Silvio e Ruby, Ruby e Silvio, i casi della vita. Storie di ordinaria umanità, di comuni mortali, anche se l’ex medico del Cavaliere, Umberto Scapagnini, buonanima, la pensava diversamente. Mentre Silvio accatasta carte provenienti da mezzo mondo per una improbabile se non impossibile revisione del processo Mediaset perché 64 società offshore non le spazza via nemmeno la bora di Trieste, Ruby fa progetti per il futuro. Un progetto. E pure lei punta sull’estero e ha in mano carte straniere, quelle relative all’autorizzazione, che ha già in mano, per aprire una fabbrica di pasta fresca in Messico. (altro…)
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Ruby ter, Berlusconi sarà difeso dall’avvocato di Mills al posto di Ghedini – Longo
Ci sarà una new entry importante nella difesa di Silvio Berlusconi in relazione all’inchiesta non ancora formalizzata ma che partirà dopo che saranno state depositate le motivazioni del processo Ruby2: l’indagine già denomimata Ruby-ter. Per difendersi dall’accusa di corruzione in atti giudiziari, i 2500 euro al mese alle ‘olgettine” protagoniste delle deposizioni in aula, il Cavaliere ha scelto l’avvocato Federico Cecconi, storico legale di David Mills.
La nomina non è ancora ufficiale perchè l’inchiesta per essere avviata ha bisogno della trasmissione dei verbali di udienza e delle motivazioni dei due processi già celebrati in primo grado, ma la decisione è stata presa. Va considerato che gli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo diventeranno incompatibili perché i giudici del processo a carico di Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti già con il dispositivo della sentenza hanno imposto un’indagine anche su di loro. La procura infatti sarà obbligata a svolgere accertamenti sulle modalità delle indagini difensive effettuate dai legali di Berlusconi già prima che il caso della minorenne marocchina e delle feste di Arcore approdasse sui media. (altro…)
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Giudice ubriaco, è caccia disperata al nome (tra le toghe)
“Eddai, dimmi chi è”. Non si sa. “Ma è uno importante o uno meno importante?”. Non te lo dico. “Ma chi è ‘sto collega ubriaco?”. Non posso violare il segreto istruttorio. Cioè, quello professionale. Insomma la notizia l’abbiamo data, mica ti possiamo dire tutto, e poi che cosa cambia ai fini del pubblico interesse?
E’ un mondo alla rovescia quello del Tribunale di Milano, da due giorni. Da quando cioè il sito giustiziami.prlb.eu ha pubblicato la notizia del magistrato condannato a Brescia dopo una disavventura alcolica in bicicletta (vedi https://giustiziami.prlb.eu/ubriaco-in-bicicletta-magistrato-condannato-a-2-mesi-e-20-giorni-di-arresto/ ). Due mesi e 20 giorni convertiti in una multa, dopo un percorso giudiziario accidentato quanto quello compiuto sulle due ruote, a tarda sera, su un marciapiede, prima di imbattersi nel solerte vigile che ha accertato il tasso alcolico della toga-ciclista. (altro…) -
Sempre al Coin, magistrato scambiato per commessa
Lei è molto graziosa, elegante e sempre ben vestita. Con quel sorriso scintillante potrebbe venderti qualsiasi cosa. Attratto dalla sua allure, un cliente del Coin, il grande magazzino di piazza Cinque Giornate che dista pochi metri dal Tribunale, le si avvicina fiducioso per chiedere informazioni sulla merce: “Posso chiedere a lei?”. “No, io non lavoro qui”, si schernisce. “Ah, mi scusi – ribatte quello – la vedo sempre qui, pensavo fosse una dipendente”. Lei è un magistrato.
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Fonsai, la Consob indaga sui giornalisti che l’hanno criticata
La Consob indaga sui giornalisti che hanno criticato il suo comportamento in relazione alla fusione Unipol-Fonsai. L’organismo di vigilanza sulla Borsa ha chiesto e ottenuto dalla procura di Milano l’autorizzazione ad avere dalle compagnie telefoniche i tabulati del cronista di Repubblica Giovanni Pons e di un collega di un’altra testata.
Pons criticava il ritardo con cui Consob si era attivata sulle presunte irregolarità del bilancio 2011 di Unipol. L’11 dicembre 2012 Pons scriveva: “Come mai Consob si attiva solo ora su tale irregolarità e non si è mossa quando il pm di Milano Luigi Orsi lo scorso 4 luglio inviò una lettera agli uffici guidati da Giuseppe Vegas chiedendo ‘se Consob avesse riscontrato i dati su Unipol evocati dal progetto Plinio che circola in rete e se questi possano interferire con la trasparente formulazione dei prospetti?”.
Pons ipotizza: ” Se lo avesse fatto per tempo forse la fusione Unipol-Fonsai sarebbe stata messa in discussione o forse la trattativa sarebbe stata diversa da un salvataggio della prima sulla seconda”.
Secondo la Consob i giornalisti avrebbero agito disturbando il mercato perchè si sarebbero verificati dei movimenti azionari sospetti dopo la pubblicazione degli articoli. Da quanto risulta, non sempre la Procura autorizza la Consob ad acquisire i tabulati dei giornalisti, sulla base dell’articolo 187 octies del Testo Unico della Finanza. (manuela d’alessandro e frank cimini)
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“Non è Sallusti, è solo uno zingaro e quindi deve stare in carcere”
L.P. è uno zingaro di etnia serba destinato a scontare in cella la condanna a 4 mesi per guida senza patente decisa dal Tribunale di Milano nel 2011 al termine di un processo celebrato a sua insaputa perché il diretto interessato era in Francia. I pm di Milano non hanno applicato nel suo caso la doppia sospensione dell’ordine di esecuzione della pena come era invece accaduto nella vicenda del direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti condannato per diffamazione a 14 mesi e finito ai domiciliari.
Il ‘caso’ Sallusti era stato seguito e deciso direttamente dal capo della procura Edmondo Bruti Liberati il quale aveva ordinato ai suoi pm con una circolare di applicare la legge ‘svuotacarceri’ laddove i condannati avessero i requisiti richiesti. Allora ci furono polemiche perché i pm delle esecuzioni non erano d’accordo con l’interpretazione della norma data e praticata dal capo dell’ufficio.
Il legale di L.P., Eugenio Losco, aveva allegato alla richiesta di sospensione dell’esecuzione pena, la decisione di Bruti e la circolare mandata ai pm. Con ogni probabilità il magistrato che ha valutato il caso di L.P. ha considerato quelle carte una sorta di ‘aggravante’ trasmettendo il tutto al giudice di sorveglianza senza disporre la sospensione dell’esecuzione pena. Sarà il giudice a coordinare gli accertamenti sulla situazione dello zingaro serbo. “Ci vorrà il tempo che ci vorrà – dice Losco – L.P. lo passerà in cella, i 4 mesi finiranno così”.
Insomma, i magistrati della procura di Milano regolano i conti tra loro sulla pelle del classico povero cristo che ovviamente non dispone del cellulare del ministro della Giustizia. Nè lui, nè i suoi familiari. (frank cimini)
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Ruba in casa di un magistrato, identificata a tempo di record
La sfiga può toccare a tutti. Pure ai magistrati. Non ci sono serrande che tengano, né sistemi di sicurezza: a volte, se un ladro esperto decide di entrarti in casa, ce la fa a dispetto delle precauzioni dell’avveduto padrone. E’ quello che è capitato pochi giorni fa a un togato milanese. Ha avuto la sfortuna di incappare nell’opera di un, o meglio di una, professionista del campo. Risultato, casa svaligiata e un bello spavento al rientro. Diversi orologi di valore, volatilizzati. Un danno calcolato in circa 40mila euro. In quelle situazioni, la trafila è uguale per tutti: denuncia ai carabinieri, elenco minuzioso degli oggetti spariti, accensione di un cero nella speranza di rivedere la refurtiva, prima o poi. Ma secondo la vulgata dei più maliziosi, tra cui certo non possiamo annoverare gli autori di giustiziami.prlb.eu, la parità di condizioni con il comune cittadino finisce qui. Sostengono, i demagoghi, che nel caso in cui sia un magistrato la vittima del reato, la solerzia nel condurre le indagini aumenti. Tant’è, nel caso di specie, nel giro di 48 ore l’autore del furto è stato individuato. Grazie alle impronte digitali, rilevate prontamente e senza i famosi inquinamenti della scena criminis, e inserite in una banca dati in forza alla Sezione Investigazioni Scientifiche dei carabinieri milanesi. Un click, e la ladra è stata individuata, nonostante la dozzina di ‘alias’ che in passato ha fornito alle forze dell’ordine. Ora non resta che trovarla, poi dovrà affrontare un processo a Brescia, essendo milanese il magistrato vittima di furto. Certo, rubare a un magistrato…La sfiga può toccare a tutti, pure al ladro.(nino di rupo)
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Il flop di Mani pulite bis, tutti prescritti
Di processi anche importanti che finiscono in prescrizione ce ne sono tutti i giorni nei tribunali italiani, ma pochi giorni fa la corte d’appello di Milano ha ‘spazzato via’ le nove condanne, dai due anni a 3 anni e 6 mesi di reclusione, emesse in primo grado nel processo relativo a presunte tangenti pagate ad ex dirigenti di Enipower e Enelpower tra il 2002 e il 2004. Non si tratta di una vicenda giudiziaria qualsiasi perché nel 2004, quando scattarono 11 arresti per appalti energetici anche in Medio- Oriente, il pm Francesco Greco supportato poi dal gip Guido Salvini scrisse: ” Sarà peggio di Mani pulite”. Gli inquirenti avevano infatti interpretato male una telefonata intercettata in cui si diceva: “Facciamo presto perché incombe la campagna elettorale”. E subito iniziarono a circolare voci e indiscrezioni su somme ingenti finite ai partiti politici. Invece quelle parole captate dalle cimici erano solo una millanteria, una furbata al fine di mettere le mani sul denaro il prima possibile. Enipower-Enelpower si rivelò una storia di ordinaria corruzione. Nessuna Mani pulite bis, insomma. Forse perché avevamo già dato o forse perché quando una storia si ripete passiamo dalla tragedia alla farsa. Con la differenza che Mani pulite tra due pesi e due misure, uso spropositato del carcere per ottenere confessioni, indagini non fatte al fine di garantire la forza d’urto della magistratura contro i politici, l’inchiesta era già stata allo stesso tempo tragedia (per i numerosi suicidi) e farsa. Fu utile l’indagine sì, ma a costruire carriere politiche e fortuna personali, rimpinguando il conto in banca di magistrati che risposero alle critiche ricorrendo ai loro pari, i colleghi della porta accanto con cause civili milionarie.
Alla fine abbiamo scampato la seconda puntata, ma lo stato di diritto già compromesso pesantemente dalla ‘lotta al terrorismo’ si vide infliggere un’altra grave ferita non ancora rimarginata per responsabilità che vanno divise tra le toghe e i politici. (frank cimini)
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Proto condannato, zero righe… la coscienza sporca dei giornali
Per mesi e mesi i giornali avevano dato credito e spazio ad Alessandro Proto, finanziere che inondava le redazioni di comunicati presentandosi come compratore di azioni di società quotate da Rcs a Tod’s e scalatore. Ieri Proto, che si era pure candidato alle primarie poi non pervenute del Pdl, è stato condannato tramite patteggiamento a 3 anni e 10 mesi per aggiotaggio, truffa e ostacolo alla Consob. Oggi sui giornali, al di là di poche righe sul Sole 24ore, non c’è nulla.
E’ la truffa dei giornali ai loro lettori. Non hanno scritto nulla della condanna perchè magari avrebbero dovuto ricordare il loro contributo alla costruzione del personaggio Proto. Nel momento in cui un mitomane con un po’ d’ inchiostro arriva a tanto va detto che è il sistema a non funzionare e che non esistono in pratica anticorpi. Tra i molto presunti anticorpi la Consob, parte civile al processo, arrivata dopo l’inchiesta dei magistrati e che non ha incassato alcun risarcimento. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Nel passato recente c’è l’esempio clamoroso della fallita scalata di Fiorani ad Antonveneta. (frank cimini)
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Mauro Masi interrogato sui voli di Stato dell’ex ministra Brambilla
Il Tribunale dei ministri ha avviato l’istruttoria nel processo a carico di Michela Vittoria Brambilla, responsabile del Turismo nell’ultimo governo Berlusconi, accusata di peculato per l’utilizzo di aerei ed elicotteri di Stato. L’inchiesta condotta dal pubblico ministero Letizia Mannella è stata incardinata davanti alla sezione milanese del tribunale dei ministri, che – con una procedura simile a quella prevista nel vecchio codice di procedura penale – conduce anche le attività di indagine. In questa veste il collegio speciale ha interrogato nei giorni scorsi Mauro Masi, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Masi avrebbe spiegato ai giudici che nel periodo interessato dall’inchiesta, intorno al 2010, aveva già lasciato l’incarico a Palazzo Chigi. (altro…)
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Rubyter, pacco-regalo di Natale dei pm a Berlusconi
Entro il 22 novembre ci sarà il deposito della sentenza Ruby, entro il 3 dicembre quello di Ruby2. A quel punto il capo della procura Bruti Liberati e l’aggiunto Ilda Boccassini daranno concretezza come atto dovuto all’invito che i giudici dei due processi avevano rivolto ai pm con la trasmissione degli atti riguardanti diverse false testimonianze: indagare su Silvio Brelusconi, sui 2500 euro mensili a 32 olgettine le cui deposizioni in aula avrebbero affermato cose lontane dal vero, su Mariano Apicella, sulla funzionaria di polizia Giorgia Iafrate, sulle presunte irregolarità nelle indagini difensive degli avvocati Ghedini e Longo.
Insomma si chiamerà Rubyter, il pacco-regalo che entro Natale la procura di Milano farà recapitare all’ex presidente del Consiglio dei ministri, il quale con ogni probabilità si vedrà pure sequestrare i conti correnti presso l’Mps dai quali partivano e partono in verità tuttora i versamenti alle ragazze “al fine di risarcirle almeno in parte dei danni mediatici subiti a causa del clamore dell’inchiesta”.
Il Cavaliere correrà pure il rischio di una misura cautelare personale che potrebbe portarlo in carcere o ai domiciliari dal momento che nel frattempo avrà perso l’immunità che gli deriva dallo status di senatore della Repubblica. La stessa sorte potrebbe toccare alle olgettine, in un’inchiesta che sembra destinata a chiudersi in tempi brevi con la richiesta di rinvio a giudizio per corruzione in atti giudiziari, reato contestato a chi paga testimoni affinchè dicano il falso. Rubyter un bis del caso Mills, per capirci. Con la differenza che stavolta la prescrizione è lontana, lontanissima, considerando che i pagamenti sono in corso. L’accusa, insomma, appare molto più provata di quella del processo principale a carico del Cav dove è lecito dubitare circa la rilevanza penale di comportamenti politicamente e moralmente deplorevoli. In altri paesi un premier che chiama la polizia per far liberare aumma-aumma una minore sparisce dalla vita pubblica per il resto dei suoi giorni al di là di eventuali risvolti penali. Qui invece, citando Marco Pannella, “s’è fatto un processo per stabilire se ci fu penetrazione”. (frank cimini)
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Berlusconi, l’affidamento, il cane e due gatte
Il Cav ha finalmente chiesto l’affidamento in prova ai servizi sociali mettendo fine alla spasmodica attesa dei cronisti i quali a un certo punto avevano pensato che a portare l’istanza in Tribunale, reggendola con i denti, sarebbe stato Dudù, il cane di Francesca. Non è stato così. Dudù avrebbe rischiato di litigare con Nunzia Gatto, il pm responsabile del dipartimento esecuzione pena. E ancora. Salendo all’ammezzato del quarto piano, al terzo avrebbe potuto incrociare Anna Maria Gatto, presidente del collegio del processo “Ruby2”, che tra pochi giorni depositerà le motivazioni delle condanne di Fede, Minetti e Mora, dove ci sarà l’invito ai pm a indagare il Cavaliere per i soldi alle olgettine testimoni (false secondo i giudici). Insomma, quella di Dudù sarebbe stata una missione a rischio. E allora lo zoo si ferma a falchi e colombe che agitano le notti insonni di Silvio. C’era una volta la passera (frank cimini)
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“Carceri disumane, libertà vo cercando”. Da Hassan H. sponda a Napolitano
Per “accompagnare i taralli” (classico idioma norvegese) del messaggio alle Camere di Napolitano, Hassan H., 28 anni, egiziano, detenuto dal 5 settembre a San Vittore per spaccio di hashish, chiede con il suo legale al giudice del processo per direttissima di essere scarcerato. “Condizioni di detenzione disumane, in 6 in una cella di metri 2,5 per 4,5 con tre letti a castello” è scritto nell’istanza che ricorda: “Le misure coercitive sono immeditamente revocate, art 299 cpp, quando risultano mancanti le condizioni di applicabilità delle singole misure…. Per la Costituzione istituto di custodia deve essere istituto di custodia conforme alle norme poste a tutela del detenuto”. (altro…)
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Gli amici e quelle “maglie celebrative” per Formigoni in vacanza
Tutti per uno, uno per tutti. Quattro amici rilassati a poppa, su un tavolo piatti e bicchieri sparsi dopo uno spuntino, in fondo il bel mare della costa dalmata. I ‘moschettieri’ dell’ex ‘re’ lombardo, Roberto Formigoni, sfoggiano orgogliosi polo ”marinaresche” con la scritta “President Roberto – Sailing Team Croazia 2009”. Maglie che, ipotizzano gli investigatori, sono state “prodotte a fini celebrativi di una visita di Formigoni” nel Paese balcanico. La foto souvenir è contenuta in una pen drive acquisita nell’ambito dell’inchiesta su presunte tangenti nel mondo della sanità lombarda, che coinvolge anche l’imprenditore ed ex consigliere regionale di Forza Italia Massimo Gianluca Guarischi. Ex politico che, secondo le indagini della Dia e dei pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio, avrebbe raccolto le mazzette versate dagli imprenditori e avrebbe pagato una serie di viaggi al Celeste, accusato di corruzione e turbativa d’asta.
Le polo con dedica risalgono al 2009, ma gli amici di Formigoni le ripropongono tre anni dopo. E’ il 27 giugno 2012 e da sinistra verso destra nella foto, scrive la Direzione Investigativa Antimafia, figurano Massimo Dell’Acqua, Mauro Villa detto Willy (all’epoca segretario personale dell’ex Presidente del Pirellone), Nikola Juric, proprietario dell’Hotel Spongiola nell’isola di Krapanji dove alloggiano Formigoni e compagnia, e Luana Cazzato, amica dell’attuale senatore del Pdl. Il viaggio in Croazia, stando alla ricostruzione della Procura, è offerto come tanti altri da Guarischi, che all’epoca era tornato in libertà dopo una condanna per mazzette appena finita di scontare. E ora è di nuovo a processo, dove sono stati depositati gli atti sulla presunta corruzione di Formigoni, inchiesta quest’ultima ancora aperta. Tra le altre cose, una testimone racconta a verbale che in barca, oltre all’ex Governatore e agli amici, c’erano pure “il capitano di nazionalità croata” e “due, tre persone di servizio”. (manuela d’alessandro)
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Nuove carte su corruzione Formigoni, ‘i viaggi a scrocco a spese di Guarischi’
“Voglio che sia chiaro: in caso di incidente, non ero io alla guida!”. Scherza Roberto Formigoni, al timone di un gommone fuoribordo e al tempo – siamo ai primi di settembre del 2012 – alla guida soprattutto di una Regione Lombardia che lascerà a breve, dopo 18 anni di governo del Pirellone, travolto da un’ondata di inchieste giudiziarie.
Nella scena, ripresa in un video di 37 secondi, il Celeste al timone sta per dare gas e trainare sugli sci d’acqua Gianluca Guarischi, faccendiere e imprenditore, in passato consigliere regionale di Forza Italia, in libertà dopo una condanna per tangenti appena finita di scontare. Sono grandi amici, lui e Formigoni. Vanno in vacanza assieme, solo che a pagare, è quasi sempre Guarischi. Almeno stando a una serie di informative della Direzione Investigativa Antimafia depositate dai pm di Milano Gittardi e D’Alessio nel nuovo processo per corruzione a carico di Guarischi. Il quale, nonostante il processo sia già in fase di dibattimento, a oggi è ancora in carcere.
In uno stralcio ancora aperto delle indagini, Formigoni è accusato di corruzione proprio per i regali ricevuti da Guarischi per favorire, stando agli inquirenti, le società di una famiglia di imprenditori della sanità, Giuseppe Lo Presti e figli, che proprio ieri hanno patteggiato. Viaggia spesso, Formigoni, a bordo di jet privati ed elicotteri. Ma a sganciare, secondo gli investigatori della Dia, è sempre il faccendiere amico.
Il conto delle somme versate da Guarischi per i viaggi di lusso con Formigoni, arriva a 65mila euro. Destinazioni? Croazia, Sankt Moritz, Valtellina, Olbia.
E’ il caso del viaggio del 21 giugno 2009 in Croazia. Volo Linate-Spalato su un aereo privato noleggiato dalla Topjet Executive di Milano. A bordo Guarischi, Formigoni, la fidanzata Luana Cazzato e altre due persone.
Costo dell’operazione, fatturata a Guarischi, 14mila euro. La compagnia trascorre una serena settimana su uno yacht al largo di Sebenico.
Passano tre anni, è agosto 2012, e mentre Formigoni è già indagato per il caso Maugeri, trascorre un altro soggiorno in Croazia con Guarischi, la Cozzato e altri. Questa volta ciascuno sembra pagare il proprio biglietto d’aereo,
mentre non si sa chi paghi il noleggio dello yacht e l’albergo a Maslinica. I bagagli li porta gentilmente un collaboratore di Guarischi, partendo dal Pirellone su un’auto intestata all’imprenditore Lo Presti.
Il braccio destro di Formigoni, Mauro Villa, gli consegna due valigie per il Celeste, insieme a due borsoni marchiati ‘Peck’. “Sbirciando – spiega l’autista – ho riconosciuto vari generi alimentari”.
La vacanza del governatore viene però funestata dal lutto: il 31 agosto muore il cardinal Carlo Maria Martini, deve rientrare immediatamente a Milano e Guarischi gli trova un jet privato. A Linate lo aspetta il solito collaboratore dell’amico, che gli consegna una cassa di champagne Ruinart: “Non ricordo se fossero sei oppure 12 bottiglie”, dirà agli investigatori. Offre Guarischi, ça va sans dire. Con il jet privato, Formigoni farà presto a tornare alla serenità delle vacanze croate, trainando sugli sci d’acqua Guarischi, alla guida del gommone, solo due giorni dopo.
C’è poi il volo in elicottero per Sankt Moritz, esclusiva località invernale svizzera, dove la compagnia festeggia il compleanno di Luana, la fidanzata di Formigoni, insieme a Giuseppe Biesuz, ex Ad di Trenord, poi finito in altri guai giudiziari. Far girare le eliche dell’elicottero Swiss Jet, andata e ritorno, non è cosa da poco. Paga ancora l’amico Gianluca: seimila euro.
Le pale girano anche quando Formigoni, il 4 marzo 2011, prende un elicottero da Linate a Livigno, poi passa a Santa Caterina Valfurva e fa ritorno a casa, insieme ad altri 5 passeggeri.
Sull’agenda degli impegni del presidente, per quelle ore risulta l’indicazione “privato”. Costo dell’operazione? Ottomila euro. Fatturati alla Guarischi Consulting dalla Topjet. La stessa società che fattura, di nuovo a Guarischi, 7.480 euro per un’andata-ritorno Linate-Olbia in jet privato il 9 e l’11 ottobre 2009. A bordo ci sono quattro persone, tra cui Formigoni. I passeggeri sono invece sei – tra cui sempre Guarischi e Formigoni – il 2 giugno 2010, e quattro giorni dopo sul volo di ritorno. Stessa destinazione, Olbia, stesso destinatario dell’addebito, Guarischi, che questa volta sgancia 11.800 euro.
Tutti sono ospiti nella famosa villa di Cala Volpe che ha già fatto capolino nell’inchiesta Maugeri. Acquistata da Alberto Perego, amico di Formigoni, a un prezzo secondo gli inquirenti, sottostimato di qualche milione di euro.
La Sardegna dev’essere il luogo del cuore per Formigoni: ci torna con gli amici il 12 aprile e poi il 17 settembre 2012. Volare è comodo se come sempre paga Guarischi. Fanno altri 17mila euro.
Secondo gli investigatori, Gianluca Guarischi è per Formigoni il nuovo Pierangelo Daccò. Un consulente e amico intimo che offre regali e vacanze in cambio di favori a imprenditori della sanità fidati.
Amicizie sul crinale del business illecito, secondo gli inquirenti. Commentando una delle vacanze croate, il solito collaboratore di Guarischi dirà all’imprenditore Lo Presti. “Gianluca non è in vacanza, perché sta lavorando più che a Milano. L’ho visto in forma smagliante, con il nostro amico che pende dalle sue labbra…Se Luca gli dice ‘bevi’ lui beve, ‘cammina’ cammina, ‘fermati’ fermati”. (nino di rupo) -
“La Procura non indaga”, tolte sette indagini a Greco
Sette inchieste tolte a uno dei magistrati più quotati della Procura di Milano, Francesco Greco, che, secondo un giudice e la Procura Generale, non avrebbe indagato su vicende di evasione fiscale, scuotono il Palazzo di Giustizia. Da aprile a settembre il procuratore leader del pool che combatte la criminalità economica, che ha ‘firmato’ inchieste come quella sulla scalata ad Antonveneta ed è stato citato ieri anche da Enrico Letta come possibile futuro consulente di Palazzo Chigi, si è visto bocciare dal gip Andrea Salemme sette richieste di archiviazione. Fin qui, nulla di strano: capita che un giudice non condivida l’orientamento della pubblica accusa. Quello che appare davvero inedito, tanto che nessuna statistica e nessuna ‘toga’ di lungo corso lo ricordano, è l’intervento della Procura Generale, l’organo a cui spetta il controllo su tutti i magistrati del distretto milanese. Di solito, quando un giudice non vuole archiviare, ordina allo stesso pm che ha ricevuto la notizia di reato di riapplicarsi sulle indagini. Il pg Carmen Manfredda, su delega del suo ‘capo’ Laura Bertolé Viale (pubblica accusa nel processo d’Appello Mediaset a Berlusconi), si é invece sostituita a Greco sulla base di un articolo del codice di procedura penale, finora rimasto ‘sulla carta’, che gliene da’ facoltà (‘avocazione delle indagini per mancato esercizio dell’azione penale’). Una di queste inchieste, tutte partite da segnalazioni dell’Agenzia delle Entrate, riguarda una maxi frode da quindici milioni di euro messa a segno attraverso una società estera da un’ azienda brianzola attiva nel campo degli arredamenti. Greco, stando a quanto riferito da fonti del Palazzo, avrebbe archiviato la pratica nel giro di pochissimi giorni, sostenendo che la frode esisteva, ma non era possibile provarla per un’interpretazione giuridica. Una scelta ritenuta troppo precipitosa dalla Procura Generale visto che, si fa notare, nemmno un atto d’indagine è stato compiuto per cercare eventuali prove. In queste settimane, la polizia giudiziaria sta raccogliendo informazioni e documenti che poi verranno valutati dalla Procura Generale. La replica della Procura è affidata ai numeri. Viene sottolineato che nei primi cinque mesi di quest’anno sono state inoltrate all’ufficio gip circa 1600 richieste di decreto penale di condanna per reati fiscali e si è indagato su importanti societa’ fino ad arrivare a sequestri imponenti, come gli 1,2 miliardi di euro ‘congelati’ alla famiglia Riva dell’Ilva di Taranto. (Manuela D’Alessandro)
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Il silenzio dei giornaloni sulla procura che non fa indagini
Repubblica zero righe imitata dalla Stampa. Il Corriere della sera 15 righe in cronaca nascostissime. E’ il silenzio dei giornaloni sulla notizia relativa alla procura generale che ha tolto 7 inchieste per frode fiscale ai mitici pm del quarto piano per una ragione molto semplice. Tecnicamente si chiama “inazione”. In parole povere non indagavano. Un gip ha detto no alle richieste di archiviazione ed è scoppiata la bufera di cui i grandi giornali non intendono parlare.
Si tratta di una storia vecchia che risale ai tempi di “Mani pulite” quando i grandi editori che erano anche imprenditori d’altro e sotto schiaffo del pool la fecero franca in cambio dell’appoggio mediatico alla falsa rivoluzione impersonata da un magistrato peraltro abituato a vivere a scrocco degli inquisiti del suo ufficio e che in pratica era anche peggio dei politici finiti in carcere. Insomma una sorta di corruzione organica tra editori e magistrati. E così pure a distanza di vent’anni le disavventure della procura non meritano articoli.
Tra gli indagati delle 7 inchieste per evasione fiscale non c’è il cavalier Berlusconi. Ovvio. In quel caso l’indagine sarebbe stata veloce. Come non c’era Berlusconi di recente neppure in un’altra inchiesta il cui fascicolo, Sea per turbativa d’asta, venne dimenticato-perso (non si è mai capito) e poi ritrovato solo quando apparve sui giornali la notizia che da Firenze a Milano erano state trasmesse intercettazioni con il sospetto che fosse stata pilotata la gara vinta da Gamberale. Succede che i magistrati a volte si impegnano per dare ragione al Cav ma i giornaloni non lo scrivono (frank cimini)
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Omicidio Ferrulli, 4 poliziotti imputati, folla di “colleghi” tra il pubblico
4 agenti di polizia sono imputati per l’omicidio di Michele Ferrulli (30 giugno 2011) morto di infarto e che secondo l’accusa sarebbe stato picchiato con i manganelli mentre gridava aiuto. Decine di colleghi degli imputati a ogni udienza presidiano spazio riservato al pubblico e corridoi limitrofi. Sono in servizio? Sono pagati da noi contribuenti per stare lì? E a fare che cosa? Perchè? E’ solidarietà di corpo? Di casta? E’ un modo di esercitare pressione psicologica sui giudici della corte d’assise?
Il tribunale di Milano è già stato teatro di assoluzioni per legittima difesa di commercianti che hanno ucciso sparando alle spalle di rapinatori che scappavano (frank cimini)
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Abu Omar, Pollari verso prescrizione, da Cassazione gioco delle 3 carte
L’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari condannato in appello a 10 anni di carcere per il sequestro dell’imam Abu Omar ormai non corre alcun rischio di finire in carcere. La Corte Costituzionale infatti ha fissato all’11 febbraio l’udienza in cui deve decidere sul conflitto di attribuzione tra poteri dello stato sollevato dal governo Monti e poi anche dal governo Letta in merito alla sussistenza del segreto di stato. La Cassazione aspetta la decisione della Consulta e non solo non ha fissato date ma nemmeno congelato il decorso della prescrizione che scatterà inevitabilmente il 17 febbraio dell’anno prossimo. Insomma la Suprema Corte ha fatto il gioco delle 3 carte per salvare Pollari e gli altri appartenenti ai servizi segreti che in pratica non corrono più alcun rischio di scontare la pena. A contribuire ad allungare i tempi c’è stato anche il secondoconflitto di attribuzione sollevato da Palazzo Chigi, gestione Letta, nei confronti dei giudici milanesi, la cui ammissibilita’ sara’ vagliata dalla Consulta il 9 ottobre prossimo. Se anche questo secondo conflitto sara’ dichiarato ammissibile (decisione scontata) verra’ poi trattato nel merito assieme al primo nella medesima udienza dell’11 febbraio. La Cassazione ha dimostrato che ha fretta solo quando vuole. Giustamente fissò a luglio scorso davanti alla sezione feriale l’udienza Mediaset con tra gli imputati Silvio Berlusconi. Berlusconi evidentemente non ha possibilità e capacità di ricattare nessun potente. Pollari, al contrario sì. E lo si era capito da tempo, se si considera che sono stati governi di diverso (si fa per dire) colore (Prodi, Berlusconi….) a sollevare conflitti in relazione al segreto di stato sui rapporti tra Cia e Sismi, estesi anche al fatto reato: un terrorista molto presunto rapito trasferito in Egitto, torturato, sodomizzato, parte civile nel processo in cui non ha avuto possibilità di essere presente perchè le autorità del suo paese, a iniziare da Mubarak, lo “zio” di Ruby, fino ai suoi successori, non hanno mai risposto ad alcuna rogatoria dei magistrati di Milano. Insomma quello dell’imam della moschea di via Quaranta fu un sequestro di Stato, o meglio di Stati, con tutte le autorità preposte impegnate a violare quella legalità con cui si sciacquano la bocca tutti i giorni pur di coprire un crimine gravissimo. Gli unici condannati sono gli agenti della Cia, alcuni addirittura dall’identità probabilmente indefinita e che mai saranno estradati e il militare Joseph Romano salvato a sua volta dalla grazia concessa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E’ una vicenda vergognosa che dimostra ancora una volta che la giustizia non è uguale per tutti e questo al di là di come finirà i suoi giorni il cavalier Berlusconi, unico argomento di cui si continua a discutere in un paese dove sono al potere dei pagliacci.
(frank cimini)
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Era sì il 15 dicembre ma non morì di freddo
“Era chiusa la finestra poi aperta la lasciaru”. Dalla finestra aperta sul cortile giace agonizzante Pino Pinelli, il fumo esce lentamente e si intravedono dentro quelle stanze figure diverse da quelle fin qui conosciute, figure di funzionari di alto grado venuti da Roma che “prendono la situazione in mano” come dirà uno di loro. Figure che fanno indagini riferendo al ministro dellInterno e al capo della polizia non ai magistrati inquirenti. Catenacci, Russomanno, Alduzzi e altri meno noti spuntano tra le carte sulla strage di piazza Fontana. Ma solo nel 1996 oltre 26 anni la notte del 15 dicembre 1969 saranno chiamati a deporre ma anche allora nessuna domanda su quanto accaduto. Dal 1996 quegli atti sono rimasti off-limits per uscirne solo poco tempo fa. Da queste carte prendono spunto Gabriele Fuga avvocato e Enrico Mattini come Fuga anarchico da sempre, per editare “e a finestra c’è la morti” (da Franco Trincale, cantastorie). Un libro molto interessante e documentato per ribadire che era sì il 15 di dicembre, ma che Pinelli non morì di freddo. E non è solo una storia vecchia alla quale noi di una certa età siamo troppo affezionati. Considerando quanto accade nella cronaca quotidiana, Aldrovandi, Cucchi, Uva siamo alla stretta attualità. E’ come se tutto fosse successo ieri, anzi no, come se fosse adesso, 2013.
“Ci è sembrato giusto raccogliere il testimone dai tanti che si sono avvicinati alla figura di Pinelli, certi di trovare altri disposti a farsi carico del seguito di questa ricerca fino a nche il fumo di quella stanza non sarà davvero diradato” scrivono gli autori ricordando quella notte in questura che resta una ferita nella storia del paese perchè tutte le “autorità preposte” diedero e continuano a dare il loro contributo per coprire la verità. Non si tratta a modesto parere di chi scrive queste poche righe di riaprire l’indagine giudiziaria. Il risvolto penale soprattutto a questo punto appare di gran lunga il meno interessante, ma di trasmettere memoria lungo le generazioni perché questo libro parla dell’oggi.
La mia copia del libro reca la dedica di Gabriele: “anche nel ricordo di Primo che ci ha accompagnato nella lotta”. Leggo e mi commuovo.
(Frank Cimini)
