Tag: Viminale

  • Quanto costa allo Stato
    Perdere cause contro Vallanzasca

    Partiamo dalla risposta al titolo: 17mila 800 euro, per ora. Per ottenere cosa? Niente.

     

     

    Dal 1978 il Ministero dell’Interno chiede a Renato Vallanzasca di saldare il suo conto con la giustizia (quello pecuniario, si intende: quello carcerario, insomma…sappiamo com’è finita). In quell’anno la corte d’Assise di Firenze condanna il bandito della Comasina per l’omicidio di Bruno Lucchesi, agente della stradale colpito a morte a Montecatini dopo l’evasione del Bel René dal carcere di Spoleto. Negli anni, il risarcimento indicato a favore del Viminale sale all’equivalente di 425.660 euro e 83 centesimi. E Vallanzasca non sgancia.

    Ma nel 2009 firma, insieme all’allora moglie Antonella D’Agostino, un contratto di cessione dei diritti della sua sanguinosa storia. Ne nascono due libri e il film di Michele Placido “Gli angeli del male”: totale 400mila euro. Andaste anche voi a vederlo al cinema? Ecco, pure noi. A incassare è però la moglie dell’ex bandito, la quale nel 2009 riceve 278mila euro dalla Cosmo Production.

    Il ministero vuole quei soldi. Intenta una causa civile, tentando di dimostrare che il denaro ricevuto dalla D’Agostino apparteneva in realtà a Vallanzasca. (Li ho già spesi, fa sapere intanto lei). Il Viminale, tramite l’avvocatura di Stato, perde una volta, con tanto di pagamento delle spese processuali (5.800 euro), poi perde in Appello. La prima sezione civile della Corte d’Appello di Roma, il 3 febbraio scorso, ribadisce infatti: appello respinto, con condanna del Ministero dell’Interno “al rimborso delle spese di lite del grado, comprensive di euro 12.000 a titolo di compensi”. Fate voi la fatica di sommarli ai 5.800 euro del primo grado. Soddisfatti i legali della D’Agostino, gli avvocati Ivana Anomali e Luigi Bernardi. Ecco il conto, signor Viminale.

  • Lo Stato contro il Bel René
    questa volta è il Viminale a pagare

     

    Questa volta il ‘cattivissimo’ René e la sua bella, Antonella, si prendono una piccola rivincita sullo Stato. Lui la mano non proprio leggera della giustizia l’ha conosciuta con gli ergastoli definitivi e la perdita della semilibertà in seguito al famoso episodio “cesoie e mutande” sgraffignati al supermercato. Lei un po’ di carcere se l’è fatto nel 2013, con 21 giorni di custodia cautelare al termine dei quali ha denunciato di essere stata colpita ingiustamente.

    Portati davanti a un giudice civile, a Roma, dall’avvocatura generale che rappresentava niente meno che il ministero dell’Interno, hanno vinto loro. E ora il Viminale dovrà pagare anche le spese legali. Premessa: lo Stato dal 1978 cerca di farsi risarcire da Vallanzasca per la morte di Bruno Lucchesi, agente della stradale colpito a morte a Montecatini dopo l’evasione dal carcere di Spoleto del bandito della Comasina. Qualche decina di milioni di lire di allora si sono trasformati in un debito da 425mila euro che Renato non ha mai saldato. Qualche anno fa Vallanzasca cede i diritti per lo sfruttamento della sua avventurosa storia di sangue. Ne vengono fuori due libri e il film di Michele Placido “Gli angeli del male”. Inizialmente Vallanzasca firma una scrittura privata in cui si impegna a cedere i diritti a titolo gratuito, poi ne firma un’altra, insieme alla moglie Antonella D’agostino, che revoca le disposizioni precedenti. L’accordo vale 400mila euro. Nel 2009 i due danno conto per iscritto di averne già ricevuti 278mila dalla Cosmo Production. Ma chi incassa? Antonella. Tanto che rumors parlano di qualche dissapore tra marito e moglie. Oggi il ministero degli interni chiede al Tribunale di dichiarare che quel denaro appartiene di fatto a Vallanzasca, in modo da poterglielo pignorare per intero in virtù della sentenza Lucchesi. Vallanzasca non si costituisce in udienza. Lo fa invece, attraverso gli avvocati Ivana Anomali e Ciro Cofrancesco solamente Antonella. La quale dichiara che quei soldi sono frutto del suo lavoro alla sceneggiatura e che il bel René non c’entra un bel niente. E che, purtroppo, quel denaro l’ha comunque già interamente speso per mantenere l’anziana suocera (cosa non si fa per una suocera, del resto, ndr) e per le “esigenze del consorte”. Il giudice le dà ragione: non una lira andrà al ministero. Che anzi dovrà sborsare le spese legali. Fanno 5.800 euro, signor Viminale.