un cassetto, si ha diritto comunque di arrivare alla pensione. Perchè al Csm ci sono i giochi e i veti delle correnti che rappresentano partiti politici e si comportano come tali e per giunta con uun Presidente della Repubblica che, smessi i panni dell’arbitro, ha giocato la partita.

    Un magistrato che dovesse dimenticare un fascicolo su Berlusconi in un cassetto verrebbe arrestato per corruzione senza neanche accertare quanto ha incassato e da chi. Una riflessione “bonaria”, diciamo. Il Csm di un paese normale avrebbe deciso in 15 giorni, trasferendo Robledo perché diventato incompatibile non per colpa sua a causa dell’esposto contro Bruti e Bruti perché se ti scordi un fascicolo che lambisce la neonata giunta milanese di centrosinistra non puoi fare il capo della procura. Il nostro non è un paese normale. Ma a sto punto basterebbe che i magistrati smettessero di menarla con la loro indipendenza e autonomia (frank cimini)

     

  • Davanti a tutti in graduatoria da sostituto Pg
    Ma Robledo rischia il trasferimento da Milano

    Tra i magistrati in corsa per ottenere un posto da sostituto in Procura Generale c’è proprio colui che potrebbe dover lasciare Milano per incompatibilità ambientale. Per oggi è attesa la proposta della Prima commissione del Csm su un eventuale trasferimento di Alfredo Robledo (e di Edmondo Bruti Liberati?). E proprio oggi si scopre, dalle graduatorie interne pubblicate dal Csm, che lo stesso Robledo è primo in una lista di 26 magistrati che hanno chiesto un posto nell’ufficio guidato da Manlio Minale.

    Tra chi ha chiesto di diventare sostituto Pg non ci sono solo magistrati milanesi, ovviamente. Ma c’è anche chi parla di una “mezza fuga dalla Procura” guidata da Bruti. Robledo risulta primo in graduatoria (valutazione: 31) davanti ad Amato Barile (30), pm alla Procura di Lagonegro, e a Celestina Gravina (26), attuale Procuratore a Matera che farebbe così ritorno nella Milano che la vide impegnata da inquirente, tra le altre cose, nell’inchiesta sulla strage di Linate. Al settimo posto c’è un’altra pm milanese, Laura Gay, attualmente all’esecuzione (dipartimento guidato da Robledo dopo la nota estromissione dal pool anticorruzione). Più indietro i sostituti procuratori Maria Mazza, Paola Pirotta (di quel secondo dipartimento che fu guidato da Robledo), Angelo Renna, Silvia Perrucci, Maria Teresa Latella.

    Chiedono un posto al terzo piano lato Manara anche l’ex giudice milanese Gemma Gualdi (quinta in graduatoria), l’ispettore del ministero Paolo Fortuna, il pm di Pavia Giovanni Benelli, i pm dei minori di Milano Maria Saracino e Ciro Cascone e la pm di Brescia Silvia Bonardi, magistrato che negli ultimi mesi ha indagato per concussione il collega milanese Ferdinando Esposito.

    I posti messi a bando sono solo due. Con l’eventuale trasferimento di Robledo, qualcuno verrebbe ripescato.

    (Aggiornamento delle ore 16: sulla questione trasferimenti per incompatibilità ambientale il Csm ha deciso di rinviare. Prima verrà ascoltato il presidente di Corte d’Appello Giovanni Canzio, il 16 dicembre, poi si vedrà).

  • Bruti scrive a tutti pm: ma voi i soldi sequestrati li date al Fug o alle banche?

    “Caro collega”, ma tu hai mai fatto come Robledo?  I soldi sequestrati li dai alle banche “con eventuale nomina di custodi giudiziari”o al Fug (Fondo Unico di Giustizia)? Il ‘sondaggio’ è firmato dal procuratore Edmondo Bruti Liberati e rivolto, via e – mail, a tutti i pm. Bruti vuole sapere se è mai capitato ai magistrati di affidare il denaro, presunto frutto di reati, agli istituti di creditocome fece Alfredo Robledo nel 2009 quando depositò presso due banche cooperative 170 milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta sui derivati. E lo vuole sapere con una certa velocità, “anche se la riposta fosse negativa”, entro il 26 novembre, “dovendo io presentare una relazione complessiva per il Csm”. Siamo, l’avrete capito, sempre nel ‘ring’ dove i due si sono sfidati negli ultimi mesi. Uno dei colpi più duri sferrati da Bruti al ‘nemico’ fu l’accusa di essersi sottratto alla regola che imporrebbe di dare i soldi sequestrati al Fondo Unico per la Giustizia, un’articolazione di Equitalia che per legge, dal 2009, deve gestire tutti i fondi sequestrati dalle Procure. Robledo rispose che nominò un custode perché glielo ordinò il giudice che dispose il sequestro  e consegnò i soldi alle due banche brianzole perché non investono in derivati ma in progetti economici destinati alle piccole imprese. (m.d’a.)

  • Da Bruti ok alla Boccassini
    Forno dà il via libera a Robledo
    Ma chi valuta Bruti?
    E comunque i pareri sono da buttare

    Un girotondo spezzato. Il Procuratore dà un giudizio su un suo vice, un altro procuratore aggiunto valuta un collega pari-grado, ma poi nessuno valuta il procuratore stesso.

    Questo accade alla Procura di Milano. In valutazione, tre pedine fondamentali, che aspettano di sapere dal Consiglio giudiziario, e poi dal Csm, se saranno riconfermate nei propri ruoli per i prossimi quattro anni. Ciascuno ha bisogno di un parere, tranne il procuratore stesso. Quindi Bruti Liberati valuta positivamente Ilda Boccassini, capo della Dda. Pietro Forno, numero uno del pool sui reati che riguardano i soggetti deboli, valuta positivamente Alfredo Robledo, capo dell’anticorruzione fino al giorno in cui Bruti l’ha esiliato all’Esecuzione. Ma chi dà il voto a Bruti, anche lui attualmente in valutazione? Nessuno, è capo di un ufficio e non è previsto che sia il Procuratore generale, per esempio, a formulare una valutazione da sottoporre al consiglio giudiziario.

    Fatto singolare, poi, è che il consiglio giudiziario ha appena rispedito al mittente i pareri di Bruti su Boccassini e di Forno su Robledo. Perché? Troppo generici, non rispettavano i quesiti previsti. In sostanza, secondo alcuni membri dell’articolazione locale del Csm, quelle schede di valutazione assomigliavano troppo a una specie di copia-incolla del bilancio di responsabilità sociale della Procura, il rapporto che annualmente viene distribuito a tutti i sostituti, ai vertici del Palazzo di Giustizia, e anche ai giornalisti. Non una valutazione specifica sui magistrati in questione, insomma, ma un riepilogone dei dati che riguardano i loro dipartimenti. Curiosa in particolare la carenza di dettagli su un punto: la capacità di rapportarsi con i sostituti. Chissà cosa ne pensano i pm della Dda, o quelli del secondo dipartimento. Bruti per Boccassini, e Forno per Robledo, pare si siano astenuti dal precisarlo.

  • Il provvedimento con cui Bruti ha silurato Robledo

    Ecco il documento con cui il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha esautorato Alfredo Robledo dal ruolo di capo del pool anti – corruzione. Un provvedimento ‘storico’, che segna l’ultimo colpo di scena nella faida interna alla Procura di Milano. (m.d’a.)

    Bruti denuncia robledo 3 ottobre 2014(1)

     

  • Nessuno vuole il posto di Robledo, Bruti se lo tiene

    Il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati aveva contattato alcuni magistrati al fine di trovarne uno disposto a prendere anche provvisoriamente l’incarico di reponsabile del dipartimento anticorruzione occupato fino a venerdì della scorsa settimana da Alfredo Robledo esautorato e “sbattuto” al settore esecuzioni penali dallo stesso Bruti in una vicenda di esposti  e controesposti al Csm che sembra senza fine.

    La pesca non è andata a buon fine. Non ha abbocato all’amo nemmeno un’acciuga. Per cui Bruti è stato in pratica costretto a riservare a sè la delega del dipartimento in attesa che il Csm senza fretta designi l’aggiunto numericamente mancante dopo l’andata in pensione di Nicola Cerrato e che parta l’interpello formale per sostituire Robledo.

    E’ insolito che in una grande ufficio inquirente il capo tenga per sè il coordinamento di un dipartimento, ma in questa vicenda troppe circostanze sono insolite. Insomma non ci sono precedenti e non sappiamo come finirà, anche perchè il Csm sembra abbia tutto fuorchè l’urgenza di prendere decisioni. Nonostante stia per arrivare sui tavoli dell’organo di autogoverno la replica di Robledo alle contestazioni di Bruti con la richiesta di essere sentito con urgenza. Ma i consiglieri togati e laici  si sono appena insediati, dovranno studiare la pratica. Il problema è avvicinarsi il più possibile alla data della pensione di Bruti, 31 dicembre 2015. Decidere di non decidere, rinviare, esattamente ciò che in questa storia è successo fino a oggi. I magistrati non sono meglio dei politici. E’ il messaggio che arriva dalla querelle Bruti-Robledo. Amen. (frank cimini)

  • La lettera di Bruti ai suoi pm:
    “a dispetto di piccole, circoscritte polemiche è tutto ok”.

    Oggi scade il quadriennio di Edmondo Bruti Liberati come capo della Procura di Milano e, annunciando che presenterà la richiesta di conferma, il magistrato ‘festeggia’ inviando una lettera a tutti i suoi pm. E se da un lato si assume “la responsabilità” delle “insufficienze e degli errori come stimolo per operare per il meglio in futuro”, dall’altro rivendica un “bilancio del quadriennio largamente positivo”. “A dispetto di qualche piccola, circoscritta polemica degli ultimissimi mesi  – scrive con riferimento alla contesa col suo vice Alfredo Robledo sfociata davanti al Csm –  l’apprezzamento per l’opera della Procura di Milano nel quadriennio corso è stato ampio e condiviso e il prestigio indiscusso”. “Ma ciò che rileva – insiste – sono i riscontri ottenuti a livello di giudizio, in termini di accoglimento delle richieste e dei tempi di definizione”. Infine, affermando di attendere “con piena serenità” la decisione del Csm sulla sua riconferma, Bruti augura “buon lavoro a tutti noi”.  (manuela d’alessandro)

  • Escluso dagli interrogatori, esposto bis di Robledo al Csm contro Bruti

    Pensavate che fossimo ai titoli di coda? E invece no. Arrivano le puntate estive del sequel Bruti vs Robledo. Il procuratore aggiunto ha presentato un nuovo esposto al Csm in cui contesta al suo capo Edmondo Bruti Liberati di non averlo fatto partecipare agli interrogatori nelle indagini su Expo. Abusando del  ruolo di coordinatore dell”Area Omogenea Expo’, questa la tesi di Robledo, il leader della Procura di Milano gli ha proibito di essere presente ai confronti con Angelo Paris e Antonio Rognoni.

    I due, rispettivamente ex manager di Expo2015 spa ed ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, entrambi arrestati con l’accusa di avere pilotato delle gare, sono stati sentiti la settimana passata  nell’ambito degli approfondimenti sull’appalto della ‘piastra’, il più prelibato tra quelli appetiti dalle imprese in vista dell’evento. Presenti i pm Paolo Filippini, Giovanni Polizzi e Roberto Pellicano, ma non Robledo, che presiede il dipartimento di cui i tre fanno parte, quello dei reati contro la pubblica amministrazione.

    Lo scopo delle disposizioni contenute in una mail inviata da Bruti a Robledo il 18 giugno in relazione al procedimento sulla ‘Piastra’ di cui Robledo è coassegnatario è, scrive il pm nell’esposto, “chiaro ed evidente”: non quello di delegare gli atti ai tre sostituti, ma quello di escludere me”. “Non c’è invero – affonda Robledo – nessuna ragione per cui io non possa partecipare a quegli atti, rispetto ai quali sono, anzi, in grado di garantire l’essenziale patrimonio conoscitivo che consente la migliore comprensione della vicenda processuale, essendo stato titolare fin dalla sua origine”. “Tanto premesso – argomenta il pm rivolgendosi a Bruti “con la consuete franchezza” – aggiungo che la tua indicazione con riferimento ad interrogatori da compiere, per la quale ‘l’atto di indagine sarà effettuato solo dai tre sostituti assegnatari” è viziata da una palese illegittimità”. Questa volta la decisione del Csm, stando a fonti ben informate, dovrebbe arrivare abbastanza velocemente perché sul tavolo c’è solo un’accusa e ben precisa. (manuela d’alessandro)

  • Bruti – Robledo caso chiuso
    con l’incredibile auto – censura del Csm di fronte al Colle

    Con l’epilogo della vicenda Bruti – Robledo la magistratura ha perso una grande occasione di essere e mostrarsi libera. Dopo il nitido manifestarsi della volontà del capo dello Stato Giorgio Napolitano (che è anche Presidente del Csm) attraverso una “lettera non ostensibile” consegnata al fedele luogotenente Michele Vietti, i cittadini devono chiedersi di cosa parliamo quando parliamo di “autogoverno” della magistratura. Perché quello che abbiamo visto nella ultime ore, su qualunque fronte si voglia stare in questa sfida, è apparso un rassegnato inchinarsi alla volontà di un sovrano da parte della (presunta) assemblea libera delle toghe.  Due commissioni del Csm hanno modificato le loro risoluzioni da presentare al plenum piegandosi al diktat del Presidente. Sono state cambiate all’ultimo secondo le parole dei documenti faticosamente ‘costruiti’ in settimane di istruttorie e analisi, smussando le critiche al procuratore capo Bruti Liberati ed esaltando quelle al denunciante Robledo. Il plenum ha ratificato il volere di Napolitano e archiviato l’esposto presentato dal procuratore aggiunto. Parte degli atti sono stati mandati alla Procura Generale della Cassazione, ma non quelli  sul caso Ruby, mentre i titolari dell’azione disciplinare dovranno pronunciarsi su Sea ed Expo. E Vietti non ha avuto nemmeno il pudore di tacere. “Sono state rispettate le indicazioni di Napolitano”, ha esultato.

    A cosa serve dunque il Csm se non è che la grancassa di un uomo solo? A cosa è servito convocare mezza Procura di Milano a Roma se poi all’ultimo secondo sono state stravolte le conclusioni dei magistrati? Nella sua lettera “segreta” Napolitano si sarebbe limitato a ricordare che “i poteri di organizzazione dell’ufficio sono divenuti prerogative del capo della Procura”. Ma questo il Csm l’ha sempre saputo e non significa che siano poteri lunatici o senza regole. Per questo il Csm godeva di un illimitato spazio di libertà e anche dopo il diktat di Napolitano non c’era nessuna necessità di cambiare le risoluzioni. Invece i rappresentanti dei magistrati si sono macchiati del peccato più  imperdonabile contro la libertà: l’auto – censura. (manuela d’alessandro)

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  • Un indagato, nove a interrogarlo
    E’ l’area omogenea Expo, bellezza

    Per fare un’area omogenea, bisogna omogeneizzare. E in effetti l’ultimo interrogatorio di Pierpaolo Perez, ex braccio destro di Antonio Rognoni, arrestato il 20 marzo scorso nell’inchiesta su Infrastrutture Lombarde, è parso ad alcuni il frullato, concentrato, di una serie di situazioni paradossali nate dallo scontro in procura tra il capo Bruti Liberati e l’aggiunto Robledo. Frizioni arrivate fino al Csm e a cui il numero uno della Procura ha di recente tentato di mettere un freno – per qualcuno un tappo – costituendo una “area omogenea” per le inchieste in qualche modo attinenti all’esposizione universale. (altro…)

  • Scontro in Procura, il documento del Csm con la proposta di archivizione

    Così parlò il Csm. Nel documeno che potete leggere qui Csm su Bruti – Robledo sono contenute le conclusioni della Prima Commissione sulla cruenta battaglia in Procura cominciata con l’esposto di Alfredo Robledo di cui viene chiesta l’archiviazione. Secondo l’organo di autogoverno, “non si ravvisano ipotesi in alcun modo significative rispetto alle competenze della Prima Commissione in quanto non risulta essere stato turbato l’esercizio dell’attività giurisdizionale, sebbene siano state rilevate asprezze interpersonali e discutibili decisioni organizzative interne”.  Tuttavia, viene disposta la trasmissione della delibera, votata a maggioranza,  al pg della Cassazione sia per Bruti che per il suo vice e alla quinta commissione del Consiglio, competente per gli incarichi direttivi.  (m.d’a.)

  • Guerra in Procura al Csm
    ‘Indignato Jo’ in via Freguglia
    con tarallucci e vino

    Noi del suo parere teniamo sempre conto. Perché la sua è una visione ‘laterale’, frutto della forma mentis di chi conosce la Procura come le sue tasche ma non risponde esattamente alle logiche della quotidianità tribunalizia. Ebbene, Giorgio Dini Ciacci, sabato scorso, si è presentato all’ingresso di via Freguglia così.

    Ha provato a entrare ma lo hanno fermato al metal detector di via Freguglia. Meglio di un editoriale. Il modo più diretto per esprimere la previsione sul finale della lunga guerra in Procura tra Bruti Liberati e il suo aggiunto Robledo. Come andrà a finire al Csm? Prima ancora che si conoscesse il contenuto delle proposte della prima e della settima commissione, l’Indignato Jo aveva già detto la sua. Con tarallucci e vino.

  • Se il Csm si da’ del colabrodo da solo

    Secondo il Csm, Alfredo Robledo avrebbe messo “a rischio la segretezza delle indagini” inviandogli atti relativi a Expo nel batti e ribatti di colpi con Edmondo Bruti Liberati. Ora, evocando quel vecchio animatore di salotti notturni televisivi, il Csm si faccia una domanda e si dia una risposta: chi avrebbe potuto violare la segretezza delle indagini, se non il Csm stesso? Nessuno, visto che in teoria quegli atti  erano nella sola disponibilità dei magistrati dell’organo di autogoverno. Quindi, il Csm si da’ da solo del (potenziale) colabrodo?  (m. d’a.)

     

  • Esclusiva. Il documento di Bruti sulle assegnazioni delle indagini.

    Ecco il documento inviato dal procuratore Edmondo Bruti Liberati ai pm in cui, tra l’altro, sono contenuti i nuovi criteri di assegnazione delle indagini. E’ la risposta, tardiva, alle contestazioni di Alfredo Robledo che hanno dato il via allo scontro davanti al Csm. Oggi l’organo di autogoverno ha contestato a Bruti la mancanza di una chiara disciplina delle assegnazioni dei fascicoli.

     

    2014 criteri bozza 9 giugno-1

  • Bruti doveva motivare atti a Boccassini
    E il procuratore detta i ‘nuovi’ criteri organizzativi

    Se c’è un vincitore ‘ai punti’, almeno per il momento, è Alfredo Robledo.  E lo è il giorno dopo che, a quanto apprende Giustiziami, il suo ‘rivale’, Edmondo Bruti Liberati, ha inviato ai pm una circolare di una sessantina di pagine contenente i nuovi ‘criteri organizzativi’ di assegnazione delle indagini, tema al centro dello scontro che infiamma la Procura. Nel documento si legge, tra l’altro, che i procuratori aggiunti (come Robledo, per intenderci) non possono più essere co – assegnatari di indagini.

    Qualche grave errore nel distribuire le inchieste ai suoi pm – adesso è la settima Commissione del Csm a metterlo nero su bianco a maggioranza, in un documento che verrà valutato dal plenum – il ‘capo’ l’ha commesso nei mesi scorsi, a cominciare dal fascicolo più insidioso, quello nato dalle rivelazione di Ruby. Colpa di Bruti anche non avere dettato una “precisa disciplina relativa all’assegnazione” dei fascicoli ai vari dipartimenti, cosa che, a quanto pare, il procuratore avrebbe fatto soltanto ieri.

    Bruti Liberati, scrivono i rappresentanti dei magistrati, doveva motivare le ragioni per cui assegnò il coordinamento di questa inchiesta a Ilda Boccassini anche “per scongiurare qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica delle indagini delicate” su Silvio Berlusconi. E anche quando nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele “si è proceduto all’iscrizione di fatti corruttivi (col coinvolgimento di Formigoni, ndr) non è stata attivata la necessaria interlocuzione” con Robledo. Un passaggio, è il rilievo mosso dal Csm a Bruti, che doveva essere compiuto per “verificare la possibilità di una coassegnazione dell’inchiesta” avviata dal dipartimento guidato da Francesco Greco.

    Quanto all’ormai noto fascicolo Sea dimenticato da Bruti nell’armadio, il Csm sembra non approvare il comportamento di nessuno dei due contendenti, censurando sia il “ritardo” di Bruti nel consegnarlo al collega, che era competente, sia “l’inerzia” di Robledo “nel sollecitare l’adempimento”. “Nessun rilievo organizzativo” può essere mosso invece al procuratore per la gestione dell’inchiesta su Expo.  Anzi, qui sembra essere Robledo quello messo peggio perché al pg della Cassazione Ciani e al Ministro della Giustizia Andrea Orlando  spetterà valutare l’”insistenza di Robledo nella richiesta di trasmisione degli atti”, nonostante ci fosse già un coordinamento, e la “possibile messa a rischio della segretezza delle indagini” con l’invio di atti al Csm. Infine, viene sollecitato il parere del pg anche sul presunto doppio pedinamento di un undagato nell’inchiesta Expo, ‘rivelato’ da Ilda Boccassini ma negato dalla Guardia di Finanza che ne sarebbe stata protagonista. (manuela d’alessandro)

  • Processo a Podestà sospeso per scontro Bruti – Robledo.
    A rischio anche quelli a Formigoni e Berlusconi.

    La cruenta sfida in Procura blocca il processo, ormai in dirittura d’arrivo, a Guido Podestà, accusato di falso ideologico in relazione alle presunte firme false raccolte a sostegno della candidatura di Roberto Formigoni alle regionali del 2010.  Il giudice della quarta sezione penale Monica Amicone, come prevede la legge, ha sospeso l’udienza a carico del Presidente della Provincia di Milano dopo che i suoi legali, gli avvocati Gaetano Pecorella e Paolo Veneziani, avevano presentato alla Cassazione un ricorso per chiedere lo spostamento da Milano a Brescia a causa dello scontro tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. Nell’istanza i difensori ricordano che l’inchiesta è uno dei ‘casus belli’.

    Dalla lite tra i due ‘galli’ della Procura, secondo la difesa, sarebbe derivata una “anomala e irrituale duplicazione” del procedimento: quello iscritto per prima all’epoca e poi archiviato, che era assegnato a Bruti, e quello aperto da Robledo mentre pendeva la decisione del gip  sulla richiesta di archiviazione dell’altro fascicolo.  L’indagine sulle firme false è tra quelle indicate come motivo del contendere davanti al Csm anche perché Bruti ha accusato Robledo di non averlo avvisato con tempestività dell’iscrizione nel registro degli indagati di Podestà, mentre Robledo sostiene di avere infomato subito il suo capo dell’interrogatorio della teste Clotilde Strada che aveva indicato elementi d’accusa contro il politico del Pdl. Il processo è stato sospeso in attesa di una decisione della Suprema Corte. E adesso, sull’esempio della difesa Podestà, potrebbero presentare analoghe istanza anche i legali di Berlusconi e quelli di Formigoni nei processi Ruby e Maugeri, entrambi portati al Csm come ‘pomi della discordia’. Qui sotto riportiamo l’istanza di Podestà, se avessero bisogno di ispirazione.(m. d’a.)

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  • Vietti difensore di Bruti con lavori del Csm ancora aperti

    “Spetta al capo della procura la titolarità dell’azione penale”. Il vicepresidente del Csm Michele Vietti, mentre le commissioni sono ancora al lavoro, si fa intervistare dal quotidiano “La Stampa”, per difendere a spada tratta il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati, l’operato del quale è stato oggetto dell’esposto presentato dall’aggiunto Alfredo Robledo.

    Vietti parla nello stesso giorno in cui ha incontrato il capo dello Stato Giorgio Napolitano e anche questo dimostra che sono in gioco cose molto più importanti del destino di un po’ di magistrati che hanno litigato tra loro in relazione all’assegnazione di importanti inchieste.

    Il numero 2 dell’organo di autogoverno dei giudici teme l’arrivo di rilievi critici su Bruti dalla commissione che si occupa dell’organizzazione degli uffici giudiziari e usa il peso del suo incarico per cercare di influenzare gli esiti della discussione. Insomma Vietti dovrebbe essere arbitro e invece indossa la maglietta di uno dei due protagonisti della querelle.

    E non rinuncia Vietti nemmeno alle lodi sperticate alla procura milanese quando parla di “encomiabile impermeabilità davanti alle fughe di notizie”. Evidentemente il vicepresidente del Csm dimentica come minimo, per stare a tempi più o meno recenti, i verbali di Ruby finiti sui giornali.

    Fa bene comunque a essere preoccupato Vietti. In qualsiasi modo dovesse finire la querelle interna alla procura è emerso con chiarezza che i magistrati agiscono in base a criteri di opportunità politica, che l’obbligatorietà dell’azione penale è una ‘foglia di fico’ per nascondere le peggiori nefandezze. Ovviamente per tornare a cose concrete, a fatti, Vietti nell’intervista non fa il minimo accenno al fascicolo prima “sparito” e poi “dimenticato” sulla gara d’asta targata Sea indetta nel 2011 dalla neonata giunta di centro-sinistra. (frank cimini)

  • Pomarici al Csm, quel pm alla Dda solo perché uditrice di Ilda

    Quel giovane pm, Paola Biondolillo, è stata assegnata alla Dda solo perché è stata uditrice di Ilda Boccassini. In una lettera inviata a Bruti Liberati, ora depositata al Csm  nell’ambito della ‘sfida’ Robledo – Bruti Liberati, il pm Ferdinando Pomarici, è molto severo a proposito della nomina della collega alla Direzione Distrettuale: “Mi sembra – scrive il sostituto nella missiva anticipata da panorama.it – priva di alcun requisito idoneo all’assegnazione alla Dda se non quello, pare, di essere stata uditrice giudiziaria dell’attuale coordinatore (Ilda Boccassini, ndr)…”Mi stupisce che un esponente storico come te   di Magistratura Democratica, che si è sempre caratterizzata per le battaglie più decise in tema di concorsi interni, abbia poi rinunciato a tali principi quando, forse, richiesto di derogarvi da chi gradiva l’assegnazione di colleghi di propria personale fiducia”.  Sempre in questa lettera, il pm che indagò sulla vicenda Abu Omar annuncia al capo che non intende più partecipare alle riunioni della dirigenza: “Il disagio si è fortemente acuito per effetto di alcune tue scelte che assolutamente non condivido e che non voglio in alcun modo avallare”

    Nella seconda lettera, Pomarici critica  Bruti sulla scelta di assegnare il caso Ruby a Ilda Boccassini, secondo lui intervenuta esercitando una informale «auto assegnazione». Pomarici parla di violazione “di una norma che ha costituito per anni cavallo di battaglia di Md proprio per evitare il fenomeno delle assegnazioni “pilotate”, fonte di timore diffuso che anche le successive indagini possano apparire all’esterno parimenti “pilotate”. (m.d’a.)

  • Nobili al Csm, mai rinunciato in 34 anni a un’indagine

    E’ fnita.  Il Csm serra  le quinte dichiarando chiusa l’istruttoria sulla vicenda Bruti – Robledo con l’ultimo atto, l’audizione del procuratore aggiunto Alberto Nobili. Era stato Robledo a chiedere che venisse ascoltato il pm sull’assegnazione del fascicolo Ruby  a Ilda Boccassini. Secondo la sua versione, Nobili non rinunciò a coordinare l’indagine partita dalle rivelazioni della giovane marocchina perché “mai è stato interpellato sul punto, né è stata richiesta la sua opinione”. “Nobili – si legge nella memoria di Robledo – venne meramente informato della decisione che era già stata presa dal Procuratore della quale si limitò a prendere atto”.

    Bruti invece aveva sostenuto davanti al Csm che il fascicolo sulle notti ad Arcore era stato assegnato a Boccassini col beneplacito del magistrato che in quel momento avrebbe dovuto coordinarlo, il procuratore aggiunto Nobili. Ebbene, oggi un consigliere del Csm ha letto testualmente a Nobili quanto scritto da Robledo nella sua memoria chiedendogli se corrispondesse al vero e, non solo il procuratore, protagonista di tantissime ‘storiche’ inchieste sulla criminalità organizzata, ha confermato di non essere stato interpellato prima della decisione sul passaggio dell’inchiesta alla sua ex moglie Boccassini, ma ha anche sottolineato di non essersi mai tirato indietro in 34 anni di carriera di fronte a un’indagine.  Quando Bruti gli comunicò che l’inchiesta non gli saprebbe spettata, Nobili ha detto di averne “preso atto”, senza avere “nulla da obbiettare”. Sia la Prima che la Settima Commissione hanno a questo punto chiuso l’istruttoria avviata in seguito alla denuncia di Robledo su presunte irregolarità nella gestione della Procura da parte di Bruti. La Settima Commissione si riunirà in seduta straordinaria martedì prossimo, giorno in cui potrebbe già formulare le conclusioni da proporre al plenum, mentre la Prima Commissione si riunirà solo all’ inizio di giugno. (manuela d’alessandro)

  • Raccolta di firme tra pm
    non siamo come media ci dipingono

    I pm di Milano provano a ridisegnare l’immagine di una Procura spezzata dalla violenta contesa finita davanti al Csm tra il loro capo, Edmondo Bruti Liberati, e il ‘rivale’ Alfredo Robledo. Armando Spataro, che tra poche ore potrebbe salutare l’ufficio ed essere nominato alla guida della Procura di Torino, è tra i  promotori una raccolta di firme a sostegno di un documento, che Giustiziami ha potuto leggere. In essa, il magistrato che ha seguito alcuni tra i più importanti processi di terrorismo interno e internazionale contesta l’immagine che sembrerebbe emergere dalle ultime vicende di una Procura alcova dei peggiori sentimenti. “Nell’ovvio rispetto delle future determinazioni del Csm (…) – si legge nel documento – non possiamo non intervenire in ordine alla rappresentazione mediatica non corrispondente al vero che viene offerta alla pubblica opinione (…) con un’immagine di una Procura dilaniata dalla contrapposizione interna. Respingiamo ogni tentativo di delegittimazione complessiva dell’operato della Procura che rischia di danneggiare la credibilità e compromettere l’efficacia dell’azione dell’ufficio”. A quanto ci risulta, il foglio fatto girare negli uffici ha raccolto il consenso della maggioranza dei pubblici ministeri, anche se non l’unanimità. Hanno firmato in 62 su un’ottantina complessiva di pm in servizio a Milano.  Alcuni di loro non si è riusciti a contattarli, altri hanno invece non hanno condiviso il contenuto del documento. In qualche caso ci sono stati anche dibattti molto duri tra i sostenitori dell’iniziativa e chi non ha firmato.

    Francamente, con tutta la stima per Spataro e per molti altri pubblici ministeri che giustamente rivendicano la serenità per lavorare, non ce la sentiamo di assumerci la responsabilità di avere raffigurato la Procura così come non è. E’ un fatto che sia in corso al quarto piano una lotta senza esclusione di colpi che non coinvolge soltanto il capo e Robledo ma anche tutte le toghe, e sono tante, che hanno preso posizione a favore dell’uno o dell’altro, a volte con toni anche molto duri nella camera caritatis delle loro stanze. E questo fatto è stato raccontato, bene o male. Ci si è anche ricamato sopra, a volte in modo discutibile, ma il dato di partenza è che a Milano sta succedendo qualcosa che prima mai si era visto. (manuela d’alessandro)

  • Sea, ora l’inchiesta della ‘guerra’ in Procura rischia l’avocazione della Pg

    Il fascicolo Sea, prima ‘dimenticato’ nell’armadio dal capo della Procura e poi ‘pomo della discordia’ tra Bruti Liberati e Robledo, rischia di finire avocato dalla Procura Generale su richiesta delle difese. L’istanza  sarebbe motivata dalla mancanza di serenità in Procura dove il litigio interno ha portato a una paralisi dell’attività investigativa che riguarda altre numerose inchieste dei dipartimenti guidati da Francesco Greco, reati societari e finanziari, e Alfredo Robledo, reati contro la pubblica amministrazione.

    Sempre in relazione alla Sea, c’è un’indagine per aggiotaggio in mano al pm Sergio Spadaro. Il caso che suscita maggiori perplessità e interrogativi inquietanti è quello del cosiddetto ‘Ruby ter’. I giudici dei processi Ruby uno (Berlusconi) e Ruby due (Fede, Minetti e Mora) hanno in pratica ordinato alla Procura di svolgere indagini sulle presunti corruzioni e false testimonianza di ‘olgettine’, poliziotti e varia umanità. Invece non si muove foglia perché, riferiscono le ‘voci’ del Palazzo, la Procura avrebbe deciso di aspettare le sentenza di appello dei due processi che potrebbero arrivare in estate ma anche oltre. L’impressione è che Berlusconi, in questo momento, interessi molto meno che in passato sia per il suo ruolo nelle riforme sia perché messo all’angolo dall’affidamento ai servizi sociali.
    Lungo è l’elenco delle inchieste che da mesi segnano il passo e si tratta di indagini equamente distribuite tra i due dipartimenti al centro della contesa di cui si stanno occupando  il Csm con tre commissioni e il pg della Cassazione per l’aspetto disciplinare. (altro…)

  • Bruti riscrive al Csm, Robledo pedinò senza informarmi

    Sintesi delle puntate precedenti. C’è stato un doppio pedinamento che ha intralciato l’inchiesta Expo (Bruti). No, dici il falso, non c’è stato (Robledo). E’ vero, non c’è stata nessuna sovrapposizione (Guardia di Finanza).

    Oggi ecco una nuova puntata di ‘Procuropoli’, i cui intrighi sono degni di una soap opera degli anni ottanta.

    Titolo: E invece sì, il doppio pedinamento c’è stato, il bugiardo sei tu. (Bruti).  Trama: il capo della Procura scrive una nota di una paginetta e mezzo al Csm in risposta a quella inviata ieri da Robledo per ribadire che un indagato – a quanto ci risulta potrebbe essere il manager di ‘Expo2015′  Angelo Paris – sarebbe stato seguito sia dagli uomini della polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, sia da quelli del Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle. Anzi, è l’ accusa di Bruti,  smentendo il doppio pedinamento Robledo implicitamente ammette di avere disposto un servizio di osservazione durato circa due mesi senza informarlo. (altro…)

  • Di questo passo i pm di Milano s’arresteranno tra loro

    Non si può tacere, a proposito degli arresti di oggi per l’Expo sulla cui validità sapremo in seguito dai giudici, della tensione in procura a Milano tra due schieramenti, uno solidale con Alfredo Robledo autore di un esposto all’attenzione del Csm, l’altro con  il capo dell’ufficio Edmondo Bruti Liberati. L’inchiesta che ha portato agli arresti di oggi era a cavallo di due dipartimenti e quello che si occupa di turbativa d’asta fa capo a Robledo, il quale, fa sapere Bruti, non ha condiviso l’impostazione e di conseguenza non ha firmato gli atti.

    Comunque vada a a finire questa storia di magistrati che si sbranano tra loro è chiaro che nulla sarà come prima. C’è materia per riflettere per tutti, a cominciare da chi ha sempre pensato alla magistratura come salvatrice della patria, ruolo che nell’immaginario di troppe persone la procura di Milano ricoprì una ventina di anni fa.

    Ricordo il giorno in cui per ordine di  Milano il 13 marzo del 1996 venne arrestato il capo dei gip di Roma Renato Squillante nella vicenda che poi portò alla condanna tra gli altri di Cesare Previti. Ricordo bene il momento in cui  incontrai al bar del palazzo di giustizia Gerardo D’Ambrosio, allora capo della procura e da poco scomprarso. Gli chiesi: “Non avete più nessuno da arrestare e vi arrestate tra voi?”. D’Ambrosio, uomo di mondo al quale l’ironia non dispiaceva, sorrise amaramente.

    Allora fu Milano contro Roma, al punto che quando un pm del capoluogo lombardo si recò nella capitale per gli accertamenti del caso, fu trattato con tale freddezza che ancora se lo ricorda. Adesso è un derby e la partita è ancora lunga. La prossima settimana Ilda boccassini responsabile del pool antimafia sarà sentita dal Csm, insieme a Ferdinando Pomarici e Nunzia Gatto.

    Al quarto piano ormai è una conta, chi sta con chi, chi non è con me è contro di me. Come ai tempi della battaglia tra i pm di Salerno e di Catanzaro quando De Magistris faceva danni tra le toghe prima di farli da sindaco di Napoli, nemmeno con i potenti mezzi dell’ex Cavaliere sarebbe stata possibile un’opera di delegittimazione delle toghe così poderosa. Perché  le degenerazioni del correntismo, dei giochi di potere, di inchieste fatte o non fatte per mere ragioni di opportunità, di fascicoli dimenticati e spariti, dei veti anche dentro il Csm appaiono chiari anche ai non addetti ai lavori. Certo poi c’è sempre chi non vuol vedere e mette la testa sotto la sabbia, a cominciare dai politici che intervengono solo se e quando hanno posisibilità di operare strumentalizzazioni e di trarne dei vantaggi (frank cimini)

  • Robledo: Bruti mi disse “potevo dire a qualcuno di fare la pipì e farti sbattere all’esecuzione”

    Ecco la lettera che Alfredo Robledo ha scritto al pg Manlio Minale in cui viene riportato un dialogo davvero poco istituzionale tra i due contendenti davanti al Csm. Il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati avrebbe preso in giro il suo rivale sottolineando che se è diventato aggiunto lo deve a un voto della sua corrente, Magistratura Democratica : “Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Consiglio che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto, che poi avremmo sbattuto all’esecuzione”. La lettera, che è all’attenzione del Csm, meritadi essere letta tutta perché offre altri spunti interessanti per entrare nel clima della ‘battaglia’.

     

    robledo-liberati6.pdf

  • La donna è toga.
    Il 65,5% dei magistrati praticanti sono femmine.

    La statistica consacra, come spesso accade, ciò che si vedeva già ad occhio nudo: le toghe rosa ormai sono un fiume in piena, e il mestiere di magistrato è sempre più un mestiere femminile. Dal processo Ruby a quello Santa Rita, bastava fotografare l’aula per toccare con mano quanto la presenza delle donne sui banchi fosse ormai pervasiva e a volte totalizzante: sei donne su sei nei due collegi giudicanti, donna il procuratore aggiunto del caso Ruby, donne le due pm del processo alla clinica degli orrori. E ancora: due donne su tre, presidente compreso, nel processo d’appello dei diritti tv a Silvio Berlusconi, e una donna sul banco dell’accusa; due donne su tre, presidente compreso, tra i giudici d’appello del processo a Dolce e Gabbana; e via di questo passo.
    Dal sito del Consiglio superiore della magistratura, i dati confermano esattamente la tendenza. Tra i 9443 magistrati ordinari in servizio, i signori sono ancora in leggero vantaggio: 4828 contro 4615 signore. Ma è chiaro che è l’onda lunga degli anni in cui l’accesso delle donne alla funzione giudiziaria era una eventualità sporadica: basti pensare che solo nel 1963 i concorsi per magistratura vennero aperti anche al gentil sesso, e che il primo concorso della nuova era, tenutosi poco dopo, vide ammesse solo otto donne su un totale di 187 promossi. (altro…)