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  • I pm negano a Fontana la moratoria concessa per Expo

    Si può pensare dal punto di vista politico tutto il male possibile del “governatore” Attilio Fontana e chi scrive queste poche e povere righe si sente di far parte della lista ma la mitica procura ha negato sdegnosamente a lui quello che fu concesso con la moratoria delle indagini su Expo.

    Fontana attraverso i suoi legali si era rivolto ai pm mettendo le mani avanti al fine di evitare grane giudiziarie. Si era detto pronto ad assumere la responsabilità al fine di reperire i vaccini di superare l’obbligo della gara pubblica e procedere a trattativa privata. La procura replicava spiegando di non occuparsi di amministrazione e in pratica di non poter dare licenza di commettere reati.

    Insomma tutto il contrario di quanto accadde per Expo quando i pm chiusero un occhio e l’altro pure. E vennero ringraziati dall’allora premier Matteo Renzi “per il senso di responsabilità istituzionale”. Ringraziati cioè per non aver rispettato il principio dell’obbkigatorieta’ dell’azione penale perché si trattava di “salvare la patria”  permettendo la celebrazione del grande evento che sarebbe stato fortemente in dubbio nel caso fossero state espletate indagini vere.

    E trovò il modo la procura anche di mettere in condizioni di non nuocere l’unico magistrato, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo,  che stava facendo le indagini. Con la complicita’ del Csm e del capo dello Stato Giorgio Napolitano missione compiuta. Napolitano disse che con la riforma dei poteri del capo dell’ufficio inquirente il procuratore poteva fare quello che voleva. Il procuratore era Edmondo Bruti Libersti uno dei fondatori di Magistratura Democratica, corrente nata negli anni ‘60 in nome della orizzontalità degli uffici inquirenti. Si nasce incendiari e si muore pompieri. Anche se per fortuna non vale per tutt.

    Tra i beneficiari della moratoria il sindaco Giuseppe Sala portatore di un conflitto di interessi gigantesco come ex amministratore di Expo. Con una motivazione da ubriachi Sala fu prosciolto dall’accusa di aver favorito Oscar Farinetti con l’assegnazione della ristorazione di due padiglioni senza gara pubblica.

    Ma vennero di fatto “amnistiati” anche quei giudici al vertice del palazzo milanese che avevano omesso di fare gare pubbliche in relazione all’assegnazione dei fondi di Expo giustizia. Si decise di affidarli a società che avevano consuetudine di rapporti con la pubblica amministrazione. Una di queste società aveva sede nel paradiso fiscale del Delaware e non si è mai saputo di chi fosse, a chi appartenesse realmente. Chi controlla i controllori?  Nessuno. Insomma siamo messi così male che tocca difendere un amministratore pessimo come Fontana. Sono i miracoli che fa la mitica procura, il porto delle nebbie vero perfettamente in linea con la farsa di Mani pulite, l’inchiesta mille pesi e mille misure (frank cimini)

  • Un’altra inchiesta ‘riaperta’ su fatti accaduti durante Expo

    Emerge un’altra inchiesta su fatti accaduti durante Expo per cui la Procura di Milano aveva chiesto l’archiviazione e il gip l’ha respinta. Si viene a sapere, a distanza di mesi, che un gip, su richiesta dell’avvocato Roberta Guida, non ha accolto la richiesta di mettere in soffitta l’indagine per una truffa da 40mila euro ai danni di un ristoratore giordano a cui aveva ‘venduto’ uno spazio all’interno di Expo nel padiglione Basmati per vendere sushi.

    Analoga trafila – il caso è naturalmente ben diverso, ma l’iter identico – era toccata all’indagine che ha portato poi alla condanna del sindaco Beppe Sala a 10 mesi di carcere convertiti in multa per falso. Autore del presunto raggiro l’imprenditore indiano Rajesh Trivedi che, il 7 aprile 2015, aveva stipulato un contratto col cittadino giordano B.W.

    Trivedi si era presentato alla controparte sotto falso nome, affermando di essere un professore universitario presso la Amity University di Shangai. Nelle vesti di legale rappresentante della Global Foundation Ngo, con sede a Hong Kong, aveva concesso all’acquirente un chiosco sushi nel ‘Basmati Pavillion of India’ alla Lovely Arts, società nepalese di cui B.W. era socio. Quest’ultimo aveva  versato 40mila euro per poter usufruire dello spazio, ma ha poi documentato di avere potuto accedere all’area solo dopo un provvedimento di un giudice civile datato  9 ottobre 2015, pochi giorni prima della chiusura di Expo. Per accreditarsi, Trivedi aveva presentato al ristoratore una falsa lettera di accredito della Amity University destinata al general manager di Expo. A contratto concluso, Trivedi “aveva addotto variazioni arbitrarie all’accordo, imponendo alla Lovely Arts l’utilizzo di ulteriori attrezzature e allestimenti, procrastinando di volta in volta la possibilità di ultimare l’allestimento del chiosco prima dell’inaugurazione”.  Tra le altre cose, avrebbe anche minacciato telefonicamente  B.W. di non entrare nel padiglione: “Se ti fai trovare lì quando arrivo alla stand, sei morto”.     

    La Procura aveva chiesto l’archiviazione sostenendo che si trattava solo di un inadempimento contrattuale rilevante in sede civile e che non erano presenti “artifici e raggiri” tali da configurare il reato di truffa. Nell’opporsi all’archiviazione, l’avvocato Guida aveva sottolineato che “oltre a far credere che la Global Foundations avrebbe potuto vendere gli spazi espositivi, Rajesh avrebbe raccontato a B.W. “che l’operazione poteva compiersi regolarmente solo con società estere e, in particolare, vicine all’India come il Nepal perché per ragioni politiche il governo italiano, in seguito alla vicenda dei marò, non avrebbe potuto avere direttamente l’India come Stato”.  Guida aveva portato documenti e argomenti ritenuti così convincenti dalla Procura che, a giugno, il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto la condanna a due anni per l’imprenditore. In attesa della sentenza, prevista il 25 ottobre, l’avvocato ha preannunciato che farà anche causa civile contro il presunto truffatore e chiamerà a rispondere anche la società Expo per non avere adempiuto ai suoi ‘obblighi di custodia’ nel controllare le attività di Trivedi.

    (manuela d’alessandro)

    Aggiornamento: il 21 gennaio 2020 Rajesh Trivedi è stato assolto dal Tribunale di Milano ‘perché il fatto non sussiste’.   

  • No Expo condannati in Grecia, a rischio processo Milano

    Sorpresa. I quattro anarchici greci imputati a Milano per devastazione e saccheggio in relazione agli incidenti del primo maggio 2015 per l’inaugurazione di Expo sono già stati processati ad Atene per quei fatti e condannati a 2 anni e 5 mesi. Questa mattina i difensori Mauro Straini e Eugenio Losco hanno chiesto il non luogo a procedere depositando la sentenza di Atene diventata definitiva. Il pm Piero Basilone ne ha preso atto e si è detto d’accordo nel non celebrare il processo per il principio del ‘ne bis in in idem’. I giudici della decima sezione penale del Tribunale decideranno il prossimo 28 marzo.

    Ad Atene i giovani anarchici sono stati condannati per resistenza a pubblico ufficiale e per reati ravvisabili del codice greco dove non esiste l’imputazione di devastazione e saccheggio. I quattro imputati che hanno avuto nel loro paese la pena sospesa sono a piede libero perché la corte di Appello aveva respinto la richiesta milanese di arrestarli ed estradarli criticando fortemente l’impianto accusatorio e ricordando che non esiste la responsabilità collettiva ma solo quella personale e spiegando che non vi erano elementi sufficienti per rimandarli in Italia.

    I giudici di Milano dovranno comunque occuparsi di un quinto imputato Massimiliano Re Cecconi. I difensori hanno chiesto che si torni all’udienza preliminare contestando la dichiarazione di irreperibilità per il giovane poi arrestato in Francia e estradato. Per i legali anche sulla base di quanto detto dai genitori il ragazzo era chiaramente reperibile a Tolosa dove studiava in una scuola di musica.

    In attesa della decisione dei giudici e del processo a Re Cecconi si può dire che finora in relazione alla manifestazione del primo maggio per nessuno la procura è riuscita a ottenere la condanna per devastazione e saccheggio, reato per il quale è prevista la pena compresa tra 8 e 15 anni di reclusione. Ci sono state condanne ma solo per reati minori. E oggi la procura si è arresa davanti alle risultanze della giustizia greca. Insomma il primo maggio del 2015 è lontano molto lontano. Adesso per la procura ci sono altre priorità a livello di antagonismo sociale e politico. Innanzitutto il processo al comitato per la casa del Giambellino dove viene contestata l’associazione per delinquere anche se i pm sono i primi ad escludere che gli imputati abbiano guadagnato un solo euro dal presunto racket, molto presunto (frank cimini)

  • Archiviazione per 45 No Expo (e 80 mila euro di intercettazioni)

    Il gip di Milano ha archiviato su richiesta conforme della procura le accuse di devastazione e saccheggio a carico di 45 militanti NoExpo in relazione alla manifestazione del primo maggio del 2015. Il costo delle intercettazioni durate  fino a maggio del 2017 ammonta a 79.294 euro e 8 centesimi. La somma di denaro sicuramente non ingentissima ma comunque significativa non è stata utile a trovare riscontri all’ipotesi dell’accusa. Il giudice in accordo con la procura ha deciso che il “gesticolare” dei presunti promotori degli incidenti che invitavano i manifestanti ad andare avanti non è sufficiente per supportare in aula l’accusa di aver coordinato le azioni violente quel giorno in cui venne inaugurata l’esposizione universale.

    Sulla decisione del giudice può aver pesato il fatto che altri manifestanti già portati a processo più o meno con lo stesso quadro accusatorio erano stati assolti dal reato più grave sia in primo che in secondo grado. Anche se resta da celebrare il processo a 5 manifestanti, tra i quali  4 greci  destinatari della misura cautelare in carcere ma a piede libero ad Atene perché la corte d’appello locale aveva negato l’estradizione spiegando che non esiste la responsabilità penale collettiva ma solo quella personale. Secondo i giudici greci non sarebbero stati indicati elementi specifici a carico degli indagati.

    Tra le 45 posizioni archiviate dal gip c’è quella di Pasquale Valitutti figura storica dell’area anarchica, “l’unico manifestante in carrozzella” scrive il giudice. “E’ vero che indossava il casco ma non si trattava di travisamento essendo già identificato dalla carrozzella.

    Valitutti la notte tra il 14 e il 15 dicembre del 1969 era nella stanza accanto a quella del commissario Luigi Calabresi da dove volò giù Pino Pinelli, fermato in relazione all’indagine sulla strage di Piazza Fontana. Insomma un pezzo di storia dell’anarchismo che non smette di manifestare facendosi aiutare da una carrozzella.(frank cimini)

  • Fondi Expo giustizia, il gip di Trento archivia tutto

    Ha attraversato città, lagune e monti il fascicolo sui fondi Expo assegnati alla giustizia milanese. Senza un’iscrizione nel registro degli indagati, senza un’attività investigativa visibile all’esterno. Alla fine, nella pace delle montagne trentine, a pochi passi dal confine italiano, ha trovato requie dopo un solo anno di vita. Il gip di Trento ha archiviato il fascicolo dell’inchiesta sulle presunte irregolarità nella gestione da parte del Comune di Milano e dei magistrati di una decina di milioni di euro destinati per lo più al processo informatico. Non è colpa di nessuno se da anni i monitor comprati coi soldi pubblici (appalto da quasi due milioni) rimandano solo buio e silenzio e non le indicazioni al cittadino su come orientarsi nel Palazzo, com’era stato promesso. E se la maggior parte del tesoro è  stato distribuito con affidamenti diretti e non con gare pubbliche può forse destare stupore ma non suggerisce, nemmeno a titolo di ipotesi, un reato. Nella primavera di un anno fa, l’Anac, ‘bastonata’ ieri dal procuratore Francesco Greco per i ritardi nella trasmissione delle segnalazioni, aveva presentato un esposto a Milano. Molto tempo prima, notizie di stampa nel 2014 avevano avanzato dubbi sull’utilizzo di questi soldi, ma a nessuno è venuto in mente di fare approfondimenti.  Fatto sta che i pm si sono accorti dopo un po’ di mesi che non potevano tenere le carte a Milano perché potenzialmente erano coinvolti dei loro colleghi seduti al tavolo attorno al quale si decideva la spartizione dei fondi. Atti a Brescia, allora, dove però il presidente delle Corte d’Appello è Claudio Castelli che a Milano da gip di era occupato del processo digitale. Tutto a Venezia ma anche qui si è scoperto che c’era un magistrato forse coinvolto nella vicenda. Infine, l’approdo a Trento, procura guidata dall’ex milanese Sandro Raimondi. Titoli di coda. Resta da attendere la Corte dei Conti che sta compiendo gli accertamenti di sua competenza prima di tirare una linea definitiva dal punto di vista giudiziario su una storia che dietro di sé lascia comunque molte perplessità.

    (manuela d’alessandro)

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  • Procura di Milano contro Anac: “Rendete inutili le nostre indagini”

    Era nell’aria da un po’ ma ora abbiamo l’ufficialità: tra la Procura di Milano e l’Anac è rottura con la prima che accusa la seconda di rendere “inutili” le sue indagini.   La mina salta alla presentazione del Bilancio di Responsabilità Sociale del 2017, un’occasione in cui di solito abbondano le ‘buone maniere’ e i linguaggi affettati. Invece il procuratore capo Francesco Greco prende il bazooka: “In attuazione del protocollo di Intesa del 5 aprile 2016 – si legge nel libretto che riassume un anno di lavoro – l’Anac ha trasmesso numerosi illeciti  da cui si potevano desumere fatti di corruzione. Tuttavia il ritardo con cui le notizie sono state trasmesse e soprattutto le modalità di acquisizione degli elementi (acquisizione di documentazione presso gli enti coinvolti) hanno determinato una discovery anticipata, sostanzialmente rendendo inutili ulteriori indagini nei confronti di soggetti già allertati”.  Un riferimento implicito certo è alle carte mandate in Procura da Raffaele Cantone  sulla vicenda dei milioni di fondi Expo per la giustizia milanese. Troppo tardi, secondo i magistrati che si sono trovati a indagare su una presunta turbativa d’asta relativa alla gestione dei soldi da parte della magistratura milanese e del Comune di Milano a distanza di anni dai fatti. E dopo che Anac è andata ad acquisire cumuli di carte a Palazzo Marino. E’ finita che la Procura di Milano si è liberata dell’indagine, non con un certo fastidio, spedendola a Brescia per potenziali coinvolgimenti di magistrati che si sono occupati del ‘tesoro’ proveniente dall’Esposizione. C’è anche da dire, almeno per questa inchiesta, che organi di stampa tra cui Giustiziami avevano scritto molto tempo prima dell’intervento di Anac ma in Procura non si era ritenuto di intervenire.

    Altro terreno di tensioni era stata  l’inchiesta sulla pubblicità delle aste giudiziarie avviata dalla Procura sempre a partire da un dossier di Anac che aveva accolto con un certo stupore, stando a nostre fonti, la richiesta di archiviazione presentata dai pubblici ministeri e poi accolta da un gip.  Secondo l’Autorità, il  bando lanciato nel 2012 dalla Camera di Commercio era stato viziato da “gravi anomalie”. A vincere fu la sola società partecipante, con un ribasso del 72,5%. L’Anac mandò gli atti alla magistratura nel 2015, 3 anni dopo i fatti, mentre l’archiviazione è del maggio scorso. Il rapporto tra l’Authority e la magistratura  era apparso invece idilliaco ai tempi del procuratore Edmondo Bruti Liberati da cui erano arrivati riconoscimenti ad Anac all’epoca dei primi arresti legati a Expo. In serata, Greco ridimensiona parlando di “problemi tecnici” e di “ottimi rapporti con Cantone”.

    (manuela d’alessandro)

     

     

     

  • Fondi Expo, il gip chiude il caso delle aste giudiziarie

    Tutto regolare nella gara del 2012 per la pubblicità delle aste giudiziarie che,  secondo l’ Autorità Nazionale Anticorruzione, presentava invece  anomalie così gravi da richiedere di indirne con urgenza una nuova. Fonti vicine all’Anac, da cui era partito il dossier poi sviluppato dalla Procura,  riferiscono di una viva sorpresa nell’apprendere che il gip Marco Del Vecchio ha archiviato il caso dopo 9 mesi di riflessione, cioé da quando si era riservato di decidere sull’opposizione all’archiviazione presentata da una delle presunte società penalizzate.  Non ci sono prove, scrive il gip accogliendo la richiesta del pm Paolo Filippini,  di “intese triangolari” illecite tra Tribunale, Camera di Commercio e l’impresa vincitrice Edicom per turbare la gara. E nemmeno sulle possibili responsabilità dei magistrati milanesi.

    I fatti: la Camera di Commercio, nelle vesti di intermediario del Tribunale e per conto della sua partecipata Digicamere, mette a disposizione un appalto da 825mila euro biennali, in parte sono fondi Expo, per assegnare la gestione della pubblicità legale e l’informatizzazione delle procedure esecutive e telematiche nel biennio 2013 – 2014. A quella gara partecipa solo la società Edicom Finance che vince con uno stratosferico ribasso sul prezzo di base del 72,5%. Chi glielo fa fare? Secondo astelegali.net, l’avere ricevuto in cambio la garanzia di altri lavori molto redditizi, sempre attinenti alle aste. Il pm Paolo Filippini si mette a indagare e a un certo punto scopre che i servizi accessori Postal Target, Free Press e Aste Giudiziarie non inseriti nel bando di gara non solo sono rimasti  a un’azienda del gruppo Edicom, ma sono diventati obbligatori per tutte le procedure esecutive e fallimentari. Questo perché tutti i giudici della seconda e terza sezione civile avevano disposto così, tranne uno, il dottor Marcello Piscopo.  Ottimo per Edicom che ingrossa il suo fatturato di 440mila euro nel 2012 a 1,4 milioni nel 2014.

    Per il gip, nonostante “l’anomalia di una gara assegnata ad un unico partecipante, con un ribasso” del 72%, “a  fronte del quale la stazione appaltante che agiva in convenzione col Tribunale di Milano non avrebbe effettuato la verifica di congruità’”,  “non  vi sono prove per ritenere” che ci sia stata “un’intesa illecita tra le parti”.  E non si  può nemmeno  provare che Edicom “poteva comunque contare di recuperare remuneratività  dell’appalto (o quanto meno di coprirne le perdite) attraverso una gestione monopolista”.  Archiviati quindi i due indagati, difesi dall’avvocato Cristiana Totis: un funzionario di Digicamere e una donna, parente di quest’ultimo  e “collaboratrice” del gruppo Edicom che vinse la gara. In attesa della laboriosa decisione del giudice, negli ultimi mesi dalla Procura Generale della Cassazione erano arrivate al pm insistenti richieste per valutare eventuali profili disciplinari dei giudici civili.  Resta il mistero non risolto dalla Procura che aveva ammesso di non essere riuscita a risalire “alla reale proprietà della Edicom Finace”, controllata da una società con sede in Gran Bretagna, a sua volta controllata da una società con sede nel Delaware. Sì, il paradiso fiscale. (manudela d’alessandro)

     

     

  • La grade pace (vera?) tra le due Procure alla cerimonia per i nuovi capi

    In tanti, compresa la difesa di Beppe Sala, hanno evocato una sfida in corso tra Procura e Procura Generale di Milano che giustificherebbe anche la riapertura delle indagini sul sindaco per la ‘Piastra’ di Expo. Sarà stata l’atmosfera festosa per l’insediamento dei nuovi aggiunti oppure l’ipocrisia istituzionale, fatto è che alla cerimonia abbiamo assistito allo scambio di parole al miele e strette di mano tra i due presunti contendenti. Per il procuratore generale Roberto Alfonso quella a disposizione del capo dei pm Francesco Greco è una “squadra di eccellenza che finalmente gli consente di dare un assetto definitivo  alla Procura e cominciare a giocare”. Auguri di rito e sorriso smagliante di Greco che porge la mano e viene ricambiato da una calda stretta del capo al piano di sotto. Assente Ilda Boccassini, forse ancora nera per l’offerta, da lei respinta, di andare a comandare la Sezione Misure di Prevenzione, quella che incide sui patrimoni dei mafiosi. Ma Greco è di umore allegro e la inserisce nel pantheon degli aggiunti a cui vorrrebbe si ispirassero i nuovi assieme, tra gli altri, a Francesco Saverio Borrelli ed Edmondo Bruti Liberati, che è nel pubblico. Tra gli ‘dei’ in toga non cita Alfredo Robledo nel cui nome questa Procura si era spaccata. Per scacciare gli spettri di quell’età greve Greco sottolinea che tutti i nuovi capi dei dipartimenti “vengono dalla Procura ed è importante perché conoscono l’ufficio e sono cresciuti assieme” e, rivolto a loro, li esorta a “continuare la tradizione e l’orgoglio di appartenere a questo ufficio, a fare squadra, a vedersi a pranzo”. 

    Eccola allora la nuova squadra: Fabio De Pasquale agli ‘affari internazionali e reati economici transnazionali’; Eugenio Fusco al dipartimento ‘frodi e tutela del consumatore’; Tiziana Siciliano alla ‘tutela della salute dell’ambiente e del lavoro’; Laura Pedio alla ‘criminalita’ organizzata comune”; Letizia Mannella alla ‘tutela minori, famiglia e vittime vulnerabili’ e Alessandra Dolci che dirigera’ la Dda. Gli aggiunti già in carica Riccardo Targetti e Giulia Perrotti saranno a capo rispettivamente dei dipartimenti sul lavoro e dei ‘delitti contro la pubblica amministrazione e diritto penare dell’economia’ (uniti per la prima volta), mentre Alberto Nobili rimane il responsabile dell’antiterrorismo milanese. (manuela d’alessandro)

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  • In palla la consolle del magistrato, la crisi del Pct creato con Expo

     

    Ancora guai –  e grossi, a sentire i magistrati – per il Processo Civile Telematico, creato coi fondi Expo per la giustizia milanese distribuiti in modo così sospetto che si sono mosse 3 procure e l’Anac di Raffaele Cantone.

    E’ in tilt la consolle del magistrato, il programma che dovrebbe consentire ai giudici e ai loro assistenti di gestire il processo senza carta.

    Ci viene mostrato quello che accade ormai da settimane, dall’ultimo aggiornamento del sistema che per ammissione dello stesso Presidente del Tribunale Roberto Bichi aveva generato “gravi malfunzionamenti”, poi smentiti dal Ministro Andrea Orlando.

    Quando il giudice apre word per scrivere un provvedimento la consolle si impalla. “Ho perso un’ordinanza e ho dovuto riavviare 3 volte durante l’udienza”, ci spiega uno dei magistrati, uno di quelli che ancora prova a usare la consolle, lo strumento principe del processo digitale, vanto della giustizia milanese per avere fatto da apripista nella giustizia 2.0. Altri hanno abbandonato le speranze rinunciando da tempo ad attivare la consolle che in teoria – leggiamo sul sito del Csm – doveva dare al giudice “la possibilità di redigere tramite word provvedimenti, di firmarli digitalmente e di trasmetterli al cancelliere per la loro pubblicazione all’interno del fascicolo informatico”. Il processo digitale, che ha preso forma con affidamenti diretti milionari e senza alcuna gara a partire da una decina di anni fa, è al centro delle inchieste in cui Comune di Milano e magistrati si rimbalzano le responsabilità in attesa che, si auspica, un’autorità giudiziaria riesca a mettere ordine nella vicenda. (manuela d’alessandro)

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  • Il pg Isnardi va in pensione e lascia l’inchiesta su Sala aperta a tutto

    Felice Isnardi allo scoccare dei 70 anni ripone la toga, offre spumante al bar del Palazzo e lascia nel mezzo del cammino l’inchiesta sulla Piastra di Expo che coinvolge il sindaco Beppe Sala. Non sarà lui, ma chi erediterà gli atti – i colleghi Massimo Gaballo e Vincenzo Calia – a decidere se chiedere l’archiviazione oppure il processo per l’accusa di turbativa d’asta relativa alla fornitura di 6mila alberi per l’Esposizione Universale.

    Il 20 settembre scorso Isnardi, dopo avere strappato l’inchiesta alla Procura ritenuta inerte che mai aveva indagato Sala, si era limitato a chiedere il rinvio a giudizio del sindaco per il reato di falso (udienza preliminare il 14 dicembre) nella sostituzione di 2 commissari di gara, lasciando immaginare di avere stralciato l’ipotesi della turbativa in vista di un’archiviazione.

    Invece rumors degli ultimi giorni davano molto probabile una richiesta di processo anche per la turbativa che sembrava potesse arrivare oggi come ultimo atto del magistrato. Non è accaduto e le interpretazioni possono essere varie. Si è preferito lasciare ai due pg che potrebbero sostenere l’accusa nel processo la parola finale. Ci sono state pressioni del procuratore capo Roberto Alfonso su Isnardi che potrebbe avere preferito non mettere la faccia su un epilogo non condiviso.

    Il magistrato che iniziò la carriera con l’inchiesta cinematografica ‘Pizza connection’ è apparso comunque sereno al brindisi d’addio. Scherzando coi giornalisti ha detto: “Verrò a trovarvi in sala stampa per avere da voi informazioni o magari farò una ‘Procura ombra‘”. In fondo proprio questo è quello che ha fatto negli ultimi anni riaprendo casi come quelli dell’operaio Giuseppe Uva morto dopo un arresto, di Mps e della ‘Piastra’. Inchieste che per la Procura Generale erano state archiviate con troppo fretta e senza i dovuti approfondimenti, quella su Expo in nome della ‘moratoria’ terreno di scontro feroce tra gli ex numeri uno e due Edmondo Bruti Liberati e Alfredo Robledo. (manuela d’alessandro)

  • Robledo assolto nonostante il grave abbaglio del pm sul figlio

     

     

    Alfredo Robledo, un tempo procuratore aggiunto a Milano ora in servizio a Torino, è stato prosciolto a Brescia dall’accusa di abuso d’ufficio nata dall’esposto presentato da Edmondo Bruti Liberati all’epoca capo della procura di Milano in relazione al deposito di soldi sequestrati non nel Fondo unico giustizia ma presso la Banca del Credito Cooperativo di Carate Brianza.

    Il proscioglimento arrivato solo adesso lascia ampiamente capire che lo scopo dell’esposto di Bruti non era certo quello di accertare le responsabilità del collega in relazione ai fondi sequestrati alle banche nella vicenda dei derivati a Palazzo Marino ma quello di metterlo in cattiva luce e in parole povere di farlo fuori. Insomma uno dei tanti capitoli della guerra interna alla procura di Milano, con  sullo sfondo la moratoria delle indagini su Expo decisa dal vertice massimo dell’ufficio inquirente.

    La procura di Brescia, oggi smentita dal gup, aveva coltivato l’esposto di Bruti fino ad affermare: “Il presidente della Bcc di Carate Annibale Colombo era conoscente di lunga data dell’imputato Robledo e il figlio di quest’ultimo dipendente della filiale Bcc di Barlassina”. Il figlio di Robledo fa l’allenatore di pallacanestro e non ha mai lavorato in banca.  Un funzionario dell’istituto sentito come testimone aveva escluso la presenza di congiunti di Robledo tra i dipendenti ma evidentemente ciò non è bastato al pm, interessato a diffondere veleni. Va ricordato inoltre che la procura di Brescia aveva pure svolto accertamenti patrimoniali su Robledo che in relazione al reato di abuso d’ufficio non sono consentite.

    Robledo nel corso della guerra interna alla procura era stato poi trasferito a Torino in riferimento a una serie di sms scambiati con l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello. L’uscita di Robledo ovviamente consentiva al capo della procura di dispiegare tutta la potenza della moratoria su Expo, solo parzialmente rimessa in discussione dall’avocazione da parte della procura generale che metteva sotto inchiesta il sindaco di Milano Beppe Sala e ne chiedeva il rinvio a giudizio per falso che sarà discusso davanti al gip il 14 dicembre prossimo.

    Sala comunque era stato “salvato” dall’accusa di abuso d’ufficio per non aver indetto la gara pubblica sulla ristorazione con appalto assegnato direttamente a Oscar Farinetti. Per la procura di Bruti Sala favorì Farinetti “senza averne l’intenzione”. E poi c’era fretta, bisognava realizzare Expo. Insomma un abuso d’ufo a fin di bene, con archiviazione decisa dallo stesso giudice che come responsabile dell’informatizzazione aveva contribuito a evitare gare pubbliche sui fondi Expo giustizia. Ironia della sorte, tra i beneficiati addirittura una società con sede nel paradiso fiscale del Delaware.

    Dunque Robledo ostacolava la moratoria e persino gli “affari” delle toghe. Doveva pagarla, l’ha pagata e la sentenza di proscioglimento di oggi a Brescia suona quasi come una beffa. Nel frattempo a Milano di nuove indagini su reati contro la pubblica amministrazione non c’è traccia. Del resto a succedere a Bruti ora in pensione è stato il suo braccio destro Francesco Greco eletto all’unanimità dal Csm dell’omertà. Il cosiddetto organo di autogoverno infatti, regista nemmeno tanto occulto Giorgio Napolitano, aveva da subito supportato Bruti contro Robledo (frank cimini)

  • Fondi Expo, il Comune accusa i magistrati e fa i loro nomi ad Anac

     

    Se qualcuno ha truccato la distribuzione dei fondi Expo alla giustizia milanese, quelli sono solo e unicamente i magistrati. E si fanno nomi e cognomi di chi nel Palazzo di Giustizia avrebbe deciso in autonomia, e molto spesso senza gare pubbliche, come assegnare i milioni di euro regalati dall’Esposizione.

    La tesi che Palazzo Marino  offre nella sua recente relazione all’Autorità anti corruzione segna un punto di violenta rottura rispetto alla dichiarazione del presidente del Tribunale Roberto Bichi il quale, tre mesi, fa aveva sottolineato che “la stazione appaltante non eravamo noi, bensì il Comune”. Una precisazione arrivata al termine di una drammatica riunione tra giudici seguita al documento in cui Anac, 3 anni dopo l’inchiesta di questo blog  e del ‘Giornale’, individuava 18 appalti illeciti per l’assegnazione di milioni di euro in nome dell’Esposizione Universale.

    Spiega Fabrizio Dall’Acqua, da poco segretario generale e responsabile anti corruzione dell’amministrazione comunale: “Il compito del Comune di Milano era di tradurre in atti amministrativi le scelte operate dagli Uffici Giudiziari. In caso di affidamenti diretti, l’individuazione del fornitore è stata fatta dagli Uffici Giudiziari e dal Dgsia (articolazione ministeriale, ndr) che avevano contezza dei rapporti pregressi e delle problematiche tecniche sottostanti”.

    Ed eccoli i nomi che il Comune fa in modo esplicito.

    Claudio Castelli, attuale Presidente della Corte d’Appello di Brescia e all’epoca presidente facente funzione dei gip e responsabile del Processo Civile Telematico (PCT). E’ lui che in una riunione del 2012, rispondendo alle lamentele della Corte d’Appello che si sente poco coinvolta nelle scelte, puntualizza che le decisioni sui finanziamenti già assegnati “hanno tenuto in considerazione i vari Uffici Giudiziari (…)” e anche per i fondi ancora da distribuire “sono in corso incontri coni i referenti degli Uffici Giudiziari per acquisire un elenco di fabbisogni e priorità”.

    Giovanni Canzio, presidente della Corte di Cassazione e all’epoca presidente della Corte d’Appello di Milano e l’allora presidente del Tribunale Livia Pomodoro.

    Da una loro lettera del 2012 al sindaco Giuliano Pisapia, si deduce che “fabbisogni, valutazioni e scelte operative sono state eseguite dagli Uffici Giudiziari col contributo di CISIA/DGSIA e che il Comune si è limitato ad adottare i conseguenti provvedimenti amministrativi”.

    Canzio viene chiamato in causa anche per un affidamento diretto al Politecnico  relativo a un software di gestione del personale, assieme al consigliere e giudice Laura Tragni. Le mail tra quest’ultima e Castelli riportate nella relazione spiegherebbero, secondo il Comune, anche la scelta di affidare il restyling del sito del Tribunale alla Camera di Commercio sulla base di una convenzione tra i due contraenti.

    Infine, anche la nomina contestata da Anac di Giovanni Xilo nel gruppo di lavoro sugli appalti fu avallata da Pomodoro e Castelli che lo presentarono come “consulente degli Uffici Giudiziari” e “non ebbe mai” invece dal Comune “alcun incarico, né formale, né informale”. Xilo in passato intrattenne rapporti economici, come fornitore, con Net Service, una delle società a cui è spettata una bella fetta del ‘tesoro’ di Expo. (manuela d’alessandro)

    Relazione del Comune sui Fondi Expo

     

     

  • Fondi Expo, l’Anac allarga le indagini a 25 appalti e manda al Comune le conclusioni

    L’Anac di Raffaele Cantone allunga il tiro sui fondi Expo per la giustizia milanese.Con le ‘comunicazioni delle risultanze istruttorie’ inviate oggi al Comune aumenta il numero delle gare sospette – da 18 a 25 per un valore di 10 milioni – e arricchisce di nuovi dettagli quanto scritto nell’esposto denuncia finito anche in Procura, in Cassazione e alla Corte dei Conti.

    Nell’atto di contestazione, inviato per conoscenza anche al Ministero della Giustizia, viene evidenziato come il Comune, quale stazione appaltante, non avrebbe effettuato indagini di mercato per la ricerca di fornitori che potessero consentire di risparmiare soldi pubblici e avrebbe chiuso gli occhi dinnanzi a potenziali conflitti di interessi e alla partecipazione ai ‘tavoli di lavoro’ di persone che non vi avevano titolo.

    Le procedure di evidenza pubblica, come scrivevamo su  questo blog tre anni fa, sono state evitate senza quelle adeguate motivazioni che la legge prevede per consentire l’affidamento diretto anche sopra i 40mila euro. Il procedimento amministrativo di Anac sul Comune si chiuderà entro sei mesi e Palazzo Marino dovrà far pervenire le proprie deduzioni entro 30 giorni. Diversi gli epiloghi possibili, da una delibera pubblica all’invio delle carte ad altri organi inquirenti. Insomma, Cantone sembra fare sul serio, e la Procura? Dopo l’inedita auto – assegnazione del fascicolo da parte del procuratore capo Francesco Greco e del vice Giulia Perrotti, nulla per ora si è mosso, perlomeno in modo visibile. L’inchiesta è a carico di ignoti e il reato è turbativa d’asta. Il  presidente del Tribunale Roberto Bichi, uscito  da una riunione straordinaria coi giudici, aveva scaricato sul Comune come stazione appaltante. Ma alcuni funzionari di Palazzo Marino che scelgono l’anonimato, da noi incontrati nei giorni scorsi, sostengono di avere “eseguito gli ordini” che provenivano dai magistrati. E la sensazione è che, se accerchiati, potrebbero decidere di raccontare la loro versione.

    (manuela d’alessandro)

    fondi-expo-il-tribunale-scarica-sul-comune-eravate-voi-la-stazione-appaltante

     

  • Atti sulla Piastra, “il verbale truccato da Sala addirittura a casa sua”

    Quello che potete vedere qui è uno dei 3 verbali che, secondo la Procura Generale di Milano, sono stati falsificati da Beppe Sala per salvare la gara della Piastra di Expo, un appalto da 272 milioni di euro per preparare la base dell’Esposizione.

    Il documento spunta dai 6 faldoni di migliaia di pagine depositati con la chiusura delle indagini a carico tra gli altri  del sindaco di Milano, accusato di falso ideologico e materiale, proprio in relazione ai documenti sulla gara,  e turbativa d’asta per la procedura sulla fornitura di 6mila alberi da piantare tra i padiglioni.

    E’ stato preso dalla Guardia di Finanza negli uffici della società in liquidazione il 17 marzo scorso su disposizione del pg Felice Isnardi che ha riacceso l’inchiesta in precedenza archiviata dalla Procura al culmine del violento scontro tra l’allora capo Edmondo Bruti e il suo vice Alfredo Robledo.  Nell’informativa finale delle Fiamme Gialle datata 12 aprile, viene riportata anche un’intercettazione dalla quale si desume che l’allora vertice di Expo avrebbe “addirittura” (i finanzieri sembrano stupirsi per il luogo poco istituzionale, anche per compiere un presunto reato) truccato i verbali nella sua abitazione di Brera. “Adesso Daniela li porta a casa dell’ad e domattina li porta in Bovisa (ndr, sede degli uffici della società)”.  Ecco come, in una telefonata intercettata del 31 maggio 2012, l’allora project manager per Expo, Simona Micheletto, parlando con Angelo Paris, anche lui ex manager Expo poi finito agli arresti in un’a ltraindagine, parlava, scrive la Gdf, della “nuova versione corretta dei verbali” sulla commissione giudicatrice della gara per la Piastra dei Servizi. Gli investigatori parlano di “condotte dai tratti marcatamente artificiosi finalizzate ad ovviare ad inequivocabili criticità sorte a margine della prima seduta pubblica della Commissione Giudicatrice”.

    Dopo avere scoperto che due commissari erano incompatibili, già nella prima seduta della Commissione, Sala avrebbe siglato tre atti che annullavano i precedenti aggiungendo due commissari supplenti. Li avrebbe firmati a casa sua il 31 maggio 2012, ma la data sugli atti è del 17 maggio.

    Tanti gli atti d’indagine nuovi sull’altra accusa a Sala, quella di avere stralciato la gara sugli alberi di Expo dall’appalto principale della Piastra nonostante il “parere contrario” di altri manager “preoccupati delle possibili conseguenze sulla tenuta e sulla regolarità del bando”.

    Colpisce lo sguardo d’insieme su quello che è stato Expo dei finanzieri in un’altra recente informativa. “Rispetto ai plurimi argomenti trattati è stato rilevato quale fattore comune, e spesso distintivo, il ricorso ad alterazione e adeguamenti di procedura ad evidenza pubblica variamente, e a volte in modo inconciliabile, posti in essere da soggetti con ruoli di rilievo pubblico (…). Le condotte hanno determinato indubbi risvolti di natura economico – patrimoniale che, in questo caso, spesso hanno a loro volta innescato ricadute sui valori di finanza pubblica correlati all’esposizione”. (manuela d’alessandro)

  • Fondi Expo, lo stop all’inchiesta sulle triangolazioni giudici – camera di commercio – imprese

    Una prova che indagare i colleghi per i magistrati sia come per il cappone festeggiare il Natale arriva da un’inchiesta potenzialmente esplosiva in cui si  ipotizzano, scrive il pm nella richiesta di archiviazione letta da Giustiziami, “intese triangolari” coinvolgenti esponenti del Tribunale, della Camera di Commercio e di un’impresa appaltatrice” che, di fatto, ha da tempo il monopolio della pubblicità delle aste immobiliari milanesi.

    Parliamo di una gara indetta dalla Camera di Commercio avviata nel 2012 con una parte dei fondi Expo, quelli il cui utilizzo sta seminando imbarazzo e paura nei corridoi del Palazzo di Giustizia. Una gara che ha sullo sfondo gli intimi rapporti tra il Tribunale retto da Livia Pomodoro e la Camera di Commercio al centro anche del rapporto dell’Anac sul tesoro Expo distribuito con affidamenti diretti e convenzioni sospette.  A vincerla in scioltezza è la società Edicom Finace con un ribasso da brivido (72,5%).

    Quando nel gennaio 2016 il pm Paolo Filippini si rende conto che “lo sviluppo dell’indagine deve passare necessariamente dalle condotte dei magistrati dell’ufficio giudiziario milanesi fruitori dei servizi resi dalle imprese del gruppo Edicom” manda le carte a Brescia competente sui presunti reati commessi dalle toghe milanesi. La risposta arriva 8 mesi dopo con la restituzione degli atti al mittente, “senza procedere a ulteriori indagini”. I bresciani spiegano ai colleghi che “il mero sospetto” non basta per determinare la loro competenza che scatterebbe solo se si iscrivesse un magistrato nel registro degli indagati.

    Di questo ‘no’ resta traccia nella richiesta di archiviazione datata 28 aprile aprile  quando il pm sottolinea  che le indagini effettuate non consentono di sostenere l’accusa in giudizio “nell’ambito delle competenze di questo ufficio”, lasciando intravvedere il rammarico per la mancata collaborazione dei bresciani. 

    Ora, una delle società estromesse, Astalegale.net, si oppone davanti a un gip a quella che definisce una “sconfortante” richiesta di archiviazione perché la Procura “sembra arrendersi nonostante le complesse indagini svolte abbiano confermato in toto le anomalie”.

    E in effetti le anomalie paiono lampanti e sembrano andare ben oltre il ruolo dei due indagati per i quali si richiede l’archiviazione, un funzionario che ha redatto il bando e una sua parente collaboratrice di Edicom, accusati di turbativa d’asta.

    Da questa indagine veniamo a sapere che per la pubblicità accessoria dei procedimenti esecutivi o fallimentari i giudici della secona e terza sezione civile del Tribunale di Milano impongono nei loro provvedimenti ai professionisti delegati di rivolgersi a Ediservice srl, società del gruppo Edicom. Al punto che nel giro di due anni, dal 2012, questa società incrementa il suo fatturato da 440mila euro all’anno fino a 1.400.000.

    Tutti tranne il giudice Marcello Piscopo che mette a verbale di essere l’unico a non farlo perché “questi servizi sono dispendiosi e superflui”.

    L’ipotesi della Procura emersa dall’ascolto di vari testimoni è che questi servizi vengano assegnati dai magistrati a Ediservice “come forma di compensazione del gruppo Edicom” perché fornisce personale alle cancelleria e per farle recuperare “remuneratività” visto il maxi ribasso del 72% sul prezzo d’asta.  Per il pm però “non ci sono prove per ritenere che la fornitura di servizi” da parte di Edicom “sia stata preceduta da una intesa illecita tra le parti coinvolte” anche perché “non è stato possibile risalire alla reale proprietà del gruppo Edicom” che ha sede nel paradiso fiscale del Delaware. Ora Astelegale.net domanda al gip Marco Del Vecchio, che si pronuncerà il 9 novembre, di respingere la richiesta di archivizione sostenendo che devono essere sentiti tra gli altri, giudici, dirigenti della Camera di Commercio e amministratori del gruppo Edicom per capire se davvero c’è stata una triangolazione illecita. In tutto ciò, interpellata dal pm, Pomodoro ha trasmesso agli inquirenti i documenti relativi al rapporto Tribunale – Camera di Commercio e una nota in cui due giudici evidenziano che non esiste nessuna convenzione tra il Tribunale ed Ediservice che riconosca in esclusiva alla società l’erogazione dei servizi pubblicitari accessori.  (manuela d’alessandro)

  • Fondi Expo, il Tribunale scarica sul Comune, “eravate voi la stazione appaltante”

     

    “Non risulta che il Tribunale abbia mai assunto il ruolo di stazione appaltante”. Roberto Bichi consegna a una nota la sintesi della riunione coi presidenti di sezione (tutti presenti) del Tribunale di Milano per discutere sugli appalti Expo alla giustizia dopo l’esposto – denuncia di Anac.  E siccome la stazione appaltante dei 16 milioni piovuti sul Palazzo di Giustizia in modo poco trasparente e senza gare era il Comune di Milano (sindaco prima Moratti, poi Pisapia), viene facile pensare a chi venga attribuita l’eventuale responsabilità di illeciti.  E’ un presidente che appare a chi c’era “molto teso” quello che si presenta al cospetto dei suoi magistrati ai quali chiede un parere sul comunicato stampa preparato per onorare “il ruolo del Tribunale di Milano, impegnato nel garantire il massimo di legalità”.

    Bichi, che gode di solida stima tra i colleghi, difende l’istituzione da lui guidata su tutta la linea, senza voler marcare un distinguo tra la sua era e quella di Livia Pomodoro, di cui è stato prima vicario e poi successore. Fuori ci sono le telecamere e qualche giudice, prima di entrare, si copre il volto per non essere ripreso in quello che appare all’esterno come un robusto ‘serrate i ranghi’ di fronte all’attacco sferrato da Raffaele Cantone il quale, nella relazione, adombra responsabilità di toghe milanesi.

    Dopo avere ricordato che le carte degli appalti erano visibili da tempo su giustiziami.prlb.eu, il Presidente da’ conto di un dossier inviato dal Comune ai capi degli uffici giudiziari a marzo scorso (tempistica sospetta, dopo il primo blitz di Anac)  in cui si riepiloga l’utilizzo dei 16 milioni di euro per informatizzare la giustizia. “Emerge che tali impegni sono stati effettuati tramite gare d’appalto o con affidamento complementare o con adesione a convenzioni Consip”. Per quel che ne so io, assicura, era tutto a posto, i conti tornavano, e se ci sono singole responsabilità, aggiunge, “auspico che emergano al più presto per dirimere dubbi, evitare illazioni e non ledere l’immagine e il ruolo del Tribunale”. Al tavolo dei fondi Expo sedeva, tra gli altri, anche l’ex presidente dell’ufficio gip e attuale numero uno della Corte d’Appello di Brescia, Claudio Castelli.

    Il nome di Roberto Bichi compare nel verbale della riunione della svolta del 15 ottobre 2014. Dopo i primi articoli di stampa, i vertici dell’amministrazione giudiziaria e i rappresentanti del Comune e del Ministero decidono che, per quel che resta da spartirsi dei 16 milioni di euro, non si faranno più affidamenti diretti ma solo gare. In quel momento, tutti i presenti sono quindi consapevoli che il ‘tesoro’ di Expo stanziato dal Governo è stato distribuito con affidamenti diretti quantomeno discutibili.

    “Bichi – si legge nella sintesi di quell’incontro assai teso – si dichiara d’accordo col Presidente Canzio che la consolle d’appello (uno dei progetti da finanziare, ndr) è indispensabile perché c’è un vincolo temporale e deve essere data una priorità pe via della scadenza. Ma si domanda che fine fa il giudizio d’appello, a livello nazionale se la Consolle non viene finanziata coi fondi di Expo”. Poi puntualizza che è scorretto “parlare di fondi Expo per il Tribunale di Milano, nel senso che sono fondi per la giustizia italiana e per tutti i Tribunali italiani”.

    Dalla mailing list delle toghe, arriva intanto la reazione stizzita di Enrico Consolandi, magistrato civile tra i più atttivi nella gestione dei fondi. “Oggi qualcuno dice che il problema è la scelta del contraente – scrive –  distogliendo così le forze da quelli che sono i veri obbiettivi che sono quelli di potere ottenere risorse per lavorare”. Ma come vengono scelti i contraenti? Che rapporto c’era tra la Camera di Commercio, beneficiaria di strane convenzioni, e il Tribunale? E quali sono gli esiti di questa selezione? Questa è la vera domanda che si pone chi col naso all’insù vede tutti i giorni i monitor spenti che dovevano servire a orientare il cittadino e oggi lo lasciano ancor più smarrito.

    (manuela d’alessandro)

    Il sito del Tribunale coi soldi di Expo che si spegne nel week end

    Il Garante toglie il monopolio del Pct alla società che se l’è preso coi soldi di Expo

    I monitor di Expo al passo carraio

    Il Pct? Più lento di quello cartaceo

     

  • Giudici convocati “con urgenza” dal presidente Bichi per discutere sugli appalti Expo

    Domani dalle 13 i processi del Tribunale di Milano rischiano di fermarsi perché i giudici si riuniranno   “con urgenza” per discutere della scioccante relazione Anac sugli appalti Expo per la giustizia milanese di cui questo sito aveva dato conto per primo due anni e mezzo fa.

    A convocare la riunione con una lettera dai toni drammatici inviata a tutti i giudici è il presidente del Tribunale Roberto Bichi.

    “Considerato il grave negativo riflesso derivante sull’immagine e sull’attività stessa del Tribunale – scrive Bichi – ritengo necessario convocare con urgenza una riunione dei presidenti di sezione, in primo luogo per informarvi delle circostanze a mia conoscenza e, inoltre, al fine di valutare eventuali iniziative”.

    “I magistrati sono convocati nell’aula della presidenza della prima sezione civile e – questo è il passaggio della missiva di Bichi che colpisce di più – in considerazione dell’importanza dell’argomento sottolineo la necessità della presenza di tutti, eventualmente anche con sospensione dell’udienza“.

    Stando a quanto emerge dalle carte in nostro possesso, Bichi non ha avuto nessun ruolo nella sciagurata assegnazione dei 16 milioni di fondi Expo destinati alla giustizia milanese. All’epoca era però il vicario del presidente Livia Pomodoro, di cui ha preso il posto quando è andata in pensione, e forse con questa iniziativa vuole prendere le distanze da chi l’ha preceduto.

    La lettera esprime con palpitazione il momento delicatissimo della giustizia milanese dopo l’esposto dell’Anac di Raffaele Cantone su presunte irregolarità in almeno 18 delle 72 procedure d’appalti del Tribunale milanese per un valore di 8 milioni di euro (su 16) di fondi governativi stanziati per l’Expo e distribuiti dal Comune di Milano per l’informatizzazione della giustizia. Nel dossier dell’Anac  vengono espresse perplessità sull’operato di diversi magistrati, tra cui Pomdoro e l’ex presidente dei gip Claudio Castelli, ora presidente della Corte d’Appello di Brescia.

    Ieri, la Procura ha avviato un’indagine ‘a modello 44’ a carico di ignoti sulla base dell’esposto dell’Anac con l’ipotesi di turbativa d’asta. Inchiesta che ben difficilmente resterebbe a Milano visto il presunto coinvolgimento di toghe meneghine.   I fatti risalgono a un periodo compreso tra il 2010 e il 2015. Giustiziami, ‘Il Giornale’ e il ‘Fatto’ ne avevano dato abbondantemente conto due anni e mezzo fa. Perché l’Anac arriva solo ora? E i magistrati avranno il coraggio di indagare su loro stessi?

    (manuela d’alessandro)

  • Falcone e Borsellino accendono i monitor di Expo per un giorno

    Finalmente è successo! I monitor pagati coi soldi di Expo, non funzionanti da 3 anni, hanno un sussulto di vita. Sui quasi 200 schermi sparpagliati per tutto il Tribunale e comprati nell’ambito di un appalto complessivo da circa 2 milioni di euro si alternano le immagini  di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e altri caduti per mano di Cosa Nostra, accompagnate da loro frasi celebri.

    Iniziativa lodevole promossa dal procuratore Francesco Greco  perché ricorda gli eroici magistrati nel giorno del 25esimo anniversario delle stragi di via Capaci e via D’Amelio anche se si poteva fare uno sforzo di creatività in più.

    Immagini e frasi sono firmate da Fanpage, seguitissima testata giornalistica online che fa dei social network la sua forza proponendo spesso gallery come quella che ora è visibile sugli schermi.

    I monitor, al centro da febbraio anche degli accertamenti dell’Anac, si erano animati solo nel gennaio 2015 per la propaganda di Anm contro la possibilità che il Governo introducesse per i magistrati la responsabilità civile. Per il resto diiffondono in modo ossessivo e beffardo la scritta ‘udienza facile’ dal momento che dovrebbero servire a orientare i cittadini nel dedalo giudiziario fornendo indicazioni utili su data, luogo e giudici delle udienze. E spenti da domani torneranno. Ma onore a Falcone, che dai suoi colleghi prese solo schiaffi, e a Borsellino, riusciti nella straordinaria impresa di restiturgli un senso.  (manuela d’alessandro)

     

     

     

     

     

     

  • Il ‘busto’ per il mal di schiena dell’avvocato blocca il processo a Maroni

     

    Al processo a Roberto Maroni hanno tutti mal di schiena. A cominciare dal suo avvocato, Domenico Aiello, che ha chiesto e ottenuto il rinvio dell’udienza di oggi per un dolore così tremendo da costringerlo a indossare un busto.

    Legittimo impedimento, nessuno ha fiatato sul punto: né i giudici i quali hanno preso atto del certificato del medico chirurgo “che attesta l’impossibilità assoluta” del legale a essere in aula, né il pm Eugenio Fusco, noto per il suo fair play. Eppure una lieve insofferenza sia da parte del  Tribunale che del pubblico ministero non è sfuggita visto che questo è l’ennesimo intoppo a un processo partito il primo dicembre 2015 il cui esito potrebbe essere fatale a Maroni. Se il Tribunale dovesse condannarlo per le presunte pressioni illecite per far ottenere un lavoro e un contratto a Tokyo a due sue ex collaboratrici, il Governatore verrebbe sospeso per effetto della legge Severino.

    Ma torniamo ai ‘coming out’ delle parti sul male che affligge chi sta chino sui codici.

    Ecco il pm Fusco: “Io di mal di schiena me ne intendo. Vado spesso in udienza col bustino e anche a questo processo ci sono sono venuto due volte”. E il presidente del collegio Maria Teresa Guadagnino: “Al di là della schiena, che abbiamo tutti mal di schiena, è un peccato annullare  l’udienza. Sono malattie che non si curano come l’influenza, quindi forse, dal punto di vista deontologico, bisognerebbe attrezzarsi per mandare un sostituto processuale”.

    Questo di oggi è il secondo impedimento chiesto e ottenuto da Aiello per malattia dopo quello della scorsa udienza del 16 marzo. La sensazione è che il Governatore non abbia nessuna fretta di arrivare al traguardo prima della fine naturale della legislatura nel 2018.  La condanna nel frattempo  inflitta in primo grado all’allora dg di Expo Christian Malangone nel processo col rito abbreviato per la stessa vicenda ha preoccupato Maroni, forse pentito di avere chiesto in precedenza il giudizio immediato. Anche perché nelle motivazioni si parlava di viaggio a Tokyo “per il piacere del Presidente” con riferimento alla sua presunta “relazione affettiva” con Maria Grazia Paturzo (non indagata).

    Dopo di allora sono arrivati rinvii per la partecipazione del Governatore a un convegno sulla ludopatia e alle elezioni  a Varese e per l’adesione all’astensione degli avvocati di Aiello. In mezzo, alte dosi di nervosismo ogni volta che in aula si è discusso sul calendario. (manuela d’alessandro)

  • NoExpo, in appello per la devastazione è flop totale

    Al processo d’appello per i fatti del primo maggio 2015 c’è il flop totale dell’accusa di devastazione e saccheggio con l’assoluzione dell’unico imputato condannato in primo grado a 3 anni e 8 mesi. I giudici d’appello hanno deciso per lui una pena di 2 anni e 4 mesi per resistenza aggravata tagliando appunto il reato più grave, già caduto per gli altri tre nel primo processo.

    La procura di Milano aveva impugnato la sentenza del Tribunale e la procura generale aveva sollecitato tre condanne. L’accusa invece torna a casa con le pive nel sacco. Non c’è prova delle responsabilità nella devastazione degli imputati che finirono in carcere a ottobre del 2015, a 5 mesi dagli incidenti relativi alla manifestazione  nel giorno di inaugurazione di Expo. Scattavano le manette nonostante il tempo trascorso e l’assenza di manifestazione successive deponessero più a favore dell’assenza di esigenze cautelari che della loro sussistenza.

    La “giustizia” decideva di presentare il conto per le proteste contro l’evento che aveva visto compatto il sistema paese e il partito degli affari, dopo che il 2 maggio la giunta Pisapia, novella maggioranza silenziosa, organizzava il popolo delle spugnette per ripulire i muri dalle scritte. E così sparì pure “Carlo Giuliani vive”. Avvocato di parte civile per la famiglia del giovane ucciso? Pisapia. Ironia della sorte.

    La procura che aveva impugnato la sentenza sui NoExpo è quella della moratoria sugli appalti, l’ufficio inquirente ringraziato da Renzi “per il senso di responsabilità istituzionale”. Cioè per aver violato l’obbligatorietà dell’azione penale. Due pesi due misure come del resto nella tradizione del palazzo che su simbolo della grande farsa di Mani Pulite. (frank cimini)

     

  • Fondi Expo per monitor e giustizia: gaffe di Sala, sono venuti in Comune? Ah….

    “Sindaco, cosa ne pensa delle acquisizioni della Guardia di Finanza sull’utilizzo dei fondi Expo per la giustizia  milanese?”. Risposta: “E’ una cosa che non ci riguarda, non sono venuti da noi”. “Veramente si, l’Anac ha mandato la Finanza in Comune e in Tribunale..”. Sguardo smarrito: “Ah…”.

    A Beppe Sala questa storia dei 16 milioni di euro spesi in nome di Expo con criteri poco chiari non riesce a conficcarsi nella mente. Sappiamo che il nostro sindaco, riconosciuto manager di alto livello, non ha una memoria prodigiosa, vedi proprietà non dichiarate e presunti verbali falsi di cui non ricorda l’esistenza.

    Per la seconda volta, il primo cittadino viene in Tribunale per testimoniare al processo a carico di Roberto Maroni e, data la sua affabilità, lo interroghiamo di nuovo sui monitor di Expo, sempre implacabilmente non funzionanti. L’altra volta, prima che si accendesse l’interesse di Cantone, era sembrato alieno al dossier. “A cosa servono questi schermi con la scritta ‘udienza facile”?, ci aveva domandato per poi essere attraversato da un bagliore di memoria: “Ah, sono quelli della Pomodoro…(Livia, ex presidente del Tribunale)”.

    Stavolta avrebbe dovuto essere un po’ più informato visto che la Finanza ha fatto messe di documenti proprio a Palazzo Marino il 9 febbraio scorso. Ma forse sono andati in uffici lontani dal suo. Lui, all’epoca, era commissario di Expo.

    (manuela d’alessandro)

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  • L’accanimento degno di miglior causa della Procura contro i no Expo

     

    Le denunce dei proprietari delle auto danneggiate durante gli incidenti del primo maggio 2015 non riportano i  numeri civici di fronte ai quali erano parcheggiate. Le macchine erano sì in via Carducci ma nel tratto successivo a largo d’Ancona dove la sosta è consentita. Il pm invece colloca le auto nel tratto precedente al piazzale, “in modo del tutto arbitrario” secondo le difese dei manifestanti, tre dei quali assolti in primo grado dall’accusa di devastazione e saccheggio e che mercoledì prossimo saranno processati in appello perché la procura ha fatto ricorso.

    Una dedizione degna di miglior causa, un accanimento vero e proprio, soprattutto considerando che stiamo parlando delle iniziative della procura nota per la moratoria delle indagini sugli appalti di Expo, provata oltre ogni ragionevole dubbio dai ringraziamenti dell’allora premier Matteo Renzi ai signori del quarto piano coordinati e diretti a quel tempo da Edmondo Bruti Liberati.

    Un’altra “perla” dell’accusa, citata nella memoria difensiva, sta nel passaggio in cui la procura ha definito “inaccettabile” l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui la maschera antigas è uno strumento di precauzione a fronte di paventati disordini.

    Del resto sempre la procura aveva collegato agli imputati un volantino anonimo fotografato nelle mani dei manifestanti e contenente istruzioni in caso di una ipotetica azione della polizia. Insomma per la procura azioni come “indietreggiare lentamente e ordinatamente”, “aiutare chi viene ferito, chi cade, chi ha problemi di respirazione o chi viene fermato” consisterebbero in suggerimenti a commettere il reato di resistenza. Sarebbe “inaccettabile” pure “la previsione di un’assistenza legale in caso di arresto o fermo”.

    La procura sta facendo di tutto per ribaltare le assoluzioni e ottenere le condanne per devastazione e saccheggio. In primo grado l’accusa aveva chiesto 6 anni di reclusione. Un solo imputato era stato condannato per il reato più grave a 3 anni e 8 mesi. La procura non ha impugnato il quantum della pena perché all’accusa interessa soprattutto il principio, in materia di concorso morale nella devastazione.

    La sentenza della settimana prossima in caso di esito favorevole per l’accusa porterà alle prossime mosse. Ci sarà la richiesta di processare i 5 anarchici greci per i quali Atene ha rigettato l’estradizione perché la corte d’appello ha spiegato che da quelle parti la responsabilità penale è personale e mai collettiva dal momento che non erano indicati nel capo di imputazione comportamenti specifici.

    Insomma è questa l’altra faccia della moratoria sui reati dei colletti bianchi che tra l’altro ha consentito a Beppe Sala tra tragicomiche archiviazioni e indagini non fatte di diventare sindaco di Milano. Il tutto a tutela del cosiddetto sistema-paese, cioè del partito degli affari e dell’evento che non poteva non essere celebrato. Il controllo di legalità non ci fu “perché bisognava fare in fretta, non c’era tempo”. Come si può notare siamo di fronte a spiegazioni e concetti “altamente giuridici”. L’obbligatorietà dell’azione penale è stata mandata a farsi benedire perché serve solo per fare ammuina nei convegni e nei comunicati dell’Anm. Per tutto il resto c’è sempre la giustizia di classe perché le pietre contro le vetrine delle banche sono molto più pericolose dell’abbuffata di Expo alla quale ha partecipato quantomeno a livello di scambi di potere anche la magistratura. (frank cimini)

  • Expo, il gip: ecco perché dico sì alla proroga delle indagini su Sala

    “Si tratta di una notizia di reato che ha reso particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità dei fatti tra loro collegati (appalti Expo) e per il considerevole numero di persone indagate”. Questo scrive il gip Lucio Marcantonio nell’ordinanza con cui proroga di sei mesi le indagini sulla cosiddetta “piastra dei servizi” di Expo che coinvolgono dal 15 novembre scorso anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala dopo che la procura generale aveva avocato il fascicolo non condividendo la richiesta di archiviazione della procura in seguito al rigetto da parte del gip Andrea Ghinetti.

    Per Giuseppe Sala e Paolo Pizzarotti si tratta della prima proroga di indagine, ricorda il gip Marcantonio, mentre per altri cinque indagati, Piergiorgio Baita, Antonio Acerbo, Angelo Paris, Erasmo Cinque e Ottaviano Cinque ci si trova comunque all’interno del limite massimo consentito di 2 anni delle indagini preliminari.

    Il sindaco Sala è indagato per concorso in falso ideologico e materiale in relazione alla sostituzione di due componenti la commissione aggiudicatrice con verbale del 30 maggio 2012. L’accusa fa riferimento a fatti avvenuti quando Sala era amministratore delegato di Expo. Il sindaco in un’intervista rilasciata dopo aver saputo dell’indagine a suo carico spiegava di “non ricordare cosa accadde quel giorno”.

    Il sostituto procuratore generale Felice Isnardi ha tempo di svolgere ulteriori indagini fino al 10 giugno, anche se in teoria in riferimento alla posizione di Sala sarà possibile chiedere all’ufficio gip altre proroghe. Con ogni probabilità però la definizione, richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio, arriverà entro il mese di maggio soprattutto perchè Isnardi al compimento dei 70 anni andrà in pensione.

    Isnardi in pratica sta facendo almeno una parte del lavoro che la procura non volle fare a causa della scelta relativa alla “moratoria” sulle indagini in modo da non ostacolare la celebrazione dell’evento Expo.  Una “moratoria”, ricordiamo, in pratica confermata dall’allora premier Matteo Renzi che in ben due occasioni inserì tra i “successi” di Expo “il senso di responsabilità istituzionale della procura”.

    Sala, tra l’altro, fu indagato e archiviato senza nemmeno il disturbo di essere sentito, in riferimento all’accusa di abuso d’ufficio per l’assegnazione a Oscar Farinetti di appalti della ristorazione senza gara pubblica. “Favorì Farinetti ma non c’è prova che ne avesse l’intenzione” fu la tesi della procura sposata dal giudice, lo stesso che in altra veste per i fondi di Expo giustizia contribuì alla scelta di evitare gare pubbliche. Insomma tutto si tiene e lor signori in toga se la cantano e se la suonano (fank cimini)

    Ordinanza proroga indagini Sala

  • Sala fa la vittima sulla notizia dell’indagine ma le cose non sono come le racconta

    Metà del messaggio postato su Facebook in cui Giuseppe Sala annuncia di voler tornare a fare il sindaco è dedicata al suo “stupore” nell’aver appreso dalla stampa di essere indagato. “Giovedì sera nessuna comunicazione ufficiale al riguardo mi era stata fatta, nessun avviso di garanzia mi era stato notificato (…). Mi direte, non è certo la prima volta. Vero, ciò nondimenno dobbiamo tutti insieme fare uno sforzo per non considerare la cosa ‘normale’. Non lo è se riguarda un cittadino e non lo è se riguarda il sindaco di Milano”.

    Questa versione del sindaco sembrerebbe prefigurare una clamorosa violazione del segreto istruttorio a suo danno, con la ‘soffiata’ di una irrispettosa procura generale al cronista di turno. La realtà è ben diversa.

    Giovedì sera, la magistratura ha notificato una mail con la richiesta di proroga dell’indagine sulla Piastra di Expo all’avvocato d’ufficio Luana Battista. E’ quello che accade al qualsiasi “cittadino” da lui evocato che non ha già un legale perché non è mai stato coinvolto in quell’inchiesta. Sala dimentica di raccontare che ha saputo dai giornali di essere accusato per la presunta falsificazione di due verbali solo perché l’avvocato d’ufficio non ha aperto la sua posta elettronica, come da lei candidamente ammesso (“Non c’erano nomi noti nella prima pagina, sembrava una nomina come le altre”). Nel frattempo, i giornalisti hanno dato risalto a un atto non più segreto in quanto (in teoria) già conosciuto dall’indagato.

    Forse al sindaco da’ fastidio aver saputo troppo tardi che l’accusa a suo carico era ‘solo’ quella di falso.  Quando sono uscite le prime notizie, racconta chi è gli è stato vicino, il suo timore era di essere accusato di turbativa d’asta, il reato attorno a cui ruota l’inchiesta sul più ricco appalto di Expo. Di qui il tono infastidito verso stampa e Procura Generale: se avesse saputo che doveva rispondere ‘solo’ di avere retrodato dei verbali non si sarebbe cacciato nel limbo scivoloso dell’autosospensione. (manuela d’alessandro)

  • Con Sala indagato si svela definitivamente la moratoria di Expo

     

    Chissà, magari Beppe Sala, il ‘sindaco della procura‘, ha provato a prendersi la palma del peggiore in questa storia di malagiustizia, inventandosi l’autospensione che tecnicamente esiste ma politicamente assomiglia molto a una pagliacciata. Ha provato ma non ci è riuscito, perché è fuor di dubbio che quella palma appartiene alla procura di Milano (non ai pm Robledo, Filippini, Pellicano e Polizzi che ci ‘provarono’), alla moratoria delle indagini su Expo che adesso con anni di ritardo per sei mesi cercherà di fare la procura generale dopo aver avocato il fascicolo.

    Sala poteva restare al suo posto perché è un semplice indagato dopo essere stato archiviato per l’assegnazione a Oscar Farinetti senza gara pubblica oppure poteva dimettersi. Invece si è autosospeso dopo aver saputo di dover rispondere di concorso in falso materiale e ideologico, la retrodatazione del cambio di due componenti della commissione aggiudicatrice sulla piastra. Non è una quisquilia si parla di verbali di riunione falsificati.

    Milano rischia di tornare al voto in primavera, pagando un prezzo salato alla celebrazione costi quel che costi di Expo. C’era fretta, non si potevano rispettare le regole, non c’era tempo. La stessa spiegazione fornita per l’affaire Farinetti. Con la procura di Milano che aderisce e di fatto copre. Ma la magistratura copre anche se stessa perché per i fondi di Expo giustizia non era stata indetta la gara pubblica e tutti possono ammirare da anni gli inutili schermi appesi per tutto il Palazzo acquistati con quei fondi.

    Fin qui era andata bene alla procura e a Sala diventato sindaco di Milano perché le indagini non erano state approfondite. Non tutte le ciambelle riescono con il buco. Si mettevano di mezzo un gip che rigettava l’archiviazione per la piastra e la procura generale che avocava. I boatos del palazzo riferiscono che dietro ci sarebbe anche una storia di correnti in lotta tra loro. Quelle correnti che al Csm fanno da sempre il bello e il cattivo tempo. E del resto il Csm rifiutò di aprire una pratica al fine di verificare l’esistenza o meno della moratoria della quale questo umile blog aveva iniziato a parlare nell’aprile del 2015, molto tempo prima dell’inaugurazione di Expo. Una voce nel deserto. Adesso la moratoria è sempre più chiara. Matteo Renzi da premier ringraziò due volte l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati per il senso di responsabilità istituzionale inserito tra le ragioni del sucesso di Expo.

    Comunque sia si indaga sia pure con ritardo e va considerato pure che a maggio Felice Isnardi il sostituto procuratore generale titolare del fascicolo compirà 70 anni e andrà in pensione. Magari prima di andare potrebbe anche convocare come testimone Renzi per chiedergli: “Scusi a che cosa si riferiva esattamente?”. (frank cimini e manuela d’alessandro)

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  • Bruti-Robledo, nuova memoria dell’ex aggiunto al consiglio giudiziario

    “E’ mio convincimento che i comportamenti del procuratore Bruti abbiano avuto origine dal mio netto rifiuto di recepire indicazioni di corrente da parte sua o di chiunque altro che avrebbero dovuto prevalere sui doveri istituzionali”. E’ uno dei passaggi dell’ultima memoria depositata dall’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo al consiglio giudiziario dove continua la “guerra” con l’ex procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, ora in pensione.

    Robledo, nel frattempo trasferito come giudice a Torino, attende la formulazione del parere del Csm locale sul mantenimento dell’incarico di aggiunto che il magistrato potrebbe assumere nel capoluogo piemontese. Robledo sostiene che le deleghe a coordinare le indagini sulla corruzione e in particolare su Expo gli vennero sottratte in modo illegittimo da Bruti il quale utilizzò un provvedimento formalmente organizzativo per risolvere il conflitto interno alla procura.

    Nella memoria al consiglio giudiziario Robledo ricorda il parere prima positivo poi modificato in negativo sul suo operato da parte dell’aggiunto Pietro Forno su indicazione di Bruti. Un’altra lamentala dell’ex aggiunto milanese riguarda il fascicolo Sea, “dimenticato” per sei mesi in un cassetto e assegnato al suo dipartimento solo quando era ormai impossibile svolgere indagini in modo appropriato e penetrante. “Bruti mi prospettò un criterio di assegnazione riferito all’interesse di un magistrato che trovai del tutto improprio” aggiunge Robledo che infine torna sul ruolo recitato nella vicenda dal pm Eugenio Fusco.

    Fusco fa parte attualmente del consiglio giudiziario e Robledo lo chiama in causa per i rapporti con l’avvocato Domenico Aiello, lo stesso legale che fu all’origine per una serie di sms del suo trasferimento a Torino. “Io ho subìto un procedimento disciplinare, Fusco no” è il succo del ragionamento di Robledo.

    Insomma la guerra sembra proprio senza fine. In sostanza il pomo della discordia è costituito dalle indagini mancate su Expo. E lo scontro davanti al Csm locale ha una sua importanza perché la procura generale dopo aver avocato l’inchiesta sulla “piastra” l’appalto più importante dell’esposizione ha chiesto al gip di indagare per altri sei mesi. Il pg Felice Isnardi dunque cerca oltre due anni dopo di rimediare a quella moratoria decisa proprio da Bruti che per questo venne ringraziato due volte dall’allora premier Matteo Renzi. “Senso di responsabilità istituzionale della procura” furono le parole di Renzi. E Robledo si ritiene “vittima” di quella moratoria. Anzi afferma anche nella memoria al consiglio giudiziario che il capo della procura violò i comportamenti istituzionali di un magistrato inquirente. In parole povere anche il termine “istituzionale” può avere interpretazioni diverse. Probabilmente perchè la legge per gli avversari si applica e per gli amici si interpreta. (frank cimini)

     

  • Sulla piastra Expo il pg vuole indagare ancora 6 mesi

    Con ogni probabilità il sostituto procuratore generale Felice Isnardi chiederà altri sei mesi per indagare sulla “piastra”, l’appalto targato Expo da 272 milioni di euro vinto con un ribasso del 42 per cento dalla Mantovani. La notizia, anticipata dal ‘Fatto Quotidano’, viene confermata oggi in ambienti giudiziari. Evidentemente i 30 giorni decisi dal gip dopo l’avocazione del fascicolo da parte della procura generale non possono bastare per accertare che cosa accadde veramente. Insomma c’è ancora lavoro da fare. Quello che la mitica procura di Milano allora guidata da Bruti Liberati non fece. “Non c’era tempo per la verifica di congruità” fu la spiegazione di Expo alla quale i pm aderirono nella sostanza e non è stato l’unico episodio del genere.

    Era accaduto pure per la mancata gara pubblica in relazione a due padiglioni della ristorazione, assegnata a Oscar Farinetti. Ci fu un’indagine lampo sul numero uno dell’evento Beppe Sala, nemmeno interrogato, e archiviazione dell’accusa di abuso d’ufficio. “Sala favorì Farinetti ma non è provato che ne avesse l’intenzione”, la tesi della procura nel paese in cui amministratori pubblici sono condannati per molto meno sposata dal giudice, lo stesso che per i fondi di Expo giustizia si affidò ad aziende che avevano consuetudine con l’amministrazione, “ditte amiche”, senza una gara pubblica. Insomma Expo doveva essere fatta e poche chiacchiere. In occasione di eventi speciali la legalità diventa un optional e il diritto si storce. Con il timbro dei magistrati.

    Eccolo spiegato il successo di Expo. Bastano le parole con cui per due volte Renzi ringraziò l’allora procuratore Bruti Liberati: “senso di responsabilità istituzionale”.

    Su Expo si consumò la guerra interna alla procura tra Bruti e l’aggiunto Alfredo Robledo, prima allontanato dagli interrogatori e poi trasferito a Torino dal Csm. Adesso a più di due anni di distanza è la procura generale a cercare la verità che alla procura per ragion di stato non interessava. Non è detto che ci riesca, ma l’affare intanto si ingrossa (frank cimini)

  • Un mese per le nuove indagini sulla Piastra di Expo e ora Sala potrebbe essere convocato

     

    La Procura Generale di Milano avrà un mese di tempo per effettuare nuove indagini sul più grosso appalto di Expo, quello sulla ‘Piastra’, ossia l’ossatura architettonica dove poi sarebbe sorta l’Esposizione Universale. Un’inchiesta che ‘rivive’ dopo che il pg Felice Isnardi ha avocato il fascicolo ai pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi e ha  chiesto e ottenuto nell’udienza di stamattina dal gip Andrea Ghinetti la revoca della richiesta di archiviazione. Revoca concessa  dal gip senza nemmeno dare la parola ai legali dei 5 indagati perché così prevede la legge. A questo punto, Isnardi avrà trenta giorni, termine anche questo sancito dal codice, per effettuare, come ha spiegato al giudice, ulteriori “approfondimenti investigativi” sulla gara che la società Mantovani nel 2012 vinse con un ribasso del 42 per cento sulla base d’asta.

    I tre pubblici ministeri, che avevano condotto le indagini all’epoca nel pieno dello scontro in Procura tra l’allora procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il capo del pool anti- corruzione Alfredo Robledo, avevano chiesto l’archiviazione nelle settimane scorse perché “nonostante gli sforzi investigativi” non era stata “provata l’esistenza di tangenti” ma erano emerse “numerose anomalie e irregolarità amministrative”. Robledo, all’epoca della sanguinosa guerra con Bruti finita davanti al Csm e col suo trasferimento a Torino, aveva sostenuto che non era stata data a lui e ai tre pm la possibilità di indagare a fondo sulla Piastra. Tanto che, a un certo punto, l’indagine gli venne sottratta dallo stesso Bruti con la creazione della famosa ‘Area Omogenea Expo’.

    Gli indagati sono 5: gli ex manager di Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, e gli imprenditori Erasmo e Ottaviano Cinque.”Letta la richiesta di archiviazione – ha commentato l’avvocato Federico Cecconi, legale di Acerbo – non mi stupisco che si chieda un supplemento di indagini”.  Non è escluso che il pg convochi nei prossimi giorni l’allora commissario di Expo e attuale sindaco di Milano Giuseppe Sala (mai indagato). Agli atti ci sono le dichiarazioni dall’ex capo di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni: “Sono andato da Sala e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orrientamento perché non avevano tempo per accertare la congruità dei prezzi che erano stati stabiliti dalla Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti, Expo in questo caso, possono ma non sono obbligate a valutare la congruità delle offerte che appaiono basse in modo anomalo. Alla domanda se avesse intenzione di convocare il sindaco, il pg Isnardi, magistrato di lungo corso autore delle prime indagini sui Ligresti, si è limitato a rispondere: “Non lo so”. Ma forse, a Expo lontano, è arrivato il momento di chiedere a Sala cosa accadde attorno a quel goloso appalto.  (manuela d’alessandro)

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  • Il sindaco – commissario che fa le gare di fretta e gli appalti spartiti: l’altra Milano negli atti sulla ‘Piastra’

     

    Milano, quante parole dolci per te in questi mesi. Città prima in tutto, prima anche ad alzare la mano per dire che sei la più brava. Città lodata ogni giorno dai media col cappello abbassato. Eccoti negli atti di una delle tante indagini su Expo soffocate dalla moratoria, quella sull’appalto della Piastra, il luogo dove sono stati deposti i padiglioni, sì, i padiglioni dei paesi di tutto il mondo, quelli che la Procura di Reggio Calabria (non di Milano) sostiene essere stati costruiti con l’aiuto della ‘ndrangheta. Ti riconosci?

    “COME SI SPARTISCONO GLI APPALTI A MILANO”

    “Cinque (imprenditore indagato, ndr) mi disse che Milano non era una piazza semplice, ma assai chiusa per la presenza di un sistema spartitorio degli appalti”. A metterlo a verbale il 25 maggio 2015 è l’imprenditore Piergiorgio Baita, indagato perché, questa è l’ipotesi dei pm,avrebbe contribuito a truccare la gara più importante di Expo, quella per la ‘Piastra,’ vinta dalla Mantovani Costruzioni, di cui era ad, con un ribasso del 42 per cento. “Nel senso – precisa – che vi era una spartizione di massima con riguardo al settore della Sanità e del settore delle Infrastrutture e costruzione di grandi Opere; il primo settore, controllato dal sistema della Compagnia delle Opere, il secondo dal gruppo delle grandi Imprese nazionali di costruttori, con prevalenza di quelle milanesi. Mi disse anche – aggiunge – che in questo sistema lui aveva la possibilità di essere tutelato grazie ai rapporti che negli anni precedenti aveva instaurato con due società chiave nela gestione degli investimenti infrastrutturali in Lombardia, ossia Ilspa e Serravalle. In particolare – conclude – egli poteva godere di ottimi rapporti con l’amministratore di Ilspa Antonio Rognoni (pure tra gli indagati) per il quale presso il Ministero delle Infrastrutture del tempo si stava adoperando per la sua nomina a direttore generale dell’Anas”.

    I MANAGER (E IL FUTURO SINDACO) CHE VANNO TROPPO DI FRETTA

    “Ottenuto l’appalto ed evitata la verifica di congruità dell’offerta per ragioni di urgenza – si legge nella richiesta di archiviazione della Procura  presentata al gip che l’ha respinta fissando un’udienza al 9 novembre  –  l’unico interesse dei manager di Expo, constatato il ritardo sul crono programma, appare quello di concludere i lavori entro aprile 205, termine assolutamente indifferibile”. “Dichiarato tale obbiettivo – proseguono i pm – si è arretrata la soglia della legittimità dell’agire amministrativo, accedendo a una deregulation dettata dall’emergenza. L’offerta con un ribasso del 42% rispetto al prezzo di gara, in forza della quale la Mantovani si è aggiudicata l’appalto, è stata ampiamente modificata nei costi e nelle originarie obbligazioni contrattuali, consentendo all’appaltatore di entrare in una anomala trattativa al rialzo con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori in corso, la cancellazione dell’Evento e la credibilità del Paese”. E tra chi va veloce, c’è anche il futuro sindaco  Giuseppe Sala, non indagato in questa vicenda. Sentite Antonio Rognoni, l’ex grande capo di Infrastrutture Lombarde, poi arrestato: “”Sono andato da Sala  e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orientamento perché non avevano tempo per poter congruire i prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”.  A suo riscontro, le affermazioni del responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa: “”Proposi alla stazione appaltante di non fare la verifica di congruità nelle persone di Paris (Angelo Paris, allora ‘braccio destro’ di Sala, poi arrestato) e Sala le quali hanno accolto la proposta alla luce delle mie motivazioni”. Sempre Chiesa e Rognoni spiegano che si era deciso in Expo di non fare verifiche di congruità  qualora vi fossero offerte molto al ‘ribasso’, come quella presentata dalla Mantovani, per motivi di tempo. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti “possono”, ma non devono, valutare la congruità di offerte che appaiono “anormalmente” basse.  Dove è la Milano puntigliosa contro la Roma crapulona? E dove sarebbe se su questa indagine che ora un gip cerca di rianimare (ma sembra tardi) non fosse intervenuta la “sensibilità istituzionale” di cui Matteo Renzi ha ringraziato i vertici della Procura?

    (Manuela D’Alessandro)


  • Per Sala moratoria Expo senza fine, nuova archiviazione sulle case non dichiarate

     

    Peppino Sala nell’autocertificazione richiesta ai titolari di cariche pubbliche aveva indicato un terreno a Zoagli ma non i due immobili costruiti, e nemmeno due motocicli, una casa in Svizzera e le quote di una società in Romania, ma questo non gli costerà un processo per falso ideologico. Perché la procura di Milano ha chiesto di archiviare l’accusa in quanto si tratterebbe solo di informazioni incomplete. Non ci sarebbe stata alcuna alterazione della realtà. Nel caso il gip dovesse accogliere la richiesta dei pm Sala sarebbe fuori dai guai per la seconda volta. Una sorta di sindaco della procura.

    Era già caduta infatti l’accusa di abuso in atti d’ufficio in relazione all’affidamento a Oscar Farinetti di due padiglioni per la ristorazione di Expo senza indire gara pubblica. Il gip su richiesta conforme della mitica procura di Milano decise che Sala favorì Farinetti ma non c’era la prova che ne avesse l’intenzione. Una motivazione tragicomica, come del resto appare quella degli immobili di Zoagli.

    Insomma la moratoria su Expo appare senza limiti e si protrae nel tempo, anche adesso l’evento è finito da tempo. Expo non si tocca. Del resto per il “successo” dell’esposizione Renzi aveva ringraziato in ben due occasioni la procura allora di Bruti Liberati parlando di “responsabilità istituzionale”. Adesso al posto di Bruti c’è Francesco Greco, già nel ‘cerchio magico’ dell’allora procuratore capo. E non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Expo e i suoi uomini, Sala in testa, sembrano godere di una sorta di impunità. Il proscioglimento in relazione all’affare Farinetti fu sicuramente più grave. Ricordiamo però che venne firmato da un giudice il quale sui fondi Expo giustizia si era comportato come Sala contribuendo a distribuirli senza gare pubbliche.

    Quantomeno a livello di scambi di potere Expo è stato un banchetto dove hanno mangiato tutti, anche i magistrati. Per questo la verità non la sapremo mai. Tutto a difesa del sistema paese, cioè la patria degli affari. E la chiamano pure legalità. (frank cimini)

  • Le gravi ‘dimenticanze’ di Fiera ed Expo sui controlli per mafia

    C’è una crepa nel muro di controlli che avrebbe dovuto proteggere Expo  dalla mafia. Eppure ieri Roberto Maroni aveva rassicurato tutti (si fa per dire, visti gli esiti dell’inchiesta): “Dalla Direzione investigativa antimafia arrivò il via libera per Dominus”.

    Invece ora si viene a sapere che Expo e Fiera ebbero un’amnesia fatale sulla società al centro dell’inchiesta che ha portato a 11 arresti a cui Nolostand spa, la controllata da Fiera spa ora commissariata, subappaltò i lavori per alcuni padiglioni.

    Da fonti giudiziarie apprendiamo che  il nulla osta non poteva essere dato per una ‘dimenticanza’ alla base dei controlli: Expo e Fiera non inserirono Dominus, amministrata di fatto da 2 degli arrestati sospettati di contiguità con la mafia, in Si.Prex, la piattaforma informatica delle imprese operanti in Expo 2015. Dominus sarebbe stata indicata solo in un generico elenco cartaceo inviato da Fiera spa alla Prefettura e, per conoscenza, alla Dia e all’Autorità Nazionale Anticorruzione, il 16 maggio 2014. La lista comprendeva 216 fornitori abituali della Fiera che potenzialmente avrebbero potuto essere utilizzati per i lavori in Expo e quindi da sottoporre alle verifiche dellla Dia ma anche della Prefettura e delle altre forze dell’ordine.

    Verifiche che però sarebbero scattate solo dopo l’inserimento di Dominus nella piattaforma Si. Prex. Un passaggio ‘saltato’ nonostante Dominus fosse diventata da ‘potenziale’ a concreta fornitrice di lavori per Expo, tanto da vedersi affidata la costruzione ddei padiglioni della Francia, della Guinea Equatoriale, del Qatar e persino la passerella calcata dai milioni di visitatori per accedere all’Esposizione Universale. (manuela d’alessandro)

    La lettera anonima sull’amministratore mafioso cestinata da Fiera Milano

     

  • La lettera anonima sull’”amministratore mafioso” cestinata in Fiera Milano

    Com’è possibile che una società leader mondiale negli allestimenti fieristici non si accorga di fare affari con due tizi sedicenti amministratori di un consorzio che  sono in realtà poco più di Totò e Nino Taranto alla prese con la vendita della fontana di Trevi? Per la Procura di Milano è potuto accadere per sciatteria, ma non ci sono reati (almeno per il momento).

    “Ora state facendo politica”, ha ammonito il fresco procuratore capo Francesco Greco i cronisti che insistevano durante la conferenza stampa sulle presunte responsabilità penali di Fiera Milano nel non accorgersi che la sua controllata Nolostand spa aveva affidato in violazione dei codici etici la costruzione dei padiglioni di Expo a Giuseppe Nastasi e Liborio Pace, arrestati  per associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali aggravata dalla finalità mafiosa. I due si presentavano come amministratori del consorzio Dominus ma sarebbe bastata una visura camerale per constatare che maneggiavano milioni di euro senza alcun titolo. I codici etici della Fiera prevedono che i contatti coi collaboratori esterni avvengano ” con la persona fisica o giuridica che rappresenta la parte”.

    Di Liborio Pace si poteva sapere che era stato imputato in un procedimento per mafia, concluso con la sua assoluzione. Ma ancor di più sconcerta quello che si sarebbe potuto sapere su Giuseppe Nastasi. Il 16 marzo  arriva in Fiera una lettera che viene cestinata in cui viene definito un “mafioso”. Ebbene: se vi arrivasse la soffiata che una persona a cui state affidando dei lavori per voi molto preziosi è un “mafioso” cosa fareste? Enrico Mantica, il direttore tecnico di Nolostand (non indagato), telefona a Nastasi e  lo informa che qualcuno va  raccontando che lui è un mafioso. Scrivono i giudici della sezione misure di prevenzione che hanno commissariato Nolostand:  “Nastasi e Mantica discutono della lettera anonima ricevuta dal dirigente di Fiera Milano (“è arrivata una lettera che poi quando passa gliela faccio vedere…”). Mantica appare a quel punto restio nel proseguire telefonicamente l’argomento (“No, eh, ci sono altre  cose che poi meglio che ne parliamo di…Quando può…meglio evitare di parlarne al telefono dai!’)”. I due poi effettivamente si incontrano e, stando a quanto racconta Nastasi a un’amica, Mantica non è apparso turbato dal contenuto della letttera anonima: “‘Mi ha detto stia sereno…e mi è apparso serenissimo, tranquillo’”.

    E così, chiosano i giudici, “per nulla scalfiti dal contenuto della lettera i rapporti tra Giuseppe Nastasi e i vertici operativi di Fiera Milano – Nolostand spa divengono sempre più fitti con il passare dei giorni, al fine di ottenere la proroga del contratto di servizi con Nolsotand spa per il triennio 2016 – 2018 (…)”. Nolostand è stata commissariata: la legge prevede che per questa misura non è necessario che l’azienda abbia commesso reati, basta solo che il libero esercizio di un’attività economica, a causa di una condotta dei sui dirigenti censurabile sul piano colposo, abbia l’effetto di agevolare persone indagate per gravi reati”.  (manuela d’alessandro)

    Il decreto che commissaria Nolostand

     

  • Sala batte il gemello Parisi…l’aiutino dei giudici

    Alla fine solo un milanese su due è andato a votare, ma Beppe Sala riesce a battere il gemello Stefano Parisi e diventa sindaco. Da Palazzo Marino controllerà il dopo Expo dopo essere stato il numero uno della gestione dell’evento del quale in verità non si conoscono ancora i conti veri, ma è uno di quei casi in cui il conflitto di interessi evidentemente non conta.

    Resta la gestione opaca (eufemismo) dell’evento universale intorno al quale aveva fatto quadrato il cosiddetto sistema paese sin dal giorno in cui in quel di Parigi Milano e l’Italia avevano sbaragliato la terribile armata di Smirne. Del sistema paese ha fatto parte integrante la magistratura con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale con cui ci ammorbano in convegni e comunicati stampa. Innanzitutto Sala ha potuto essere il candidato del centrosinistra perché magistrati e giudici hanno chiuso un occhio e l’altro pure sul favore che Sala nel settore ristorazione di Expo aveva fatto all’amico Oscar Farinetti. Nessuna gara pubblica, nessun abuso d’ufficio decise il gip su richiesta conforme della procura, nonostante nella tragicomica motivazione si ammettesse che mister Eataly fu favorito di fatto. Ma senza che ce ne fosse l’intenzione, furono le parole. Insomma c’era fretta, show must go on.

    Non c’era traccia di accordi sotterranei fu la tesi di pm e gip dimenticando che in tal caso l’accusa sarebbe stata di corruzione e non di abuso d’ufficio. Il giudice poi era uno di quelli che evitò le gare pubbliche per i fondi di Expo giustizia. Chi controlla i controllori non lo sapremo mai.

    Il centrosinistra era già stato beneficiato dal fascicolo sulla compravendita della Sea, dimenticato per 6 mesi in un cassetto della procura e ricomparso magicamente solo quando le indagini non si potevano più fare, scatenando la guerra interna all’ufficio inquirente in cui alla fine ha pagato l’anello debole il pm Robledo trasferito a Torino per lesa maestà dell’allora capo Bruti Liberati. In seguito partì la moratoria delle indagini sugli appalti Expo dove la ciliegina sulla torta è il proscioglimento di Sala senza nemmeno il disturbo di un interrogatorio. Il premier Renzi in ben due occasioni ringraziò Bruti Liberati “per la sensibilità istituzionale”. La legge per gli avversari si applica, per gli amici si interpreta. Nell’ex patria del diritto (frank cimini)

     

  • Le ombre del garante su chi ha avuto i fondi expo per la giustizia milanese e il pct

     

    Ora lo dice anche il garante della concorrenza e del mercato: i fondi Expo per informatizzare la giustizia milanese sono finiti senza gara a una società che ha messo in atto “condotte ostruzionistiche e discriminatorie” tali da spazzare via ogni possibile concorrenza. E chi glieli ha assegnati, e ne dovrebbe rispondere,  sono stati una parte della magistratura milanese, il Ministero della Giustizia e il Comune di Milano.

    Quello meneghino è solo un capitolo di una lunga ‘tirannide’ esercitata dalla corazzata bolognese Net Service su tutto il processo civile telematico (PCT). Finché un giorno,  siamo nell’ottobre 2015, a fuochi di Expo ancora accesi, qualcuno prova a ribellarsi. Un gruppo di imprese riunite sotto la sigla Assogestionali, che ritiene di avere le carte in regola ma non la possibilità di competere sul terreno della ‘giustizia 2.0’, si rivolge al garante. “Ci siamo resi conto che Net Service la fa da padrona in tutti i Tribunali italiani e volevamo capirne le ragioni – racconta l’avvocato Carlo Piana, autore dell’esposto – abbiamo anche chiesto invano al Comune di Milano i documenti sugli affidamenti diretti per i fondi Expo, poi trovati su Giustiziami. Che ci fossero questi soldi a disposizione era di dominio pubblico nell’ambiente, ma, come sempre per quanto riguarda il Pct, non c’è stata la possibilità di competere ad armi pari e sono andati a  Net Service attraverso affidamenti diretti. E sempre richiamandosi alla norma  del codice degli appalti per cui anche oltre i 40mila euro si può evitare la gara se viene individuato un solo operatore economico con le conoscenze tecniche richieste per aggiudicarsi il contratto”.

    Per il garante che ha avviato un’istruttoria la “strategia di Net Service impedisce l’accesso di altri produttori di software applicativi per il Pct sul mercato italiano”. ” Da un lato, questo ipotizzato abuso di posizione dominante si spiega col fatto che nel 2001 e 20012 la società ex Finemccanica si era aggiudicata le due gare ‘madri’  per la progettazione, realizzazione e gestione dell’infrastruttura centrale del Pct. Con in mano la mappa e l’architrave del Pct e delle sue continue evoluzioni, Net Service gioca d’anticipo anche sui software applicativi, traendo in inganno, ipotizza il garante, anche gli utilizzatori finali dei prodotti che la ritengono l’unica con certe competenze.

    Questo assolve chi ha assegnato i fondi Expo? Crediamo di no perché da magistrati abituati ad andare oltre le apparenze e a considerare spesso gli affidamenti diretti un’anticamera per le tangenti ci saremmo aspettati un controllo ben più rigoroso. Per esempio, se  Net Service meritava davvero di ricevere con affidamento 631 mila euro di fondi Expo per lavorare sulla consolle del magistrato. O se, più opportunamente, si sarebbe dovuta fare una gara. Ma, come sappiamo, sui fondi Expo si è giocata una durissima battaglia anche all’interno della stessa magistratura milanese tra chi ha distribuito soldi senza ombre di dubbio e chi aveva intuito che quegli affidamenti diretti a raffica non erano giustificabili.  Una battaglia di cui si trova traccia nelle decine di schermi Samsung acquistati col bottino dell’Esposizione Universale che adornano le pareti del Palazzo di Giustizia: dovevano servire per orientarsi tra aule e processi, sono inesorabilmente spenti da oltre due anni. (manuela d’alessandro)

    Il testo del provvedimento del garante

     

     

     

     

     

     

  • Continua la moratoria su Expo, la procura non indaga sulle opere non pagate

    Non ci sono solo gli appalti nella moratoria delle indagini praticata dalla procura di Milano al fine di non mettere in discussione Expo2015. Per non ledere l’immagine dell’evento tanti saluti alla strombazzata obbligatoria dell’azione penale anche sulle opere non pagate.

    Lo dice la storia dei lavori relativi al padiglione della federazione russa e di un esposto per insolvenza fraudolenta aggravata presentato dai creditori in procura a ottobre dell’anno scorso. L’ufficio inquirente ha disatteso la richiesta di sequestro della struttura senza svolgere alcun atto di indagine. E questo dopo che nell’ambito della causa civile intentata per ottenere il pagamento ci fosse stata una consuenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice che dava torto a Rsv Holding srl, società con sede a Mosca, rigettando la richiesta di non pagare le aziende italiane alle quali i lavori erano stati commissionati a causa di presunte imperfezioni e ritardata consegna.

    La società con sede a Mosca inoltre non ha versato il dovuto nemeno agli esperti che avevano eseguito la consulenza tecnica.

    Idealstile srl, Sech costruzioni metalliche, Mia Infissi, Catena Serna, Vivai Mandelli, Autotrasporti P&P risultano creditori di oltre 800 mila euro. Quattro di queste aziende hanno scelto una transazione recuperando il 20 per cento e tutte sono in difficoltà a causa dei mancati pagamenti.

    Insomma Expo non si tocca. La vicenda del padiglione russo si aggiunge alle indagini interrotte alcuni mesi prima dell’inaugurazione dell’evento, alla tragicomica motivazione dell’archiviazione dell’abuso d’ufficio a carico di Beppe Sala (una sorta di reato a fin di bene) il quale pur di favorire Oscar Farinetti ometteva la gara pubblica, come del resto avevano fatto per i fondi di Expo giustizia i vertici del tribunale di Milano. Tutto si tiene, anche perchè nessuno controlla i controllori (frank cimini)

  • Expo, dopo i pm sabbia anche da Palazzo Marino

    Salta almeno per ora (ma il no rischia fortemente di essere definitivo) la commissione di inchiesta su Expo a Palazzo Marino. La caccia al franco tiratore ritenuto il responsabile dell’inguacchio lascia il tempo che trova. Non si può scoperchiare la pentola, non si vuole andare a vedere cosa c’è dentro. Il no politico arriva dopo la moratoria delle indagini decisa dalla procura tra inchieste interrotte, sospese, non fatte e archiviazioni con motivazioni tragicomiche.

    Insomma Expo non si tocca. Il messaggio è questo. Non si conoscono ancora i conti a oltre quattro mesi dalla fine dell’evento. Peppino Sala, il candidato a sindaco dei poteri forti tra i quali la procura di Milano, continua a fare spallucce e risponde che lui di bilanci parla solo con chi capisce di bilanci. Si tratta di una manifestazione di arroganza e prepotenza da parte di chi si sente con le spalle coperte. E la mancanza di verità getta ulteriori ombre sull’amministrazione Pisapia che cinque anni fa tante speranze aveva suscitato. Era il vento che doveva cambiare e non è cambiato.

    Expo si conferma come una grande abbuffata dove hanno mangiato in tanti e nell’elenco c’è pure la magistratura se si considera la vicenda mai chiarita dei fondi dell’esposizione per la giustizia con lavori affidati senza gare pubbliche a ditte amiche. Anche in questo caso resta senza risposta la domanda relativa a chi controlla i controllori. Nessuno in realtà.

    I conti di Expo sembrano destinati a pagarli, insieme ai contribuenti, quelli che il primo maggio andarono in piazza a protestare e che saranno processati per devastazione, reato ereditato dal codice fascista e che prevede condanne fino a 15 anni di reclusione. Nonostante un capo di imputazione che fa acqua da diverse parti come ha evidenziato la corte d’appello di Atene nel rimettere in libertà e rigettare la domanda di estradizione per cinque anarchici greci. Due pesi due misure nell’ex culla del diritto. Dove il diritto viene strumentalizzato al fine di allargare la foribice tra chi ha di più e chi ha di meno. Con tanti saluti a chi soprattutto a sinistra continua a vedere ingiustamente nel diritto uno strumento di trasformazione della società. Con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale in realtà un simulacro per coprire nefandezze e alla necessità della politica e della pubblica amministrazione di dotarsi di anticorpi. Sono meri argomenti per convegni perchè la vita di tutti i giorni dei comuni mortali dice ben altro (frank cimini)

  • Archiviazione anche per l’indagine sulla piastra di Expo che a un certo punto si fermò

     

    Un’archiviazione tira l’altra. Dopo Eataly sta per crollare il sipario  anche sull’indagine per i lavori della cosiddetta ‘Piastra’, la piattaforma destinata a ospitare lo ‘scheletro’ del sito. L’inchiesta era nata nel 2014 da un’intercettazione nella quale un imprenditore rivelava all’allora numero uno di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, l’esistenza di un bigliettino che avrebbe dimostrato le irregolarità nella gara per ottenere i lavori.

    Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo aveva iniziato a indagare con una certa foga, mettendo sotto intercettazione alcuni dei protagonisti e spingendosi fino a Gibilterra per cercare le prove della sua ipotesi accusatoria (corruzione e turbativa d’asta), ma nell’autunno 2014 l’indagine gli era stata tolta dal suo capo Edmondo Bruti Liberati e, di fatto,  lì è spenta negli abissi della guerra in Procura. Con l’incredibile scena di 5 pm a interrogare non un capo dello stato ma un testimone e la successiva emarginazione dagli interrogatori denunciata da Robledo al Csm Ora i pm Filippini, Pellicano e Polizzi, che non hanno mai nascosto la loro vicinanza a Robledo, sembrano costretti a chiedere a malincuore l’archiviazione di un’inchiesta che, prima della nascita dell’ Area Omogenea Expo voluta da Bruti, prometteva sviluppi succosi. L’appalto non sembrava proprio lineare fin dalle premesse: 255, 9 milioni di base d’asta, aggiudicato a 148, 9 da un raggruppamento di imprese guidato dalla Mantovani con uno sconto da urlo. E la stessa società Expo aveva messo a disposizione della magistratura un audit in cui venivano evidenziate diverse criticità. Il candidato sindaco ed ex presidente della società Giuseppe Sala non è mai stato indagato ma il suo nome compare nelle carte dell’inchiesta. (manuela d’alessandro)

     

     

  • Moratorie, Expo è la Fiat del terzo millennio

    Expo è la Fiat del terzo millennio. La moratoria sulle indagini relative all’esposizione non è certo una novità. Tutto vecchio. Accadde già nel corso della finta rivoluzione di Mani pulite con la Fiat. Correva l’anno 1993. Una riunione nell’ufficio dell’allora capo della procura Borrelli con gli avvocati della multinazionale, in testa Giandomenico Pisapia, il padre del sindaco di Milano, e zac. Via tutto. Nonostante Cesarone Romiti avesse presentato un elenco di tangenti pagate molto lacunoso (eufemismo). C’era un pericolo di inquinamento probatorio enorme. Non solo Romiti non finì a San Vittore (sempre bene quando non si usano le manette ma deve valere sempre e per tutti). Finirono le indagini, gli accertamenti, le perquisizioni, gli interrogatori, le iscrizioni nel registro degli indagati.

    E la Fiat non fu l’unico colosso a essere miracolato. Il discorso fu lo stesso per la Cir di Carlo De Benedetti, per Mediobanca che fece un solo boccone di Montedison. Memorabili le parole dell’avvocato Giuliano Spazzali durante il teleprocesso a Sergio Cusani: “Se il dottor Di Pietro decidesse di andarsi a fare un giro dalle parte di via Filodrammatici io lo accompegnerei volentieri”. Tonino da Montenero di Bisaccia se ne guardò bene. Last but not least, la deposizione dell’allora ad dell’Eni, Franco Bernabè. “L’abbiamo finita con la pratica delle società off-shore?” fu la domanda del pm che sognava Mani pulite nel mondo. “La stiamo finendo” fu la risposta che confessava un reato in flagranza. Ma accadde nulla. (altro…)

  • Sala archiviato, fu un abuso d’ufficio a fin di bene

     

    L’affidamento a Eataly di Oscar Farinetti di una parte del servizio ristorazione di Expo in via diretta senza gare pubbliche rientra nella discrezionalità amministrativa anche per la necessità di rispettare i tempi. Per questi motivi è stata archiviata dal gip l’accusa di abuso d’ufficio a carico di Peppino Sala, il commissario dell’esposizione finita il 31 ottobre dopo sei mesi. Non s’era saputo nemmeno di Sala indagato. Dunque tutto in gran segreto fino alla pubblicazione della notizia questa mattina sul Corriere della Sera.

    Il giudice Caludio Castelli, accogliendo la richiesta conforme della procura, spiega anche che le motivazioni fornite da Sala possono non sembrare convincenti, ma manca l’elemento psicologico del reato, cioè l’intenzione di aver agito per procurare un vantaggio ingiusto a Farinetti. Inoltre, Sala avrebbe potuto scegliere Eataly senza gara pubblica perché l’azienda di Farinetti ha tali caratteristiche tecniche da renderla ‘unica’ sul mercato della ristorazione. Siamo proprio sicuri?

    Niente di nuovo sotto il sole. Expo resta al palazzo di giustizia di Milano qualcosa da salvaguardare a tutti i costi. Sarebbe in sostanza un abuso d’ufficio a fin di bene. Sarebbe tangibile l’interesse pubblico ad avere Eataly tra i propri partner. “Non sono emersi motivi sotterranei” che hanno portato a scegliere la società di Farinetti.

    Insomma siamo in linea con la moratoria delle indagini su Expo. Prima della decisione di sospendere gli accertamenti delle responsabilità il non indire gare pubbliche aveva portato a incriminazioni e arresti. Poi cambiava tutto, “show must go on”. Expo non poteva saltare e non è saltato. Tra le ragioni di un successo (sbandierato ma non ancora dimostrato dalla pubblicazione dei conti in verità) il premier Matteo Renzi inseriva la “sensibilità istituzionale della procura di Milano” già ad agosto e poi a novembre 2015.

    La legge non è uguale per tutti, l’esercizio obbligatorio dell’azione penale è ipocrisia allo stato puro, un simulacro, quello che serve per coprire le peggiori nefandezze. Del resto persino i fondi Expo per la giustizia sono stati affidati senza gare pubbliche dai vertici del Tribunale. Dunque “graziando” Peppino Sala la magistratura salva pure se stessa. Inutile chiedersi chi controlla i controllori. A breve Sala farà il sindaco e come procuratore al posto di Bruti Liberati quasi tutti danno in pole position Francesco Greco che fu parte in causa dalla parte del capo ora in pensione nella guerra interna all’ufficio. L’incarico resta nel cerchio magico di Md. E’ autorevole esponente di Md pure il gip Castelli che era stato candidato alla presidenza del Tribunale, ma la corrente rinunciava a battagliare per essere certa di tenersi stretta la procura, ovviamente molto più importante. Magistrati indipendenti e autonomi. Da chi? (frank cimini)

  • Maroni vuole illuminare la regione per il family day, ha invitato anche la Paturzo?

     

    Leggiamo su repubblica.it che “su idea del governatore Roberto Maroni la Regione pensa di inviare il gonfalone con la rosa camuna al Family Day organizzato sabato 30 a Roma e di illuminare lo stesso giorno il Pirellone con la scritta Family Day”.

    Il Pirellone quel giorno arrossirà imbarazzato fino alla cima dei suoi 127 metri se il concetto di famiglia ‘tradizionale’ caro al leghista è quello che emerge dalla lettura delle carte del processo in cui è imputato per turbata libertà del contraente e induzione indebita.  Sposato con Emilia Macchi che l’ha accompagnato all’ultima apertura della stagione scaligera, Maroni avrebbe fatto pressioni sui vertici di Expo per far ottenere un soggiorno di lusso in Giappone alla collaboratrice Maria Grazia Paturzo alla quale “era legato da una relazione affettiva”. A confermare la liason, secondo il pm Eugenio Fusco, intercettazioni e sms dai quali si evincerebbe anche la gelosia della portavoce Isabella Votino indignata con Maroni per averle messo tra i piedi Paturzo: “Farmela trovare a lavorare qui non mi sembra corretto, potevi trovarle un’altra sistemazione”.  Nelle motivazioni alla sentenza di condanna a 4 mesi per il direttore generale di Expo Christian Malangone, sempre  nell’ambito della stessa indagine, il giudice scrive che Maroni avrebbe “strumentalizzato la sua qualità di presidente della regione Lombardia per ottenere uno scopo del tutto personale” quale “la compagnia della Paturzo nel viaggio all’estero a spese del privato”, una “partecipazione legata esclusivamente al piacere personale del presidente”. Questo concetto di famiglia ‘tradizionale’ sembra avvicinarsi molto a quello sbandierato da alcuni partecipanti al Family Day del 2007, come Silvio Berlusconi e Pierferdinando Casini, di cui sono noti divorzi e irrequietudini.   (Manuela D’Alessandro)

     

  • 48 anni senza un giorno di assenza e con passione, va in in pensione Laura Bertolé Viale

    Quarantotto anni e mezzo senza un giorno di malattia.

    “Ecco, tutto quello che dovevo fare l’ho fatto”.  Laura Bertolé Viale sposta alcuni fogli sull’immenso tavolo del suo ufficio elegante, quasi li accarezza. C’è una firma importante, l’ultima della sua vita giudiziaria, con la quale toglie l’indagine, per assegnarla a quello che ancora per oggi è il suo ufficio, a un pubblico ministero che non ha indagato a fondo su un delitto. Negli ultimi cinque anni da avvocato generale dello stato, come mai nessun suo predecessore, ha esercitato il potere – dovere di avocazione, anche inimicandosi magistrati di peso a cui biasimava scarso ardore investigativo. E’ stata la prima a mettere il naso tra i rovi burocratici e reali dove è in costruzione da 20 anni l’aula bunker del carcere di Opera, ottenendo che la corte dei conti aprisse un’indagine. E una dei pochi ad accorgersi che il sistema di affidamento dei fondi Expo alla giustizia milanese era oscuro e non rispettoso della legge, tanto da decidere di starne fuori mentre attorno a lei c’era la corsa alla fetta più sostanziosa.

    “Sono entrata in magistratura nel maggio del 1968, tredici anni al tribunale civile e  poi ho seguito da giudice penale e da pubblico ministero tutti i terrorismi: rosso, nero e islamico”.  Ha sostenuto l’accusa nei processi d’appello per le stragi di piazza Fontana e della Questura di Milano, giudice estesore della prima condanna in appello perAdriano Sofri, si è occupata dell’omicidio Calabresi. E’ stata anche rappresentante dell’accusa in diversi processi a Silvio Berlusconi (All Iberian, Mills, diritti tv, nastro Unipol).

    “Ho fatto tutto, vado in pensione contenta”. Magistrato con la porta sempre aperta a tutti, mancherà molto a una giustizia che non ama guardare allo specchio le sue deformità. (manuela d’alessandro)

    ce-un-solo-magistrato-arrabbiato-allanno-giudiziario-2015

  • Consigliere laico a Csm: aprire pratica su “moratoria Expo”

    Pierantonio Zanettin, consigliere laico del Csm, ha depositato in data 11 novembre la richiesta all’organo di autogoverno dei magistrati di aprire una pratica sulla presunta moratoria delle indagini su Expo a evento in corso di cui per primi avevamo scritto ad aprile (la-moratoria-sulle-indagini-della-procura-di-milano-per-expo-e-non-solo).

    “Alcuni articoli di stampa hanno ipotizzato un accordo tra procura della Repubblica di Milano e Governo per una non meglio precisata sospensione dell’attività requirente durante l’intero periodo dello svolgimento di Expo nei confronti di manager o comunque di altri soggetti responsabili dell’organizzazione e della gestione dell’esposizione” scrive Zanettin nella richiesta aggiungendo che la notizia se confermata richiederebbe valutazioni da parte della settima commissione del Csm. Il consigliere fa esplicito riferimento all’istituzione della cosiddetta area omogenea nell’ambito del progetto organizzativo della procura in relazione a Expo 2015.

    Ci potrebbe essere stata, secondo Zanettin, la violazione delle regole organizzative dello stesso ufficio inquirente “peraltro di diretta attuazione del precetto costituzionale di cui all’articolo 112 della Carta”. Il riferimento è al principio dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale.

    Zanettin sollecita l’apertura della pratica per le valutazioni della settima commissione del Csm.

    Il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati, in occasione della presentazione del bilancio sociale 2015, due giorni fa aveva escluso qualsiasi moratoria o sospensione delle indagini rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano le ragioni del ringraziamento del premier Renzi “per la sensibilità istituzionale” della procura in occasione di Expo.

    Non resta adesso che attendere l’apertura o meno della pratica da parte della commissione competente, anche se va ricordato che il Csm fin qui ha agito quantomeno con lentezza rispetto a presunte responsabilità del capo della procura le cui iniziative erano state censurate dal consiglio giudiziario mentre i pm di Brescia avevano addebitato a Bruti valutazioni politiche nell’assolverlo dall’accusa di abuso d’ufficio.

    Il procedimento disciplinare a carico di Bruti era stato annunciato solo quattro giorni dopo la formalizzazione della decisione da parte del procuratore capo di andare in pensione il prossimo 16 novembre. Quindi il procedimento disciplinare non ci sarà mentre il consiglio giudiziario aveva deciso il non luogo a provvedere sulla conferma nell’incarico di Bruti proprio perché in procinto di andare in pensione (frank cimini)

  • Un logo per Bruti, Expo sponsor della procura o viceversa?

    C’è il coloratissimo logo ufficiale di Expo sulla pagina 8 della relazione sul bilancio della responsabilità sociale preparata da Edmondo Bruti Liberati. Siamo nell’aula magna del palazzo di giustizia per l’ultimo atto della carriera in toga del procuratore capo che dal 16 novembre andrà in pensione. In pratica è una sorta di “messa cantata” e a officiare il rito ci sono il ministro Andrea Orlando, il rettore del politecnico Giovanni Azzone, il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente dell’ordine degli avvocati Remo Danovi.

    “Sensibilità istitituzionale è rapidità delle indagini per consentire ad altre articolazioni della società di intervenire per assicurare la prosecuzione delle opere in condizioni di ripristinata legalità”. Con queste parole Bruti risponde ai giornalisti che gli chiedono a cosa si riferisse Renzi il quale prima in agosto e poi ieri aveva “ringraziato” la procura di Milano per la sensibilità istituzionale dimostrata in relazione a Expo.

    “Sensibilità istituzionale significa che la procura ha rispettato la legge” è invece l’ineffabile spiegazione del guardasigilli. Come dire che un panettiere ha fatto il pane. Quelle parole del presidente del consiglio, dette nel bel mezzo dell’evento e poi ribadite a distanza di 3 mesi  dopo la chiusura formale dell’esposizione, rappresentano una pietra miliare di una vicenda di cui si parlerà ancora a lungo.

    Quel logo sulla relazione del procuratore può essere un incrocio tra un lapsus freudiano e un bollino di garanzia sul fatto che tra le ragioni del “successo” di Expo 2015 c’è stata la moratoria sulle indagini al fine di non disturbatore il manovratore (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Cantone: “Milano capitale morale”. E un grazie alla moratoria no?

    Il ritorno di Milano a “capitale morale”. Lo certifica Raffaele Cantone, il numero uno dell’autorithy anticorruzione in una delle tante esternazioni che caratterizzano il suo attuale incarico e che con ogni probabilità si riveleranno utili per il prossimo, quando l’ex pm anticamorra deciderà cosa fare da grande.

    Invece, “Roma non ha gli anticorpi” in vista del Giubileo, aggiunge Cantone. E gli anticorpi di Milano? Ne vogliamo parlare? Era stato meno vago Matteo Renzi ad agosto scorso quando nel decantare il successo di Expo aveva detto un bel grazie a Bruti Liberati “per la sensibilità istituzionale”. Era riferito chiaramente alla moratoria sulle indagini decisa dalla procura ben prima che Expo venisse ufficialmente inaugurata.

    Insomma, un bel regalo per non rovinare l’evento che il sistema paese aveva conquistato sbaragliando in quel di Parigi la terribile armata di Smirne. Con il 70 per cento dei lavori di Expo affidati con trattativa privata “perché siamo in grave ritardo”, senza gare pubbliche, il gioco di sponda degli inquirenti era indispensabile.

    Del resto per gli stessi fondi Expo destinati alla giustizia i vertici del Tribunale non avevano fatto ricorso a gare pubbliche. Inutile a questo punto chiedersi chi controlla i controllori. Per molto meno si fanno indagini sui comuni mortali che spesso “per scambi di potere”, senza nemmeno un passaggio di quattrini, finiscono in carcere, perché i signori che vigilano sulla legalità (ma solo su quella degli altri) sono inflessibili. Come si suol dire “non guardano in faccia a nessuno”. (altro…)

  • Fondi Expo, per il Tar più di 6 mln sono stati assegnati in modo “illegittimo” al Tribunale

    Quella che potete leggere qui  è la sentenza  con la quale il Tar della Lombardia ha dichiarato illegittimi  e annullato appalti per 6,4 milioni di euro destinati alla giustizia milanese in nome di Expo. Il Tribunale di Milano ha siglato una convenzione scorretta con la Camera di Commercio per informatizzare gli uffici giudiziari in occasione dell’Esposizione Universale. In buona o mala fede? A stabilirlo dovrebbe essere un’inchiesta penale o quantomeno ci si attenderebbe un’ispezione ministeriale per capire la natura del gigantesco abbaglio.  Dal 2010 a oggi milioni di euro sono stati spesi con appalti senza gara  o con gare dichiarate illegittime, come Giustiziami e poi Il Fatto Quotidiano avevano anticipato nei mesi scorsi. Di una parte di questi appalti si occupa il Tar in una sentenza che meriterebbe le prime pagine dei giornali se questi non fossero finanziati da Expo.

    Nel 2014 il Tribunale, allora presieduto da Livia Pomodoro, e la Camera di Commercio firmano una convenzione in base alla quale la seconda s’impegna a realizzare alcuni lavori pagati col ‘tesoro’ di Expo: la manutenzione e gestione del sito del Tribunale di Milano, la gestione della pubblicità legale delle aste giudiziarie su siti e quotidiani; il servizio informativosu fallimenti e concordati e il supporto al processo civile telematico. Tutto procede, finché una società, la Aste On Line snc, fa ricorso al Tar lamentando una lesione della concorrenza.

    Il Tar  le da’ piena ragione affermando che “la convenzione determina un’illegittima restrizione della concorrenza attualmente esistente nel settore, tendendo all’individuazione di un operatore particolare a cui demandare l’effettuazione della pubblicità in via preferenziale”. Crollata la convenzione, sono nulle tutte le gare sue ‘figlie’ che ora vanno rifatte.

    (manuela d’alessandro)

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  • Detenuta lavoratrice a Expo, evade uscendo dai tornelli. Ricercata da luglio.

    E’ scivolata via lieve dai tornelli dell’esposizione universale, confusa nella folla stanca che abbandonava i padiglioni un pomeriggio di luglio. Evasa da Expo dove lavorava per 500 euro al mese nell’ambito del progetto che vede impegnato un centinaio di detenuti delle varice carceri lombarde – Bollate, Opera, Busto Arsizio e Monza – a dare informazioni e aiutare i visitatori che perdono il filo tra i paesi del mondo.

    Una detenuta transessuale vicina all’ultima curva della sua pena per omicidio preterintenzionale, due anni e mezzo da scontare a Bollate, una delle carceri meno crudeli con chi ha perso la libertà. Impeccabile sempre, tutte le volte che le era stato concesso uno spicchio d’aria con diversi permessi durante la carcerazione. Mai un ritardo, una sbavatura. Per questo era stata scelta, anche col sì del giudice della sorveglianza, tra i candidati a vivere un’esperienza di lavoro a Expo con uno stipendio inferiore di un terzo rispetto ai contratti collettivi nazionali, come previsto dalla legge. Sei ore al giorno per sei giorni alla settimana dentro alla giostra dell’esposizione finché non le è venuta voglia di scendere e scappare via. Da allora, primi di luglio, la stanno cercando invano. Se dovessero trovarla, la sua curva prima della libertà diventererebbe una strada senza fine. (manuela d’alessandro)

  • Un ‘Best of 2015’
    da leggere sotto l’ombrellone

     

    E’ estate inoltrata. La vostra testa, sovente insieme al resto, va alle spiagge dorate, ai freschi picchi alpini, a posti lontani ed esotici. L’immagine dell’afoso Palazzo di giustizia, per chi è partito, sta a metà strada tra l’incubo del futuro ritorno al lavoro e la certezza di un luogo a suo modo più rassicurante che inquietante, per chi lo conosce e ci lavora. Per questo non vi è così facile compiere il distacco completo da quel crocevia di sofferenza e arrabbiature, di lavoro serio e socialità, di burocrazia e alti ideali. Per aiutarvi a rimanere con un piede là dentro, mentre l’altro si tuffa in acque cristalline, abbiamo preparato questo piccolo compendio della stagione appena trascorsa. Si comincia dalle cose più leggere e intonate alla calura estiva. Buona lettura.

    GIUSTIZIAMI SUMMER EDITION

    Il caso vip dell’anno, scoperto da Giustiziami.

    “Vendevano foto e gossip rubati dalle mail dei vip”. A processo Selvaggia Lucarelli, Guia Soncini e Macchianera. https://giustiziami.prlb.eu/rubavano-foto-e-gossip-dalle-mail-dei-vip-a-processo-selvaggia-lucarelli-e-guia-soncini/

    Intanto in un altro processo zeppo di vip, Belén Rodriguez viene chiamata a testimoniare, ma da Ibiza inonda il web di foto in bikini. https://giustiziami.prlb.eu/belen-testimone-nel-processo-ai-vip-posta-foto-in-bikini-da-ibiza/

    Tribunale + estate = condizionatori che si rompono. Processi rinviati per caldo, Flegetonte manda in tilt il Palazzo di giustizia. https://giustiziami.prlb.eu/processi-rinviati-per-caldo-flegetonte-manda-in-tilt-il-tribunale/

    Quando il tempo è galantuomo. Dieci anni dopo, prescritte le corna di Paolini a Fede. Alla faccia del galateo. https://giustiziami.prlb.eu/10-anni-dopo-prescritte-le-corna-di-paolini-a-fede/

    Non vedete l’ora che ricominci il Crozza Show? Beh, l’ispirazione per la prima puntate c’è già. “Dal barbiere alle braghette, Formigoni dà spettacolo in aula“. https://giustiziami.prlb.eu/dal-barbiere-alle-braghette-formigoni-crozza-show-in-aula/

    Un nostro piccolo scoop, quello del del magistrato ubriaco in bicicletta. Lo ricordate? Bene, ora fa giurisprudenza. https://giustiziami.prlb.eu/il-caso-del-magistrato-ubriaco-in-bici-fa-giurisprudenza/

    Mentre siete al mare, state pur certi che lui rimarrà in ufficio,a lavorare 12 ore al giorno. E’ il pm Stakanov. “Inchiesta sull’acido, quando il pm scava davvero”. https://giustiziami.prlb.eu/inchiesta-sullacido-quando-il-pm-scava-davvero/

    COSE PESE. OGNI TANTO FACCIAMO LE PERSONE SERIE. E SCOPRIAMO COSE SERIE

    Questa inchiesta in due puntate ci è valsa una menzione speciale al premio Vergani. La cosa che ci rende più orgogliosi è però un’altra. Quello che abbiamo scritto ha inciso sulla realtà. Lo dimostra la seconda parte dell’indagine.

    Le carte degli appalti Expo senza gara per il Tribunale. A chi e perché sono finiti i fondi per la giustizia milanese https://giustiziami.prlb.eu/la-carte-degli-appalti-expo-senza-gara-per-tribunale-a-chi-e-perche-sono-finiti-i-fondi-per-la-giustizia-milanese/

    Sospesi gli affidamenti diretti Expo per la giustizia milanese. Il verbale che svela il clamoroso cambio di rotta. https://giustiziami.prlb.eu/sospesi-gli-affidamenti-diretti-expo-per-la-giustizia-milanese-il-verbale-che-svela-il-clamoroso-cambio-di-rotta/

    Altra storia tipicamente italiana. Un’edificio pubblico incompiuto, nonostante diciannove anni e milioni di euro spesi. “L’aula bunker di Opera non è finita e fa ruggine”. https://giustiziami.prlb.eu/19-anni-e-milioni-di-euro-dopo-laula-bunker-di-opera-non-e-finita-e-fa-ruggine/

    Una serie di articoli non ci hanno resi molto simpatici al quarto piano di via Freguglia. Ma che ci vuoi fare? Questi, per esempio.

    “Manipolò titoli per 8,5 mln”, la Procura generale chiude un’altra indagine avocata al pm Greco. https://giustiziami.prlb.eu/manipolo-titoli-per-85-mln-procura-generale-chiude-unaltra-indagine-avocata-a-pm-greco/

    La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo). https://giustiziami.prlb.eu/la-moratoria-sulle-indagini-della-procura-di-milano-per-expo-e-non-solo/

    GLI EDITORIALI

    Qualcuno è provocatorio, certamente questi corsivi hanno alla base un’esigenza vera.

    Perché l’omicidio stradale è un finto reato colposo di ispirazione forcaiola. https://giustiziami.prlb.eu/perche-lomicidio-stradale-e-un-finto-reato-colposo-dispirazione-forcaiola/

    Tutti a celebrare Falcone…ma lui voleva carriere separate. https://giustiziami.prlb.eu/tutti-a-celebrare-falcone-ma-lui-voleva-carriere-separate/

    Video dell’arresto di Bossetti, una vergogna per pm e media. https://giustiziami.prlb.eu/video-arresto-di-bossetti-una-vergogna-per-pm-e-media/

    Il commento più significativo a un fatto accaduto in Tribunale non l’ha composto un giornalista ma una madre. Quella del giovane avvocato Lorenzo Claris Appiani, all’indomani della strage compiuta da Claudio Giardiello in Tribunale. Le sue parole valgono da insegnamento e ispirazione per molti. https://giustiziami.prlb.eu/la-mamma-di-lorenzo-avvocati-non-rendete-vana-la-sua-morte/

    UN PICCOLO TRIBUTO

    Quello ad Annibale Carenzo, decano di tutti i cronisti giudiziari di Milano e forse d’Italia. Tra pochi mesi avrà 81 anni. Lo potete incontrare a tutti i giorni a Palazzo, in particolare al primo piano o nel cortile centrale. Cerca notizie, e ne trova ancora.

    “Annibale compie 80 anni. Da Mina ad Alessandrini, le sue 45 stagioni nel Palazzo”. https://giustiziami.prlb.eu/annibale-compie-80-anni-da-mina-ad-alessandrini-i-suoi-45-anni-nel-palazzo/

    L’INCHIESTA DELL’ESTATE

    Infine, vi lasciamo con una riflessione sull’inchiesta più hot dell’estate.

    hacking-team-riguarda-tutti-noi-la-nostra-liberta-la-nostra-costituzione

  • Il rischio che il sexy gate travolga Roberto Maroni prima della Severino

    Spente le fanfare per Expo e gli squilli elettorali per le regionali, la Procura fa partire all’indirizzo di Roberto Maroni un provvedimento che potrebbe trasformarsi nell’epigrafe della sua presidenza alla Regione Lombardia.

    Il pm Eugenio Fusco gli notifica l’avviso di chiusura delle indagini con le accuse  di induzione indebita e turbata libertà del contraente in cui riassume due episodi di ‘raccomandazione’ illecita: l’incarico a Eupolis, società controllata dalla Regione, assegnato a Mara Carluccio, sua collaboratrice quando era al Viminale; e il viaggio a Tokyo promesso a un’altra ‘fedelissima’, Maria Grazia Paturzo, alla quale aveva nel frattempo garantito un posto a Expo.  Se dovesse essere condannato per induzione indebita, reato nella lista nera della legge Severino, il governatore potrebbe finire gambe all’aria.

    C’è un rischio per lui ancor più prossimo e bruciante. Sebbene il pm abbia espunto le intercettazioni più morbose,  la stampa potrebbe squadernare nei prossimi giorni un sexy gate al Pirellone entrando in possesso delle carte depositate con la fine dell’inchiesta.  Per adesso, nell’avviso di chiusura delle indagini il pm si limite a scrivere che Maroni e Paturzo sono “legati da una relazione affettiva”. E fa capire che il presidente avrebbe esercitato pressioni sui vertici di Expo per offrire a Paturzo un biglietto in business e un soggiorno in un albergo di lusso a Tokyo (costo circa 6mila euro) proprio in omaggio alla liason.

    Slanci sentimentali che, qualora venissero resi pubblici, oscurerebbero due presenze imbarazzanti nell’inchiesta: Domenico Aiello, il difensore di Maroni da lui nominato nel cda di Expo, società a sua volta indagata nell’inchiesta per le accuse al dg Christian Malangone (Aiello entra nel cda); e Andrea Gibelli, il segretario regionale appena nominato a capo delle Ferrovie Nord Milano sempre da Maroni (Gibelli a Fnm), e pure tra i destinatari dell’avviso di chiusura dell’inchiesta. Serafica, in ogni caso, la reazione del presidente: “Era ora, finalmente dopo un anno di indagini si chiude, se per una sciocchezza come questa ci vuole un anno, poveri noi. Sono tranquillissimo, non ha mai fatto pressioni in vita mia per nessuno, per i miei figli, amici o parenti”. (manuela d’alessandro)

    Avviso di conclusione delle indagini Maroni

  • La manager cinese che morde il finanziere, il primo mistero di Expo

    E arriva il primo mistero di Expo che, manco a dirlo, ha per protagonista la Cina. Da stamattina è la notizia più cliccata tra i padiglioni dell’Esposizione: una top manager cinese di 38 anni è stata arrestata dalla Guardia di Finanza perché ha morso la mano a un militare dopo essersi rifiutata di mostrargli il passaporto. Strano, no? Perché mai una donna che viene descritta come la Marcegaglia del Sol Levante dovrebbe nascondere la propria identità?

    Secondo fonti legali, sarebbe stata intimorita dai finanzieri che, presentandosi in borghese nel residence della delegazione del suo Paese, le sono parsi i ‘tipici’ italiani truffatori tanto temuti dalla comunità straniera ospite di Expo. Arrestata per resistenza a pubblico ufficiale e processata per direttissima, la signora ha fatto pure un giro al pronto soccorso per farsi curare i lividi causati dalle manette. Anche il finanziere si è fatto vedere dai medici per mettere a referto i denti della cinese.”C’è stata poca cautela nella modalità del controllo, in Cina le ispezioni da parte di agenti in divisa sono infrequenti”.

    La Guardia di Finanza racconta tutta un’altra storia, perfino con un’altra protagonista e un altro scenario. La donna, non proprio una top manager, sarebbe stata arrestata durante un controllo in un capannone a Baranzate, lontanuccio da Expo, dove dormirebbe assieme ad altri suoi connazionali in un ambiente non proprio lindo e signorile.  Qui i finanzieri cercavano, e avrebbero trovato, prodotti contraffatti col marchio Expo. I cinesi presenti si sarebbero messi a filmare i controlli degli agenti e, di fronte all’invito dei militari a non riprenderli, sarebbe nata una discussione molto concitata al culmine della quale la signora avrebbe morso la mano a un finanziere. Si racconta che il console, pur essendo piccato per quanto avvenuto, abbia dovuto fare grande training dipomatico per mantenere il controllo.  Ma la versione che aveva era quella giusta? (manuela d’alessandro)

     

  • Il sito del Tribunale creato coi soldi di Expo che nei week end si ‘spegne’

    Conoscete siti che offrono informazioni di interessi pubblico che si ‘spengono’ nel week end? Noi sì, quello del Tribunale di Milano.

    Per diverse settimane abbiamo monitorato al sabato e alla domenica la ‘voce’ sul web del Tribunale e ci siamo accorti che intorno alle 21 della sera di sabato e domenica, e sino alla mattina successiva, è impossibile navigare. Funzionano invece benissimo i siti della Procura e della Corte d’Appello di Milano: il primo è stato creato gratis, con risorse interne all’ufficio, il secondo da astegiudiziarie.com. Oltre che i siti dei Tribunali di Roma e Napoli, tanto per citarne due del rango di quello milanese.

    Il sito del Tribunale è un ‘figlio d’ Expo’.  E’ costato 265.295mila euro che fanno parte di quella marea d’oro elargita in nome dell’Esposizione Universale alla giustizia milanese. Soldi assegnati, senza gara, alla Camera di Commercio Nella determinazione dirigenziale datata 23 maggio 2013 col timbro di Palazzo  Marino si precisava che la scelta era caduta su questo ente, oltre che per rapporti di collaborazione precedenti col Tribunale, anche perché “in grado di garantire la massima segretezza e riservatezza, soprattutto in ordine alle notizie di cui verrà a conoscenza necessarie al fine di realizzare quanto richiesto”.

    In un documento su carta intestata della Camera di Commercio, di cui Giustiziami è venuto in possesso, c’è una spiegazione al black out del fine settimana: “è stato previsto lo spegnimento del sito del Tribunale dalle 21 alle 8 circa dei week end e dei giorni festivi, orari in cui più facilmente  possono verificarsi attacchi”.  Non si poteva proprio spendere meglio quei soldi? In fondo al sabato e alla domenica il sito della Cia funziona. (manuela d’alessandro)

     

     

     

  • Il giudice, la Questura sbaglia, i no Expo stranieri non vanno espulsi

    Per la Questura al corteo del primo maggio avrebbero potuto fare danni, per il giudice possono continuare a godersi la primavera italiana e partecipare alla manifestazione.  Non è la prima volta che Polizia e magistratura hanno visioni diverse, però questa è abbastanza clamorosa perché stiamo parlando dei primi potenziali ‘guastatori’ della festa dell’Esposizione Universale,  a tre giorni dal via, e non di gente che avrebbe preso mazzette per pilotare appalti.
    Tre tedeschi e un francese, indagati dalla Procura per detenzione di oggetti atti a offendere e occupazione abusiva di case popolari, erano stati identificati dalla Digos durante un blitz la notte scorsa al Giambellino, alla periferia della città. La Questura aveva poi chiesto di allontanarli dal nostro Paese, ma il giudice Olindo Canali, dopo un’udienza in cui li ha ascoltati uno per uno, ha deciso che non c’è nessuna prova del legame tra la loro presenza in uno degli spazi perquisiti e i picconi, le maschere antigas, i bastoni con le punte di ferro che sono stati trovati. Insomma, troppo frettoloso per il magistrato il provvedimento della Polizia che, denuncia il legale degli indagati, Eugenio Losco, “è stato firmato con un timbro ed era molto generico”.
    Il primo indagato straniero per Expo a comparire davanti alla magistratura  italiana è stato un tedesco di 56 anni, capelli e barba lunghi e candidi, come candide sono le risposte date al giudice Olindo Canali che deve decidere sulla sua espulsione dall’Italia. “Lei che lavoro fa?”, domanda con tono bonario il magistrato. Prima risponde il “dipendente”, poi, rivolto all’interprete, non si capisce se scherzando o serio: “Perché devo dire queste cose? Non voglio essere licenziato nel caso in cui risponda”. Canali sorride e poi lui affonda: “Se mi dovessero licenziare farei causa allo Stato italiano”.
    Tutto ciò è accaduto nella cornice di un’aula impreziosita da un dipinto con bandiere di tutto il continente firmato da Salvatore e Laura Fiume  e intitolato ‘La giustizia e la pace tra gli Stati d’Europa’. Certo, ora il buon Olindo Canali deve augurarsi che il primo maggio pace sia o, se dovesse essere guerra, non per mano del tedesco barbuto e degli altri da lui ‘salvati’,  due della stessa nazionalità e una ragazza francese. (manuela d’alessandro)
    *Il giorno successivo a questo articolo, in seguito a una nuova perquisizione della Digos e a una nuova richiesta di espulsione, lo stesso giudice Olindo Canali ha disposto l’allontanamento dei tre cittadini tedeschi.
  • Pm Perrotti a capo dell’anticorruzione senza delega su Expo

    Da oggi Giulia Perrotti è il nuovo capo del pool anticorruzione alla procura di Milano ma non avrà la delega a coordinare le indagini su Expo. Così ha deciso il capo Edmondo Bruti Liberati che continua a tenere per sè la delega come aveva fatto dal momento in cui l’aveva tolta all’allora aggiunto Alfredo Robledo, poi trasferito a Torino dal Csm al culmine della guerra interna all’ufficio.

    Bruti quando aveva dimezzato in pratica l’incarico di Robledo cercò tra i suoi aggiunti qualcuno disponibile a prendere la delega relativa agli appalti dell’Esposizione, ma non trovò nessuno. Adesso che c’è formalmente un magistrato a ereditare l’attività che fu di Robledo, il capo dell’ufficio non cambia registro e il fatto è quantomeno anomalo in una grande procura. E appare addirittura grave considerando quello che era accaduto fino ad oggi nelle indagini su Expo. C’è chi maliziosamente fa osservare che tenendo presente la moratoria in atto dal punto di vista investigativo sulla materia il procuratore può benissimo trattenere la delega “perché tanto non c’è niente da fare”. (frank cimini)

    p.s. nella foto il cambio della targa dell’ufficio che fu di Alfredo Robledo.

  • La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo)

    “Magari adesso il porto delle nebbie siamo noi”, dice un pm critico con la gestione della procura da parte del capo Edmondo Bruti Liberati, evocando la storica definizione che tanto tempo fa era stata utilizzata per gli inquirenti romani. “Moratoria per Expo” è la spiegazione che ormai da mesi gira per il quarto piano e sulla quale concordano anche diversi avvocati preoccupati innanzitutto per la mancanza di parcelle dai ‘colletti bianchi’.

    Expo ora è una sorta di patria da salvare. Non si può disturbare il manovratore, anche a costo di vedere accertamenti sul Padiglione Italia spuntare dall’inchiesta di Firenze. Ahi, Firenze, proprio l’autorità giudiziaria da dove approdò a Milano quella turbativa d’asta targata Sea poi “dimenticata” per 6 mesi in un cassetto e assegnata all’allora aggiunto Robledo quando la gara si era conclusa e le bocce tirate. (Sea, l’indagine mancata)

    L’indagine su Roberto Maroni sulle assunzioni e sui 6 mila euro di un viaggio a Tokio di una consulente che il governatore avrebbe preteso fossero sborsati proprio da Expo è chiusa da tempo, ma per la formalizzazione si è deciso di aspettare. Diciamo per non interferire con il taglio del nastro del prossimo primo maggio. Per le tangenti pagate lo stop è arrivato con i patteggiamenti di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti figure della Prima Repubblica. Non è mai decollata un’indagine sul maxi appalto della Piastra, centro nevralgico dell’Esposizione. C’è anche chi maliziosamente afferma che se ne parlerà dopo il 31 ottobre, per non danneggiare il cosiddetto ‘sistema paese’ che a Parigi con Letizia Moratti e Romano Prodi sconfisse la terribile armata di Smirne.

    Ci sarebbe anche un’indagine sull’amianto alla Scala, pure questa pronta per essere chiusa con il deposito degli atti. Ma si aspetta. L’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è un optional in realtà. Tempo al tempo. Prevalgono criteri di convenienza e di opportunità. Cioè la politica, da parte di una categoria che per il resto non perde occasione per rivendicare indipendenza e autonomia persino quando sul tavolo della discussione c’è il periodo feriale.

    E’ uno stringersi intorno a Expo che, pochi giorni fa, il sindaco Pisapia in tv ha precisato di aver solo ereditato. Ma quando si è in ballo bisogna ballare. E qui o si fa Expo o si muore. Intanto è morto di lavoro un operaio albanese. Il Corriere della Sera spara bordate contro i bamboccioni che avrebbero rifiutato stipendi da 1500 euro al mese. Poi si scopre che erano 500 euro per lavorare da mattina a sera, alle dipendenze di Manpower, azienda che qualche rapporto con via Solferino ce l’ha. Senza dimenticare i soldi che i mezzi di informazione, in testa la Rai, prendono da Expo e i fondi per la giustizia in relazione all’evento almeno fino a pochi mesi fa assegnati senza gare e con criteri poco chiari dai vertici del palazzo ( Appalti giustizia). Il presidente del Tribunale andato in pensione, Livia Pomdoro, è diventata ambasciatrice Expo. Tutti tengono famiglia, il paese intero è una famiglia le cui sorti dipendono dal buon esito dell’evento. Nella certezza ovviamente che in caso di “rosso” il deficit sarà ripianato dallo Stato con i soldi dei contribuenti. Il pezzo da pagare per aver sbaragliato Smirne. E meno male che non si trattava di New York. (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Aiello entra nel cda di Expo mentre difende Maroni per le nomine nella società

    Domenico Aiello è il nuovo consigliere di amministrazione di Expo. Una nomina inopportuna perché il legale difende Roberto Maroni in un’indagine in cui il Governatore è accusato anche di avere garantito in modo illegittimo un contratto di collaborazione a una sua ‘fedelissima’ nella stessa società. Aiello è anche il legale intercettato in quelle telefonate che sono costate ad Alfredo Robledo, allora procuratore aggiunto che si occupava di Expo,  la toga di pm e il trasferimento da Milano a Torino (Robledo – Aiello).

    Ora diventa consigliere di amministrazione indicato come dal Pirellone al posto di Fabio Marazzi. Siederà nel cuore decisionale della società assieme ai 4 rappresentanti degli altri soci: Giuseppe Sala, Diana Bracco, Alessandra Dal Verme e Michele Saponara.

    Roberto Maroni sceglie quindi di affidare  un incarico così importante,a  nove giorni dall’avvio dell’Esposizione Universale, al legale che lo difende nell’inchiesta coordinata dal pm Eugenio Fusco in cui il Governatore è accusato di pressioni indebite per far ottenere contratti con Eupolis ed Expo a due sue ex collaboratrici. Come avvocato della Lega, inoltre, Aiello  aveva manifestato una certa contrarietà nei mesi scorsi rispetto alla decisione di Matteo Salvini di non far costituire il Carroccio parte civile nel procedimento sui presunti rimborsi illegittimi che coinvolge anche la famiglia Bossi.  Una nomina di fiducia, non c’è che dire che per il Movimento 5 Stelle “ha un secondo fine da parte di Maroni dato che non ci sono apparenti motivi di merito”. (manuela d’alessandro)

     

     

     

     

  • L’ultimo giorno di Livia Pomodoro dopo 22 anni di Presidenza

    Per 22 anni Presidente, prima del Tribunale per i Minorenni (1993 – 2007), poi di quello dei ‘grandi’, Livia Pomodoro si alza oggi da una delle sedie più importanti della giustizia milanese. Ad aprile svestirà anche la toga e andrà in pensione non appena soffiate le 75 candeline. In una lettera inviata agli avvocati, Pomodoro riferendosi al suo mandato parla di “cammino non scontato, non facile, pieno di problemi ma anche di successi e di cambiamenti che sono diventati punto di riferimento nazionale su come si può gestire con efficacia la Giustizia in Italia”. Commenta un legale: “Ha fatto molto soprattutto per il civile, poco per il penale anche se le aule per i processi sono state ben sistemate”.

    Funambolica l’idea di chiamare  i corridoi del pianterreno, luogo di bolge e dolore vero, coi nomi di donne presi dalla cultura classica. Ha speso molte energie per velocizzare la giustizia con l’introduzione del Processo Civile Telematico, lanciando Milano come capofila. Ci è riuscita in parte: si va avanti con successi e  intoppi, ma le va riconosciuto il merito di avere visto lungo e, in generale, di non avere mai interpretato il suo ruolo come quello di un’asettica giurista fuori dal mondo.

    Molte perplessità restano sull’utilizzo dei fondi Expo destinati al Palazzo. I monitor che costellano il Tribunale sono sempre più un oggetto misterioso, non funzionano o fanno pubblicità alle ragioni dell’Anm, e le gare per l’assegnazione dei soldi sono apparse opache non solo a noi ma anche ad alcuni magistrati. Pomodoro è stata nominata Ambasciatrice We di Expo, cioè selezionata, leggiamo sul sito ufficiale dell’Evento, tra le “figure di spicco che diffondono e testimoniano l’importanza di fare rete, in un unico grande WE”. Presiederà inoltre il ‘Centro Internazionale di Documentazione e Studio sulle politiche pubbliche in materia di Alimentazione’ nato da un protocollo firmato tra Camera di Commercio, Expo2015, Comune di Milano e Regione Lombardia. Per la sua successione dieci magistrati hanno presentato domanda al Csm. Favorita è l’attuale Presidente del Tribunale dell’impresa, Marina Tavassi, buone quotazioni anche per l’attuale Presidente dei gip Claudio Castelli e l’attuale ‘vicario’ del Tribunale Roberto Bichi. Decideranno i giochi di corrente.

    Un’altra Pomodoro sarà difficile, magistrato ‘scenico’ non solo per la sua passione per il teatro (ne dirige uno e si è esibita con parrucca colorata), ma anche per come ha interpretato la sua Presidenza. Poco magistrato anche per come ha reagito alle critiche, non con ostilità, ma sempre con un saluto e un sorriso. (manuela d’alessandro)

  • Sugli schermi ‘pubblici’ comprati coi soldi Expo la propaganda di Anm contro Renzi

     

    L’Associazione Nazionale Magistrati, a cui aderisce circa il 90 per cento delle toghe (non tutte!), utilizza ormai da diversi giorni gli schermi acquistati coi soldi Expo e collocati in diversi punti del Palazzo di Giustizia di Milano, per fare propaganda contro il Governo. (quel-monitor-di-expo-al-passo-carraio-dove-non-serve-a-nessuno)

    Nella foto si vede uno dei monitor al piano terra raffigurare una vignetta che ironizza sulla responsabiità civile dei magistrati voluta dal governo Renzi.

    Perché parliamo di propaganda?  L’Anm è una sorta di sindacato dei magistrati che, in quanto tale, tutela gli interessi dei suoi iscritti nelle forme che ritiene più opportune. Ha acquistato pagine di giornale per difendersi da quella che ritiene una riforma ingiusta e delegittimante, ha organizzato il giorno dell’apertuta dell’anno giudizario una conferenza stampa del suo leader Rodolfo Sabelli per spiegare all’opinione pubblica le sue ragioni. Fin qui, nulla da ridire.

    Quello che non ci piace è che l’associazione esponga le proprie, sindacabili ragioni attraverso gli schermi comprati coi soldi pubblici di Expo e che dovrebbero servire per dare informazioni utili alla collettività in transito per il Tribunale tutti i giorni. Decine di persone che vorrebbero sapere dove si trova un’aula, non perché ai magistrati non vada giù la riforma della giustizia. (manuela d’alessandro)

     

     

     

     

     

     

  • Anche Maroni sta scivolando lì…
    E non si presenta al pm

    Il governatore lombardo Roberto Maroni stamani avrebbe dovuto presentarsi in procura a Milano davanti al pm Eugenio Fusco che gli aveva inviato un invito a comparire per induzione indebita e turbata libertà di scelta del contraente. Entrambe le accuse fanno riferimento ai rapporti tra Maroni e la sua amica Maria Grazia Paturzo, da un lato assunta nella società Expo2015  e dall’altro lato candidata a partecipare a un viaggio a Tokio del presidente della giunta regionale, al quale Maroni rinunciò perchè Expo si sarebbe rifiutato di pagare il soggiorno della donna.

    Maroni rifiutò di di andare a rappresentare la Regione a Tokio solo poche ore prima della partenza, evidentemente contrariato dal fatto che Expo non avesse aderito al suo desiderio di avere in delegazione l’amica Paturzo con spese a carico della società. Insomma a colui che promise di usare le scope per ripulire il Carroccio in seguito all’inchiesta sul “cerchio magico” non passò nemmeno per l’anticamera del cervello di tirare fuori lui (che ogni mese incassa uno stipendio non certo basso) i 6.500 euro di viaggio e soggiorno per la ragazza.

    L’interrogatorio di Maroni sarebbe stato l’ultimo atto dell’inchiesta. E’ saltato per decisione legittima dell’indagato, alla fine di una lunga trattativa tra il pm e l’avvocato difensore Domenico Aiello. L’indagine dovrebbe essere chiusa a gennaio con il deposito delle carte.  A quel punto Maroni potrà chiedere lui di essere sentito in procura, dopodichè con ogni probabilità ci sarà la richiesta di processo. Nella vicenda delle assunzioni l’accusa si fa forte a sostegno delle sue tesi della decisione di un indagato, Alberto Brugnoli, manager di Eupolis, di patteggiare. Nel caso del mancato viaggio a Tokio la rilevanza penale del comportamento di Roberto Maroni appare un po’ più sfumata, anche se la storia è sicuramente indecorosa a livello politico. Ma il governatore lombardo non è certo l’unico politico a fregarsene ampiamente dei danni reputazionali. Diciamo che è in buona compagnia e, se dovesse essere condannato per l’induzione indebita, rischia di decadere dalla carica per la legge Severino.  (frank cimini)

  • Cupola degli appalti Expo
    Ecco i patteggiamenti di Greganti, Frigerio & Co.

    Ecco il risultato dell’inchiesta che per qualche mese ha fatto tremare la macchina di Expo. Qui trovate i patteggiamenti ratificati dal gup Ambrogio Moccia per Primo Greganti, Gianstefano Frigerio, Luigi Grillo, Angelo Paris, Enrico Maltauro e Sergio Cattozzo. Ovvero i componenti della cosiddetta ‘cupola degli appalti’, così come la definirono nel giorno degli arresti i pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio.

    Alle pagine 8 e 9, i perché dell’assenza di confische e le ragioni per cui tutti beneficiano delle attenuanti generiche equivalenti o prevalenti sulle aggravanti.

    Frigerio, condannato in passato, aveva già ottenuto la riabilitazione. Greganti ha tenuto un “discreto comportamento post factum”. Maltauro ha fornito “ampia collaborazione”, così come Luigi Grillo, incensurato. Paris non ha precedenti penali e dimostra un “non minimo impegno risarcitorio” (100mila euro). Buona lettura.

    Patteggiamenti Expo Greganti Frigerio

  • Quel monitor di Expo al passo carraio dove non serve a nessuno

     

    Uno dei 173 monitor di marca Samsung comprati coi fondi Expo nell’ambito di un appalto del valore complessivo di 1 milione e settecentomila euro è stato appeso nel passo carraio del Palazzo di Giustizia affacciato su Corso di Porta Vittoria (sospesi-gli-affidamenti-diretti-expo-per-la-giustizia-milanese-il-verbale-che-svela-il-clamoroso-cambio-di-rotta).

    Scelta che appare bizzarra se pensiamo che questi maxi schermi dovrebbero servire a orientare il pubblico che quotidianamente affluisce nel Palazzo (“rifacimento dei segnali informativi e dei percorsi guidati del palazzo di giustizia, sistema informatico tramite monitor”, si legge nelle carte ufficiali). La zona del passo carraio è off limits per il pubblico, resta quindi il mistero su a chi o a cosa serva questo schermo. Negli ultimi giorni, ne sono spuntati diversi anche fuori dal Palazzo: uno vicino al Tribunale del Riesame, un altro  nei pressi dell’archivio (cui prodest?). Ci è stato spiegato che l’utilità di questa innovazione tecnologica sarebbe quella di ‘sostituire’, tra l’altro, i vecchi  fogli di carta, quelli affissi sule porte delle aule  che forniscono i dati essenziali delle udienze. Per adesso sugli schermi continua a lampeggiare la scritta ‘No cable connected’ e crescono ironie e malumori su questi ingombranti nuovi inquilini che richiederanno ardite torsioni del collo per essere consultati. (manuela d’alessandro)

  • Sospesi gli affidamenti diretti Expo per la giustizia milanese
    Il verbale che svela il clamoroso cambio di rotta.

    Ci eravamo lasciati con una domanda (Le carte degli appalti Expo senza gara): perché  gran parte del ‘tesoretto’ dei fondi Expo assegnato alla giustizia milanese è stato distribuito con una pioggia di affidamenti diretti e non con gare pubbliche?

    LA SVOLTA.

    Qualche giorno dopo la pubblicazione di quell’articolo, tutti i vertici dell’amministrazione giudiziaria milanese si sono riuniti coi rappresentanti del Comune e del Ministero per fare il punto sui 16 milioni di euro complessivi che, in nome dell’Esposizione Universale, sono stati destinati al Palazzo.

    Ed è arrivata una sorprendente svolta: da adesso in poi, e per quel che resta da spartirsi, niente più affidamenti diretti, solo gare pubbliche. Con retromarce repentine sui contratti per alcuni lavori che appaiono dettate sia dall’improvvisa attenzione mediatica sul tema, sia dalle ‘pretese’ di una parte degli uffici giudiziari (Procura Generale e Corte d’Appello)  rimasti esclusi della spartizione dei soldi e che ora reclamano la loro fetta. In concreto, ciò significa che per l’inizio di Expo, maggio 2015, salvo miracoli, il previsto maquillage del Palazzo non sarà completato perché le gare richiedono molto più tempo rispetto alla procedura sprint degli affidamenti fin qui adottata.

    UNA RIUNIONE MOLTO TESA.

    E’ il 10 ottobre e nell’elegante stanza della Corte d’Appello l’aria si fa subito gelida. Il ‘padrone di casa’, il Presidente Giovanni Canzio, esordisce affermando che  da febbraio era stato da lui invano atteso e sollecitato più volte un incontro sui progetti di informatizzazione finanziati coi fondi Expo.  Le parole che leggiamo nel verbale dell’incontro, di cui siamo entrati in possesso (Il verbale della riunione sui fondi Expo), fanno immaginare volti,  sguardi e toni di chi sta giocando non una partita comune sotto l’egida di Expo ma una corsa dove ognuno sembra andare per la propria strada.  Non a caso, il termine che si lascia sfuggire più spesso nei suoi interventi il Presidente della Corte Giovanni Canzio è “disallineamento” e la sua continua esortazione è quella a una maggiore “serietà” da ora in avanti.  Espressioni che evocano con toni diplomatici gli aspri contrasti nel conclave di chi decide le sorti dei fondi.

    Dei 16 milioni destinati alla giustizia ambrosiana, 10 sono già stati assegnati con il primo e il secondo finanziamento attraverso una raffica di affidamenti diretti di cui ha beneficiato soprattutto il Processo Civile Telematico; ne restano circa 6,  da distribuire nell’ambito della terza e della quarta tranche programmate nel 2010 quando l’”oro” di Expo ha cominciato a circolare nel Palazzo.

    LA RIVELAZIONE.

    Tocca a Laura Tragni, segretario generale della Corte d’Appello, svelare due freschissimi cambi di programma nella gestione dei soldi Expo.  Dalla lettura dell’ultimo rendiconto, spedito dal giudice Claudio Castelli alla Commissione qualche giorno prima della riunione, Tragni ha appreso “con stupore” che è stata prevista una gara europea per l’utilizzo dei fondi Expo destinati a Unep (Uffici Notificazioni Esecuzioni e Protesti) per la Corte d’Appello.  Un progetto che dovrebbe rendere elettroniche le notifiche dei provvedimenti giudiziari. “E’ stata una doccia fredda”, “qualcosa di assolutamente diverso da quanto mi era stato comunicato nel luglio di quest’anno”, lamenta, sottolineando che il ricorso alla gara europea dilaterà di molto i tempi per Unep.  A luglio, questa è la ricostruzione offerta dalla rappresentante della Corte d’Appello, era già stata individuata la società che, col solito meccanismo dell’affidamento diretto, avrebbe dovuto occuparsi del progetto ed erano “già state acquisite le valutazioni di congruità tecnico – economica”. Adesso però si è deciso che è tutto da rifare, e questa volta con la gara europea, quella che garantisce la massima ‘democrazia’ nella scelta del contraente.

    E questo non è l’unico cambio in corsa che ha sconcertato la dottoressa Tragni. “Il secondo profilo di preoccupazione” espresso dalla segretaria – si legge infatti nel verbale – nasce da un confronto tra il rendiconto di settembre, dove spunta, a pagina 1 del Prospetto delle acquisizioni da commissionare relative al terzo finanziamento, accanto alla voce riguardante il Processo Civile Telematico (del consistente importo di 1 milione e 400mila euro) l’indicazione ‘Ricevuta offerta e congruità. In sospeso per inoltro criticità su affidamento’”. Tragni definisce “allarmante” il fatto che all’improvviso sia stata bloccata la procedura dell’affidamento diretto per un settore “nevralgico e sofferente” come quello fallimentare dove il processo telematico sta creando molti problemi.

    Il direttore del Settore Uffici Giudiziari per il Comune, Carmelo Maugeri, e la Direttrice Generale del Dgsia (Direzione Generale per i Sistemi Informativi del Minstero della Giustizia), Daniela Intravaia, spiegano a Tragni che “3 lotti andranno in gara pubblica, non trovando altrimenti giustificazioni tecniche” e che non ci sono i presupposti per utilizzare l’articolo 57 comma due del codice sugli appalti, quello che consente di fare affidamenti diretti allo stesso fornitore già in precedenza individuato da un’amministrazione. Proprio quell’articolo di legge in nome del quale sono stati distribuiti diversi milioni di euro targati Expo, alcuni dei quali proprio a quella NetService che, anche in questo caso, sembrava essersi accaparrata l’affidamento diretto prima della sospensione. Il nuovo scenario non convince la segretaria della Corte d’Appello che insiste: perché all’inizio queste “criticità” sugli affidamenti diretti non erano state evidenziate?

    Le sorprese non sono finite.  Anche Intravaia si lascia andare a una rivelazione interessante: per la prima volta l’organo di controllo interno dell’articolazione ministeriale da lei diretta ha mosso un rilievo interno “sul perché ci si è appellati alla continuità tecnologica dell’articolo 57 sul contratto fatto al loro abituale fornitore Net Service”. A questa società erano stati assegnati due affidamenti diretti per la realizzazione del Processo Civile Telematico invocando la “continuità tecnologica” che adesso viene messa in discussione.  (altro…)