Giustizia al lumicino per Diamante e Matteo Marzotto, eredi del noto marchio della moda, condannati a dieci mesi di carcere dal Tribunale di Milano per evasione fiscale. La luce se ne va, ma basta un lumino per consentire al giudice della seconda sezione penale di legggere la sentenza. (m.d’a.)
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Apple e Google, la “campagna” del pm Greco per diventare capo
Andare sui giornaloni e sui giornalini mentre il Csm sta per decidere chi sarà il nuovo procuratore capo di Milano aiuta, soprattutto se si parla e si scrive delle esterovestizioni di due colossi come Apple e Google. Apple che accetta di versare all’Agenzia delle Entrate 318 milioni di euro davanti a una contestazione originaria di 880 milioni. A Google ne vengono contestati 227, notificati in queste ore, e poi si “patteggerà” la somma. Sotto la supervisione decisamente anomala della procura alla quale spetterebbe solo di istruire il processo penale. Ma così è e tutto va bene madama la marchesa. A capo del pool reati societari c’è il procuratore aggiunto Francesco Greco, un magistrato già molto mediatico di per sè e in pole position per succedere a Edmondo Bruti Liberati in pensione dal 16 novembre scorso.
Uno scoop dietro l’altro per influire sulla scelta del cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati. Del resto la carica di capo dei pm di Milano tocca a Magistratura Democratica (che aveva rinunciato a battagliare per la presidenza del Tribunale) in una spartizione tutta politica che dura da sempre e che dovrebbe far ridere se si pensa ai proclami quotidiani di indipendenza e autonomia della magistratura. Ma diciamo che ormai, purtroppo, ci abbiamo fatto il callo.
In ballo c’è il vertice della procura più importante d’Italia anche se la fama (sia chiaro solo per chi ci aveva creduto allora) non è quella dei tempi di Mani pulite, soprattutto se si pensa alla lesione di immagine (eufemismo) verificatasi con lo scontro interno tra Bruti e Robledo, e al fascicolo Sea dimenticato per sei mesi, riemerso solo quando non si potevano più fare indagini.
Greco era nel cerchio magico di Bruti e la sua designazione assicurerebbe continuità. Greco da procuratore aggiunto nel suo curriculum vanta si fa per dire anche di aver chiesto una dozzina di archiviazioni in procedimenti per evasione fiscale a carico di imprenditori comuni mortali. Tutte respinte dal gip con intervento della procura generale che avocava e otteneva la citazione diretta a giudizio e successivamente pure diverse condanne. Della vicenda si è letto solo su questo blog, sul Giornale e sul Fatto Quotidiano.
Giornaloni e giornalini evidentemente avevano altro da fare: tirare la volata a Francesco Greco. Che la legge è uguale per tutti, nelle aule e sui media, lo vadano a raccontare altrove (frank cimini)
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Ilva, tutti assolti dalla frode per la riforma sull’elusione del Governo Renzi
Primi, debordanti effetti della riforma fiscale entrata in vigore a ottobre. A scartare il ‘pacchetto regalo’ offerto dal Governo sono tre imputati del processo per una presunta maxi frode fiscale messa a segno dal gruppo Riva creando elementi fittizi passivi nei bilanci dell’Ilva.
Il Tribunale di Milano li ha assolti ‘perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato’ alla luce delle modifiche apportate agli articoli 1, 3 e 4 della legge 74/2000. I tre, due ex manager del gigante siderurgico e un dirigente di Deutsche Bank, erano accusati di avere ideato una complessa triangolazione di prodotti strutturati e investimenti finanziari tra Italia, Germania e Madeira che ha consentito al Gruppo di spostare oltre i confini nazionali 159 mln ed evadere imposte per 52 mln. I giudici della prima sezione hanno accolto la richiesta del pm Stefano Civardi il quale non ha potuto fra altro che chiedere l’assoluzione perché l’elusione fiscale (tecnicamente chiamata “abuso di diritto”) non e’ piu’ perseguibile penalmente ma puo’ essere solo sanzionata sotto il profilo amministrativo. Il vantaggio è, ovviamente, tutto per le grandi aziende che riescono a schivare sapientemente le norme fiscali: non a caso, l’elusione viene definita ‘l’evasione dei ricchi’. Tra le altre cose, la legge depenalizza tutte le operazioni di interposizione, simulazione e frodi, escamotoge sofisticati per ingannare il fisco, come quello al centro di questo processo concluso con tre assoluzioni. (manuela d’alessandro)
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“Evasore seriale”, gli sequestrano 5 mln senza una condanna
E’ stato sempre prescritto, tranne un’assoluzione per insufficienza di prove, nei numerosi processi per frode fiscale in cui è incappato. Ma i giudici della sezione Autonoma Misure di Prevezione, presieduti da Fabio Roia, gli hanno sequestrato 5 milioni di euro sulla base di “indizi” che dimostrerebbero una “spoporzione tra gli investimenti effettuati nell’ambito delle sua attività lavorative e il reddito dichiarato.
Con un provvedimento ‘pilota’, la Guardia di Finanza di Milano ha portato via all’imprenditore di origini irpine Mario La Porta, attivo nel settore del movimento terra, 60 immobili, terreni, conti correnti e due società, come misura di prevenzione e non a seguito di inchieste o procedimenti in corso. “Questi beni, secondo i giudici, “appaiono indicativi di una disponibilità economica temporalmente in gran parte coincidente con le attività illecite poste in essere (…) che non trova giustificazione in adeguati e proporzionati redditi leciti, sì da ritenere che costituiscano il frutto o il reimpiego di attività illecite”. Secondo il pm Alessandra Dolci, a partire dal 2000 l’imprenditore si è dedicato a “diverse attività illecite” anche per reati in materia ambientale e di immigrazione e “principalmente” ha messo in atto “un’evasione fiscale in forma sistematica e seriale” accumulando “un ingentissimo patrimonio immobiliare”. Tutti raggiri al fisco mai culminati in una condanna sebbene accertati in sede tributaria. Per giustificare la ‘pericolosità sociale’ di Mario La Porta i giudici si riferiscono ad accertamenti condotti dalla Dia che evidenzierebbero “consolidati rapporti” tra la famiglia La porta ed esponenti della criminalità organizzata calabrese, in particolare col clan dei Flachi. Ora in un’apposita udienza i giudici dovranno decidere se confiscare o meno i beni sequestrati all’imprenditore. Resta il fatto che per la prima volta, almeno a Milano, c’è stato un sequestro patrimoniale a carico di un presunto evasore come misura di prevenzione, ‘solo’ sulla base di indizi. (manuela d’alessandro)
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Ecco le motivazioni della condanna a Dolce e Gabbana
Ecco le motivazioni della sentenza con la quale la Corte d’Appello ha condannato il 20 aprile gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana a un anno e sei mesi di carcere per evasione fiscale. Ora, per via dell’imminente prescrizione del reato, il processo dovrebbe essere trattato dalla sezione feriale della Cassazione come accadde per Silvio Berlusconi l’anno scorso per l’ultimo grado di Mediaset. Intanto, vediamo perché i giudici hanno condannato i creatori della maison disattendendo la richiesta del pg Gaetano Santamaria Amato (la-clamorosa-requisitoria-che-assolve-dolce-e-gabbana) che ne aveva invocato l’assoluzione.


