Tag: Procura Milano

  • La mitica procura allo sbando ma Csm non ha fretta

    Il Consiglio superiore della magistratura non sembra proprio avere fretta di nominare il nuovo procuratore capo di Milano dopo l’uscita per pensionamento di Francesco Greco avvenuta a metà del novembre scorso. Ci vorranno settimane se non addirittura mesi. Intanto la mitica procura che fu di Mani pulite continua a funzionare con l’organizzazione che le aveva dato Greco generando con il passare del tempo insoddisfazioni e incertezze. Una situazione simboleggiata poi dai 57 pubblici ministeri su 64 che votarono contro il trasferimento di Paolo Storari chiesto dal pm della Cassazione in seguito alla vicenda dei verbali di Amara consegnati a Davigo. Fu un voto che andava al di là dell’episodio specifico e che suonava come la generale sfiducia dei sostituti per il capo della procura, avversario di Storari nell’intervista vicenda Eni.
    Attualmente c’è un procuratore della Repubnlica facente funzione Riccardo Targetti che andrà in pensione nel prossimo mese di aprile a dimostrazione ulteriore del quadro estremamente fluido dell’ufficio. Il Csm si sarebbe “tranquillizzato” dopo aver risolto il caso della procura di Rona con la nomina di Lo Voi al posto di Prestipino. Era considerato il caso più spinoso dopo che TAR e Consiglio di Stato avevano deciso per l’irregolarità della nomina di Prestipino accogliendo il ricorso del Pg di Firenze Marcello Viola.
    Una vittoria che a Viola non ha portaro bene perché la sua candidatura a capo della procura di Roma è stata bocciata per la seconda volta e a vantaggio di Lo Voi. A viola insomna continuano a nuocere i ricami di chiacchiere intorno alla famosa riunione dell’hotel Champagne con i politici nonostante la sua conclamata estraneità alle operazioni sottobanco.
    Al punto che Viola non sarebbe messo bene nemmeno per diventare capo della procura di Milano e sarebbe costretto a puntare su quella di Palermo. Viola sarebbe considerato eccessivamente discontinuo per una procura ritenuta territorio di Md dopo le gestioni di Bruti Liberati e Greco. La lotta vede in pole position il procuratore di La Spezia Antonio Patrono e quello di Bologna Giuseppe Amato. Sarebbe in vantaggio a livello di titoli Amato perché proveniente da una procura sede di distrettuale antimafia e antiterrorismo. Tra i candidati c’è anche il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli ma stavolta la scelta sembra matura a favore del cosiddetto “papa straniero”.
    Ma ci vorrà ancora almeno un po’ di tempo. A Milano restano i problemi di diversi pm indagati a Brescia. Il 3 febbraio ci sarà l’udienza preliminare per Storari e Davigo. La procura di Brescia deve ancora decidere sulle posizioni di Fabio De Pasquale Sergio Spadaro e Laura Pedio in relazione sempre alla vicenda Eni. L’ufficio gip invece deve valutare la richiesta di archiviazione per Francesco Greco (frank Cimini)

  • La procura più divisa, in 45 si svegliano ora pro Storari

    “Scetet Catari’ ca l’aria è doce”(svegliati Caterina che l’aria è dolce, traduzione per chi non conosce il norvegese). E in effetti 45 pubblici ministeri più di due terzi del totale, si sono svegliati emettendo un comunicato per dire di non essere turbati dalla presenza tra loro di Paolo Storari, per il quale il Pg della Cassazione ha chiesto il trasferimento in relazione alla consegna a Piercamillo Davigo allora al Csm dei verbali di Piero Amara.
    I 45 magistrati chiedono “chiarezza” in relazione allo scontro che vede protagonisti da una parte il procuratore Francesco Greco con l’aggiunto Laura Pedio e dall’altra appunto Storari. “Siamo turbati dalla situazione che sta emergendo da notizie incontrollate e fonti aperte e sentiamo solo il bisogno impellente di chiarezza, di decisioni rapide che poggiano sull’accertamento completo dei fatti e prendano posizione netta e celere su ipotetiche responsabilità dei colleghi coinvolti” sono le parole della nota firmata dai pm.
    Evidentemente i firmatari in questi ultimi anni hanno vissuto altrove e ci voleva la sentenza con cui i vertici Eni sono stati assolti per riportarli alla realtà. Da tempo se potessero a Milano i pm si arresterebbero tra loro.
    Francesco Greco è il secondo capo della procura consecutivo che si salva dal procedimento disciplinare perché va in pensione. Succederà il 14 novembre. Greco segue le orme del suo predecessore Edmondo Bruti Liberati per il quale il Csm annunciò il “disciplinare” solo dopo che lo stesso aveva dichiarato di andare in pensione in anticipo. Era stata la procura di Brescia nell’assolvere Bruti dall’accusa di abuso d’ufficio a mettere nero su bianco che c’era materia da Csm dal momento che il capo della procura aveva agito in base a criteri politici nello scontro con l’aggiunto Alfredo Robledo in relazione al caso Expo.
    Ai tempi della “guerra” Bruti-Robledo solo molti mugugni e boatos con la procura che ostentò unità. Il caso Eni iniziò a scoppiare con un messaggio di Storari in una discussione interna: “Caro Francesco le cose non stanno così e lo sai benissimo, ne parleremo”. Si era all’indomani dell’assoluzione dell’Eni dopo che tra l’altro in modo azzardato la procura aveva mandato a Brescia un “veleno” di Amara sul presidente del collegio “avvicinabile” da due avvocati della difesa.
    Adesso a Brescia oltre a Storari per violazione del segreto d’ufficio istigato da Davigo sono indagati i pm del caso Eni De Pasquale e Spadaro per non aver depositato atti favorevoli alle difese.
    Greco ha rifiutato di consegnare ai pm di Brescia gli esiti di una rogatoria in Nigeria sull’Eni. È una guerra per bande all’interno della procura di Milano dove adesso a rischiare di più nell’immediato è Storari che ha temere sia il trasferimento sia di non fare più il pm. Questa almeno è la richiesta del pg della Cassazione Salvi che per arrivare a quel posto si era a un certo punto appoggiato a Palamara, quello che ora tutti fingono di non conoscere. Poi Salvi ha deciso che non possono essere sottoposti al “disciplinare” i magistrati che si autopromuovono. Insomma ha prosciolto se stesso. Storia di una categoria che si era proposta per salvare il paese vista dalla procura che fu il simbolo della grande farsa di Mani pulite. C’erano guerre interne anche allora. Di Pietro “rubo’” letteralmente un indagato a De Pasquale. Ma il capo Borrelli diede ragione a Tonino allora mediaticamente una forza della natura. E poi allora sui giornali non uscivano certi fatti se non in poche righe.
    (frank cimini)

  • Se la caccia al pm volpe può diventare una battaglia per i diritti

    Nei torridi corridoi del Tribunale di Milano è in corso da settimane la ‘caccia alla volpe’. La curiosità corre anche sui telefoni di chi questo posto lo batte ogni giorno: “Sai chi è la volpe?”, è il tam – tam tra avvocati, magistrati e giornalisti. Il ‘safari’ è cominciato il 4 luglio quando il quotidiano ‘Il Giornale’ ha pubblicato la notizia di un pubblico ministero a cui sono stati chiesti dalla polizia i documenti durante un blitz anti – droga in un elegante club gay cittadino mentre era in corso una festa. L’identificazione non è stata immediata perché il magistrato ha dovuto riprendere panni umani  spogliandosi dal travestimento da volpe a due code.

    Il pubblico ministero zoomorfo è estraneo allo spaccio di droga e non ha nulla a che spartire con la sospensione della licenza al locale. La notizia è stata confermata da fonti investigative dopo che la sua pubblicazione ha fatto arrabbiare parecchio il Questore, a sua volta ora a caccia degli agenti ‘spioni’. Il nome della ‘volpe’ non è stato pubblicato alimentando una curiosità morbosa tra gli abitanti del Palazzo. Anche il vicepremier e Ministro degli Interni Matteo Salvini ha espresso a una cronista la volontà di sapere chi si celasse dietro il peloso mascheramento. Nel clima da ‘sotto l’ombrellone’ di questi giorni, il dibattito è aperto, con tratti anche surreali: è giusto che un pubblico ministero assuma fogge volpine in ambienti promiscui? Si pone così in una posizione di eventuale ricattabilità? In un Paese bigotto come il nostro, nonostante i progressi degli ultimi anni, il pm canide potrebbe  forse scrivere una pagina importante nei diritti civili perché sotto sotto, anche in una città illuminata come Milano, sembra che quello che inquieta di questa vicenda sia anche l’orientamento sessuale della toga.  Basterebbe un comunicato: “Sì, la volpe sono io. Anche un magistrato  gay ha diritto a divertirsi, qual è il problema?”.  Invece temiamo che l’occasione sarà perduta e non tanto per amore della riservatezza ma soprattutto per il timore del pubblico ministero di andare incontro a ripercussioni sulla sua carriera. Ma le battaglie per i diritti si possono vincere solo a volto scoperto e senza abbassare la coda.

    (manuela d’alessandro)

  • Procura di Milano contro Anac: “Rendete inutili le nostre indagini”

    Era nell’aria da un po’ ma ora abbiamo l’ufficialità: tra la Procura di Milano e l’Anac è rottura con la prima che accusa la seconda di rendere “inutili” le sue indagini.   La mina salta alla presentazione del Bilancio di Responsabilità Sociale del 2017, un’occasione in cui di solito abbondano le ‘buone maniere’ e i linguaggi affettati. Invece il procuratore capo Francesco Greco prende il bazooka: “In attuazione del protocollo di Intesa del 5 aprile 2016 – si legge nel libretto che riassume un anno di lavoro – l’Anac ha trasmesso numerosi illeciti  da cui si potevano desumere fatti di corruzione. Tuttavia il ritardo con cui le notizie sono state trasmesse e soprattutto le modalità di acquisizione degli elementi (acquisizione di documentazione presso gli enti coinvolti) hanno determinato una discovery anticipata, sostanzialmente rendendo inutili ulteriori indagini nei confronti di soggetti già allertati”.  Un riferimento implicito certo è alle carte mandate in Procura da Raffaele Cantone  sulla vicenda dei milioni di fondi Expo per la giustizia milanese. Troppo tardi, secondo i magistrati che si sono trovati a indagare su una presunta turbativa d’asta relativa alla gestione dei soldi da parte della magistratura milanese e del Comune di Milano a distanza di anni dai fatti. E dopo che Anac è andata ad acquisire cumuli di carte a Palazzo Marino. E’ finita che la Procura di Milano si è liberata dell’indagine, non con un certo fastidio, spedendola a Brescia per potenziali coinvolgimenti di magistrati che si sono occupati del ‘tesoro’ proveniente dall’Esposizione. C’è anche da dire, almeno per questa inchiesta, che organi di stampa tra cui Giustiziami avevano scritto molto tempo prima dell’intervento di Anac ma in Procura non si era ritenuto di intervenire.

    Altro terreno di tensioni era stata  l’inchiesta sulla pubblicità delle aste giudiziarie avviata dalla Procura sempre a partire da un dossier di Anac che aveva accolto con un certo stupore, stando a nostre fonti, la richiesta di archiviazione presentata dai pubblici ministeri e poi accolta da un gip.  Secondo l’Autorità, il  bando lanciato nel 2012 dalla Camera di Commercio era stato viziato da “gravi anomalie”. A vincere fu la sola società partecipante, con un ribasso del 72,5%. L’Anac mandò gli atti alla magistratura nel 2015, 3 anni dopo i fatti, mentre l’archiviazione è del maggio scorso. Il rapporto tra l’Authority e la magistratura  era apparso invece idilliaco ai tempi del procuratore Edmondo Bruti Liberati da cui erano arrivati riconoscimenti ad Anac all’epoca dei primi arresti legati a Expo. In serata, Greco ridimensiona parlando di “problemi tecnici” e di “ottimi rapporti con Cantone”.

    (manuela d’alessandro)

     

     

     

  • Promossi e bocciati nella nuova mappa della Procura di Milano

    Gli scontenti ci sono, alcuni a mezzi bocca, altri in modo esplicito. Ma anche quelli felici che hanno avuto proprio il posto che volevano.  In ogni caso, questa è la nuova squadra della Procura di Milano disegnata dal procuratore Francesco Greco, chiamata a rivitalizzare il panorama fiacco delle indagini negli ultimi tempi. A dirlo sono i gip del settimo piano (“Non c’è mai stato un un periodo di calma piatta tanto lungo”) e gli avvocati (“Lavoriamo più in provincia che qui”, spiega un legale di lungo corso).

    Corruzione

    A guidare il pool sarà Ilda Boccassini, che prende il posto della collega Giulia Perrotti, costretta ad allontanarsi dal lavoro per motivi personali. Viene descritta come “entusiasta” per il suo nuovo incarico dopo lo scoramento della fase in cui era tornata pm ‘semplice’, a due anni dalla pensione.  Al suo fianco, tra gli altri,  i pm dei casi Telecom e Mps, Stefano Civardi e Giordano Baggio; Piero Basilone, con una lunga esperienza in reati di terrorismo; Maurizio Ascione, autore di numerose indagini sui morti per amianto e Paolo Filippini e Giovanni Polizzi, impegnati da anni in questo settore; Luca Poniz, esperto di reati contro la pubblica amministrazione.  Tra i ‘bocciati’ Luca Gaglio, pm del caso Ruby (perché troppo giovane di servizio) e Gianluca Prisco (“non ha attitudini specifiche per le materie trattate”).

    Antimafia  

    Nel dipartimento guidato da Alessandra Dolci, le novità sono il pm rugbista (in serie B) Stefano Ammendola e la collega Silvia Bonardi, che per molti anni si è occupata di criminalità organizzata a Brescia e a Milano è impegnata anche nel caso Mediaset – Vivendi. ‘Bocciata’ la domanda del pm Paola Pirotta, che si è occupata di diverse indagini di terrorismo internazionale.

    Finanza internazionale 

    Nel nuovo pool, il capo Fabio De Pasquale sarà affiancato da tre magistrati giovani ma già di grande esperienza: Paolo Storari, Isidoro Palma e Gaetano Ruta.

    Salute e lavoro

    Nella squadra di Tiziana Siciliano vengono schierati la pm Sara Arduini, che ha avuto al suo fianco nel processo a Marco Cappato, e Mauro Clerici che lascia il pool reati economici.

    Stupri e stalking

    E’ il dipartimento che si occupa delle cosiddette ‘fasce deboli’ e ora lo guida Letizia Mannella che coordinerà il lavoro di 12 pm, anche di Michela Bordieri, che ha una lunga esperienza al Tribunale dei Minorenni.

    Truffe informatiche 

    Anche questo un dipartimento nuovo che viene incontro al proliferare di reati online. A guidarlo Eugenio Fusco, la cui esperienza in altri settori, come l’anticorruzione, avrebbe potuto forse essere sfruttata meglio. Nella lotta alla criminalità informatica avrà vicino due tra i massimi esperti in materia, Francesco Cajani e Alessandro Gobbis.

    Crimini gravi     

    Nel pool guidato da Laura Pedio entra anche il pm Leonardo Lesti, che si sta occupando del disastro ferroviario di Pioltello e farà parte pure dell’antiterrorismo. Per quest’ultimo aveva fatto domanda anche il pm Marcello Musso, ma la sua istanza è stata respinta.

    Bancarotte 

    Sotto il procuratore Riccardo Targetti lavoreranno sei pm, tra i quali un’esperta del settore, Donata Costa, e Roberto Fontana, ex giudice fallimentare a Milano, poi a Piacenza e ora di ritorno.

    (manuela d’alessandro)

     

  • La nuova mappa del potere in Procura, gli aggiunti scelti dal Csm

    Cambia la mappa del potere a Milano con 6 procuratori aggiunti nuovi di zecca chiamati a sostituire Francesco Greco, Pietro Forno, Alfredo Robledo, Maurizio Romanelli e Ilda Boccassini che per vari motivi hanno lasciato o lasceranno a breve il loro posto a capo dei dipartimenti.

    Dopo mesi di trattative tormentate, dalla votazione della quinta Commissione del Csm, quella che si occupa degli incarichi direttivi, vengono fuori 5 nomi già sicuri del posto: due con l’unanimità, Maria Letizia Mannella e Tiziana Siciliano più Fabio De Pasquale, Eugenio Fusco e Alessandra Dolci con 5 voti. Entreranno al Plenum come ‘generali’ e tali ne usciranno. A parte Mannella, sostenuta dalla corrente moderata Unicost, gli altri sono tutti esponenti di Area, formazione di sinistra. 

    Sarà bagarre invece sul sesto nome perché l’attuale pg Nunzia Ciaravolo e il pm Laura Pedio hanno preso 3 voti a testa. Sembra leggermente favorita la prima, che nel curriculum ha esperienza in Kosovo per l’Onu, e dovrebbe contare sui voti di Unicost, Magistratura Indipendente e di alcuni consiglieri laici, oltre alla preferenza del presidente della Cassazione Giovanni Canzio, col quale è stata a lunga nel consiglio giudiziario milanese. Pedio è sostenuta da Area e dal procuratore capo Francesco Greco che le ha affidato diverse inchieste economiche di rilievo. (manuela d’alessandro)

  • La Procura di Milano allo sbando dopo il pasticcio sul delitto Caccia

     

    Il pasticcio è davvero brutto e la “mitica” procura dà l’impressione di non sapere come uscirne. Rocco Schirripa era stato arrestato il 21 dicembre dell’anno scorso, come esecutore materiale dell’uccisione di Bruno Caccia, nel 1983 capo della prcura di Torino. Ma Schirripa era già stato indagato 20 anni fa e poi archiviato. Le manette scattavano senza che la procura avesse chiesto al gip la riapertura formale del caso. Quindi processo da azzerare. Il pm Marcello Tatangelo sabato scorso chiedeva alla corte d’assise la scarcerazione. Richiesta accolta oggi ma nello stesso tempo è scattato il fermo di Schirripa sul quale il gip dovrà decidere entro 48 ore.

    Le prove illegittime non sono prove, protesta la difesa. Parliamo delle intercettazioni raccolte dalla procura senza la riapertura formale delle indagini. Ma gli elementi raccolti prima di inserire (per la seconda volta) il nome di Schirripa tra gli indagati possono essere usati. In origine infatti il fascicolo era stato rubricato a modello 44, seza indagati. Certo, un po’ strano se si procede per omicidio. Il panettiere era finito nel registro degli indagati con ritardo. Cioè si indagava su di lui senza farlo formalmente, una procedura anomala troppo spesso usata dagli inquirenti anche con personaggi illustri tanto che Berlusconi ne è stato vittima due volte, nel 1994 (inchiesta tangenti alla gdf) e nel 2010 (caso Ruby).

    Non si capisce (ma in realtà si comprende benissimo) perché di fronte a comportamenenti gravi dei magistrati perchè i pm non possono non conoscere vita morte e miracoli di un fascicolo a loro affidato il ministro della giustizia non abbia messo un paio di ispettori sul Frecciarossa per Milano. Del resto anche per il fascicolo Sea “dimenticato” per 6 mesi in un cassetto gli 007 non erano partiti.  Evidentemente le procure, in particolare quella di Milano, sono intoccabili. Poche settimane fa il capo dell’Anm Piercamillo Davigo in un’intervista era arrivato a dire: “I processi sulle primarie non li abbiamo ancora fatti”. La politica si prende gli avvertimenti e tace. E’ ricattabile. (frank cimini)

  • La Procura impugna l’assoluzione dei No Expo, i due pesi e due misure

    “Dove vedono e dove cecano”, recita il vecchio adagio. Che la procura ricorra contro le assoluzioni è considerato fisiologico, ma a volte il contesto fa la differenza. La procura di Milano ha impugnato la sentenza del gup che aveva assolto 3 manifestanti dall’accusa di devastazione in relazione al corteo del primo maggio del 2015. E’ lo stesso ufficio inquirente che aveva chiuso un occhio e l’altro pure sugli appalti dell’evento. Una circostanza pacificamente provata dal premier Matteo Renzi che in riferimento al “successo” di Expo ringraziava in ben due occasioni l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati per “il senso di responsabilità istituzionale”.

    La moratoria delle indagini, che portava tra l’altro al proscioglimento del numero uno di Expo Beppe Sala dall’accusa di abuso d’ufficio con una motivazione tragicomica, non vale per le pietre tirate contro le vetrine delle banche. In 40 pagine la procura rimprovera al gup una errata applicazione della legge penale e il fatto di non aver valutato complessivamente e unitariamente gli elementi di prova.

    Dura lex sed lex, ma solo per chi ha protestato contro la manifestazione simbolo del sistema paese di cui la magistratura evidentemente si sente parte integrante con tanti saluti all’obbligatorietà dell’azione penale. In questo caso la procura non demorde e fa finta di niente anche davanti alla lezione di diritto impartita dalla corte di appello di Atene che nel respingere l’estradizione di 5 anarchici ricordava il principio della responsabilità penale come personale e non collettiva.

    “Giustizia di classe” si sarebbe detto in altri tempi, quando per esempio il neo procuratore di Milano Francesco Greco faceva parte della sinistra di Md, una sparuta pattuglia di magistrati (“pochi ma buoni”) distribuita tra Roma e Milano che contrastò la logica dell’emergenza battendosi con vigore anche contro i vertici della corrente. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e vale ma solo fino ad un certo punto la considerazione che si nasce incendiari e si muore pompieri. Non è così per tutti in verità. La legalità non è una questione di giustizia ma di potere. (frank cimini)

  • Guerra senza fine in Procura. Robledo: anche il pm Fusco ebbe contatti con l’avvocato Aiello.

    E’ senza fine la guerra in procura a Milano che era sfociata nel trasferimento dell’aggiunto Alfredo Robledo come giudice a Torino nel corso del contenzioso con l’allora procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. Adesso Robledo ha depositato al consiglio giudiziario, chiamato a formulare un parere sul mantenimento dell’incarico, una memoria in cui chiama in causa il pm Eugenio Fusco.

    Fusco avrebbe intrattenuto rapporti confidenziali con l’avvocato Domenico Aiello, lo stesso legale con il quale Robledo aveva scambiato una serie di sms all’origine del trasferimento del magistrato a Torino.

    “Nello stesso contesto dell’indagine di Reggio Calabria Aiello – scrive Robledo – sempre in occasione di conversazioni telefoniche con terzi affermava che il collega Fusco gli avrebbe rivelato in dettaglio il contenuto di una richiesta cautelare al gip depositata il 21 dicembre 2012”. “Non ho alcun dubbio che le affermazioni di Aiello non siano veridiche – aggiunge Robledo nella memoria al consiglio giudiziario –  per queste ragioni ritengo che via sia stata una disparità di trattamento. Per analoga fattispecie nei miei confronti era stato aperto un procedimento disciplinare mentre non mi risulta che analoga iniziativa sia stata adottata nei confronti del collega Fusco”

    Fusco è membro del consiglio giudiziario e si troverebbe secondo Robledo in una classica situazione da conflitto di interessi non solo per le affermazioni di Aiello ma anche per la precedente vicenda Sea, il fascicolo “dimenticato” in carico allo stesso Fusco e che il procuratore Bruti Liberati affidò al dipartimento di Robledo solo a gara d’asta conclusa e quando in pratica non era più possibile svolgere accertamenti dal momento che i direttati interessati ormai sapevano di essere sotto inchiesta.

    Secondo la ricostruzione di Robledo, Fusco non dovrebbe partecipare al voto in merito al parere che il consiglio giudiziario deve mandare al Csm. Quel parere è importante perché riguarda il futuro professionale di Robledo. Le sezioni civili della Cassazione infatti confermando il trasferimento di Robledo a Torino hanno anche deciso che contrariamente alla scelta del Csm il magistrato può fare l’aggiunto. La decisione non è definitiva non essendo ancora state depositate le motivazioni e di questo ritardo Robledo si duole nella memoria al consiglio giudiziario.

    Va detto che rapporti di grande confidenza tra avvocati  e magistrati sono la norma, a volte pure con punte di spregiudicatezza (non ci sembrano questi i casi, né per Robledo, né per Fusco), ma il problema è che in questa vicenda ci sono stati fin qui due pesi e due misure.

    A Robledo il Csm e la Cassazione hanno fatto pagare la colpa di aver gridato forte che il re è nudo, cioè che i magistrati spesso fanno valutazioni politiche. Del resto questo è il rimprovero della procura di Brescia a Bruti Liberati in merito alla gestione del caso Sea pur assolvendolo dall’accusa di abuso d’ufficio. Ma anche qui il rimprovero è rimasto lettera morta soprattutto perché il Csm annunciava il procedimento disciplinare a carico di Bruti solo quattro giorni dopo che l’allora capo della procura aveva annunciato di andare in pensione. E’ la giustizia bellezza! (frank cimini e manuela d’alessandro)

     

     

  • Boccassini diserta la cerimonia d’insediamento di Greco

    Lei, seduta nel suo ufficio, vestita di bianco e di nero, fuma una sigaretta parlando coi collaboratori. Come in un giorno qualsiasi. Lui, un piano più in giù, riceve l’abbraccio e le parole dolci (“dicono che mi assomigli per il carattere e ne sono orgoglioso”) di Francesco Saverio Borrelli, nel momento più importante della sua vita. Il pubblico alla cerimonia d’insediamento applaude, di un applauso così fragoroso che una piccola onda forse arriva anche lassù.

    Li avevamo lasciati (in apparenza?) dalla stessa parte: Francesco Greco, da oggi procuratore capo di Milano, e Ilda Boccassini, impegnati nella difesa strenua di Edmondo Bruti Liberati dall’attacco sferrato da Alfredo Robledo nella sanguinosa guerra in Procura. Ma già la sera stessa della nomina del Csm si era sparsa la voce che Ilda volesse esprimere il suo malcontento per non essere stata presa in considerazione nella corsa al vertice, esclusa perfino dai tre ‘nominati’ finali (Greco, Melillo e Nobili).

    Non basta l’investitura di un Borrelli emozionatissimo (“Sono certo che Greco sarà capace di pilotare la navicella puntando sulla coesione e l’armonia dell’ufficio”). Il nuovo corso parte con una procura ancora spaccata, anche se nell’aula dove Greco inaugura il dopo – Bruti si respira una gran voglia di ricominciare e qualche pm entusiasta addirittura registra con lo smartphone.

    Il nuovo capo ringrazia il suo predecessore esaltando il ruolo di Bruti nel difendere l’”autonomia della magistratura”, proprio quello che i suoi contestatori, tra cui tanti magistrati, gli accusano di non avere fatto, con la ‘moratoria’ sulle indagini di Expo. Non cita Bruti, e non pare una dimenticanza, il pg Carmen Manfredda, che elogia il curriculum di Greco ma non manca di ricordare la necessità di rispettare l’articolo 3 della costitiuzione e il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Manfredda aveva firmato assieme all’allora procuratore generale Laura Bertolé Viale l’avocazione di una decina di inchieste  a Greco per non aver indagato abbastanza.L’altro grande assente di giornata è il procuratore generale Roberto Alfonso, ufficialmente impegnato altrove.

    Greco promette “una procura start up: velocità, trasparenza e giustizia online”, ma il suo idolo è antico, quel piccolo uomo di 86 anniseduto in prima fila, che si alza per abracciarlo nel tripudio galvanizzato di tutti i pm. Sullo sfondo, il sinistro rumore di un’assenza. (manuela d’alessandro)

  • Greco avanti, ma Nobili non è molto lontano: gara apertissima per la Procura

    E’ apertissima la gara per la Procura di Milano dopo che oggi la quinta commissione del Csm ha proposto i nomi dei candidati alla successione di Bruti Liberati: il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco ha ottenuto tre voti (due da consiglieri di Area, uno da Sel); una preferenza, del togato di Mi, è andata al pm milanese Alberto Nobili e un’altra, quella della consigliera laica del Pdl, a Giovanni Melillo, capo di gabinetto del Ministro Orlando. Si è astenuto il togato di Unicost e proprio da questa non scelta bisogna partire per provare a immaginare quello che accadrà nel plenum.

    Unicost sembra più che mai decisiva, i cinque voti a sua disposizione possono cambiare l’esito della partita. Cosa ha voluto comunicare con la sua astensione il togato Massimo Forciniti? A quanto apprendiamo, la corrente è spaccata: da una parte Luca Palamara insisterebbe per Greco, scelta non gradita ad altri che invece punterebbero su Nobili.

    Greco è il candidato di Area, che ha un pacchetto di 7 voti tra i togati ed è corrente alla quale sarebbe vicino anche Melillo che oggi però è stata proposto dall’incertissima, fino all’ultimo, laica di centrodestra Elisabetta Casellati. Pare che il suo voto sia stato ispirato dal Presidente della Cassazione Giovanni Canzio al quale risulterebbe indigesta la nomina del capo del pool economico milanese. L’obbiettivo: sparigliare le carte, non far andare Greco contro Nobili allo scontro finale perché in un ‘uno contro uno’ avrebbe prevalso con molta facilità il primo.

    Nobili conta sui tre voti di Magistratura Indipendente e, oltre che sperare di ottenere le preferenze di Unicost, deve cercare consensi tra i laici. Stando a quanto riportato dal Sole24ore, la battuta che sta circolando in queste ore a Palazzo dei Marescialli è: “Davigo alla testa dell’Anm e Greco della Procura di Milano è troppo. Mani Pulite non può prendersi tutto”. Tuttavia, il procuratore aggiunto è molto gradito da Matteo Renzi e, almeno fino al voto della Casellato, sembrava godere anche delle simpatie di Silvio Berlusconi.  Area propone Greco ma, se la situazione dovesse pendere a favore di Nobili, a un certo punto potrebbe cambiare cavallo, buttandosi su Melillo. Finora il capo di gabinetto è stato considerato troppo ‘politico’, dimenticando che negli ultimi anni, con la gestione di Bruti,  la Procura di Milano è stata di fatto guidata da Quirinale e Palazzo Chigi. (manuela d’alessandro)

  • Apple e Google, la “campagna” del pm Greco per diventare capo

    Andare sui giornaloni e sui giornalini mentre il Csm sta per decidere chi sarà il nuovo procuratore capo di Milano aiuta, soprattutto se si parla e si scrive delle esterovestizioni di due colossi come Apple e Google. Apple che accetta di versare all’Agenzia delle Entrate 318 milioni di euro davanti a una contestazione originaria di 880 milioni. A Google ne vengono contestati 227, notificati in queste ore, e poi si “patteggerà” la somma. Sotto la supervisione decisamente anomala della procura alla quale spetterebbe solo di istruire il processo penale. Ma così è e tutto va bene madama la marchesa. A capo del pool reati societari c’è il procuratore aggiunto Francesco Greco, un magistrato già molto mediatico di per sè e in pole position per succedere a Edmondo Bruti Liberati in pensione dal 16 novembre scorso.

    Uno scoop dietro l’altro per influire sulla scelta del cosiddetto organo di autogoverno dei magistrati. Del resto la carica di capo dei pm di Milano tocca a Magistratura Democratica (che aveva rinunciato a battagliare per la presidenza del Tribunale) in una spartizione tutta politica che dura da sempre e che dovrebbe far ridere se si pensa ai proclami quotidiani di indipendenza e autonomia della magistratura. Ma diciamo che ormai, purtroppo, ci abbiamo fatto il callo.

    In ballo c’è il vertice della procura più importante d’Italia anche se la fama (sia chiaro solo per chi ci aveva creduto allora) non è quella dei tempi di Mani pulite, soprattutto se si pensa alla lesione di immagine (eufemismo) verificatasi con lo scontro interno tra Bruti e Robledo, e al fascicolo Sea dimenticato per sei mesi, riemerso solo quando non si potevano più fare indagini.

    Greco era nel cerchio magico di Bruti e la sua designazione assicurerebbe continuità. Greco da procuratore aggiunto nel suo curriculum vanta si fa per dire anche di aver chiesto una dozzina di archiviazioni in procedimenti per evasione fiscale a carico di imprenditori comuni mortali. Tutte respinte dal gip con intervento della procura generale che avocava e otteneva la citazione diretta a giudizio e successivamente pure diverse condanne. Della vicenda si è letto solo su questo blog, sul Giornale e sul Fatto Quotidiano.

    Giornaloni e giornalini evidentemente avevano altro da fare: tirare la volata a Francesco Greco. Che la legge è uguale per tutti, nelle aule e sui media, lo vadano a raccontare altrove (frank cimini)

  • Schiaffo e sbeffeggi dalla Svizzera a Renzi, no al rientro del miliardo per Ilva

    La ‘Salva Ilva’ voluta dal governo Renzi per dare ossigeno al gigante siderurgico prostrato dalle inchieste giudiziarie si schianta contro la Svizzera. Il Tribunale Federale di Bellinzona boccia lo sblocco verso l’Italia di 1,2 miliardi di euro che erano stati sequestrati alla famiglia Riva come frutto di presunti reati in una delle tante indagini sulla gestione dell’azienda.

    Nella sentenza con cui negano il rimpatrio, i magistrati di Bellinzona massacrano con toni quasi sbeffeggianti il nostro sistema giudiziario e la norma che avrebbe dovuto risollevare la fabbrica un tempo orgoglio italiano. Sotto accusa c’è il sofisticato meccanismo previsto dalla ‘Salva Ilva’ per permettere alla società di utiilizzare i fondi sequestrati ai Riva attraverso la sotttoscrizione di obbligazioni da parte dell’azienda dell’acciaio. “La consegna del denaro – scrivono le toghe elvetiche – a causa della costellazione giuridica in Italia avrebbe come risultato che i valori in questione sarebbero stati subito convertiti, senza che vi sia una sentenza di confisca passata in giudicato ed esecutiva, in obbligazioni di una società in fallimento soggetta ad amministrazione straordinaria”. Questo significherebbe che “i beni patrimoniali sarebbero convertiti in titoli con valore non equivalente (presumibilmente senza valore o con valore fortemente ridotto) e ciò costituirebbe un’espropriazione senza un giudizio penale“.  Il principio, tanto caro agli svizzeri, è quello di conservare il denaro sequestrato fino a una pronuncia definitiva non facendogli perdere valore.

    Cosa succederà ora? Il miliardo e passa resta ibernato presso la banca luganese Ubs e non torna alle figlie dell’ex patron, morto nel 2014, Emilio Riva, che avevano presentato ricorso contro la decisione della Procura di Zurigo, cancellata dal Tribunale Federale, di dare il ‘via libera’ allo sblocco dei soldi. Le eredi di Emilio sono state ritenute “non legittimate” a presentare l’istanza. Entro 10 giorni i magistrati di Zurigo potranno ricorrere contro i colleghi federali ma è molto probabile che anche la Procura di Milano non resti impassibile a guardare la montagna di denaro risucchiata oltreconfine. (manuela d’alessandro)

    Il comunicato del Tribunale Federale di Bellinzona

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  • In Anm baruffa via mail sul comunicato di ringraziamento a Bruti Liberati

    “L’Anm, certa di interpretare il sentimento di tutti i soci saluta affettuosamente nel giorno del suo congedo Edmondo Bruti Liberati e lo ringrazia per il contributo prezioso che ha sempre offerto per l’attività dell’associazione nella quale ha rivestito con saggezza e spirito di unità il ruolo di segretario generale e presidente in anni difficili”. E’ il comunicato dell’associazione nazionale magistrati che ha dato il via alla baruffa interna sulle mailing.list.

    “Grazie di queste espressioni – gongola l’ex procuratore –  Sono così belle che rischio uno sdoppiamento della personalità: mi chiedo se sono proprio io, la persona alla tastiera, quella di cui parlate…”.

    “Prima di parlare a nome di tutti chi rappresenta un’associazione dovrebbe informarsi sul vero sentimento dei propri soci e sulle persone che intende incensare”, è una delle note critiche dove si ricorda che la personalità del procuratore di Milano “è stata molto divisiva al suo interno”.

    “Per interpretare correttamente il sentimento dei soci sarebbe bastato leggere questa mailing-list nei diversi mesi dello scontro nella procura di Milano… Non mi pare di ricordare un encomiabile spirito di unità” si legge ancora.

    C’è chi ricorda le parole di Bruti Liberati al collega Alfredo Robledo nel corso del contenzioso poi finito con il trasferimento dell’aggiunto a Torino. Bruti “apostrofò” il suo aggiunto affermando che la nomina dello stesso era stata determinata dalla “incontinenza” di qualche consigliere del Csm.

    C’è poi chi in modo secco si dissocia dal comunicato dell’Anm “concernente il pensionamento di Bruti che non ha la mia stima nè sul piano personale nè su quello professionale e che diventò capo di una procura delicata in base alla nota profezia dell’allora consigliere del Csm Celestina Tinelli intercettata in una ‘scomoda’ telefonata”.

    Altri colleghi manifestano fastidio “per l’effluvio di mail celebrative”. “Il fatto è che l’improvvida moda  dei cosiddetti bilanci sociali degli uffici giudiziari non contempla l’ipotesi del loro mancato gradimento verso il pubblico” è il contenuto di un’altra mail critica verso quella che fu una delle innovazioni di Bruti al vertice della procura di Milano.

    “Un gruppo di persone tenta di coprire in un giubilo retorico una storia complessa e molto rilevante, il tutto in poche mail e senza spargimento di sangue, così da non innescare l’ennesimo coro di ‘je suì Edmondo Bruti Liberati’. Direi un eccellente risultato per la democrazia” è lo scritto di un magistrato che invita un collega: “E accattati un vocabolario”.

    E ancora: “Perchè l’Anm fa simili comunicati di commiato per taluni colleghi e tace del tutto per altri”. C’è chi da là colpa alla “ossessione del partito unico che impazza nel paese e che ci deve vedere per forza arruolati”.

    Insomma i vertici dell’Anm danno la sensazione di aver prevaricato almeno una parte degli iscritti i quali non stanno zitti e lo fanno notare. Chissà se questa baruffa via mail influirà in qualche modo sul Csm che dovrà nominare il successore di Bruti. Continuità o discontinuità? Interno all’ufficio o esterno? I 90 e passa pm intanto aspettano di sapere se e cosa cambierà, dopo aver vissuto l’asprezza di uno scontro interno che ha lasciato non pochi strascici anche se Bruti nell’intervista d’addio aveva detto: “Ufficio tranbquillo da quando non c’è più quella persona. Il problema non ero io”. (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Non dite più che ad agosto non c’è un cane nel Palazzo di Giustizia

    Non si dica che ad agosto a Palazzo di Giustizia non c’è un cane. Ed è pure un cane felice di starci. Il bassotto scorazza con naturalezza sul ‘prato’ di marmo grigio e si prende coccole e carezze degli sparuti frequentatori della Procura estiva che incontrano la premurosa padrona. (manuela d’alessandro – foto per gentile concessione di franco vanni)

     

  • E’ morto l’ex procuratore Manlio Minale, per lui “il diritto e i fatti sopra ogni cosa”

    E’ morto stamattina Manlio Minale, ex procuratore generale ed ex procuratore della Repubblica di Milano. Avrebbe compiuto 75 anni ad agosto quando sarebbe dovuto andare in pensione. A maggio aveva anticipato l’addio alla magistratura con una lettera ai colleghi in cui spiegava di dover lasciare l’adorata toga un po’ prima del tempo per motivi di salute.

    Nato a Tripoli, in Libia, nel 1940, era entrato in magistratura nel 1965. Nel 1980 l’arrivo a Milano dove aveva presieduto la corte d’assise che condannò Adriano Sofri per l’omicidio Calabresi. Sempre a Milano è stato coordinatore del pool Antimafia e poi presidente del Tribunale di Sorveglianza. Nel 2003 aveva preso il posto di Gerardo D’Ambrosio alla guida  della procura, incarico ricoperto sino al 2010 quando è diventato procuratore generale.

    Lo ricordiamo col suo ultimo discorso pronunciato il 25 gennaio 2014, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario.

    Minale contro i giudici che non ricostruiscono i fatti

     

     

  • Bruti: Vado in pensione. Cassazione: ok Robledo a Torino

    Nel giorno in cui la Cassazione, sezioni civili, dà l’ok al trasferimento a Torino dell’ex aggiunto Alfredo Robledo a causa degli sms scambiati con l’avvocato della Lega Nord Domenico Aiello, il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati annuncia che andrà in pensione il 16 novembre, rinunciando a prorogare l’incarico.

    Bruti e Robledo. I protagonisti dello scontro più forte mai avvenuto dentro una procura importante, dove è emerso chiaro come non mai il collegamento tra giustizia e politica. E basta leggere gli atti del contenzioso per rendersene conto. Nemmeno l’imputato eccellente per antonomasia con tutti i suoi potenti mezzi era riuscito a mettere in così grande difficoltà l’immagine e non solo quella della magistratura italiana.

    Dunque per la Cassazione era urgente il trasferimento a Torino di Robledo, al di là di quello che sarà il procedimento nel merito che in verità non è nemmeno stato avviato. Al pari quello a carico di Bruti che a questo punto non ci sarà. La ciliegina sulla torta l’aveva messa pochi giorni fa il consiglio giudiziario milanese rinviando al 22 settembre il parere sulla decisione della conferma dell’incarico di Bruti come procuratore capo. Tomo tomo cacchio cacchio Bruti va via senza rischiare di pagare dazio per aver “dimenticato” per 6 mesi nel cassetto un fascicolo. Non si trattava di un incidente stradale, ma della gara d’asta per la Sea, una delle più importanti aziende italiane, dove era lambita la giunta di centrosinistra del capoluogo lombardo.

    Ha pagato alla fine solo l’anello più debole, Robledo, schiacciato dal ruolo gerarchico di Bruti che come fondatore di Md era per l’organizzazione orizzontale contro i vertici. E che nella guerra interna ha avuto il sostegno importante di Giorgio Napolitano dal Quirinale il quale spesso ha fatto riferimento proprio ai poteri di cui dispongono i capi degli uffici inquirenti. Si chiude, si fa per dire, così una bruttissima pagina della storia della magistratura. Indipendenza? Autonomia? E da chi? Da questa vicenda è emerso che i politici con tutte le loro gravissime colpe non sono certo i peggiori nell’ex patria del diritto. Da tempo ormai è tutto al rovescio (frank cimini)

  • Ruby non parla ai pm
    Ma leggetevi le domande…

    E all’improvviso, Ruby non parla più. Vi ricordate la scenetta di Karima El Marough sullo scalone del palazzo di giustizia mentre mostra il suo passaporto alle telecamere? E l’intervista al programma di Santoro? Naturalmente, i processi sono un’altra cosa. Qualunque affermazione uno faccia in aula ha un peso molto diverso da quello che avrebbe di fronte a una telecamera. E Ruby, anche in aula di cose ne ha dette, con la sua deposizione fiume davanti ai giudici che processavano Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti.

    Ora però, nell’indagine ‘ter’, davanti ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, preferisce non rispondere alle domande degli inquirenti. I quali ci provano comunque a raccogliere le sue dichiarazioni e non si accontentano di un semplice “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”: ne raccolgono infatti ben nove. Loro domandano, mettono la giovane marocchina davanti a una serie di elementi accusatori e lei quasi meccanicamente risponde: “Mi avvalgo”.

    L’interesse di questo verbale sta allora nelle domande, e non nelle risposte. Vale la pena dargli un’occhiata. Qui sotto.

     

    prosegue

     

     

  • Le pulci invadono la cancelleria, chiusi gli uffici

    Festa grande a Palazzo per le pulci che amano la carta ma non disdegnano di punzecchiare gli umani. Il banchetto è stato consumato negli uffici della Cancelleria centrale penale della Procura, al terzo piano. I ghiotti parassiti hanno fatto incetta di fascicoli di carta e pelle dei malcapitati cancellieri che, da qualche giorno, lamentavano un irresistibile pizzicore. Oggi è arrivata la sentenza dei tecnici delle disinfestazioni: “Pulci”. I tecnici della Asl sono già intervenuti per bonificare le stanze della cancelleria, per il momento ancora inutilizzabili. (manuela d’alessandro)

  • La moratoria sulle indagini della Procura di Milano per Expo (e non solo)

    “Magari adesso il porto delle nebbie siamo noi”, dice un pm critico con la gestione della procura da parte del capo Edmondo Bruti Liberati, evocando la storica definizione che tanto tempo fa era stata utilizzata per gli inquirenti romani. “Moratoria per Expo” è la spiegazione che ormai da mesi gira per il quarto piano e sulla quale concordano anche diversi avvocati preoccupati innanzitutto per la mancanza di parcelle dai ‘colletti bianchi’.

    Expo ora è una sorta di patria da salvare. Non si può disturbare il manovratore, anche a costo di vedere accertamenti sul Padiglione Italia spuntare dall’inchiesta di Firenze. Ahi, Firenze, proprio l’autorità giudiziaria da dove approdò a Milano quella turbativa d’asta targata Sea poi “dimenticata” per 6 mesi in un cassetto e assegnata all’allora aggiunto Robledo quando la gara si era conclusa e le bocce tirate. (Sea, l’indagine mancata)

    L’indagine su Roberto Maroni sulle assunzioni e sui 6 mila euro di un viaggio a Tokio di una consulente che il governatore avrebbe preteso fossero sborsati proprio da Expo è chiusa da tempo, ma per la formalizzazione si è deciso di aspettare. Diciamo per non interferire con il taglio del nastro del prossimo primo maggio. Per le tangenti pagate lo stop è arrivato con i patteggiamenti di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti figure della Prima Repubblica. Non è mai decollata un’indagine sul maxi appalto della Piastra, centro nevralgico dell’Esposizione. C’è anche chi maliziosamente afferma che se ne parlerà dopo il 31 ottobre, per non danneggiare il cosiddetto ‘sistema paese’ che a Parigi con Letizia Moratti e Romano Prodi sconfisse la terribile armata di Smirne.

    Ci sarebbe anche un’indagine sull’amianto alla Scala, pure questa pronta per essere chiusa con il deposito degli atti. Ma si aspetta. L’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è un optional in realtà. Tempo al tempo. Prevalgono criteri di convenienza e di opportunità. Cioè la politica, da parte di una categoria che per il resto non perde occasione per rivendicare indipendenza e autonomia persino quando sul tavolo della discussione c’è il periodo feriale.

    E’ uno stringersi intorno a Expo che, pochi giorni fa, il sindaco Pisapia in tv ha precisato di aver solo ereditato. Ma quando si è in ballo bisogna ballare. E qui o si fa Expo o si muore. Intanto è morto di lavoro un operaio albanese. Il Corriere della Sera spara bordate contro i bamboccioni che avrebbero rifiutato stipendi da 1500 euro al mese. Poi si scopre che erano 500 euro per lavorare da mattina a sera, alle dipendenze di Manpower, azienda che qualche rapporto con via Solferino ce l’ha. Senza dimenticare i soldi che i mezzi di informazione, in testa la Rai, prendono da Expo e i fondi per la giustizia in relazione all’evento almeno fino a pochi mesi fa assegnati senza gare e con criteri poco chiari dai vertici del palazzo ( Appalti giustizia). Il presidente del Tribunale andato in pensione, Livia Pomdoro, è diventata ambasciatrice Expo. Tutti tengono famiglia, il paese intero è una famiglia le cui sorti dipendono dal buon esito dell’evento. Nella certezza ovviamente che in caso di “rosso” il deficit sarà ripianato dallo Stato con i soldi dei contribuenti. Il pezzo da pagare per aver sbaragliato Smirne. E meno male che non si trattava di New York. (frank cimini e manuela d’alessandro)