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  • Tremonti indagato, al Tribunale dei Ministri la procedura è incerta

    Non si sa nemmeno, stando alla procedura, se Giulio Tremonti, indagato per corruzione, abbia diritto o meno a leggere gli atti che lo accusano prima dell’eventuale interrogatorio davanti al Tribunale dei Ministri, dove intanto è stata depositata la nomina del suo difensore, il professor PierMaria Corso.

    Il legale, stamattina, ha incontrato il pm Roberto Pellicano che due settimane fa, insieme al collega Giovani Polizzi, decise l’iscrizione di Tremonti nel registro degli indagati per una presunta tangente da 2,4 milioni ricevuta da Finmeccanica attraverso una consulenza fiscale inesistente affidata allo studio da lui fondato e dov’è tornato dopo l’esperienza ministeriale.

    E anche per un professore come Corso è difficile districarsi tra le norme del Tribunale dei Ministri che risalgono al 1989, prima della riforma del processo penale. Non è dato sapere se il Tribunale dei Ministri debba o meno varare un provvedimento di chiusura delle indagini con conseguente messa a disposizione degli atti affinché l’indagato possa consultarli e difendersi. E’ ragionevole ipotizzare che nel caso il Tribunale Ministeriale decida la convocazione di Tremonti debba dargli la possibilità di leggere le carte. E’ certo invece che in caso di rinvio a giudizio il processo verrà celebrato alla Camera dei Deputati e la Procura che ha avviato l’indagine verrà sentita al fine di acquisire il suo parere. (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • ‘Ndrangheta, in 800 pagine ordinanza Expo assente
    ma ai giornali qualcuno ha soffiato la bufala

    In 800 pagine di ordinanza di custodia cautelare la parola Expo non compare, ma qualcuno deve aver soffiato ai giornali la “bufala” perché agenzie e siti internet da subito collegano l’operazioni anti-‘ndrangheta che ha portato stamattina a 13 arresti all’esposizione universale che inizierà il primo maggio dell’anno prossimo.

    Nell’ordinanza si fa riferimento esclusivamente a due subappalti minori del valore complessivo di 450 mila euro che potrebbero avere a che fare con Expo. E’ un po’ poco (eufemismo) per caratterizzare in quel senso il blitz che ha portato in carcere personaggi non certo di primo piano, anche se i fatti confermano la forte presenza della criminalità ‘ndranghetista nel territorio lombardo. Siccome Expo si avvicina adesso sembra che ogni arresto in ambito imprenditoriale abbia a che fare con quella manifestazione.

    I media abboccano anche a cose non vere perchè propense al sensazionalismo e all’allarmismo. Ma dall’interno dell’indagine qualcuno avrà come minimo esagerato nel fornire le prime informazioni. Del resto non è un mistero che la procura di Milano sia a caccia di pubblicità positiva e di visibilità dopo il forte ridimensionamento della sua immagine (altro eufemismo) provocato dalla querelle Bruti-Robledo. Al punto da enfatizzare qualsiasi provvedimento per dimostrare efficienza anche dopo l’allontanamento di Robledo dal dipartimento anticorruzione per decisione di Bruti Liberati.

  • Sea, il fantasma di Bruti in aula. “Tutti assolti”
    Robledo: Non ho potuto indagare a fondo

    C’è il fantasma del capo della procura Edmondo Bruti Liberati al settimo piano nell’aula dell’udienza preliminare sull’acquisizione della Sea che si chiude con il proscioglimento di Vito Gamberale, di Mauro Maia e di un manager indiano. Per il gup Anna Maria Zamagni non ci sono elementi tali da portare a un processo. Il giudice fa riferimento a un capo di imputazione “limitato”. Si tratta di parole che paradossalmnete collimano con quanto aveva detto in mattinata il pm Alfredo Robledo che, pur insistendo sulla richiusta di rinvio a giudizio per turbativa d’asta dei tre imputati, aveva precisato: “Non è stato possibile approfondire le indagini”.

    E’ l’affermazione che senza citarlo esplicitamente chiama in causa il capo della procura Bruti Liberati i n relazione al ritardo di 6 mesi con cui il fascicolo Sea era approdato sul tavolo di Robledo. “Una mia colpevole dimenticanza” aveva spiegato Bruti. La colpevole dimenticanza fin qui pesa sul destino dell’inchiesta che aveva fatto emergere la guerra interna alla procura di Milano tra Bruti e l’aggiunto Robledo, allora a capo del dipartimento anticorruzione e di recente “sbattuto” a quello delle esecuzioni penali.

    Quando Robledo ha il “la” del capo dellufficio per indagare a marzo 2012 sono passati 6 mesi dal momento in cui da Firenze era arrivata la conversazione intercettata in cui Gamberale e Maia parlarono di “gara su misura”. E quando Robledo inizia gli accertamenti la gara per l’acquisizione della Sea è già finita, i giornalli hanno già scritto di quell’intercettazione. Dunque Gamberale e gli altri sanno di essere stati iscritti nel registro degli indagati e di conseguenza non sarebbe fruttuoso intercettarli.

    Quando Robledo chiede il rinvio a giudizio sembra consapevole di un’inchiesta dimezzata. E il giudice accoglie in sostanza il contenuto delle memorie difensive, nel senso che valuta l’inesistenza di elementi tali da far pensare che la società indiana abbia accettato la proposta di non partecipare. Robledo aveva insistito sulla necessità di valutare i comportamenti che avrebbe portato a un esito diverso. Il procuratore aggiunto ora dovrà decidere se ricorrere o meno in Cassazione.

    Il gup Zamagni è anche relatore al consiglio giudiziario in merito alla querelle Bruti-Robledo, e di conseguenza sul capitolo Sea dove oggi è arrivata la sua decisione. Il giudice sta recitando due parti in commedia. Criteri di opportunità avrebbero dovuto consigliare il giudice di spogliarsi di uno dei due ruoli. Non è stato così. E la circostanza finisce per aumentare le incertezze e le contraddizioni in una vicenda dove il Csm continua a decidere di non decidere. I magistrati insomma scimmiottano i politici, dai quali si proclamano indipendenti e autonomi persino quando si parla di ferie. (frank cimini)

  • Guido Salvini, “Tranfa ha inquinato il processo, dove sono Csm e Anm?”

    E’ stata sempre un’abitudine, quasi un automatismo, una comoda scorciatoia linguistica per i capi dell’Anm, alcuni dei quali assurti al Csm, evocare la “delegittimazione” della magistratura dinanzi a qualsiasi critica nei confronti della categoria, anche una semplice inezia, anche non infondata, anche del tutto disinteressata.

    Ora tanto l’Anm quanto il Csm tacciono imbarazzati davanti al gesto del Presidente del processo Ruby, tra l’altro esponente non di secondo piano dell’associazionismo a Milano, che si è dimesso, quasi sbattendo la porta, scrivono i cronisti, subito dopo il deposito delle motivazioni della sentenza. A quanto sembra, anche se la vicenda è avvolta in parte nell’ambiguità, la sua sarebbe una protesta contro l’assoluzione di Berlusconi dopo essere stato messo in minoranza dagli altri due giudici. Non è solo un episodio di scarso buon gusto. Il Presidente avrebbe potuto, come qualsiasi altro giudice e come consente la legge, motivare il suo dissenso e lasciarlo scritto in una busta chiusa depositata a futura memoria in cancelleria, senza violare il segreto del voto in camera di consiglio e senza mostrare poco rispetto nei confronti dei due colleghi. E nulla gli impediva, se proprio lo desiderava, di spiegare il suo punto di vista, magari tra qualche anno, in un libro quando anche il processo Ruby, come ogni cosa, sarà diventato storia. (altro…)

  • Sea, quando il gup è anche relatore al consiglio giudiziario

    Venerdì prossimo 24 ottobre il gup Anna Maria dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di mandare sotto processo per turbativa d’asta Vito Gamberale e altri due imputati in relazione all’acquizione della Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Milano. Stiamo parlando del famoso fascicolo “scomparso”, assegnato con 6 mesi di ritardo al procuratore aggiunto Alfredo Robledo e punto cruciale della guerra interrna all’ufficio inquirente con il capo della procura Edmondo Bruti Liberati.

    Il giudice Zamagni fa parte del consiglio giudiziario del distretto ed è relatore sulla querelle Bruti-Robledo insieme alla collega Annunziata Ciaravolo. Dovrà riferire dunque anche sul capitolo di cui si occupa in sede di udienza preliminare. Il giudice recita due parti nella stessa commedia. E non si tratta di una vicenda qualsiasi, ma della storia che ha diviso la procura milanese e dove il Csm fin qui ha brillato per la sua capacità di rinviare e di non decidere, pur avendo da tempo tutte le carte a sua disposizione per farlo.

    Il doppio ruolo del giudice Zamagni rischia di finire per aumentare le incertezze e le contraddizioni di un’inchiesta, quella sull’acquisizione della Sea, già azzoppata dal ritardo con cui il fascicolo era arrivato al dipartimento di competenza dopo che se ne erano perse le tracce a causa di “una mia colpevole dimenticanza”, per citare parole con le quali Bruti Liberati si era assunto la responsabilità dell’incidente.

    Non era stato possibile intercettare Gamberale e gli altri indagati perché era finito l’effetto sorpresa dal momento che i diretti interessati sapevano della loro iscrizione nell’apposito registro. Nonostante ciò a conclusione delle indagini Robledo chiedeva il rinvio a giudizio su cui dovrà decidere il gup. Insomma è un fascicolo che non trova pace nell’ambito di una storia che all’immagine della magistratura nel suo complesso ha fatto non pochi danni. E nel caso specifico nessuno può alludere a complotti organizzati da imputati, nemmeno dal più eccellente di tutti (frank cimini)

  • Indagine avocata a pm Greco.
    Imprenditore patteggia 4 mesi.

    Ha patteggiato 4 mesi di carcere convertiti in 30mila euro di multa un imprenditore edile accusato di mancato versamento dell’Iva nell’ambito di una delle indagini che erano state avocate dalla Procura Generale di Milano dopo che la Procura aveva chiesto l’archiviazione e il gip aveva detto di ‘no’. (la-procura-non-indaga-tolte-sette-indagini-a-greco)

    Altri due imprenditori che rispondono dello stesso reato (l’evasione ammonta a 193mila euro) saranno processati col rito ordinario a partire dal 22 dicembre. L’imprenditore che ha patteggiato, col consenso del pg Gianni Griguolo, oltre al versamento della tassa dovrà pagare la multa in dieci rate mensili da 3mila euro l’una.

    E’ la prima delle inchieste avocate che viene definita con una condanna (manipolo-titoli-per-85-mln-procura-generale-chiude-unaltra-indagine-avocata-a-pm-greco). Era stato il procuratore aggiunto Francesco Greco a chiedere l’archiviazione valutando che nella denuncia arrivata dall’Agenzia delle Entrate non vi fossero fatti di rilevanza penale. Alcune delle altre indagini avocate sono già state chiuse nei mesi scorsi dalla Procura Generale. (a-processo-gli-evasori-archiviati-dal-pm-francesco-greco)

    (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • “Le dimissioni di Tranfa, un atto grave e inquietante”

    “Non so se corrisponde al vero quanto oggi scritto sul ‘Corriere della Sera’ secondo cui il Presidente della Corte di Appello, che ha recentemente assolto Silvio Berlusconi, si sarebbe dimesso il giorno stesso del deposito delle motivazioni della sentenza da lui firmata perché in dissenso sul dispositivo. Mi auguro di no perché se così fosse sarebbe davvero un fatto grave ed inquietante. A prescindere dal merito di una decisione che, a quanto si è potuto leggere, risulta del tutto ineccepibile in diritto (se manca la prova di un requisito essenziale di un reato l’imputato va necessariamente assolto), si può comprendere l’intimo disagio di un giudicante per una condanna ingiusta, ma non quello per una assoluzione non condivisa.

    Non a caso le norme prevedono la facoltà di manifestare in forma scritta (in busta segreta) il proprio dissenso da ostentare in caso di futura richiesta risarcitoria per ingiusta condanna, caso evidentemente incompatibile con una assoluzione, perché chi potrebbe lagnarsi avverso la stessa, ovvero il pm, dispone dei mezzi giuridici per farlo avanti la Corte di Cassazione.

    Tra l’altro, richiedendo la legge l’irragionevolezza del dubbio per pronunciare condanna il gesto del Presidente Tranfa suona anche quale pesante accusa di irragionevolezza al dubbio evidentemente ritenuto e manifestato dai suoi due colleghi, il che va oltre ogni pur legittima critica.

    Brutta pagina, insomma, che squalifica in modo irreparabile agli occhi della sempre più sconcertata opinione pubblica proprio quella importante funzione giudiziaria che il predetto magistrato, come si legge sul ‘Corriere’, ha esercitato per oltre 30 anni. Avrei preferito da addetto a lavori leggere qualche dissenso in più su chi in Procura ha ritenuto di disporre un giudizio immediato “per evidenza della prova” in un caso in cui tale prova non solo non era affatto evidente ma è risultata, al vaglio del processo, addirittura insufficiente.

    La sentenza di assoluzione peraltro non mostra nessuna “indulgenza” verso la persona dell’imputato che viene assolto sol perchè circondato da una tale corte di lacchè che, per ottenere quel che vuole, non deve neppure commettere reati ma questo nessuno lo dice. Quando la Giustizia diventa “tifo” abbiamo perso tutti. Giudici, Avvocati e soprattutto…imputati. (avvocato Davide Steccanella)

  • Nessuno vuole il posto di Robledo, Bruti se lo tiene

    Il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati aveva contattato alcuni magistrati al fine di trovarne uno disposto a prendere anche provvisoriamente l’incarico di reponsabile del dipartimento anticorruzione occupato fino a venerdì della scorsa settimana da Alfredo Robledo esautorato e “sbattuto” al settore esecuzioni penali dallo stesso Bruti in una vicenda di esposti  e controesposti al Csm che sembra senza fine.

    La pesca non è andata a buon fine. Non ha abbocato all’amo nemmeno un’acciuga. Per cui Bruti è stato in pratica costretto a riservare a sè la delega del dipartimento in attesa che il Csm senza fretta designi l’aggiunto numericamente mancante dopo l’andata in pensione di Nicola Cerrato e che parta l’interpello formale per sostituire Robledo.

    E’ insolito che in una grande ufficio inquirente il capo tenga per sè il coordinamento di un dipartimento, ma in questa vicenda troppe circostanze sono insolite. Insomma non ci sono precedenti e non sappiamo come finirà, anche perchè il Csm sembra abbia tutto fuorchè l’urgenza di prendere decisioni. Nonostante stia per arrivare sui tavoli dell’organo di autogoverno la replica di Robledo alle contestazioni di Bruti con la richiesta di essere sentito con urgenza. Ma i consiglieri togati e laici  si sono appena insediati, dovranno studiare la pratica. Il problema è avvicinarsi il più possibile alla data della pensione di Bruti, 31 dicembre 2015. Decidere di non decidere, rinviare, esattamente ciò che in questa storia è successo fino a oggi. I magistrati non sono meglio dei politici. E’ il messaggio che arriva dalla querelle Bruti-Robledo. Amen. (frank cimini)

  • Lotta di potere in procura, Bruti caccia Robledo dall’anticorruzione

    L’aggiunto Alfredo Robledo reagisce sorridendo e dicendosi tranquillo: “Me l’aspettavo, eccome”. Da stamattina Robledo non è più a capo del secondo dipartimento quello che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Lo ha deciso con un ordine di servizio il capo della procura Edmondo Bruti Liberati contro il quale Robledo aveva presentato un esposto al Csm lamentando tra l’altro violazioni in materia di assegnazioni di inchieste e in particolare il ritardo di sei mesi (“fascicolo scomparso”) per l’arrivo sul suo tavolo dell’indagine sulla acquisizione della Sea, affare sensibile per l’allora neonata giunta di centro-sinistra.

    La “guerra” era iniziata addirittura prima che Bruti venisse designato quasi all’unanimità dal Csm capo della procura di Milano. Quella di oggi è una svolta importante dopo che Bruti prima aveva escluso Robledo da alcuni interrogatori sul caso Expo e poi gli aveva tolto l’inchiesta. Stamattina il terzo atto. Da subito Robledo dovrà prendere servizio come aggiunto al dipartimento delle esecuzioni penali dove da tempo lavora il sostituto procuratore anziano Ferdinando Pomarici una sorta di memoria storica della procura, famoso da quando bloccò per primo i beni dei sequestrati per evitare che i familiari pagassero il riscatto. Parliamo di decenni fa, altra era era geologica. Pomarici, protagonista di uno scontro durissimo con Bruti sul caso Sallusti, lasciando la sua stanza per il pranzo è lapidario: “Sono riusciti a distruggere quello che era il miglior ufficio giudiziario del paese”.

    Di coordinare il dipartimento anticorruzione si occuperà direttamente Bruti, probabilmente fino al giorno in cui dovrà andare in pensione il 31 dicembre dell’anno prossimo. Contro la decisione del suo capo Robledo non potrà ricorrere. Potrà solo rispondere punto per punto alle contestazioni di Bruti inviando memorie al consiglio giudiziario e al Csm che eventualmente faranno le loro valutazioni. Ma si annunciano sicuramente tempi lunghi. E il Csm ha già fatto ampiamente capire di non avere fretta per usare un eufemismo anche perchè il capo dello stato Giorgio Napolitano presidente dell’organo di autogoverno dei magistrati sulla lotta di potere interna alla procura di Milano ha più volte preso posizione salvaguardando Bruti Liberati. E non è detto che il suo successore nel caso arrivi prima della fine del 2015 abbia voglia di mettere subito  le mani in un guazzabuglio che comunque finisca ha scoperto molti altarini e messo in dubbio principi tanto sbandierati a parole dall’Anm come indipendenza e autonomia della magistratura e obbligatorietà dell’azione penale.

    Se il movimento del ’68 perse la sua innocenza con la strage di Piazza Fontana si può dire che la procura di Milano e con lei l’intera magistratura ha perso la verginità ammesso e non concesso che l’abbia mai avuta. Perchè scorrendo gli atti della querelle Bruti-Robledo viene fuori im modo chiarissimo che la politica non è certo estranea alle toghe con i suoi giochi di potere. E i fatti, per ultimo quello di oggi, finiscono per ledere l’immagine delle stesse delicate inchieste in corso. “Non sappiamo cosa fare, come procedere” mormora un pm. Trema il palazzo che fu simbolo di Mani pulite e a causa di un terremoto interno. Non ci sono complotti estrerni organizzati da inquisiti eccellenti e nemmeno dal più importante di tutti. Insomma i magistrati si sono dati la zappa sui piedi. Potessero, a questo punto si arresterebbero tra loro. E non è detto che non accada perchè la storia è ancora lunga (frank cimini)

  • Yara, pm monitorano la fedeltà di mamma Bossetti

    E’ la funzione vicaria della magistratura che ormai non conosce più limiti. Da Bergamo, depositata ovviamente in edicola, arriva la notizia udite udite che la signora Ester Arzuffi ha concepito fuori dal matrimonio oltre a Giuseppe Bossetti, unico indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio, pure il fratello Fabio. E per giunta con un uomo diverso da Guerinoni che sarebbe il padre naturale di Giuseppe.

    L’indagine non è ancora chiusa, gli atti non sono a disposizione dei difensori dell’indagato ma in edciola e sul web esce di tutto ogni giorno. La procura sta facendo il processo sui giornali e questo purtroppo nel nostro paese non è insolito. Non parliamo del merito, degli indizi gravi o meno a carico di Bossetti ma del metodo. Non bastasse ciò, siamo costretti a sciropparci di continuo minuto per minuto la vita sessuale della signora Ester, dettagli e particolari, a chi la dava. Sorge il sospetto sia pure un po’ vago che i pm non siano così sicuri delle carte che hanno in mano per sostenere l’accusa e che di conseguenza come spesso accade abbiano deciso di celebrare il processo in anteprima sui giornali, sputtanando non solo l’indagato  ma pure i suoi familiari.

    I pm di Bergamo sono gli stessi che dirottarono due navi per arrestare in relazione all’omicidio di Yara il tunisino Fikri. Agirono con le manette senza aver capito bene le parole intercettate. Fikri è stato prosciolto. Risarcito con 9 mila euro, nulla rispetto al fango che la procura gli aveva buttato addosso. E’ la giustizia bellezza. Ma anche la stampa non scherza. (frank cimini)

  • Caso Moro, pm e partiti uniti in spreco di soldi pubblici

    In tempi di spending review (a parole perchè il premier Renzi dopo aver preannunciato la fine dei fondi all’editoria ha regalato 52 milioni ai grandi giornali in cambio di buona stampa) magistrati e politici sono uniti nello spreco di denaro pubblico nei dintorni del caso Moro. A 36 anni dai fatti c’è l’ennessima commissione parlamentare di inchiesta e anche una nuova indagine penale a Roma. Tutti a caccia di misteri inesistenti oppure, dicono lor signori, per diradare ombre. Le ombre vengono prima create artificiosamente in modo che poi possano essere “risolte”.

    Un pm della capitale è volato negli Usa a sentire per rogatoria lo psichiatra mandato dal dipartimento di Stato nel 1978 a fiancheggiare il fronte della fermezza. Un soggiorno a spese dei contribuenti italiani e utile solo per ragioni di mera propaganda. Lo psichiatra se ne tornò da dove era venuto nel giro di pochi giorni e dopo aver suggerito di far finta di trattare con le Br e nel contempo di cercare di trovare il “covo”. Un genio, insomma.

    Di queste nuove indagini, parlamentari e penali, nessuno dice nulla, nessuno obietta. L’anima nera della vicenda resta comunque “a sinistra”, dentro e intorno agli eredi politici del Pci, ai quali al pari dei loro antenati non va giù che a rapire Moro, durante uno scontro sociale e politico durissimo, fu un gruppo di comunisti rivoluzionari, operai, impiegati, disoccupati, baby-sitter. Dietro non c’era nessuna potenza straniera, nè la Cia nè il Kgb. La dietrologia e il complottismo, rinvigoriti poi dalle panzane sull’11 settembre, non hanno mai fine.  La propaganda continua, residuo della controguerriglia psicologica del 1978. Ovvio, paga Pantalone. Restano le profetiche parole dell’illustre ostaggio: “Il mio sangue ricadrà su di voi”. Sta andando proprio così. (frank cimini)

  • Ruby, l’appello azzera il processo della ‘sharia’

    La telefonata in questura non fu concussiva, Berlusconi non era consapevole della minore età di Ruby. Ecco, la corte d’appello di Milano azzera il processo per un pelo di f… L’ex Cav è stato assolto. Hanno perso sonoramente la procura e il Tribunale della ‘sharia’ che in aula chiedevano a persone maggiorenni se c’erano stati toccamenti. Questo ha detto il processo penale. Sotto altri aspetti il discorso è molto diverso. In un paese normale un premier che fa quella telefonata, chiedendo il rilascio di una presunta mignotta minorenne, sparisce per sempre dalla vita pubblica. All’estero è accaduto per molto meno. Ma qui siamo nella repubblica penale e non da pochissimo tempo. Almeno dai cosiddetti anni di piombo. Per cui i magistati decidono anche come ci dobbiamo lavare i denti. Ovvio, la corresponsabilità della politica è evidente. Furono i partiti ad affidare ai magistrati compiti non loro.

    Oggi è arrivata una sentenza giusta. Politica e morale sono una cosa, il diritto penale un’altra. Il diritto non è uno strumento di traformazione della società.

    Il verdetto d’appello fa giustizia anche delle tante irregolarità dell’inchiesta, a cominciare dall’utilizzo delle intercettazioni per finire al vero buco nero della vicenda: Berlusconi fu iscritto nel registro degli indagati con sei mesi di ritardo. Per sei mesi i pm indagarono su di lui senza formalità intercettando decine di persone che avevano in comune tra loro la frequentazione della villa di Arcore.

    Fu un gioco delle tre carte, quello che i compaesani di chi scrive e della dottoressa Boccassini fanno fuori dalle stazioni ferroviarie. Stavolta alla procura più famosa d’Italia è andata malissimo. In passato i pm si salvarono per il rotto della cuffia. Sempre in un’inchiesta su B. fecero figurare come funzionante una microspia inceppata. Il Csm assolse, ma fu uno di Md (“un comunista”) a dire: “Certe cose un magistrato non solo non deve farle, ma nemmeno pensare di farle”.

    La corte d’appello in pratica azzera pure l’inchiesta Ruby-ter quella sulla presunta corruzione testimoni. Inchiesta a quanto risulta mai fatta partire veramente. In attesa dell’appello e perchè B. conta molto meno di prima. Valuazioni politiche da parte di una categoria, i magistrati, che tutti i giorni ci ammorbano con parole come autonomia e indipendenza, riparati dietro il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale che in realtà serve a coprire fior di nefandezze. Del resto basta scorrere le carte della querelle Bruti- Robledo per averne contezza. Amen. (frank cimini)

  • La requisitoria pudica di De Petris all’appello Ruby:
    vietate le parolacce.

    “Cosa andavi a fare ad Arcore, ragazzina mia?”. Piero De Petris pone una domanda da nonno dolce e preoccupato mentre cerca di farsi strada tra gli zig – zag di Ruby nelle sue “contraddittorie” dichiarazioni ai pm e al mondo sul sesso sì o sesso no ad Arcore.

    Va in scena il primo processo ‘normale’ da quando Silvio Berlusconi ha messo piede in un’aula di giustizia. Sarà l’effetto Renzi con l’ex Cavaliere tra i ‘signori’ delle riforme o  sarà invece che ormai non fa più paura dopo averlo visto affranto su una sedia in ospizio con un camice bianco e una mazurca pallida  in sottofondo. Sarà anche la tempra degli uomini che si giocano questo processo. Piero De Petris, procuratore generale d’inarrivabile rigore nell’esposizione, mai una sbavatura a beneficio dei media, mai un aggettivo scomposto, già un ‘secolo’ giudiziario fa accusa di Berlusconi nel processo Imi – Sir.  E poi i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci, che stanno composti nel loro banco, senza saltare su come molle ogni poco come facevano Niccolò Ghedini e Piero Longo. Ecco, appunto. Com’è lontana Ilda Boccassini con la sua requisitoria battente, con la “furbizia orientale” di Ruby, “il soddisfacimento del piacere sessuale del premier”, la “colossale balla” della telefonata Mubarak, il modello “italiano” delle ragazze che si vendono per poco.

    De Petris  invece si produce in una requisitoria pudica, che quasi arrosisce nei suoi passaggi clou. Parla di “pernottamenti ad Arcore”, “commercio dei genitali”, soggiorni dall’ex premier che non sono proprio come “prendere il tè delle cinque a casa di un’anziana signora”, di “una competizione che si instaura tra giovani donne per rimanere lì la notte perché fonte di maggiore remunerazione” e la parentela con Mubarak d Ruby diventa un “mendacio”.   Quando deve riferire dell’intercettazione “Io sono la pupilla, lei il culo” in cui Ruby spiega il ruolo suo e di Noemi Letizia, la giovane amica napoletana di Silvio, la parolaccia gli muore in gola e rinuncia alla sua proverbiale precisione cambiando “culo” in “fondoschiena”.  Alla fine anche Coppi gli rende onore, nonostante la richiesta di 7 anni di carcere per Silvio “Una bellissima difesa di una sentenza indifendibile”. (manuela d’alessandro)

     

  • NoTav, altri 3 arresti ma Spataro rinuncia a teorema Caselli

    Altri 3 militanti Notav finiscono in carcere per l’azione contro il cantiere del maggio 2013 ma l’accusa, a differenza di quanto accade per i 4 sotto processo dal 22 maggio, non fa riferimento all’aver agito con finalità di terrorismo con grave danno all’immagine dell’Italia e della Ue. La richiesta della procura accolta poi dal gip porta la data dell’8 luglio, quando si era già insediato come capo dell’ufficio Armando Spataro in sostituzione di Giancarlo Caselli andato in pensione.

    L’accusa per le persone arrestate oggi parla di porto e detenzione di armi da guerra, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. La procura dunque ha scelto di adeguarsi alla decisione della Cassazione che aveva rimandato a una nuova udienza davanti al Riesame di Torino la discussione sulla finalità di terrorismo.  Se ne deduce che l’impostazione di Spataro è più pragmatica, meno “ideologica”. Del resto nel motivare la scelta la Suprema Corte era stata molto chiara: il grave danno va dimostrato nel concreto come pure il rischio che l’opera dell’alta velocità non possa essere portata a termine.

    L’accusa ha scelto di fare un passo indietro, ma intanto ci sono 4 giovani militanti in carcere dal dicembre scorso che per aver danneggiato un compressore rischiano fornalmente fino a 30 anni di prigione, mentre la parte più grave dell’imputazione è stata in pratica cancellata dalla Cassazione.

    Che l’imputazione facesse acqua lo aveva confermato anche la Ue rifiutando di eleggere domicilio in Italia e di costituirsi parte civile. “Alla Ue il processo sembra non interessare granché” aveva sintetizzato il presidente della corte d’Assise. Adesso bisognerà aspettare il nuovo Riesame per vedere se la corte su richiesta delle difese modificherà il capo di imputazione. I 3 arrestati di oggi invece rischiano un processo in Tribunale ma non in corte d’assise. (frank cimini)

  • 7 anni fa se ne andava Corso Bovio.
    Quanto ci manca.

    Sette anni fa la notizia assurda: è morto l’avvocato Corso Bovio.

    Ero un improbabile “pischello” alle primissime armi quando sentii arringare per la prima volta l’avvocato Corso Bovio al “processo dei casinò” dove difendeva il noto Liguori, quello del “covo del nord-est di Santa” per intenderci. Fantastico, un misto soave di leggerezza, ironia, spessore ed alta classe, si parlava di mafia e di altre oscenità, ma il tutto in bocca sua si trasformava in storia, vita ed esperienza. Chi non si “trasformava” era…lui: sarà così anche nella vita, pensavo tra me e me, rapito dalla sua aristocratica presenza, dalla autorevolezza di quella proposta sapienza frammista di studio e di innato talento. Grazie al mio Maestro, l’avvocato Isolabella, altro fuoriclasse, e per contare i veri fuoriclasse del foro bastano le dita di una mano sola, ovviamente suo amico, ebbi poi occasione di incontrarlo svariate volte, e di verificare che di persona era uguale, generoso nell’impegno ma alla apparenza distaccato, come tutti i “signori”, quelli di una volta, come avrebbe detto la mia nonna. (altro…)

  • E ora Robledo accusa Bruti di ritorsione…

    E ora, nella foga del duello, Alfredo Robledo accusa Edmondo Bruti Liberati di ritorsione nei suoi confronti. L’antefatto è di qualche giorno fa:      Bruti scrive al ‘suo’ vice  manifestandogli l’intenzione di “procedere a un riesame di vari aspetti dell’indagine” sui derivati piazzati al Comune di Milano da 4 banche estere. Inchiesta condotta da Robledo e sfociata in una condanna in primo grado per gli istituti di credito per truffa aggravata ai danni di Palazzo Marino e in un’assoluzione in appello a marzo. Insomma, il ‘capo’ vuole sapere come mai si sia arrivati a un’assoluzione. 

    Ora arriva la puntuale e stizzita  risposta di Robledo che viene indirizzata al Consiglio Giudiziario, impegnato proprio oggi a valutare alcuni aspetti della ‘sanguinosa’ controversia tra i due. La lettera in cui Bruti annuncia di voler scavare sulle ragioni dell’assoluzione viene definita da Robledo “un atto vagamente ritorsivo”.  (manuela d’alessandro)

  • NoTav, teorema Caselli bocciato da Cassazione
    Non è terrorismo

    Non c’è terrorismo se manca il grave danno allo Stato e se non c’è da parte dello Stato un’apprezzabile rinuncia a a proseguire l’opera pubblica dell’alta velocità. Con questa motivazione la Cassazione ha bocciato il teorema Caselli, utilizzato dalla procura di Torino per contestare l’accusa di aver agito con finalità di terrorismo con gravi danni all’immagine dell’Italia e della Unione Europea a 4 militanti NoTav in carcere da dicembre per il danneggiamento di un compressore durante un’azione in un cantiere.

    Ora toccherà di nuovo al Riesame di Torino valutare il ricorso dei difensori, ma quelle della Suprema corte sono parole chiare. Il messaggio è che non si possono agitare fantasmi del passato come ha fatto Caselli da pochi mesi in pensione dopo una carriera costruita su tutte le emergenze con la complicità della politica che in passato come adesso delega alla magistratura di risolvere i conflitti sociali.

    E’ il secondo smacco che l’accusa subisce dopo che la Ue invitata a costituirsi parte civile aveva rifiutato spiegando di non essere interessata granché al processo in corso dal 22 maggio a carico dei 4 militanti Notav.

    Insomma Caselli ci ha provato ma gli sta andando male. Del danneggiamento del compressore si sarebbe dovuto discutere in Tribunale e non in Corte d’Assise in un contesto blindato per rinnovare fasti emergenziali che non hanno ragione di esistere a favore di un’inchiesta sponsorizzata da tutti i partiti e da tutti i mezzi di informazione. Perché ballano miliardi e nessuno a cominciare dalle banche che controllano un po’ di giornali ci vuole rinunciare.

    Il teorema Caselli ha fatto la fine del teorema Calogero che aveva ipotizzato nel 1979 una sola cosa tra Autonomia e Br, ma venne bocciato a distanza di anni, passati in carcere da molti imputati. Autonomia non era contraria alla lotta armata come affermato da alcune anime belle ma era cosa diversa dalle Br e non ebbe alcun ruolo nel caso Moro come ipotizzato da Calogero.

    L’azione contro il cantiere a maggio 2013 ci fu ma il problema è la qualificazione giuridica del fatto. Quella creata da Caselli, che vuole far tornare indietro l’orologio della storia, per la Cassazione non regge. (frank cimini)

     

  • Sabbia sulla Sea, come per Fiat, Pds e Mediobanca 20 anni fa

    Il Csm sostiene che a Milano non ci sarebbe stato “nocumento” alle indagini. Ma a dire il contrario è la storia del fascicolo Sea “dimenticato” per sei mesi un cassetto dal procuratore Bruti e affidato a Robledo solo quando la gara d’asta si era già svolta, gli indagati sapevano di essere sotto inchiesta e  quindi sarebbe stato inutile intercettarli. Su Sea c’è stato un tentativo di insabbiamento praticamente riuscito e causato dalla volontà di non mettere in difficoltà e in imbarazzo la giunta di centrosinistra allora da poco insediata.

    Bruti, nominato nel 2010 quasi all’unanimità dal Csm, molto sensibile agli umori e alle esigenze della politica, ha teso a garantire un po’ tutti. Tanto che aveva cercato di evitare l’indagine su Guido Podestà presidente della Provincia per le firme false del listino Formigoni. Mentre sul cosidetto Rubyter non è stato fatto un solo atto di indagine (almeno non noto alla stampa).

    Milano nuovo “porto delle nebbie” la definizione storica un tempo della procura di Roma? Insomma nuovo e vecchio. Del resto, nonostante le serenate al pool da parte di giornali con editori sotto schiaffio come imprenditori, anche Mani pulite fu caratterizzata da spezzoni di inchiesta che improvvisamente si fermavano o non partivano proprio. Fiat. Mediobanca, Pci-Pds tanto per stare ai casi più eclatanti.

    Romiti allora deus ex machina di Fiat finse di collaborare presentando un elenco di tangenti pagate pieno di lacune. Era tecnicamente inquinamento delle prove. Non solo non fu arrestato quando altri per molto meno finivano in carcere, ma l’inchiesta sul colosso dell’auto si fermò dopo una riunione con gli avvocati nell’ufficio dell’allora capo della procura Borrelli.

    Mediobanca si pappò la Montedison in modo illecito ma non accadde nulla nemmeno quando nel corso del teleprocesso a Sergio Cusani l’avvocato Spazzali disse al pm Di Pietro: “Se lei decide di andare a fare quattro passi dalle parti di via Filodrammatici io la accompagnerei volentieri”.

    Il gip Ghitti rigettò per due volte la richiesta del pool di archiviare le accuse a Marcello Stefanini allora cassiere del Pds ordinando nuove indagini indicando 12 punti. I pm non fecero nulla tranne una ridicola e folkloristica rogatoria aBerlino. Poi… un gip che archivia si trova sempre.

    Ma non si tratta di toghe rosse. Era un problema di opportunità politica. Nel caso i pm avessero approfondito arrivando ai vertici del Pds, il Parlamento avrebbe in tre giorni varato un’amnistia e la “mitica” Mani Pulite sarebbe finita.

    Per non parlare poi dell’Eni. Sempre al processo Cusani il pm Di Pietro chiese all’ad Bernabè: “L’abbiamo finita con i falsi in bilancio?”. “La stiamo finendo”, fu la risposta. Cioè, c’era un reato in corso. Ma non ci fu indagine. Bernabè era considerato “l’Eni buono”, quello dei manager che collaboravano con la procura. Collaboravano si fa per dire. Tra questi c’era il banchiere Pacini Battaglia, colui che intercettato diceva: “Si pagò per uscire da Mani pulite… Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato”. Ma Di Pietro allora era intoccabile. A Brescia prevalse la ragion di Stato.

    Insomma niente di nuovo sotto il sole. I magistrati agiscono spesso e volentieri per ragioni politiche. Lo dice Berlusconi? Il vecchio di Treviri, che non militava in Forza Italia, sosteneva che a volte i reazionari benpensanti affermano verità che neanche i progressisti… (frank cimini)

     

     

     

  • Vietti difensore di Bruti con lavori del Csm ancora aperti

    “Spetta al capo della procura la titolarità dell’azione penale”. Il vicepresidente del Csm Michele Vietti, mentre le commissioni sono ancora al lavoro, si fa intervistare dal quotidiano “La Stampa”, per difendere a spada tratta il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati, l’operato del quale è stato oggetto dell’esposto presentato dall’aggiunto Alfredo Robledo.

    Vietti parla nello stesso giorno in cui ha incontrato il capo dello Stato Giorgio Napolitano e anche questo dimostra che sono in gioco cose molto più importanti del destino di un po’ di magistrati che hanno litigato tra loro in relazione all’assegnazione di importanti inchieste.

    Il numero 2 dell’organo di autogoverno dei giudici teme l’arrivo di rilievi critici su Bruti dalla commissione che si occupa dell’organizzazione degli uffici giudiziari e usa il peso del suo incarico per cercare di influenzare gli esiti della discussione. Insomma Vietti dovrebbe essere arbitro e invece indossa la maglietta di uno dei due protagonisti della querelle.

    E non rinuncia Vietti nemmeno alle lodi sperticate alla procura milanese quando parla di “encomiabile impermeabilità davanti alle fughe di notizie”. Evidentemente il vicepresidente del Csm dimentica come minimo, per stare a tempi più o meno recenti, i verbali di Ruby finiti sui giornali.

    Fa bene comunque a essere preoccupato Vietti. In qualsiasi modo dovesse finire la querelle interna alla procura è emerso con chiarezza che i magistrati agiscono in base a criteri di opportunità politica, che l’obbligatorietà dell’azione penale è una ‘foglia di fico’ per nascondere le peggiori nefandezze. Ovviamente per tornare a cose concrete, a fatti, Vietti nell’intervista non fa il minimo accenno al fascicolo prima “sparito” e poi “dimenticato” sulla gara d’asta targata Sea indetta nel 2011 dalla neonata giunta di centro-sinistra. (frank cimini)

  • Domani via a processo Notav, pm fanno i furbi

    I pm di Torino fanno i furbi all’immediata vigilia del processo, depositando a poche ore dal via una montagna di atti, 67 verbali con carabinieri, poliziotti e finanzieri per cercare di dimostrare che l’azione contro il cantiere avvenuta nel maggio 2013 in cui fu danneggiato un compressore avvenne con finalità di terrorismo e con gravi danni all’immagine dell’Italia e della Ue.

    La procura aveva ottenuto il rinvio a giudizio con rito immediato davanti alla corte d’assise dei 4 militanti Notav, in carcere dal dicembre scorso sottoposti in un regime di alta sorveglianza a un 41bis di fatto, sul presupposto che vi fosse l’evidenza della prova. E invece solo in extremis i pm calano il presunto asso, in un clima da emergenza da loro artificiosamente creato, agitando i fantasmi del passato, al fine di usare il processo  contro chi dice no all’opera costosa inutile e controproducente del treno ad alta velocità ma fa opposizione sociale in generale.

    Insomma quel compressore per i gestori del laboratorio politico della repressione nel terzo millennio è come se fosse Aldo Moro. Il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria si era spinto fino a proporre che da domani i 4 imputati seguissero il processo in videoconferenza, un’idea che la corte d’assise non ha preso in considerazione. E non è l’unica novità negativa per i ‘professionisti dell’antiterrorismo’. Nei giorni scorsi la Cassazione ha annullato con rinvio a un altro colllegio del Riesame di Torino la contestazione della finalità che porterebbe gli imputati a richiare fino a 30 anni di carcere mentre è finito indagato per simulazione di reato e procurato allarme l’autista di un pm che si era inventato un’aggressione dei NoTav.

    Da domani comunque nell’aula bunker del capoluogo piemontese si gioca una partita che va al di là di un processo che avrebbe dovuto essere celebrato non in corte d’assise ma in tribunale e con gli imputati a piede libero. Si tratta di una partita politica in cui il diritto rischia fortemente di contare solo in percentuale minima perché stavolta magistrati, partiti e media sono uniti nella lotta. Con un occhio alla difesa degli affari. Gli appalti del Tav infatti risultano gli unici onesti e trasparenti. Nel nome della “lotta al terrrismo”. (frank cimini)

  • NoTav, dalla Cassazione spiraglio di luce nella notte del diritto

    La decisione della Cassazione è arrivata oltre la mezzanotte ma è uno spiraglio di luce nella notte del diritto perché i giudici della Suprema Corte, annullando con rinvio al Riesame di Torino gli ordini di carcerazione, hanno rimesso in discussione il capo di imputazione che prevede una condanna fino a 30 anni  per i 4 militanti NoTav responsabili di aver danneggiato un compressore nel maggio del 2013.

    La nuova udienza del Riesame dovrà ripartire necessariamente dall’anullamento del capo a e del capo b: aver attentato alla vita delle persone con finalità di terrorismo e aver agito per gli stessi motivi detenendo armi da guerra, le molotov. La Procura di Torino, retta fino a pochi mesi fa da Giancarlo Caselli, l’uomo di tutte le emergenze ora in pensione e impegnato a scrivere articoli forcaioli sul ‘Fatto Quotidiano’, aveva radicalizzato lo scontro parlando di danni all’immagine dell’Italia e della Ue. Il gup aveva fatto copia e incolla mandando a giudizio gli imputati davanti alla corte d’assise (dove il processo inizierà il 22 maggio). La Cassazione ha messo dei paletti. Adesso toccherà attendere le motivazioni e il nuovo Riesame. Gli imputati nel frattemmpo restano in carcere dove entrarono a dicembre scorso, detenuti con un regime di alta sorveglianza mentre il Dap non vorrebbe nemmeno permettere loro la presenza in aula da giovedì prossimo costringendoli a seguire il processo tramite videoconferenza.

    Ma qualcosa si muove nella notte del diritto. La Suprema Corte ha messo un granello di sabbia nel teorema-marchingegno  della procura che si muove in un misto di maccartismo e stalinismo mentre è finito indagato per procurato allarme l’autista di un pm che si era inventato un’aggressione da parte dei NoTav. Pure questo fa parte del clima creato dagli inquirenti che agitano un fantasma del passato perché insieme alla politica (uniti nella lotta stavolta) temono l’opposizione sociale sia a un’opera inutile, costosa, che sventra il territorio sia a uno status quo destinato ad aggravare il gap tra chi ha di più e chi ha di meno e a limitare i diritti delle persone (frank cimini)

  • A Expo dal Tav dove i pm non indagano.
    Appalti onesti in nome di Dio

    A sostituire l’arrestato Angelo Paris in Expo sarà Marco Rettighieri, top manager di Ltf, Torino-Lione, alta velocità ferroviaria. Una provenienza che è una garanzia, perchè gli appalti del Tav sono gli unici onesti e trasparenti al mondo, per definizione, quasi per grazia divina.  La ragione è molto semplice: su quegli appalti la procura di Torino non ha acceso non diciamo un faro, ma nemmeno un lumino. Non ci possono essere ombre per ragion di Stato.

    Il rischio sarebbe quello di dare argomenti a chi al Tav si oppone nelle piazze, davanti ai cantieri, manifestando dubbi e  perplessità su un territorio che viene sventrato, buttando via un sacco di soldi per un’opera che serve a nulla, se non a permettere una spartizione della torta che da anni riguarda soprattutto i partiti “di sinistra”, uno in particolare, che nel tempo ha cambiato nome ma ha sempre gli stessi appetiti.

    In materia di Tav la procura di Torino, retta fino a pchi mesi fa da Giancarlo Caselli magistrato ora in pensione e che costruì la sua fortuna passando per ogni “emergenza”, ha ben altro da fare: svolgere il ruolo di laboratorio politico della repressione del terzo millennio. Da cinque mesi, per aver danneggiato un compressore in un cantiere, sono in carcere, torturati da un articolo 41bis di fatto, 4 militanti NoTav che rischiano condanne fino a 30 anni. Secondo i pm, i 4 avrebero agito con finalità di terrorismo, danneggiato l’immagine dell’Italia e dell’Unione Europea. Il 22 maggio inizierà il processo nell’aula bunker di Torino. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per rinfocolare il clima da emergenza ha proposto che gli imputati non siano presenti in aula ma seguano il processo in videoconferenza dalle prigioni che li “ospitano”. La procura vuole un processo “pilota”, pene esemplari, che suonino da deterrente e da monito per chiunque nel presente e nel futuro pratichi l’opposizone sociale allo status quo.

    Per questo, nel momento in cui, quasi tutte le opere pubbliche sono sub judice, gli appalti dell’alta velocità non si discutono. Per non darla vinta ai “terroristi” agitano i fantasmi del passato con un un senatore piddino, siamo sempre lì, che gioca a recitare pateticamente il ruolo del Pecchioli del terzo millennio (frank cimini).

  • Di questo passo i pm di Milano s’arresteranno tra loro

    Non si può tacere, a proposito degli arresti di oggi per l’Expo sulla cui validità sapremo in seguito dai giudici, della tensione in procura a Milano tra due schieramenti, uno solidale con Alfredo Robledo autore di un esposto all’attenzione del Csm, l’altro con  il capo dell’ufficio Edmondo Bruti Liberati. L’inchiesta che ha portato agli arresti di oggi era a cavallo di due dipartimenti e quello che si occupa di turbativa d’asta fa capo a Robledo, il quale, fa sapere Bruti, non ha condiviso l’impostazione e di conseguenza non ha firmato gli atti.

    Comunque vada a a finire questa storia di magistrati che si sbranano tra loro è chiaro che nulla sarà come prima. C’è materia per riflettere per tutti, a cominciare da chi ha sempre pensato alla magistratura come salvatrice della patria, ruolo che nell’immaginario di troppe persone la procura di Milano ricoprì una ventina di anni fa.

    Ricordo il giorno in cui per ordine di  Milano il 13 marzo del 1996 venne arrestato il capo dei gip di Roma Renato Squillante nella vicenda che poi portò alla condanna tra gli altri di Cesare Previti. Ricordo bene il momento in cui  incontrai al bar del palazzo di giustizia Gerardo D’Ambrosio, allora capo della procura e da poco scomprarso. Gli chiesi: “Non avete più nessuno da arrestare e vi arrestate tra voi?”. D’Ambrosio, uomo di mondo al quale l’ironia non dispiaceva, sorrise amaramente.

    Allora fu Milano contro Roma, al punto che quando un pm del capoluogo lombardo si recò nella capitale per gli accertamenti del caso, fu trattato con tale freddezza che ancora se lo ricorda. Adesso è un derby e la partita è ancora lunga. La prossima settimana Ilda boccassini responsabile del pool antimafia sarà sentita dal Csm, insieme a Ferdinando Pomarici e Nunzia Gatto.

    Al quarto piano ormai è una conta, chi sta con chi, chi non è con me è contro di me. Come ai tempi della battaglia tra i pm di Salerno e di Catanzaro quando De Magistris faceva danni tra le toghe prima di farli da sindaco di Napoli, nemmeno con i potenti mezzi dell’ex Cavaliere sarebbe stata possibile un’opera di delegittimazione delle toghe così poderosa. Perché  le degenerazioni del correntismo, dei giochi di potere, di inchieste fatte o non fatte per mere ragioni di opportunità, di fascicoli dimenticati e spariti, dei veti anche dentro il Csm appaiono chiari anche ai non addetti ai lavori. Certo poi c’è sempre chi non vuol vedere e mette la testa sotto la sabbia, a cominciare dai politici che intervengono solo se e quando hanno posisibilità di operare strumentalizzazioni e di trarne dei vantaggi (frank cimini)

  • Caselli denunciato a Milano, abuso d’ufficio e peculato

    L’ex capo della procura di Torino Giancarlo Caselli, da poco in pensione, è stato denunciato il 29 aprile scorso a  Milano per abuso d’ufficio e peculato dall’avvocato Alessio Ariotto. Caselli, prima che venisse aperto alcun fascicolo, aveva incaricato la Digos di svolgere indagini sul alcune frasi postate dall’avvocato Ariotto sul proprio account di Facebook. E sulla base di quelle indagini Caselli, allora capo dei pm di Torino, presentava querela per diffamazione, ritenendo che il suo onore fosse stato oltraggiato.

    Secondo legalteamitalia.it, che esprime solidarietà al collega Ariotto, Caselli ha utilizzato un apparato dello Stato perché conducesse indagini come fosse un’agenzia investigativa privata per il suo privato interesse in quanto dirette su un soggetto che egli intendeva querelare.

    Gli avvocati di legalteamitalia.it affermano in un comunicato che la conduzione dei processi in corso a Torino sulle mobilitazioni NoTav non dà piena garanzia ai diritti di difesa dfegli imputati. Sarebbe stata fatta la scelta di “drammatizzare la situazione e criminalizzare il diritto di manifestare con la celebrazione dei processi nell’aula bunker, le imputazioni di terrorismo e il regime carcerario speciale per gli imputati…. un clima da anni di piombo artificioso e tendente ad accreditare la figura dell’oppositore politico come un nemico dello Stato verso il quale applicare un diverso diritto penale, il diritto penale del nemico”.

    Toccherà alla procura di Milano, competente per  le vicende in cui sono coinvolti magistrati in servizio a Torino, verificare se Caselli ha utilizzato per scopi privati le risorse dei pubblici uffici. A Torino il 22 maggio inizierà il processo ai 4 militanti NoTav in carcere per aver distrutto un compressore in un cantiere e accusati di aver agito con finalità di terrorismo, con danni all’immagine dell’Italia e della Ue. Rischiano fino a 30 anni di carcere. Le difese degli imputati, facendo riferimento anche al caso Caselli-Ariottoi, chiederanno il trasferimento del processo per legittima suspicione in quanto la sede del capoluogo torinese non garantirebbe la serenità nè l’imparzialità del giudizio. A Torino inoltre è in corso un altro processo a un avvocato che aveva criticato il pm genovese il quale si era occupato del procedimento per l’uccisione di Carlo Giuliani finito con l’archiviazione (frank cimini)

  • Il conflitto di interessi dei giudici:
    “Se ci attacchi ti arrestiamo”

    C’è un nuovo conflitto di interessi in questo paese dove i magistrati fanno politica, i politici fanno i giudici e i giornalisti scimmiottano un po’ gli uni e un po’ gli altri. Il “conflitto” è quello dei giudici che in un provvedimento nero su bianco hanno detto a Silvio Berlusconi: “Se ci attacchi ti revochiamo l’affidamento in prova ai servizi sociali e ti arrestiamo”.

    Si può pensare tutto il male possibile e anche peggio del signor Berlusconi, ed è il caso di chi scrive queste poche righe, ma chi di mestiere fa il giudice non può decidere sul grado di accettabilità delle critiche che arrivano alla categoria delle toghe. In questo modo non si fa altro che dar ragione a Berlusconi.

    Nel provvedimento dei giudici di sorveglianza c’è un ricatto bello e buono al condannato in sede di esecuzione pena. La magistratura si comporta da casta inattaccabile e non criticabile. Del resto per stare solo agli ultimi giorni, dalla querelle Bruti-Robledo emerge che cosa è veramente il Csm con le sue correnti-partito, i giochi di potere, i veti incrociati. Una situazione che giustifica le critiche più radicali ai giudici e ai loro organismi.

    C’è la responsabilità della classe politica, soprattutto del centro-sinistra (degli altri inutile parlare visto l’argomento  e il capo dello schieramento) che non ha voluto varare una seria normativa sul conflitto di interessi, ma se la magistratura pensa di risolvere la questione dicendo “a brigante brigante e mezzo”,  allora a quel punto si fa portatrice di un nuovo “conflitto” ed è la fine della democrazia. Ammesso e non concesso che ne esista già una compiuta. (frank cimini)

  • Morto D’Ambrosio, dal “malore attivo” di Pinelli a “Mani pulite”

    Se n’è andato “zio Gerry”. Così colleghi, avvocati e cronisti chiamavano Gerardo D’Ambrosio per decenni al palazzo di giustizia di Milano come giudice istruttore, come pm, come coordinatore del pool di “Mani pulite”, capo della procura, prima di diventare parlamentare del Pd.  Chi scrive queste poche righe per ricordarlo ha avuto con lui ottimi rapporti umani, di simpatia tra napoletani, ma abbiamo spesso discusso e litigato soprattutto nel periodo della falsa rivoluzione di “Mani pulite” e a un certo punto sono stato gratificato, primo giornalista al mondo, di una causa civile milionaria dal pool per aver criticato i metodi di indagine e i due pesi e due misure di un’inchiesta che alla fine salvò o poteri forti veri come Fiat e Mediobanca. Farei un torto  alla verità e anche  a lui che amava la schiettezza se mettessi tutto nel dimenticatoio nel momento in cui “zio Gerry” ci ha lasciato.

    D’Ambrosio è stato un magistrato, come tanti, schierato, che ha subito volentieri le influenze della politica e non mi riferisco solo al periodo in cui il pool intendeva rivoltare l’Italia come un calzino. D’Ambrosio come giudice istruttore decise che Pino Pinelli, fermato per la strage di piazza Fontana, il 15 dicembre del 1969 morì per un “malore attivo” che lo fece cadere da una stanza della questura di Milano, quella del commissario di polizia Luigi Calabresi. Una ricostruzione assurda che servì a cercare di salvare capra e cavoli e a tutelare in sostanza gli uomini in divisa che a verbale avevano messo “nu cuofane e fesssarie”. Ma si sa il terrorismo di stato è sempre innocente. A prescindere. Comunque zio Gerry riposa in pace. (frank cimini)

  • Nella ‘guerra’ tra pm, il gip dice no al sequestro di una barca

    Nella guerra interna alla procura di Milano dove i procuratori aggiunti si contendono le inchieste spunta la storia di una barca che il pm Claudio Gittardi aveva sequestrato ritenendola profitto del reato di corruzione nella disponibilità dell’ex consigliere regionale Gianluca Guarischi, con il gip Fabio Antezza che dice di no e non convalida il sequestro.

    L’inchiesta è uno stralcio del processo in corso a carico di Guarischi che, secondo l’accusa, avrebbe fatto da intermediario tra gli imprenditori Lo Presti padre e figlio e pubblici ufficiali da identificare nell’ambito di appalti della sanità. Tra gli indagati figurano tra gli altri l’ex governatore Roberto Formigoni, l’ex assessore alla sanità Bresciani e l’ex direttore generale Lucchina. (altro…)

  • Atti Sea, per 6 mesi la Procura di Milano non ha fatto indagini

    Da ottobre del 2011, quando arriva da Firenze la conversazione intercettata tra Vito Gamberale e Mauro Maia sulla gara d’asta per la Sea, a  marzo del 2012, in procura a Milano non viene svolto nessun atto di indagine, nonostante dalla parole scambiate tra i due manager sembri subito chiara l’ipotesi di reato, la turbativa d’asta.

    Questo emerge dal deposito degli atti a fine inchiesta dove ora la Procura si appresta a chiedere il processo per Gamberale, Maia e l’indiano Sahari Vinod. E’ la storia del fascicolo “dimenticato” che impiega 6 mesi a passare dal dipartimento reati societari a quello dei reati contro la pubblica amministrazione. In definitiva il procuratore aggiunto Alfredo Robledo può iniziare gli accertamenti solo dopo che il fondo F2I di Gamberale ha acquisito la Sea offrendo un solo euro in più rispetto ai 380 milioni della base d’asta. Si indaga quando gli indagati sanno di essere sotto inchiesta e sono in grado di adottare accorgimenti e precauzioni del caso. (altro…)

  • Oggi le baby-squillo, una volta i coniugi Mussolini tenevano famiglia

    Vizi privati e pubbliche virtù. A Roma un’indagine approfondisce i rapporti tra Mauro Floriani in Mussolini e un paio di baby squillo alla quali l’ex capitano della guardia di finanza aveva telefonato. “Senza avere rapporti con loro”, dice Floriani che tanti anni fa al palazzo di giustizia di Milano era uno che contava nella squadra di polizia giudiziaria agli ordini del sostituto procuratore Antonio Di Pietro, allora uomo simbolo di Mani pulite e dell’intera categoria togata.

    Un bel giorno Floriani lasciò la gdf. Per andare dove? A lavorare come manager delle Ferrovie nelle mani di Lorenzo Necci sul quale aveva indagato fino a poche ore prima. La nipote del duce cercò di tagliare la testa al toro delle polemiche riguardanti quantomeno l’ineleganza del passaggio con parole rimaste famose: “Teniamo famiglia”. Amen, insomma, erano tempi duri per criticare tutto quello che girava intorno a Tonino da Montenero di Bisaccia.

    Poi saltarono fuori 70 milioni di lire arrivati a Floriani dal banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia, quello che intercettato al telefono diceva a un avvocato: “Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato, si pagò per uscire da Mani pulite”. “Millanterie” deciderà anni dopo un gip di Brescia. E i 70 milioni? La signora nipote ci mise una pezza spiegando che si trattava di un finanziamento per la sua campagna elettorale. Non c’erano riscontri. Ma nessuno approfondì la questione. Intorno a Di Pietro e ai suoi collaboratori la procura di Milano aveva messo il filo spinato. Floriani continuò indisturbato la sua carriera di manager pagato profumatamente e a tenere famiglia. Ora a Roma lo indagano con il sospetto di un vizietto privato per prostituzione minorile. Manco fosse Berlusconi. E di mezzo non c’è la nipote di nessun capo estero. C’è solo la nipote, nu poco ‘ncazzata, di un ex premier nostrano, un altro cavaliere, Benito Mussolini (frank cimini)

     

  • Derivati, banche assolte dopo aver “risarcito” il Comune di Milano

    La corte d’appello di Milano ha ribaltato con un’assoluzione la sentenza che in primo grado aveva condannato 4 banche estere per truffa ai danni del Comune di Milano in relazione a un’operazione su contratti derivati.

    La sentenza arriva dopo che a processo in corso le banche Ubs, Depfa, Deutsche Bank e JPMorgan avevano rinegoziato l’operazione, in cambio della revoca di costituzione di parte civile del Comune, facendo affluire nelle casse dell’ente pubblico 455 milioni. Formalmente non è un risarcimento ma di fatto lo è. Evidentemente gli istituti di credito avevano messo nel conto di poter essere condannate. E così fu in primo grado, un milione di euro di multa e la confisca di 89 milioni. Tutto cancellato oggi dai giudici di appello “perchè il fatto non sussiste”. (altro…)

  • Sea, riemerge fascicolo “scomparso”, chiusa indagine su Gamberale

    A volte ritornano. E’ il caso del fascicolo “scomparso” sulla compravendita della Sea, nato dall’arrivo a Milano da Firenze per competenza di una conversazione intercettata tra  Vito Gamberale, amministratore delegato del Fondo F21 Sgr spa e Mauro Maia, senior partner dello stesso fondo in cui i due parlavano di gara d’asta su misura per l’acquisizione della società di gestione degli aeroporti di Milano.

    Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il processo con l’accusa di turbativa d’asta per Gamberale, Maia e Behari Vinod Sahai, procuratore speciale della società indiana Stei Ltd. Ci sarebbe stato un accordo con l’indiano affinchè questi si astenesse dqal concorrere alla gara ad evidenza pubblica indetta dal Comnune di Milano il 16 novembre del 2011. A Vinod Sahai che accettava la proposta veniva promessa una quota tra il 5 e il 7 per cento delle azioni Sea ad un prezzo pari a quello che sarebbe stato corriposto da F21 in sede di aggiudicazione. Il che avvenne il 16 dicembre 2011 a un prezzo di un euro osuperiore a quello posto a base d’asta, cioè 385.000.01,00. Questo sta scritto nel capo di imputazione. (altro…)

  • Senza più tv straniere (Ruby), via teloni da gabbie e dentro il Notav

    E’ l’aula grande della corte d’assise d’appello di Milano, dove le gabbie per i detenuti erano state coperte ai tempi del processo a Berlusconi per il caso Ruby al fine di evitare di mostrare al mondo intero attraverso le tv estere le vergogne medioevali della giustizia italiana. Adesso via i teloni bianchi, le gabbie sono visibili in tutto il loro “splendore” e utili per metterci dentro Mattia Zanotti, uno dei 4 Notav accusati di terrorismo a Torino per il danneggiamento di un compressore e di qualche filo elettrico. Zanotti a Milano viene processato insieme ad altri per i fatti relativi allo sgombero del centro sociale di via Conchetta, gennaio 2009. Resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, recita il capo di imputazione, e rapina di capi di abbigliamento da un negozio di via Torino, da dove però il proprietario sentito a verbale ha detto che non mancava nulla. (altro…)

  • Abu Omar, lo Stato non poteva permettersi Pollari in carcere

    E’ finita con un “non doversi procedere per segreto di Stato” che assomiglia molto a una ragion di Stato, la vicenda dell’imam Abu Omar sequestrato da agenti della Cia aiutati dal Sismi, trasferito in Egitto dove venne torturato e sodomizzato e che vive dal 2003 in una sorta di libertà controllata. Lo ha deciso la Cassazione sulla base della decisione della Corte Costituzionale di accogliere il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da governi di “diverso” colore, Prodi, Berlusconi, Monti e Letta.

    Nell’ultima udienza il Pg Aurelio Galasso aveva chiesto la celebrazione di un nuovo processo per valutare elementi di accusa residui dopo la decisione della Consulta. E invece la Suprema Corte ha cancellato le condanne decise dalla Corte d’Appello di Milano, tra cui quella dell’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari a 10 anni di reclusione. (altro…)

  • No Tav, pm e politici uniti per la prima volta nella lotta

    Il 14 maggio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e addirittura l’Unione Europea saranno con ogni probabilità parte civile in Corte d’Assise a Torino nel processo con rito immediato contro 4 militanti No Tav che rischiano fino a 30 anni di carcere per un attentato la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013 a un cantiere in Val di Susa. Ci furono danni per 90 mila euro, 80 mila a un compressore 10 mila a cavi elettrici e altro, ma l’accusa parla di tentato omicidio di pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, con finalità di terrorismo e azione idonea a danneggiare l’immagine dell’Italia.

    Gli operai indicati come parte offesa dalla Procura e che avrebbero rischiato di morire colpiti dalle molotov si trovavano al momento dell’azione ben 150 metri dentro la galleria. Il dolo eventuale non viene infatti nemmeno contestato formalmente dai pm che lo fanno trasparire dagli atti dove, tra l’altro, vengono elencate tutte le azioni di sabotaggio avvenute negli anni come se fosse possibile addebitarle ai 4 imputati. (altro…)

  • Rubyter, ci sono le riforme a larghe intese,
    l’inchiesta è slow

    Non disturbare il manovratore, anche se è indagato. Il manovratore è impegnato nelle riforme, legge elettorale e persino titolo quinto della Costituzione, e allora l’inchiesta è soft e soprattutto slow. Parliamo di Rubyter, indagine dovuta perché ordinata in sede di motivazione dai giudici di due collegi, Ruby1 e Ruby2, a carico tra gli altri di Berlusconi, dei suoi legali e delle ‘olgettine’ mantenute a 2500 euro al mese per dire il falso in aula secondo l’accusa.

    Non s’era mai vista un’indagine per corruzione in atti giudiziari partire senza il sequestro dei conti correnti di chi dà e di chi prende, produttore e consumatore, e senza perquisizioni. Si sa che l’inchiesta c’è, l’ha confermato il capo della procura di Milano in favore di telecamere, ma ‘calma e gesso’. A gennaio 2011 per Ruby1 in sede di indagini preliminari furono subito fuoco e fiamme. Allora il Cav era a Palazzo Chigi, una differenza non da poco e la procura avvertì subito che avrebbe chiesto il processo con rito immediato. Impegno mantenuto. Adesso l’unica eventualità esclusa con certezza è l’immediato. La scelta è quella di andare piano, magari attendere le sentenze di appello di Ruby1 e 2, lasciare che a Roma vadano in porto le riforme per evitare l’accusa di voler interferire con i tempi della politica. (altro…)

  • Arriva il primo carcere privato in Italia, rieducazione a rischio

    Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo  da “Carte Bollate”, giornale pensato e finanziato dai detenuti del carcere.

     

    È in arrivo a Bolzano il primo carcere privato italiano, figlio del decreto “Salva Italia” del 2012, quello in cui Mario Monti aveva inserito la possibilità di ricorso al project financing per l’edilizia carceraria. In sostanza, grazie a una partnership tra pubblico e privato, lo Stato manterrà la gestione della sicurezza e quindi le spese e le linee di indirizzo per il lavoro di polizia penitenziaria ed educatori, mentre il privato che si aggiudicherà l’appalto si occuperà di tutto il resto, dalla costruzione alla gestione della nuova struttura. Ma non dovrà limitarsi a fornire i servizi per così dire alberghieri: gestirà anche le attività sportive, formative e ricreative. Questo significa che la funzione rieducativa del carcere, prevista dalla nostra Costituzione, sarà regolata da un attento calcolo di costi e ricavi, magari a discapito della qualità. I detenuti potranno anche essere utilizzati dal gestore ad esempio per la cucina, le pulizie e via discorrendo, ovviamente dietro la corresponsione di un’adeguata paga. Le mansioni di sicurezza resteranno appannaggio della polizia penitenziaria e dunque a carico dello Stato, che continuerà ad avere a libro paga un centinaio di poliziotti, il personale amministrativo e gli educatori. (altro…)

  • Kabobo, siamo sicuri che il carcere sia l’unica cura?

    La perizia che si dichiarava “non del tutto in disaccordo” con la possibilità che  Adam Kabobo, responsabile dell’uccisione di 3 persone che lui non aveva mai visto prima a colpi di piccone, venisse scarcerato a causa delle sue condizioni psichiche non è bastata. I giudici del tribunale del riesame di Milano hanno deciso che almeno per il momento la prigione è l’unica cura per il ghanese affetto da schizofrenia paranoide cronica. La perizia firmata dal medico legale Marco Scaglione si era espressa anche per un possibile ricovero in un ospedale psichiatrico-giudiziario dove Kabobo avrebbe potuto essere sottoposto a “tearpie riabilitative” e comunque sarebbe stato guardato a vista per ragioni di sicurezza, a tutela della incolumità sua e di quella delle persone a contatto con lui. (altro…)

  • La lunga migrazione di Ruby.
    Piccolo esercizio di fisica per operatori della giustizia

    Meglio del tapis roulant della palestra Downtown, quella frequentata da tanti magistrati milanesi. Fa bruciare più calorie, ma è gratis. E’ la lunga migrazione di Ruby. Il fascicolo, con tutte le carte che serviranno per comporre il quadro dell’inchiesta Ter sul caso della giovane marocchina, sta passando in questi minuti dall’ufficio dell’aggiunto Ilda Boccassini a quello del giovane sostituto Luca Gaglio. Stanze che si trovano quasi agli antipodi della Procura. Invece di trasportare tutto con un bel carrellino di quelli che spesso vedete nelle immagini di repertorio dei tg, l’operazione viene svolta a braccia da un militare della polizia giudiziaria e da una collega volenterosa.

    Noi li abbiamo visti fare il percorso, avanti e indietro, almeno 3 volte. Lunghezza per ogni vasca: 200 metri. Per due persone. Assumendo in 5 kg il peso delle carte trasportate da ognuno e in 5 Km/h la velocità media, calcolate:

    A) La lunghezza del percorso complessivo svolto dagli ufficiali di Pg.

    B) Il tempo impiegato dalla coppia.

    C) Il valore fisico del loro lavoro espresso in chilocalorie (Kcal) e Joule (J).

    D) Il numero di altri fascicoli che avrebbero potuto trattare nel tempo impiegato se il famoso procuratore aggiunto non avesse chiesto loro il favore di liberare la sua stanza.

    I protagonisti del nostro esercizio, fotografati alle ore 17.15
  • A processo gli “evasori” archiviati dal pm Francesco Greco

    Ha fatto ‘bingo’ la procura generale di Milano che dalla primavera dell’anno scorso aveva tolto una serie di indagini fiscali a carico di imprenditori dopo che la procura, pm Francesco Greco responsabile del pool reati societari, voleva fossero archiviate per mancanza di elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio.

    Il sostituto procuratore generale Gianni Griguolo ha citato direttamente davanti al Tribunale due gruppi di imputati, il primo di 4 e il secondo di 3, per luglio e settembre. Nel primo caso c’è omesso pagamento di Iva per 70mila euro, nel secondo per 193mila euro. Le indagini non erano state fatte. Il procuratore aggiunto Greco aveva chiesto al gip di archiviare. Il gip aveva rigettato l’istanza della procura avviando la procedura che ha portato poi la procura generale, chiamata istituzionalmente a controllare l’operato dei pm, ad avocare e a fare le indagini non eseguite prima. (altro…)

  • Ore 10 e 59, suona la sveglia dello smartphone di Bruti.
    “Orologeria” per il Ruby ter.

    Davanti a telecamere e giornalisti riuniti in occasione dell’indagine più annunciata della storia perché ordinata da due collegi giudicanti, il capo della procura Edmondo Bruti Liberati fa suonare davvero la sveglia del suo smartphone alle 10,59, l’ora che lo stesso magistrato aveva indicato nei giorni scorsi. Manca la troupe della Rai, ma si inizia lo stesso e il perché lo spiega Bruti in versione ironica: “Se è ad orologeria…”. E così sia.

    Un comunicato di 5 righe viene letto dal procuratore per dire che in data odierna è nato un fascicolo sulla base di quanto deciso e trasmesso dai giudici della quarta sezione penale del Tribunale e poi dai loro colleghi della quinta, i processi Ruby e Ruby2.

    Gli indagati sono 44 più uno, aggiunto in extremis sulla base delle ultime carte arrivate al quarto piano. “Nomi non posso farne, le ipotesi di reato sono quelle citate dai collegi”. C’è come reato più grave la corruzione in atti giudiziari di cui risponde Silvio Berlusconi insieme alle ragazze che avrebbero incassato (ma ora non più) 2.500 euro al mese per dire il falso nei processi in relazione alle feste di Arcore e anche i suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo. (altro…)

  • Hollande e Cav, Europa unita nel nome di quella cosa

    Francoise Hollande rischia fortemente di emulare il “nostro” Cav, quei croissant fragranti portati dall’unico poliziotto di scorta per il ristoro di monsieur le president e dell’attrice dopo la trombata notturna potrebbero essere devastanti come il “bunga-bunga” di Arcore.  Certo solo mediaticamente, ma non è poco.

    Andando in giro praticamente senza le tutele previste dalla norma per l’inquilino dell’Eliseo, Hollande, dicono i critici, avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale tramite la sua persona. Insomma, il guaio è la gnocca. Pure un altro Francoise, Mitterand, l’aveva sempre al centro dei suoi pensieri, quella cosa, ma era super – protetto, a cominciare dal sistema dei media. Ma erano altri anni, non solo in Francia. In Italia accadde pure che i sequestratori dovessero sobbarcarsi la consegna di missive vergate dall’illustre ostaggio in direzione dell’amante, mentre erano in gioco le sorti della Repubblica.

    Comunque Hollande non è Berlusconi. Non andò anni addietro in piazza San Pietro con Casini e Fini, altri soggetti con disponibilità di più famiglie e f… plurima, a manifestare “per l’unità della famiglia” e, ovvio, “nel nome di Santa Romana Chiesa”. Fu “il family day”, una delle più grandi prese per il culo della storia patria. Come poi riscontrato anche ufficialmente dal Ruby-gate e dal processo sempre per quel pelo di troppo costato al Cav una condanna a 7 anni di reclusione.

    Sono vulnerabili i politici del terzo millennio, a differenza dei loro predecessori, esempio i vecchi democristiani che facevano tutto al riparo di tutto. Un esponente veneto della “Balena bianca” era solito recarsi in Namibia per gridare al momento dell’orgasmo “z’è nera, z’è nera”.

    Di questi tempi l’unico a non rischiare è lo zar Putin. Di tutto quello che accade nelle dacie, dove il Cav è frequente ospite, non sapremo mai nulla. E giustamente. Il Bel Paese può replicare con le pudenda del premier ceco Topolanek immortalato a villa Certosa in una foto che fece il giro del mondo. Ecco, a ‘sto punto manca solo l’immagine relativa all’attrezzo del regista del bunga-bunga, per mettere il cartello “completo”. (frank cimini)

  • 8 Ball Pool Hack Game Coins & Spins | Free 8 Ball Pool Cheats

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  • Forza Cane sta per decidere, Dudù va al Ppe con bandana

    Dudù non può andare a Bruxelles alla riunione del Ppe. Almeno non potrà farlo insieme al suo “paparino”, bloccato dai pm. La sentenza del processo Mediaset crea problemi pure alla libera circolazione delle bestie nella Ue. Nessuna deroga era possibile e del resto mai un condannato in attesa di espiare la pena aveva chiesto il permesso di andare all’estero. Il Cavaliere ci aveva provato anche per far respirare un’aria internazionale al cagnolino che sta diventanto grande dal momento che ha appena compiuto un anno e ha bisogno di fare esperienza. La procura ha recitato la parte del “signor no” perchè l’area Schengen ha spazzato via l’obbligatorietà dei controlli ma non quella della disponibilità di un documento valido per l’espatrio. Non c’erano precedenti giuridici, il Cav ha stabilito un altro record. Convinto di essere il migliore e il primo in tante cose aveva cercato di “svoltare” anche da condannato in gita all’estero.

    In teoria non è detta l’ultima parola, perché la decisione dei pm può essere impugnata davanti al Tribunale a livello di un incidente di esecuzione, ma l’attesa per il risultato sul ricorso comporterebbe di aspettare ben oltre la giornata di domani quando è programmata la riunione dei “popolari” a Bruxelles.

    A questo punto “Forza Cane” per sfidare giudici e burocrazia, per non dargliela vinta senza combattere, è riunita per decidere se mandare Dudù da solo al Ppe. Ad abbaiare con una bandana in testa. (frank cimini)

  • Pinelli, un video, il ricordo di una storia di 44 anni fa…attuale

    La sala del Grechetto a pochi metri dal ‘Palazzo dell’ingiustizia’ è piena, persone anche in piedi, a 44 anni dalla notte in cui Pino Pinelli fu ucciso in Questura, c’è la proiezione del video di Alberto Roveri dove parlano la vedova Licia, le figlie Claudia e Silvia. Sala piena, ma la maggior parte dei presenti allora c’era già, giovani pochissimi. Trasmettere la memoria non è facile.

    Licia, una bella sciarpa rossa al collo, voce squillante, ricorda di aver visto il marito vivo l’ultima volta partito da casa per ritirare la tredicesima e poi di averlo reincontrato sul marmo dell’obitorio. Nel frattempo aveva chiamato in Questura lamentando di non essere stata avvisata della morte di Pino e il commissario Calabresi le aveva risposto: “Signora qui abbiamo da fare”.

    In sala il giornalista Piero Scaramucci racconta che Calabresi indagò su Pinelli post-mortem per cercare di trovare almeno un elemento che lo collegasse a qualche bombarolo. “Gli stessi responsabili dell’omicidio di Pino poi iniziarono a parlarne bene un brav’uomo, ma era tutto funzionale a costruire anche il santino di Calabresi” aggiunge Scaramucci.

    Capelli e barbe bianche sul filo dei ricordi. Per riaffermare che Pinelli non ha avuto giustizia, anche se è diventato un santino. Al pari del ‘commissario-finestra’. Lui era il più alto in grado, la stanza dalla quale Pino Pinelli “cadde” era la sua. Ci furono depistaggi e imbrogli, la verità fu nascosta accuratamente per responsabilità degli inquirenti e della politica a cominciare da quello che allora era il più grande partito di opposizione. Gli atti giudiziari di piazza Fontana e dintorni dicono che Pinelli fermato e trattenuto illegalmente per 3 giorni morì di “malore attivo”. Una storia di 44 anni fa… attuale…

    Cucchi, Aldrovandi e tanti altri, vittime delle “forze dell’ordine”, sacrificati sull’altare della “sicurezza” che secondo gli utili idioti non sarebbe nè di destra nè di sinistra (frank cimini)

  • Al Pirellone se mangiano tra loro non è reato…”e io pago”

    Ci sono pranzi e cene “con soggetti ben identificati appartenenti ad altre istituzioni” a metà strada tra le spese di rappresentanza e lo scrocco ai danni della collettività, al pari di acquisti di personal computer e software vari che non è possibile considerare reato a causa sia della mancanza dell’elemento psicologico del reato sia dell’irrisorietà delle somme in questione (la richiesta di archiviazione è consultabile nella sezione Documenti).

    Per questi motivi la procura di Milano ha scremato, distinguendo il grano dal loglio, l’elenco di 92 consiglieri ed ex consiglieri regionali chiedendo al giudice per le indagini preliminari di archiviare l’accusa di peculato a carico di 33 indagati tra i quali Pippo Civati, candidato alla segreteria del Pd battuto da Matteo Renzi e Rosi Mauro, un tempo pasionaria del Carroccio e badante del senatur Umberto Bossi.

    Questo significa che a metà gennaio per gli altri 59 tra cui Chiara Cremonesi di Sel, l’ex capogruppo Pd Luca Gaffuri, Nicole Minetti e Renzo Bossi il pool per i reati contro la pubblica amministrazione chiuderà le indagini in vista della richiesta di rinvio a giudizio.

    Nella richiesta di archiviazione i pm Robledo, Filippini e D’Alessio fotografano come “plausibile la strumentalità rispetto all’esercizio delle funzioni consiliari” ma aggiungono che non ci sarebbe materia per arrivare davanti a un giudice. “La modestia di alcune spese rende l’approccio degli indagati estraneo a quella volontà di approfittamento illecito delle risorse pubbliche” si legge nel documento della procura.

    L’ultima parola spetterà a un gip e considerando che anche per i 33 c’è il rischio di una condanna per danni erariali davanti alla Corte dei conti la decisione di archiviare non è proprio scontata. Il gip potrebbe pensarla diversamente e ordinare l’imputazione coatta.

    L’esiguità delle spese al centro della vicenda avrebbe forse dovuto indurre la procura a iscrivere meno consiglieri nel registro degli indagati, ma ai tempi si era nel pieno della polemica anticasta, non si andava troppo per il sottile e anche i magistrati risentono del contesto in cui operano. (frank cimini)

  • Pena ridotta a Ganzer, non l’unico a uscire male da vicenda grave

    Il generale ora in pensione Giampaolo Ganzer, ex comandante del Ros dei carabinieri, è stato condannato in appello a 4 anni e 11 mesi in relazione a operazioni sotto copertura, irregolari secondo l’accusa che aveva chiesto in primo e secondo grado 27 anni di reclusione per associazione a delinquere traffico di droga, peculato e altri reati. L’associazione era già “caduta” davanti al Tribunale che aveva condannato l’ufficiale a 14 anni. In appello sono state riconosciute le attenuanti generiche che hanno finito per ridimensionare la pena.

    La vicenda invece resta gravissima, perché Ganzer e altri ufficiali e sottufficiali della cosiddetta “Benemerita” utilizzando mezzi e strutture dell’Arma, oltte che trafficanti di stupefacenti professionali, inventavano brillanti operazioni al fine di acquisire meriti e fare carriera. E c’è pure il giallo di una discreta somma di denaro sparita misteriosamente. (altro…)

  • Sciolse un bimbo nell’acido, è lo storico ufficiale della Repubblica

    E’ la fotografia di un Paese, non solo della sua giustizia…. C’è un signore, si fa per dire, che sciolse un bambino nell’acido e che da anni è protetto dallo Stato perché un parlamento di pagliacci istigati dai magistrati approvò una legge sciagurata e incostituzionale…Costui da un’aula bunker sta riscrivendo la storia d’Italia con tutti i mezzi di informazione che gli fanno da megafono, come se avessero a che fare con un oracolo…

    Ovvio che nessuna Corte Costituzionale dirà mai che la legislazione premiale non è congrua con la Carta, per usare un eufemismo. Perché c’è la ragion di Stato. Quelle norme nate per risolvere il problema della sovversione interna, etichettato come “terrorismo” e “anni di piombo”, delegato dalla politica ai magistrati, non possono essere messe in discussione. Il discorso vale per l’intera madre di tutte le emergenze. Basti pensare che Magistratura Democratica, la corrente di “sinistra” delle toghe ha sospeso la presentazione dell’agenda 2014 dopo aver chiesto e ottenuto da Erri De Luca un bellissimo articolo che toccava il nervo scoperto dei vincitori che processano i vinti. Insomma l’agenda 2014 finirà al rogo. Quello è l’unico periodo della storia patria di cui non si può parlare. Nessuna obiezione è possibile.  Affinchè nei tribunali della Repubblica si possa continuare a giudicare le persone non per quello che hanno o avrebbero fatto ma per cosa pensano di ciò che hanno fatto. E allora chi sciolse il bambino nell’acido diventa lo storico ufficiale di un Paese dove la politica iniziò a suicidarsi mettendo nelle mani dei giudici compiti che erano suoi, salvo lamentarsi poi che le toghe hanno troppo potere. (frank cimini)