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  • “Idea” della Cassazione: Askatasuna uguale lotta armata

    La Cassazione interpreta, diciamo così, il pensiero dei militanti del centro sociale torinese Askatasuna e confermando le misure cautelari decise prima dal gip poi dal Riesame in un processo per associazione per delinquere e scontri con le forze dell’ordine dice che alcuni imputati “coltivano propositi di lotta armata”.

    Nemmeno i pm erano arrivati a tanto, la Cassazione si. I magistrati dell’accusa avevano parlato di iniziative violente ma mai di azioni o attentati diretti contro singole personalità dello Stato o istituzioni. Si trattava di decidere sul ricorso di due imputati contro la misura dell’obbligo cautelare di presentazione alla polizia giudiziaria.

    La tesi della Suprema Corte è che un gruppo ristretto di attivisti stia portando avanti “un piano criminoso” con attacchi ai cantieri dell’alta velocità, lanci di petardi, artifici pirotecnici a mo’ di armi. La Cassazione parla di lotta armata. “Secondo quanto emerso da intercettazioni e dalla di disamina degli atti letti in chiave cronologica detta finalità si identifica nello lotta armata mediante la preordinata provocazione di contrasti con le forze dell’ordine”.

    Dice Claudio Novaro uno degli avvocati difensori: “In tutto il processo non si parla di lotta armata, non si capisce come la Cassazione sia potuta arrivare a tale argomento. La Cassazione è giudice di legittimità e non di merito. Io avevo proposto 130 pagine di motivazione criticando le scelta del Tribunale sulle misure cautelari. La Cassazione sul punto non dice niente e se ne viene fuori con una invenzione di sana pianta su un argomento non al centro del processo”.

    Il processo che riprenderà a settembre riguarda 26 attivisti alcuni dei quali rispondono di associazione per delinquere. La motivazione della Cassazione sulle misure cautelari, nel caso due e nemmeno relative alla custodia in carcere, alzando il tiro in modo quantomeno spropositato tende chiaramente a influenzare i giudici del processo in corso a condizionarne quella che sarà la decisione finale.

    A parlare di terrorismo in relazione alle lotte dei NoTav ricordiamo ci aveva già provato la procura di Torino (teorema Caselli) in relazione al compressore bruciacchiato del cantiere di Chiomonte riportando brucianti sconfitte sia a livello di misure cautelari sia a livello di sentenza di merito soprattutto in Cassazione.
    Adesso invece è la Cassazione a voler vedere a tutti i costi propositi di lotta armata senza fare alcun riferimento a pezze di appoggio per una accusa così pesante. Insomma pare siano proprio gli ermellini ad avere nostalgia degli anni ‘70 a cercare di creare un clima che rispetto alla realtà attuale dello scontro sociale sembra assurdo e irreale.
    (frank cimini)

  • Cospito, anarchici a processo per un giornaletto a Massa

    Le mobilitazioni in solidarietà con Alfredo Cospito nel corso del lunghissimo sciopero della fame portano alla celebrazione dell’ennesimo processo che inizierà il prossimo 9 gennaio davanti al Tribunale di Massa con rito immediato. I reati contestati dalla procura di Genova sono quelli di istigazione a delinquere è offesa all’onorevole e al prestigio del presidente della Repubblica.
    4 imputati sono agli arresti domiciliari in 5 hanno l’obbligo di dimora e uno è libero. L’inchiesta è quella denominata Scripta Scelera e ruota intorno alla rivista Bezmotivny, accusata in un altro troncone di indagine per stampa clandestina nonostante fosse stata in bacheca sulla pubblica via. Il quadro dell’indagine è abbastanza pasticciato con il processo che viene celebrato mentre si è ancora in attesa dell’udienza in Cassazione sulle misure cautelari.
    Sotto accusa c’è una storia di solidarietà di internazionalismo di lotta di classe. Il prossimo 9 gennaio davanti al Tribunale ci sarà un presidio contro la censura e un comunicato che indice la mobilitazione afferma che non basteranno le acrobazie tecniche di un magistrato in cerca di autore a far sì che un percorso politico venga giudicato e liquidato alla chetichella.
    Nel recente passato la procura di Roma aveva avuto l’idea di procedere con il rito immediato nell’operazione Byalistock senza avere grande fortuna.
    Bezmotivny ricorda la storia di altri giornali e riviste dell’area antagonista finiti a processo. Chi ha i capelli e la barba bianca ha memoria della rivista dell’autonomia operaia “Metropoli” finita nei guai ormai quasi mezzo secolo fa per un fumetto sul caso Moro.
    Scripta Scelera è una delle tante inchieste aperte sugli anarchici negli ultimi anni dove viene contestata anche l’associazione sovversiva con finalità di terrorismo quasi sempre caduta anche prima di arrivare in aula. Evidentemente la pista anarchica è eterna e ha ripreso vigore come si diceva all’inizio per reprimere la solidarietà a Alfredo Cospito detenuto nel carcere di Sassari Bancali col regime del 41bis che g,i nega anche il diritto di accedere alla biblioteca centrale della prigione.
    (frank cimini)

  • Non c’è bavaglio ma il più pulito ha la rogna

    Non c’è bavaglio nel divieto di pubblicazione delle ordinanze cautelari prima del processo pubblico in un paese dove ve gli indagati vengono sputtanati prima del pubblico dibattimento spesso utilizzando fatti e dati irrilevanti dal punto di vista penale. Perché le procure con la complicità di buona parte dei gip che fanno copia e incolla tendono a celebrare i processi sui giornali e nei telegiornali al fine di rafforzare le loro tesi che a volte non trovano riscontro. Ma anche in quei casi il danno è fatto e non c’è assoluzione che tenga.
    Con le ordinanze cautelari a disposizione i giornali agiscono in genere senza il minimo spirito critico. I testi delle intercettazioni diventano una sorta di Vangelo. Spesso nel fango finiscono anche persone non indagate. La formula per coinvolgerle è la solita: “spunta Tizio, spunta Caio”. E non c’è difesa della propria immagine e onorabilità.
    Nessuno può essere sputtanato prima del processo e questo vale per tutti dai colletti bianchi fino si poveri cristi.
    Premesso e detto ciò va valutato il pulpito da cui arriva la predica che ha portato all’approvazione del divieto in questione. L’input viene da un governo dove un sottosegretario ha spiattellato a un deputato del suo partito per giunta coinquilino informazioni riservate sulle condizioni di detenzione di un anarchico ritenuto da politici magistrati e giornalisti il pericolo pubblico numero uno.
    Quelle informazioni rubricate come riservate furono utilizzate dal deputato nel regolamento di conti tra i partiti sempre sulla pelle dell’ansrchico torturato in regime di 41 bis.
    Il sottosegretario è finito sotto processo ma qui non interessa se sarà assolto o condannato. Emerge che il più pulito ha la rogna e questo vale sia per chi ha approvato il divieto sia per chi grida contro il bavaglio nel nome di una pretesa libertà di stampa che serve per aggredite gli avversari politici e non per informare i cittadini.
    (frank cimini)

  • Cospito, solo libri da biblioteca 41bis da quella centrale no

    Alfredo Cospito detenuto in regime di 41bis nel carcere di Sassari Bancali l’unica cosa che può fare per passare il tempo è leggere che tra l’altro resta la sua passione da sempre. Ma può diciamo rifornirsi solo dalla biblioteca destinata ai reclusi del 41bis. Nella giornata di ieri racconta l’avvocato Maria Teresa Pintus che assiste l’anarchico insieme a Flavio Rossi Albertini è stata celebrata un’udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza
    L’oggetto del contendere era la possibilità di accedere all’elenco dei libri contenuti nella biblioteca centrale del carcere perché in quella del 41bis sono veramente un numero limitato.L’avvocato ha chiesto anche di poter utilizzare i libri contenuti nella biblioteca del comune di Sassari.
    Il pm ha chiesto ai giudici di rigettare il reclamo perché non si tratta di un diritto e perché i libri non possono entrare da altre vie. La richiesta ovviamente faceva riferimento alla possibilità di ricevere i libri attraverso gli agenti penitenziari. Ma il magistrato non ha voluto sentire ragioni.
    Adesso il Tribunale di Sorveglianza a ha cinque giorni di tempo per decidere ma si tratta di un termine assolutamente non perentorio. Insomma la tortura continua. I libri evidentemente nella logica dei burocrati del carcere sono un pericoloso veicolo di messaggi, soprattutto quelli della biblioteca centrale della prigione per non parlare di quella del Comune di Sassari.
    Per il resto Alfredo è in attesa della fissazione dell’udienza sulla revoca del 41bis chiesta dagli avvocati dopo la mancata risposta del ministro Nordio. Se ne occuperà il Tribunale di Sorveglianxa di Roma l’unico in tutta Italia dove si discutono i reclami contro l’applicazione del carcere duro.

  • Dalla Scala a Askatasuna è tempo di polizia musicale

    Dalla Scala al centro sociale Askatasuna di Torino sta vivendo il suo momento magico una sorta di polizia musicale. Dopo la brillante operazione del 7 dicembre con l’identificazione del loggionista da parte della Digos questa mattina è scattata l’operazione della Questura di Torino, che ha coinvolto il centro sociale occupato Askatasuna di corso Regina Margherita 47. A quanto si apprende scrie l’agenzia Ansa sotto la dettatura dei poliziotti l’intervento è stato eseguito, insieme ai vigili del fuoco, all’Asl e agli ispettori Spresal in base al decreto di ispezione firmato dal procuratore aggiunto Vincenzo Pacileo. Questo fa seguito alle iniziative di spettacolo che, senza autorizzazione, Askatasuna svolgeva all’interno dell’edificio occupato alla fine negli anni Novanta. Inoltre durante le serate venivano somministrate bevande e alimenti alle centinaia di persone che pagavano per assistere agli spettacoli. Sono state riscontrate dicono diverse irregolarità agli impianti elettrici, alle uscite di sicurezza, l’utilizzo di caldaie a legna, a pellet e a gas. Ci sono state anche modifiche strutturali all’immobile di proprietà del Comune e rilevate pessime condizioni igienico sanitario, con grave rischio, secondo gli inquirenti, per l’incolumità non solo dei clienti, ma degli stessi organizzatori degli eventi e per chi tutt’ora dorme all’interno di Askatasuna una decina di persone, che oggi sono state denunciate dalla Digos anche per occupazione abusiva dell’edificio.
    Erano già stati sequestrati gli impianti per le serate musicali. Insomma la repressione senza sovversione si occupa di musica perché la Digos non ha niente di meglio da fare. A Milano era stata mandata dal questore a identificare formalmente un loggionista frequentatore della Scala da oltre 40 anni di cui avevano già le generalità. Il questore e il ministro dell’Interno avrebbero dovuto mettere nel conto in anticipo che ne sarebbero nate roventi polemiche. Ma i ciucci presuntuosi o non ci hanno pensato oppure hanno voluto dimostrare che lo stato ce l’ha duro. Giovedì scorso a Milano e oggi a Torino in Askatasuna il centro sociale da cui sono letteralmente ossessionati soprattutto a causa del contributo alla lotta contro il treno dell’alta velocità.
    (frank cimini)

  • 12 dicembre bomba fascista depistaggio antifascista

    Il libro “strage di stato” fu il simbolo della campagna di controiformazione sull’attentato di piazza Fontana che conteneva un giudizio prettamente politico che ha trovato ampio riscontro nella realtà al di là di quello che sostengono statolatri in servizio permanente effettivo sia di vecchia data sia di più recente investitura da parte dei media.

    Ovvio non ci sono prove formali per affermare che uomini dello Stato ordinarono il collocamento della bomba alla sede della Banca nazionale dell’Agricoltura. Furono i fascisti ad agire anche se Freda e Ventura essendo stati già assolti in precedenza non fu possibile processarli ancora per lo stesso fatto e con la stessa imputazione.

    Ma iniziò da subito con la manovra repressiva contro gli anarchici un depistaggio di Stato che dura tuttora e di cui sono responsabili apparati investigativi, di intelligence e forze politiche legate a quello che da sempre viene solennemente e pomposamente definito “lo Stato democratico nato dalla Resistenza antifascista”.

    Per esempio non è stata valutata fino in fondo la presenza in questura a Milano di dirigenti dei servizi segreti arrivati immediatamente da Roma a coordinare le indagini di cui parlano diffusamente l’avvocato Gabriele Fuga e Enrico Malatini nel libro dal titolo “La finestra e’ ancora aperta” dedicato alla morte dell’anarchico Pino Pinelli.

    Quando furono desecretate molte carte negli anni 90 ed emersero quelle presenze dei servizi fino ad allora sconosciute la magistratura non fece il diavolo a quattro per approfondire. Lo Stato non può processare se stesso e si trattava, si tratta del famoso “stato democratico”, anche se a seconda guerra mondiale finita non aveva subito la necessaria defascistizzazione perché gli uomini del ventennio furono utili alla guerra contro i comunisti.

    E ancora. Dal momento che era in corso negli anni 70 uno scontro sociale durissimo sfociato in guerra civile a bassa intensità (ma neanche troppo bassa in verità) ai partiti al governo e all’opposizione tutti insieme affratellati diciamo che non sembrò il caso di andare a vedere che cosa era veramente accaduto a piazza Fontana e dintorni.

    E fu in quel clima in quel contesto politico che si mise la pietra tombale sul caso di Pino Pinelli. Da un lato non potevano più dire che era stato suicidio ma dall’altro non potevano “infangare” le cosiddette forze dell’ordine di uno stato democratico di aver defenestrato un fermato dopo averlo trattenuto per un tempo superiore ai termini fissati dalla legge.

    E così saltò fuori ”il malore attivo” per salvare capra e cavoli firmato da un giudice legato al Pci, Gerardo D’Ambrosio. Si era da due anni in pieno compromesso storico proposto da Berlinguer dopo il golpe cileno. E da lì partirono a livello mediatico una serie di panzane con il commissario Calabresi e Pinelli messi sullo stesso piano, “due brave persone”. Calabresi era il più alto in grado al momento dei fatti, la stanza era la sua. Come minimo sapeva che cosa era accaduto al di là della sua presenza fisica o meno nei metri quadrati dell’interrogatorio. Si guardò bene il poliziotto che alcuni vorrebbero addirittura santo dal raccontare degli 007 venuti dalla capitale. Insomma “il santo” agiva da copertura.

    51 anni dopo rispunta il generale Maletti riparato in Sudafrica a dire di aver saputo che Pinelli veniva interrogato sul davanzale della finestra. Uno dei cinque sbirri dell’interrogatorio Vito Panessa intervistato dice: “Pinelli se l’era cercata”.

    La bomba fascista fu l’inizio di questa storia senza fine, il resto lo dobbiamo ai disastri dell’antifascismo, al di là dei comunicati di quel carrozzone burocratico e inutile denominato Anpi e dell’operazione mediatica di una ragazzetta assurta a storica perché porta (e porta male) il cognome del padre che si ingegna a dire che no non fu una strage di Stato. Lo Stato in quanto tale non può che essere innocente, la religione di lor signori (frank cimini)

  • Su Battisti e Cospito il terrorismo dell’antiterrorismo

    Questa mattina il quotidiano Repubblica ha dedicato una intera paginata per cercare di bloccare l’iter di una richiesta di permesso inoltrata da Cesare Battisti sulla base del fatto che il giudice di sorveglianza di Ferrara ha riconosciuto all’ex esponente dei Pac 540 giorni di detenzione scontati in più. Il dato sommato alle detenzioni già subite tra Francia, Brasile e Italia cumula una reclusione di 10 anni che permette di accedere ad alcuni benefici tra i quali la possibilità di chiedere un permesso premio.
    La richiesta sarà valutata prossimamente e sarà il giudice a decidere la lunghezza e le modalità del permesso. L’articolo del quotidiano fondato da Scalfari ovviamente fa riferimento al fatto che l’eventuale concessione del permesso sarebbe una beffa per i parenti delle vittime.
    Va ricordato che Battisti nel percorso di giustizia riparativa (un modello per molti versi oscurantista e reazionario) che ha intrapreso ha chiesto di incontrare i familiari delle vittime anche se questa circostanza non è indispensabile per accedere ai benefici.
    Dal carcere di Massa dove Battisti di recente è stato trasferito in modo che i parenti residenti a Grosseto possano fargli visita sono state fatte uscire le informazioni che Repubblica utilizza per “scandalizzare” la pubblica opinione nella prospettiva che Battisti condannato all’ergastolo per fatti di lotta armata avvenuti oltre 40 anni fa possa trascorrere qualche ora, perché di questo si tratta, fuori dalla prigione, nell’ambito del principio di risocializzazione per i detenuti.
    Con ogni probabilità nel carcere di Massa c’è qualcuno che cerca di fare carriera e si vende le notizie.
    In questo allarmismo generale in materia di terrorismo vanno ricordate le parole usate dal ministero della Giustizia per motivare sulle informazioni comunicate al sottosegretario Andrea Del Mastro in merito alla detenzione dell’anarchico Alfredo Cospito. I funzionari del Dap spiegavano che quelle informazioni era state rubricate “a divulgazione limitata” in relazione a conseguenze di ordine pubblico. Addirittura era stato esplicitato il pericolo di attacchi alle strutture del ministero nell’ambito delle manifestazioni a favore di Cospito. Queste manifestazioni con la partecipazione di qualche centinaio di persone avevano portato a qualche scontro con le forze di polizia e alla rottura di qualche vetrina. Ipotizzare altri fatti molto più gravi e indubbiamente lontanissimi dalla realtà odierna, una repressione senza sovversione, è da irresponsabili e da persone in mala fede che mistificano anche al fine di sentirsi più importanti.
    (frank cimini)

  • Del Mastro a giudizio, conti regolati dentro il potere

    Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Del Mastro è stato rinviato a giudizio per violazione del segreto d’ufficio in relazione a quanto aveva spifferato al collega di partito Giovanni Donzelli sulla detenzione dell’anarchico Alfredo Cospito. Al di là dell’esito processuale che vedrà in aula Del Mastro il prossimo 12 marzo va ricordato che questa è una storia di un regolamento di conti all’interno del potere sulla pelle di un anarchico detenuto e torturato con l’applicazione dell’articolo 41bis.
    Il discorso riguarda anche le polemiche sul rinvio a giudizio con la discussione sulle eventuali dimissioni di Del Mastro. Alfredo Cospito con la sua battaglia contro il 41bis combattuta anche con un lunghissimo sciopero della fame durato sei mesi non c’entra assolutamente niente con le beghe di lor signori.
    La procura di Roma aveva ribadito la richiesta di prosciogliere del Mastro per mancanza dell’evento sogttivo del reato. Il gup ha deciso diversamente sposando in pratica la stessa linea del gip che aveva imposto l’imputazione coatta.
    Intanto il difensore di Cospito l’avvocato Flavio Rossi Albertini ha depositato il ricorso per Cassazione contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva confermato il 41bis. Secondo il legale la sentenza del Tribunale non era motivata soprattutto perché i giudici non si erano confrontati con il parere della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo che aveva chiesto di far uscire Cospito dal 41bis,disponendo la detenzione in regime di alta sorveglianza, appena un gradino inferiore.
    Per la Dna la pericolosità di Cospito era regredita e non sussistevano più le ragioni del carcere più duro. Il Tribunale invece decideva diversamente arrivando addirittura ad affermare che con lo sciopero della fame l’anarchico aveva accresciuto il suo carisma diventando ancora più pericoloso. Perché evidentemente la lista anarchica è eterna.
    ((frank cimini)

  • Anarchica rischia prendere 11 anni in Ungheria per lesioni

    Una militante anarchica milanese rischia di prendere 11 anni di reclusione, questo il patteggiamento prospettato dalla procura, in relazione a lesioni provocate a esponenti di estrema destra nel corso di una contromanifestazione organizzata a Budapest. Ilaria Salis è detenuta dal febbraio scorso e solo in agosto ha potuto incontrare i genitori.
    Le lesioni provocate agli avversari politici erano guarite in sette giorni senza che vi fosse denuncia dalle parti offese dal reato. Per gli stessi fatti l’Ungheria ha chiesto la consegna tramite mandato di cattura europeo di un altro anarchico Gabriele Marchesi che ha appena ottenuto gli arresti domiciliari dalla corte di Appello di Milano su parere conforme della procura generale dopo un periodo trascorso nel carcere di San Vittore.
    Marchesi non ha prestato il consenso al trasferimento in Ungheria. La difesa rappresentata dagli avvocati Eugenio Losco e Mauro Traini, eccepisce l’insufficiente descrizione dei fatti in relazione ai quali è stato chiesto il consenso. La ricostruzione dell’accusa sarebbe priva della indicazione della condotta personale dell’indagato.
    Stando galle accuse delle autorità ungheresi solo per caso le vittime delle aggressione non sarebbero state in pericolo di vita. Gli aggrediti avrebbero riportato lividi sulle teste e sulle gambe. L’aggressione sarebbe avvenuta usando un’asta telescopica, un martello di gomma e spruzzando gas lacrimogeni. Il processo a Budapest inizierà l’anno prossimo. Il 5 dicembre a Milano i giudici decideranno sulla consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi. Considerando l’assenza di querela di parte in Italia il fatto non sarebbe neppure perseguibile. Per cui la corte d’Appello dovrebbe negare il trasferimento di Marchesi a Budapest. E la concessione dei domiciliari già avvenuta va in questa direzione ma il condizionale è d’obbligo.
    (frank cimini)

  • Si a Cd musicale per Cospito ma Dap ricorre. È il 41bis

    Non basta che un giudice di sorveglianza decida che Alfredo Cospito ha diritto ad avere un Cd per ascoltare musica. Il Dipartimento della amministrazione penitenziaria ha presentato ricorso e sarà adesso un collegio a fare la scelta. Insomma il 41bis con le sue durezze anche quelle più assurde non demorde. Nel ricorso si fa l’esempio dei cantanti neo melodici che esaltano la criminalità organizzata. Inoltre il personale penitenziario sarebbe gravato dai controlli da esercitare sui contenuti della musica.
    I canali Tv e radio dovrebbero essere sufficienti secondo il Dap a soddisfare le esigenze dei detenuti che intendono ascoltare musica.
    Insomma siamo al l’accanimento terapeutico esemplificato anche dalla circostanza che gli erano state bloccate un paio di magliette ricevute in regalo perché avrebbero contenuto il disegno di teschi.
    Per ascoltare musica è presumibile che L’anarchico debba aspettare alcuni mesi perché sono questi i tempi del tribunale di sorveglianza per fissare l’udienza sull’impugnazione fatta dal Dap.
    Secondo il giudice Eugenie Giovannelli va rispettato il diritto di ascoltare musica come attività culturale e ricreativa.
    Ma il Dap è lì per cercare il pelo nell’uovo con una dedizione degna di miglior causa. Ovviamente qui siamo ben oltre lo spirito e la lettera dell’articolo 41bis il cui obiettivo è quello di evitare contatti con le organizzazioni criminali di appartenenza. In realtà il carcere duro in queste modalità serve ad annientare l’identità culturale e politica delle persone come del resto succedeva negli anni 70 e 80 con l’articolo 90. La musica per stare in tema purtroppo è sempre la stessa. (frank cimini)

  • La vera storia del sequestro di 779 milioni a Airbnb

    La storia si ripete ancora una volta. La magistratura si occupa di quello di cui non si dovrebbe occupare oltre a occuparsi male e in mala fede di ciò che per dovere le spetta. Parliamo della guardia di finanza che per disposizione del gip attivato dalla procura di Milano sequestra 779 milioni di euro a Airbnb. Ormai da anni scrive il giudice ha assunto la deliberata opzione aziendale di non conformarsi al versamento della cedolare secca per non rischiare fette di mercato in favore della concorrenza. “Da qui il pericolo di aggravare le conseguenze del reato contestato – aggiunge il gip – sia per il mancato incasso del debito erariale da parte della pubblica amministrazione sia per il danno agli altri operatori”.

    Qui non si tratta di difendere l’operato di una multinazionale. E’ il modo di contrastare che suscita perplessità perché considerando la storia di queste indagini per evasione fiscale la procura si sostituisce all’Agenzia delle entrate vantando il nobile fine di recuperare soldi per l’erario che in realtà non dovrebbe rientrare tra le sue attività istituzionali. I pm hanno il compito di portare persone fisiche e giuridiche davanti ai giudici. Punto. Il resto spetterebbe ad altri e il condizionale è d’obbligo visto come vanno poi le cose.

    Sempre a Milano ai suoi tempi, pochissimo temo fa, praticamente ieri, il procuratore aggiunto Francesco Greco, ex sovversivo, fece la sua campagna elettorale per diventare capo dell’ufficio, con una serie di indagini sui cosiddetti colossi del web, dove non si arrivò mai alla celebrazione di processi. Servirono queste pratiche ad acquisire con il concorso determinante dei giornali ulteriore peso mediatico in modo da influenzare il Consiglio Superiore della Magistratura chiamato a decidere sulla nomina.

    La multinazionale di turno, come presumibilmente succederà anche per Airbnb, patteggiava con l’Agenzia delle Entrate dietro la quale si muoveva la procura versando una somma che si sarebbe rivelata non più del cinque per cento di quanto avrebbe pagato se si fosse arrivati a un regolare processo in caso di condanna.

    Tutti felici e contenti si fa per dire. In realtà la multinazionale risparmia una montagna di soldi proprio mentre la magistratura derogando dal suo ruolo si vanta di agire a favore della cittadinanza. Non è una bella storia. Ma niente di nuovo sotto il sole in un paese in cui i magistrati fanno politica aumentando il potere della lo casta, i politici fanno i giudici o illudendosi di farlo. Questa di Airbnb appare come l’ennesima favola che con il contributo dei media incapaci di spirito critico viene rifilata ai lettori e ai cittadini, in verità oppressi e ossessionati da più parti da chi millanta di fare i loro interessi.

    La sensazione è proprio che non se ne esca. Senza speranze in un paese in cui l’evasione fiscale resta altissima per responsabilità principale della politica ovviamente ma come si vede altre categorie altre autorità sembrano fare di tutto per dare il loro rilevante contributo.
    (Frank cimini)

  • Massacro mediatico di un giudice il Csm dorme

    Le cosiddette pratiche a tutela di un magistrato il Csm le apre per molto meno di quello che sta accadendo a Tommaso Perna massacrato mediaticamente dopo aver detto di no a 140 arresti chiesti dalla procura di Milano che ipotizzava una cupola a tre teste Cosa Nostra ‘Ndrangheta e camorra a fare il bello e cattivo tempo in Lombardia.
    “Così la lotta alla mafia torna indietro di 30 anni” – “Non ha capito che il modello di criminalità organizzata si è evoluto” – “Ha fatto copia incolla con il parere di un avvocato” (che c’entra niente con l’inchiesta n.d.r..). Sono i rimproveri le accuse dei colleghi della procura amplificati dai giornali, Il Fatto e Repubblica soprattutto, assetati come sempre di sangue, arresti, condanne. Altrimenti per loro non c’è giustizia.
    Il Csm in questo caso dorme e una spiegazione c’è. La pratica a tutela viene aperta quasi automaticamente se il magistrato finisce nel mirino di esponenti politici. In caso contrario succede nulla o quasi, soprattutto se si tratta di “diatribe” tra magistrati. Al Csm interessa solo se c’è di mezzo la politica. E questo conferma che siamo davanti a un organismo politico, una sporta di terza Camera. Altro che organo di autogoverno della magistratura come da sempre viene pomposamente definito dagli addetti ai lavori, utilizzando un termine sbagliato anche tecnicamente.
    Tanto per fare un esempio. Nell’ambito del caso Eni-Nigeria i pm Paolo Storari e Fabio De Pasquale se ne sono dette di tutti i colori si sono insultati a verbale e anche nell’aula del processo in corso a Brescia che vede imputato De Pasquale.
    Eppure i due magistrati continuano a stare nello stesso ufficio, la mitica procura di Milano perché il Csm brilla sul punto per la sua assenza. Si fa scudo e alibi delle vicende penali in corso.
    Per cui nulla di nuovo sotto il sole se il giudice Tommaso Perna viene lasciato in balia del circo mediatico. C’è stato solo un comunicato del presidente del Trobunale Fabio Roia per ricordare che il controllo del gip sui pm non è patologico ma fisiologico.
    Il giudice che non arresta insomma non ha diritto di essere tutelato da parte di chi sarebbe obbligato a farlo idtituzionalmente. Di recente per il giudice siciliano Iolanda Apostolico il Csm ha aperto la famosa pratica. Ma Appstolico era stata attaccata dai politici di centrodestra. Tommaso Perna di è limitato ad applicare il diritto decidendo che il reato di associazione mafiosa non c’era. I giornaloni schierati con l’arresto a tutti i costi lo stanno trattando come un incapace o un deficiente. Al Csm non frega niente. È la giustizia bellezza, è la libera stampa bellezza. E noi possiamo farci niente.
    (frank cimini)

  • Gip può copiare ma solo da pm, da altri è scandalo

    In un paese in cui praticamente da sempre molti provvedimenti dei gip sono o appaiono dei copia-incolla con le richieste dei pm adesso nel palazzo che fu teatro di Mani pulite fa scandalo che nella motivazione con cui il gip Tommaso Pena ha rigettato 140 richieste di carcere per associazione mafiosa vi sia uno stralcio di uno scritto proveniente da un blog personale dell’avvocato Salvatore Del Giudice.

    Si tratta di un parere del legale espresso in una sede del tutto estraneo all’inchiesta ma che provoca l’indignazione veramente degna di una miglior causa del pm che inserisce la circostanza tra i motivi del ricorso al Tribunale del Riesame.

    La questione veniva sottolineata con forza da un pezzo apposito dal quotidiano Repubblica che per questa vicenda di arresti respinti appare praticamente a lutto. Sulla vicenda interviene il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia per ribadire che il controllo del gip sui pm non è patologia ma fisiologia. “Il gip Tommaso Perna – scrive Roia – ha ricevuto numerose critiche e attenzione mediatica nelle ultime ore da vari organi di stampa con accuse di aver interamente copiato alcuni passaggi chiave da avvocati”.

    Roia aggiunge che c’è stato un assoluto rispetto delle regole codicistiche e di organizzazione del lavoro giudiziario. In pratica risponde a una frattura e differenza di visioni tra alcuni ufficiali dei carabinieri che hanno condotto l’indagine i quali ritenevano ci fosse un altro gip pronto a confermare l’impianto accusatorio. Il presidente del Tribunale precisa di parlare a prescindere dal merito della vicenda che sarà oggetto di ulteriori valutazioni nei gradi successivi di giudizio.

    La procura della Repubblica in un comunicato da’ atto al gip di aver riconosciuto il suo lavoro decidendo 11 arresti e il sequestro preventivo di società e beni riconducibili agli indagati per 225 milioni di euro. “Non ha ritenuto di condividere l’impianto accusatorio in relazione all’esistenza di un’unica struttura associativa. La direzione distrettuale antimafia ha già proposto appello al Riesame” conclude il procuratore Marcello Viola.

    Il Tribunale del Riesame farà la sua valutazione. Comunque va ricordato che il giudice delle indagini preliminari Tommaso Perna ha esaminato per alcuni mesi le carte a partire dal giorno delle richieste di arresto po integrate con altra documentazione allegata. I giudici del Riesame dovranno decidere in pochi giorni valutando la posizione di 140 persone. Insomma almeno al momento appare più probabile una conferma della decisione del gip che un ribaltamento.
    (frank cimini)

  • La mafia a 3 teste non c’è. Da pm buco nell’acqua

    Probabilmente si tratta del flop più clamoroso di chi indaga sulle mafie. La procura di Milano aveva chiesto 153 arresti in carcere ipotizzando una collaborazione tra Cosa Nostra, camorra e ‘Ndrangheta nel capoluogo lombardo. Il giudice delle indagini preliminari ne ha firmato solo 11 spiegando che il reato associativo non c’è e inoltre mancano le prove sulle responsabilità di un cugino di Matteo Messina Denaro le cui generalità evidentemente dovevano servire per fare titolo sui giornali e sui tg.

    L’ipotesi della procura era anche scenografica, spettacolare. I nomi di tre diverse organizzazioni nel corso di riunioni al vertice tra il marzo 2020 e il gennaio dell’anno successivo avrebbero creato un’alleanza in cui le singole componenti davano vita a un’unica associazione all’interno della quale tutto apportavano capitali, mezzi mobili e immobili risorse anche umane, reti di relazione. L’organismo sempre secondo l’accusa avrebbe trovato nell’imprenditore Gioacchino Amico, arrestato, il suo fulcro nell’area milanese, nei pressi di Busto Arsizio e a Magenta.

    Era stato ipotizzato un gruppo che nel rispetto dei rapporti con le cosche di origine avrebbe avuto una propria organizzazione, un proprio autonomo programma, di regole e ritorsioni per chi le violava. Ovviamente la procura nella richiesta di arresto scriveva di contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale, bancario per ottenere favori, notizie riservate, erogazione di finanziamenti, il tutto per rafforzare la tentacolare organizzazione a tre teste.

    Filippo Crea, presunto s aderente alla ‘Ndrangheta, in una delle tante intercettazioni che dilagano in una ordinanza di 2050 pagine vantava “un bel pacchetto di voti perché posso portare deputati e senatori”.

    Gli indagati si muovevano in diversi settori dalla sanità alla gestione dei parcheggi. La montagna però ha partorito il topolino perché alla fine ci sono stati solo 11 arresti con le accuse a vario titolo di porto d’armi, due estorsioni aggravate dal metodo mafioso, minaccia aggravata, traffico di droga, evasione fiscale.

    Il gip Tommaso Perna spiega che una volta affermata la natura innovativa “addirittura unica nel panorama storico e geografico della nazione, sarebbe stato onere dell’organo requirente quello di individuare e tipizzare una autonoma associazione criminale che mutui il metodo mafioso da stili comportamentali usati da clan operanti in altre aree geografiche”. La procura avrebbe dovuto accertare che l’associazione fosse radicata sul territorio e avesse acquisito in particolare la forza di intimidazione richiesta per integrare il reato di associazione mafiosa. Insomma invece di chiedere gli arresti i pm avrebbero dovuto continuare a indagare. Non l’hanno fatto. Un buco nell’acqua si.
    frank cimini

  • Anche i ricchi bimbi viziati non meritano la gogna

    Nessuno merita la gogna, neanche il più feroce degli assassini e nemmeno dopo la sentenza della Cassazione. Sembrerebbe superfluo dirlo ma in questi tempi bui va precisato per stare alla strettissima attualità neanche i ricchissimi bambini viziati adorati dalle folle perché prendono a calci una palla di cuoio possono subire la sorte toccata in quel di Coverciano nel rito della nazionale a Tonali e Zaniolo.
    Gli inquirenti che da tempo conoscevano i loro nomi come scommettitori su una piattaforma digitale abusiva hanno mandato di fretta la polizia giudiziaria a raccogliere la loro versione dei fatti perché sarebbero stati presi in contropiede dalla notizia arrivata urbi et orbi da Fabrizio Corona che l’aveva addirittura preannunciata per creare suspence.
    Corona è il vero dominus di questa inchiesta. Ne decide in pratica i tempi e le mosse sulla base di informazioni che non si sa da chi arrivino. Le sue parole vengono offerte ai giornali e alle Tv dalle agenzie di stampa con lanci stellettati della massima urgenza che una volta quando questo era un mestiere serio si usavano esclusivamente per notizie boom tipo la morte del Papa.
    Adesso invece accade per avvisi di garanzia che a livello penale porteranno al massimo a un’ammenda dal momento che la scommessa illecita è considerato un reato lievissimo quasi un non reato a meno che il fatto non riguardi gli organizzatori del “giro”.
    Certo c’è in parallelo la giustizia sportiva che rischia di troncare la carriera di questi ragazzi che si trovano ogni mese un bonifico di decine anche centinaia di migliaia di euro, che si annoiano e vanno alla ricerca di dosi di adrenalina. Il pelo di quella lana di cui dispongono in grande quantità evidentemente non basta perché sanno come va a finire.
    La scommessa invece porta sorprese belle o brutte che siano. E loro “giocano” riuscendo persino a indebitarsi nonostante la gran quantità di piccioli a disposizione. Adesso sono al centro dell’attenzione generale vittime di una gogna vergognosa per chi l’ha messa in piedi e per la quale come accade in tutte le gogne non pagherà mai dazio. Colpevoli ancora prima di qualsiasi accertamento per non parlare di processi. Certo ci sono tre calciatori che hanno già ammesso le loro responsabilità. Uno Fagioli spiega di essersi autodenunciato alle autorità sportive ma lo aveva fatto dopo aver saputo dell’indagine della magistratura.
    I pm di Torino mentre indagavano sulla criminalità organizzata si imbattevano nella piattaforma illegale di scommesse con cui i calciatori erano entrati in contatto per il divieto di “giocare” normalmente a puntare soldi. Pensavano di aggirare l’ostacolo ma hanno sbattuto il muso contro il muro. E stanno pagando un prezzo spropositato molto prima che loro responsabilità vengano accertate fino in fondo.
    La storiaccia sembra solo all’inizio. Altri giocatori saranno coinvolti, la gogna continuerà per un bel po’ e bel difficilmente risanerà il mondo compreso il mondo del calcio che fa schifo da tempo immemore. E dove Fabrizio Corona non poteva che trovarsi a suo agio.
    (frank cimini)

  • Cospito, giudici: in 41 bis divieto leggere stampa locale

    Il Tribunale di Torino rigettando il reclamo della difesa ha confermato per L’anarchico Alfredo Cospito il divieto di leggere i giornali dell’area di provenienza perché questo potrebbe aiutarlo a mantenere i collegamenti con l’organizzazione di appartenenza. Secondo il collegio della terza sezione penale va evitato lo scambio di informazioni con altri soggetti facenti parte di una organizzazione terroristica. Le disposizioni stando ai giudici appaiono tutt’altro che discriminatorie verso la persona di Alfredo Cospito e non ci sarebbe alcuna violazione di articoli della Costituzione. Viene citata una sentenza della Cassazione del 2014 che giustifica il divieto causa esigenze di pubblica sicurezza.
    Se ne può tranquillamente dedurre che è in primo luogo la giurisprudenza sul punto ad essere molto poco garantista. E i giudici se ne fanno scudo per lavarsene le mani. Di ricorrere alla Corte Costituzionale mandando gli atti dei procedimenti non se ne parla proprio insomma.
    Lo stesso collegio nell’ordinanza conferma anche il divieto di corrispondenza tra detenuti ristrettì al 41 bis. I difensori Flavio Rossi Albertini e Maria Teresa Pintus hanno presentato ricorso per Cassazione spiegando che l’ordinanza tra l’altro appare senza sufficienti motivazioni. Gli avvocati ribadiscono la necessità di annullare i divieti.
    Dagli argomenti e perfino dai toni e dal linguaggio utilizzato dai giudici emerge la conferma che il 41bis è peggio molto peggio di quello che era l’articolo 90 del carcere duro nei cosiddetti anni di piombo. L’articolo 90 infatti riguardava le sezioni e gli istituti carcerari mentre adesso con il 41 bis si pratica l’accanimento sui singoli reclusi. Lasciando perdere la grande differenza tra il fenomeno di allora e la repressione senza sovversione praticata al giorno d’oggi.
    (frank cimini)

  • Anarchici, da domiciliari a carcere per colloqui “sospetti”

    Gino Vatteroni, anarchico indagato nel processo “Scripta scelera”, dagli arresti domiciliari, sino a mercoledì 4 ottobre, è direttamente passato al carcere ad alta sorveglianza di Alessandria, con il trattamento riservato ai detenuti politici pericolosi, per istigazione a delinquere aggravata, priva di fatti concreti diversi dalla redazione di scritti sulla rivista “Bezmotivny” considerata dagli inquirenti antiterrorismo una sorta di “Metropoli” del terzo millennio.

    Vatteromi è oggetto, con altri, di un’indagine della Digos della Spezia diretta dalla DDA di Genova per due anni, che i contribuenti hanno pagato per scoprire quanto tutti gli abbonati al giornale esclusivamente cartaceo, pubblicato e poi spedito con posta ordinaria e con i normali canali anche nelle carceri, potevano leggere. Questo giornale è stato chiuso spontaneamente dagli indagati per mancanza di soldi il mese prima degli arresti (8 agosto). Nessun fatto concreto, diverso dalla scrittura, contro cose o persone è attribuito agli indagati. Malgrado Procura DDA e Gip di Genova avessero ritenuto il gruppo una cellula sovversiva, il Tribunale della libertà ha stabilito che tale ipotesi di reato non era sorretta da gravi indizi di colpevolezza, negando sempre la custodia in carcere e confermando gli arresti domiciliari rinforzati (con divieto di contatti esterni) e alcuni obblighi di dimora, sugli altri reati (istigazione a delinquere aggravata, in primis) contestati. “Siamo tutti in attesa di leggere le motivazioni di tale provvedimento” dice l’avvocato George Botti.

    Martedì 3 a Vatteroni è stata aggravata la misura e mercoledì 4, dagli arresti domiciliari con braccialetto, è stato collocato in carcere a Massa: gli sono state contestate delle violazioni alle prescrizioni cioè dei colloqui non permessi. Avrebbe parlato con due persone ritenute “sospette” per fatti accaduti ormai molti anni fa, violando le prescrizioni relative al provvedimento restrittivo. Poi da Massa alla casa di reclusione di Alessandria.
    L’incensuratezza di questo cinquantaseienne e la ritenuta, da un collegio di tre magistrati, insussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il associazione sovversiva finalizzata al terrorismo evidentemente poco conta innanzi al fatto che Gino Vatteroni da una vita si professa dichiaratamente ed apertamente anarchico. Ad avviso di Procura e DAP del Ministero, l’esistenza di un’aggravante al reato di istigazione basta per l’alta sicurezza in carcere.
    Il difensore farà appello al Tribunale del Riesame contro l’aggravamento della misura cautelare deciso da un gip che ha fatto copia e incolla con la richiesta della procura. Entrambi evidentemente “avvelenati” per essere stati smentiti dal Riesame che aveva cancellato il reato più grave. La rivista così tanto pericolosa per la sicurezza dello Stato e per l’ordine pubblico stava anche in bacheca in una pubblica via di Carrara, città da secoli sospetta perché centrale nell’attività anarchica. Insomma altra aggravante.
    ( frank cimini)

  • Morto Pacini Battaglia tacendo salvò la magistratura

    Non era un magistrato ma la magistratura dovrebbe fargli un monumento da collocare davanti alla sede del Csm o dell’Anm. Con il suo silenzio salvò l’immagine e l’onore della magistratura e anche un paio di governi del centrosinistra. Intercettato dal Gico della guardia di finanza in una inchiesta di La Spezia aveva detto: “Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato” e ancora: “ Si pagò per uscire da Mani Pulite”.
    A Brescia dove l’indagine fu trasferita l’ineffabile giudice decise che Pacini “aveva millantato”. Si trattava di salvare l’uomo simbolo di Mani Pulite e con lui l’immagine e l’onore di una intera categoria. Prevalse la ragion di Stato dopo che l’Associaziobe Nazionale Magistrati in un comunicato per la prima volta si schierò con l’indagato e non con i pm che indagava su di lui. Fu ovviamente anche l’ultima. Non sarebbe accaduto mai più.
    Pierfrancesco Pacini Battaglia come spiegò nel teleprocesso Cusani l’avvocato Giuliano Spazzali “caro dottor Di Pietro entrò e uscì come una meteora dalle sue inchieste”.
    Pacini fu il regista dell’inchiesta sui fondi neri dell’Eni. Arrestato e subito rimesso in libertà il 18 marzo del 1993 perché decise di “collaborare” con il mitico pool che considerò lui “l’Eni buono”. Al pari di Franco Bernabe’ al quale sempre al teleprocesso Cusani Di Pietro chiese: “Ma all’Eni l’abbiamo finita con la pratica delle società offshore o no?”. Il testimone rispose: “La stiamo finendo”. Cioè confessò in diretta televisiva la commissione di un reato il falso in bilancio. Non fu indagato. Era la giustizia due pesi due misure. Dove Sergio Cusani senza incarichi operativi e firme sui bilanci venne condannato a una pena doppia degli amministratori della Montedison.
    Fu una grande farsa con la scusa di ribaltare l’Italia come un calzino.
    (frank cimini)

  • Cassazione cartoline anonime e anarchiche non pericolose

    Due cartoline provenienti da autori non ben identificati e con saluti anarchici non sono da considerare pericolose per la sicurezza dello Stato e vanno consegnate al destinatario. Che poi è sempre lui, Alfredo Cospito detenuto nel carcere di Sassari Bancali in regime di 41bis. Lo ha stabilito la Cassazione rigettando il ricorso del procuratore generale della città sarda contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza.
    “L’ordinanza impugnata aveva dato conto del fatto che le cartoline indirizzate a Cospito benché prive dell’indicazione del mittente alla luce del loro contenuto non evidenziavano profili di pericolosità per la sicurezza interna e esterna escludendo che in tal senso potesse assumere la provenienza della stessa da soggetti aderenti alla medesima ideologia anarchica del destinatario – scrivono i giudici della Suprema Corte – Nel pervenire a tale conclusione il Tribunale si è conformato all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini del giudizio di pericolosità della corrispondenza il trattamento deve essere motivato in relazione alle specifiche situazioni indicate dagli articoli di legge”.
    Secondo la Cassazione l’interpretazione contenuta nel ricorso si scontra inevitabilmente con i principi costituzionali in tema di libertà e segretezza della corrispondenza. Il carattere anonimo della corrispondenza indirizzata al detenuto ristretto in regime di 41bis non è indice di pericolosità. Non si può prescindere dal contenuto della corrispondenza affermano i giudici della Cassazione. Il procuratore generale insomma ha fatto un buco nell’acqua. Sembra assurdo che si debbano celebrare delle udienze per decidere la consegna di semplici cartoline con “saluti anarchici”. Ormai siamo oltre lo spirito e la lettera dello stesso articolo 41bis del regolamento carcerario. Si tratta di vessazioni vere e proprie che nulla hanno da spartire con la necessità di impedire contatti e legami con organizzazioni esterne. Però è questa è la vera tragedia per consegnare due cartoline siamo arrivati fino in Cassazione.
    (frank cimini)

  • Morto Petrilli vittima dell’antiterrorismo e non risarcito

    È morto Giulio Petrilli protagonista di una incredibile vicenda giudiziaria relativa alla storia degli anni ‘70 e del “terrorismo”, quindi non la sola, ma molto significativa. Arrestato nel 1980 con l’accusa di aver partecipato a Prima Linea, il pm Armando Spataro chiese per lui 11 anni di reclusione, fu condannato a 8 anni. In appello arrivò l’assoluzione poi confermata dalla Cassazione.
    Ma dentro questa vicenda resta “esemplare” la motivazione con cui i giudici rifiutarono il risarcimento per ingiusta detenzione. L’errore contenuto nella sentenza di primo grado era stato indotto dalle sue “pessime frequentazioni”. Furono parole pesantissime che portarono Petrilli a combattere fino al termine dei suoi giorni per un’amnistia e nella battaglia contro il 41bis, figlio del famigerato articolo 90 che lui aveva provato sulla sua pelle.

    Ma andiamo con ordine. Lasciamo la parola allo stesso Petrilli in uno scritto del primo dicembre del 2014. “Ho letto che il nuovo procuratore di Torino è l’ex pm di Milano Armando Spataro  Famoso magistrato di cui si parla sempre in positivo, ma nessuno sa che ha commesso anche gravi errori giudiziari. Lo dico avendolo vissuto sulla mia pelle. Spataro emise un mandato di cattura nei miei confronti il 23 dicembre 1980 dove mi accusò di partecipazione a banda armata con funzioni organizzative, Prima Linea – racconta Petrilli – In primo grado Spataro chiese 11 anni di carcere. La corte di assise mi condannò a 8 anni. Dopo 5 anni e 8 mesi la corte di Appello mi assolse e poi la Cassazione confermò”.

    Petrilli scontò ingiustamente sei anni di carcere. “E non mi hanno risarcito perché secondo i giudici preposti a stabilire se dovevo avere il risarcimento io avevo avuto cattive frequentazioni. I magistrati come Spataro che commettono errori clamorosi vengono promossi, le persone che subiscono gravi errori giudiziari manco vengono risarcite – conclude – È giustizia o sopraffazione? Avevo fatto anche a luglio richiesta al capo del governo chiedendo danni per dieci milioni di euro per sei anni di ingiusta detenzione. Chiedevo la responsabilità civile del magistrato, non ho avuto risposta”.

    ”Giulio Petrilli ci ha lasciato prematuramente a causa di una embolia polmonare. Ricoverato d’urgenza non ce l’ha fatta – dice Paolo Persichetti – corpo possente da vero rugbista lo ricordiamo per la sua incredibile umanità per la generosità debordante. Nel 1984 era stato anche picchiato duramente dalla polizia penitenziaria dopo una fermata all’aria di protesta fatta con i suoi compagni per denunciare le condizioni di detenzione. Si è battuto fino all’ultimo contro il 41bis”

    La vicenda del mancato e negato risarcimento aveva acceso dentro di lui un fuoco inesauribile, ricorda ancora Persichetti secondo il quale soltanto un terzo delle richieste di ristoro per il carcere ingiusto vengono accolte.

    Infatti non basta la sentenza di assoluzione e non basta nemmeno che la giustizia abbia riconosciuto l’illegittimita’ della misura cautelare. Chi è stato in carcere ingiustamente deve dimostrare di non aver tenuto un comportamento tale da aver tratto in inganno i magistrati con atteggiamenti omissivi o perché non si è avvalso delle funzioni difensive che restano un diritto fondamentale dell’imputato anche sotto il profilo delle frequentazioni.

    In sostanza le sentenze di assoluzione valgono fino a un certo punto perché poi vengono sottoposte a un nuovo processo dove la personalità di chi è stato assolto viene giudicata a livello morale. Insomma una sorta di quarto grado di giudizio per resuscitare la colpa con tanti saluti all’assoluzione fino all’inversione dell’onore della prova.

    Chi viene assolto per reati avvenuti in posti dove c’è la criminalità organizzata diventa responsabile del fatto di frequentare contesti pieni di pregiudicati. Chi viene assolto da accuse di eversione, se ha frequentato luoghi di conflitto recepito culture antagoniste e irregolari secondo la norma politico morale dominante viene ritenuto responsabile di una sorta di concorso ambientale. In questo modo si arriva alla teologia giudiziaria. È una giustizia che sta nell’alto dei cieli che processa dopo il processo penale la presunta doppiezza o ambiguità dell’imputato assolto.
    E’ il meccanismo che ha stritolato Giulio Petrilli in un’epoca in cui il populismo penale dilaga sempre di più e continua a colpire ormai mezzo secolo di distanza quel periodo degli anni ‘70 con il quale la politica cominciare dalla sinistra rifiuta di fare i conti.

    (frank cimini)

  • Khaled nuovo Zaki ma il governo italiano se ne frega

    Khaled El Qaisi, cittadino italo-palestinese,  ricercatore universitario si trova da 28 giorni in carcere in Israele senza che siano state formulate accuse a suo carico. La detenzione è già stata prorogata tre volte e la prossima udienza è fissata per il primo ottobre all’esito della quale entro 48 al massimo 72 ore dovrebbe esserci una decisione delle autorita’ sui motivi del provvedimento del 31 agosto.

    In una c9nferenza stampa alla Camera dei deputati il difensore Flavio Rossi Albertini, l’onorevole Laura Boldrini, Riccardo Noury di Amnesty International e Francesca Albanese ricercatrice speciale Onu hanno denunvisto la violazione del diritto e delle convenzioni internazionali.

    Francesca AnteNucci moglie di Khaled ha ricostruito le fasi dell’arresto al confine con la Giordania quando lei e il piccolo Kamal sono rimasti senza telefono e senza soldi. Khaled in questi giorni è stato interrogato più volte senza difensore dalla polizia e dai servizi segreti. “Evidentemente non avendo elementi sui quali imbastire un’accusa formale puntano a ricavarlì da questi interrogatori che in qualsiasi paese sarebbero illegali” ha detto l’avvocato Albertini.

    Laura Boldrini ha ricordato la posizione espressa dal ministro degli Esteri Antonio Tajani secondo il quale “non si può interferire in una vicenda giudiziaria”. “E invece si deve in un caso del genere” ha aggiunto la parlamentare.

    In Israele ci sono 967 palestinesi detenuti senza accuse formali. La reclusione è prorogabile di sei mesi in sei mesi per anni, ha spiegato ancora l’avvocato.

    I giornali italiani hanno detto praticamente niente, “come se valesse da noi il divieto che c’è in Israele a riferire di vicende simili”.

    Alla conferenza stampa non era presente nessun telegiornale. L’unico grande quotidiano era il Corriere della Sera. Il governo se ne frega. L’onorevole Giovanni Donzelli di Fdi ha fatto sapere che Israele ha diritto di difendersi dai terroristi. Per Zaki che non era cittadino italiano si mobilitarono in tanti a sinistra e pure a destra. Per Khaled cittadino del nostro paese nulla. “Ma è italo-palestinese – conclude l’avvocato – e in Israele quello che c’è scritto prima del trattino conta zero”.

    (frank cimini)

     

  • Cospito, reclamo contro divieto di leggere stampa locale

    Il 3 ottobre sarà discusso davanti al Tribunale di Torino il provvedimento con cui la corte di assise di appello il primo agosto aveva prorogato la limitazione di acquistare giornali dall’area di provenienza per Alfredo Cospito attualmente recluso nel carcere di Sassari Bancali in regime di 41 bis.

    Nel reclamo gli avvocati Flavio Rossi Albertini e Maria Teresa Pintus ricordano che in ItaLia la stampa non può essere soggetta a autorizzazioni o censure e di fatto se ne impedisce la divulgazione vietando al destinatario del provvedimento di attingere alle notizie pubblicate liberamente dai giornali del luogo geografico di origine.

    I legali affermano che vengono violati diritti tutelati dalla Costituzione. Cospito è imputato in diversi processi che si svolgono presso le sedi giudiziarie dei luighi di origine. Si tratta di poter reperire informazioni che potrebbero essere utili alla sua difesa.

    La mancanza di informazioni impedisce inoltre di poter reagire contro alcuni reati come per esempio la diffamazione. In questo modo il diretto interessato non può  chiedere la rettifica o la smentita di una notizia.

    Il decreto di inibizione a leggere la stampa locale, aggiungono gli avvocati, non individua un pericolo in concreto bensì in astratto che attraverso la lettura il detenuto possa comunicare con l’esterno. Esiste contraddizione nel sostenere che il detenuto in regime speciale riesce a mandare ordini all’esterno attraverso la lettura dei giornali locali e contestualmente si sostiene che l’applicazione del 41bis sarebbe dettata dalla necessità di impedire i contatti con l’esterno. Delle due l’una. O il 41bis impedisce i contatti con l’esterno o ciò che si vuole ottenere è ben altro.

    Gli avvocati dì Cospito presenteranno anche un altro reclamo relativo a una questione non solo meno importante ma che dovrebbe essere rubricata come scempiaggine dal momento che la direzione del carcere di Sassari ha bloccato due magliene mandate dalla sorella perché raffigurerebbero dei teschi. In realtà si tratta di una maglietra dei Goonies e di un mostriciattolo di Dungeons e Dragons. Insomma siamo alle comiche. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Ma purtroppo bisognerà fare un’udienza anche su questo perché la pista anarchica è eterna. In un’epoca di repressione senza sovversione.

    (frank cimini)

  • In contatto con Amara anche il pg Saluzzo (caso Cospito)

    Tra i magistrati interessati a incarichi direttivi che contattavano Piero Amara c’era anche il procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo. Questo tra l’altro scrive il giudice per le indagini preliminari di Perugia Angela Avila che a distanza di un anno dalla richiesta conforme della procura retta da RaffaeleCantone ha archiviato l’indagine sulla loggia Ungheria nata dalle dichiarazioni rese a Milano da Piero Amara protagonista del caso Eni-Nigeria poi finito con l’assoluzione di tutti gli imputati e una  clamorosa spaccatura tra i pm del capoluogo lombardo.

    ”È stata accertata una rete di relazioni e rapporti di altissimo livello di Amara con persone operanti nelle istituzioni pubbliche. Aveva rapporti con magistrati, era entrato a far parte del comitato scientifico dell’Ocpo ed era considerato capace di intervenire nelle nomine per i vertici degli uffici giudiziari tanto è vero che veniva contattato dagli stessi magistrati interessati a ricoprire incarichi direttivi. Tra tutti Lucia Lotti, Carlo Maria Capristo, Francesco Saluzzo – scrive il gip – Amara aveva incontri con Luca Palamara per discutere di nomine e incarichi e riusciva ad avere notizie riguardo a procedimenti ancora in fase di indagine e quindi secretati, aveva rapporti con politici di primo piano come Luca Lotti, Saverio Romano, Denis Verdini”.

    Il procuratiore generale di Torino Francesco Saluzzo di recente era stato alla ribalta della cronaca per aver chiesto senza successo la condanna all’ergastolo dell’anarchico Alfredo Cospito per la vicenda dei pacchi bomba di Fossano. Anche Saluzzo magistrato considerato inflessibile cercava appoggi esterni alla categoria  quando si trattava di ottenere incarichi. Insomma nessuno è perfetto.
    E niente di penalmente rilevante in questa storia della loggia Ungheria.

    ”Tuttavia in nessuno degli episodi specufici riportati nella stessa prospettazio e del dichiarante e al di là dei riscontri esterni traspare nemmeno indirettamente un ruolo o comunque un’attività di un gruppo di persone sovrastante con vincolo di stabilità e programma criminoso comune – sono le parole del giudice – vedendo invece protagonisti anche esterni all’associazione, in ogni caso rendendo evidenti interessi personali e professionali di Piero Amara e delle singole persone a lui legate e che a lui si rivolgono”.

    Per il gip si tratta di una serie di iniziative individuali non attratte nell’orbita dell’attività di una ‘associazione’, ma agevolate dalla rete di relazioni e inflenze che Piero Amara è riuscito a tessere nell’arco degli anni. Non emerge invece una azione programmata di condizionamento e interferenze di decisioni pubbliche.

    Per il gip “la mancanza di struttura organizzativa escluce anche che si possa qualificare il diverso reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazion. Restano i singoli episodi narrati da Amara che escluso il vincolo associativo meritano di per se’ una autonoma valutazione da parte dell’autorità giudiziaria competente per la verifica della sussistenza di eventuali ipotesi criminose. In relazione a questo conclude il gip il pm ha dato atto nella sua richiesta di aver già effettuato le relative iscrizioni.

    La montagna sembra aver partorito il topolino. Intanto sta per iniziare a Milano l’udienza preliminare in cui Amara risponde di calunnia ai danni delle persone chiamate in causa in relazione alla loggia Ungheria.

    (frank cimini)

     

  • I giudici restituiscono a Cospito le foto dei parenti

    ”È del tutto ragionevole ritenere che le 29 fotografie di cui si discute siano le stesse che Alfredo Cospito poteva tenere già nel carcere di Milano”. È uno dei passaggi delle motivazioni con cui i giudici di Torino hanno deciso che siano restituite al detenuto anarchico le immagini di genitori e parenti oltre alle cartoline e a varia corrispondenza.

    I giudici hanno accolto il reclamo presentato dal difensore Flavio Rossi Albertini. I giudici spiegano che non conta niente il fatto che le immagini possano riguardare persone sconosciute. “La consegna delle foto non pregiudica nulla. Si tratta di foto risalenti a decenni fa come si apprezza dall’abbigliamento delle persone in contesti domestici e familiari. Non appaiono celare messaggi critici e non mettono a repentaglio l’impostazione del regime penitenziario del 41bis”.

    Nell’udienza di due giorni fa il pm della procura di Torino Paolo Scafi aveva affermato che le foto avrebbero potuto contenere messaggi criptici. Si tratta dello stesso pm che era stato applicato nel processo di appello per i pacchi bomba di Fossano e dello stesso pm che nei giorni scorsi aveva chiesto pene superiori a un anno di reclusione per una dozzina di studenti responsabili di aver occupato aulette universitarie. Scafi negava anche la sospensione condizionale della pena perché gli imputati non si erano pentiti.

    Cospito è attualmente detenuto nel carcere di Sassari dove le foto erano state “bloccate” nonostante avessero avuto nella prigione di Opera in precedenza il visto favorevole della censura. Cospito protagonista di un lungo sciopero della fame attende che  l’udienza del prossimo 19 ottobre per discutere la revoca del 41bis dopo che l’apposita istanza mandata al ministro Nordio non aveva ricevuto risposta.

    (frank cimini)

  • Cospito, ecco perché il Dap blocca le foto dei parenti

    “Le fotografie raffigurano soggetti sconosciuti a questa direzione”. Lo scrive il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria distaccamento di Sassari per spiegare i motivi che impediscono al detenuto Alfredo Cospito la disponibilità delle foto dei genitori defunti e di altri familiari.

    Nel reclamo contro il divieto sul quale i giudici del Tribunale di Torino si sono riservati di decidere  l’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini osserva che le fotografie riportano tutte sul retro il visto di censura della casa di reclusione di Opera dove Cospito era ristretto sottoposto al regime del 41 bis.

    ”La motivazione contenuta nel provvedimento di trattenimento temporaneo inoltre è destituita di ogni fondamento – scrive il legale – perché i soggetti riprodotti nelle immagini sono persone già censite dall’istituto ovvero immortalano fratelli di Cospito già regolarmente autorizzati ad effettuare i colloqui visivi mensili con il congiunto”.

    L’avvocato chiede di annullare il trattenimento che riguarda le foto dei genitori defunti già oggetto del procedimento davanti ai giudici di Torino e altre 27 immagini delle quali la difesa ha appreso solo successivamente fossero state nloccate.

    Il legale sostiene che siamo davanti a divieti che finiscono per violare diritti di rango costituzionali attinenti alla sfera privata e personalissima dell’individuo.

    ”Non si comprende in che modo le fotografie possano essere ritenute pericolose” conclude il legale.

    Nell’udienza di ieri a Torino il pm Paolo Scafi ha sostenuto che le foto potrebbero contenere messaggi criptici. Si tratta dello stesso magistrato che nei giorni scorsi per l’occupazione di due aulente universitarie ha chiesto pene superiori a un anno di reclusione per una dozzina di studenti universitari insistendo affinché fosse negata la sospensione condizionale perché benché incensurati non avevano dimostrato pentimento.

    (frank cimini)

  • Non c’è terrorismo ma pm insiste comunque per la galera

    Nonostante il Tribunale del Riesame abbia annullato l’accusa di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo la procura di Genova insiste affinché le 9 misure cautelari tra arresti domiciliari e obblighi di dimora siano trasformate in carcerazione a carico degli anarchici che rispondono di pubblicazione clandestina (la rivista Bezmotivny che sta in bacheca sulla pubblica via e viene spedita per abbonamento postale) e istigazione a delinquere per aver inneggiato ad Alfredo Cospito.

    All’udienza di stamattina il pm non si è presentato in aula davanti al Riesame facendo riferimento alla memoria già presentata al collegio che aveva escluso il reato associativo e che è stata nuovamente depositata.

    Gli avvocati delle difese hanno discusso ribadendo la necessità di rigettare la richiesta della procura. Secondo il pm gli indagati dovrebbero finire in carcere per la responsabilità di aver scritto su una rivista ormai praticamente chiusa a causa di ristrettezze economiche e per aver manifestato solidarietà a Cospito. Per la procura gli indagati sono “inaffidabili” in quanto “refrattari alle regole imposte dall’autorita’”. Le difese fanno riferimento alla violazione e della libertà di pensiero. Il Tribunale del Riesame si è riservato di decidere sulle misure cautelari e lo farà nei prossimi giorni.

    Intanto nel carcere di Sassari Bancali Alfredo Cospito è stato sospeso per una settimana dalle attività ricreative e sportive perché nel corso del colloquio con la sorella Claudia lo scorso 8 agosto parlando della vicenda delle foto dei genitori che non può tenere in cella aveva detto: “le foto me le hanno sbloccate da Torino dal signor Salutto (in realtà il procuratore generale Saluzzo n.d.r.) quella testa di c…. ma il carcere si sarà opposto”.

    L’avvocato Flavio Rossi Albertini ha presentato reclamo spiegando che la diffamazione ipotizzata non è ravvisabile giuridicamente richiedendo la stessa la comunicazione con due persone e che la frase pronunciata da Alfredo Cospito si risolverebbe al massimo in una ingiuria oggi depenalizzata.

    Secondo il legale la sanzione è al di l fuori del principio di legalità “ovvero di tassatività e tipicità delle infrazioni disciplinari non essendo rinvenibile alcuna previsione normativa che sanzioni il comportamento tenuto dal proprio assistito”.

    Il 14 settembre ci sarà a Torino l’udienza per discutere sulla possibilità di tenere in cella le foto dei genitori. Il 19 ottobre a Roma invece si parlerà della richiesta di revoca del 41bis davanti al Tribunale di Sorvegliana.

    (frank cimini)

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  • Riesame Genova annulla accusa di terrorismo

    A Genova non c’è nessuna associazione sovversiva finalizzata al terrorismo. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame bocciando la tesi della procura. Restano 4 anarchici agli arresti domiciliari e altri 5 con obbligo di dimora con le accuse di pubblicazione clandestina della rivista Bezmotivny e offesa all’onore e al prestigio del presidente della Repubbluca. Insomma la logica dei giudici è stata quella di un colpo al cerchio e uno alla botte perché non se la sono sentita di cancellare la tesi dei pm su tutta la linea.
    Dice l’avvocato Fabio Sommovigo uno dei difensori: “Dovremo attendere le motivazioni per avere un quadro davvero preciso della decisione. Dal dispositivo però già emerge con chiarezza che il Tribunale del riesame di Genova ha escluso la sussistenza dell’associazione terroristica ipotizzata dal pm e dal gip. È stata quindi accolta sul punto la prospettazione difensiva e eliminata dalla vicenda cautelare quella che appariva, sinceramente, un’interpretazione errata e abnorme.
    Resta, invece, confermata la decisione di mantenere l’applicazione di gravi misure cautelari connesse esclusivamente alla realizzazione di un periodico che, peraltro, prima dell’ordinanza cautelare, aveva già cessato le proprie pubblicazioni. Ciò preoccupa.
    Occorrerà leggere attentamente le ragioni di tale scelta, anche al fine di valutare possibili impugnazioni.
    Il legale conclude: “sono stati annullati anche annullati anche i sequestri per difetto di motivazione”.
    Insomma la montagna ha partorito il topolino. Siamo sempre nell’ambito di una repressione senza sovversione e su questo adesso c’è pure il timbro dei giudici del Riesame. Il quindicinale che ora non esce più per mancanza di soldi era tanto clandestino da stare in bacheca sulla pubblica via a Carrara.
    Tra un mese e mezzo il Riesame depositerà le motivazioni della sua decisione. Intanto hanno chiuso un giornale di opposizione con tanti saluti alla libertà di stampa (frank cimini)

  • Giurisprudenza creativa, pm: anarchici sono inaffidabili

    “Non emergono dagli atti di indagine elementi seri e concreti che consentano di fare affidamento su una cooperazione da parte degli indagati. Anzi tale concorso di volontà non solo non è ipotizzabile ma può ragionevolmente escludersi. Si tratta di soggetti refrattari al rispetto delle regole imposte dall’autorita’”. Questo scrive il pm di Genova Federico Monotti nel ricorso contro la decisione del gip di decidere “solo” per arresti domiciliari e obblighi di dimora in relazione alla posizione degli anarchici accusati di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo per la pubblicazione della rivista Bezmotivny definita dai magistrati “clandestina” pur stando in bacheca sulla pubblica via di Carrara.
    Siamo in presenza di una giurisprudenza sempre più creativa che arriva a affermare che gli indagati devono cooperare con l’indagine altrimenti non risultano affidabili. Per cui per loro ci può essere solo la custodia cautelare in carcere. Il ricorso del pm sarà discusso davanti al Tribunale del Riesame il 6 settembre mentre quello dei difensori che chiedono di annullare tutte le misure cautelari sarà esaminato domani mattina lunedì.
    Agli atti è stata allegata una relazione della Digos sull’ultimo numero della rivista che è praticamente stata chiusa con l’esecuzione delle misure cautelari. La polizia racconta le difficoltà economiche del quindicinale emergenti dallo scambio di mail tra gli indagati per concludere: “Malgrado le difficoltà appare di tutta evidenza la ferma volontà del gruppo editoriale a proseguire nella stampa del quindicinale anarchico clandestino proseguendo nella loro idea apologetica associativa istigatoria ed esaltando sia la parte ideologica sia l’azione diretta”.
    Hanno paura lor signori insomma di un quindicinale chiuso per mancanza di soldi perché tra l’altro non tornerebbero indietro i soldi delle vendite delle copie mandate a diversi centri sociali. Mezzo secolo fa più o meno il potere costituito scatenò la repressione per un fumetto pubblicato dalla rivista Metropoli. Ma almeno il potere di allora aveva l’attenuante cosiddetta che c’era di mezzo Moro e oltre ai morti per le strade. Qui nel terzo millennio siamo alla repressione senza sovversione. Del tutto preventiva. (frank cimini)

  • Il Tribunale-paese una causa anche sul Ct del calcio

    L’Italia non è un paese ma un Tribunale. Ci sarà ma in pratica c’è già annunciata da tutti gli addetti ai lavori e ai livori una causa anche sul commissario tecnico della nazionale di calcio dopo le dimissioni di Roberto Mancini e la designazione e nomina di Luciano Spalletti. Saranno i giudici a decidere sulle violazioni vere o presunte del contratto che legava Spalletti al Napoli. Come spesso accade in questo straordinario paese l’aspetto giudiziario che dovrebbe essere il meno importante in una vicenda del genere diventerà’ quello principale.
    Ovviamente ci vorranno mesi probabilmente anni. Quando ci sarà la sentenza forse ci sarà già un altro Ct ma intanto diventeremo tutti esperti dì contrattualistica sui social e sui giornali divisi in fazioni a favore e contro e magari tutti contro tuttio. Di quello che ha prodotto questa situazione si parlerà poco e niente innanzitutto perché intanto il pallone rotolerà come sempre e buona notte ai suonatori.
    Se la nazionale non è approdata alla fase finale degli ultimi due campionati del mondo è nelle due precedenti occasioni non aveva superato il primo turno il problema da discutere sarebbe quello di un sistema calcio profondamente malato. Certo, essendo in mano a personaggi provenienti dal sottobosco della politica che di pallone sanno nulla mentre per fare un esempio gente come Gianni Rivera e Roberto Baggio non è mai stata presa in considerazione per ruoli effettivi nella catena di comando.
    Nelle scuole calcio i ragazzini sono ossessionati dalla tattica e non lasciati liberi di giocare come si gioca per strada divertendosi e divertendo. Non si è mai pensato seriamente di mettere un limite al numero di giocatori stranieri che ogni squadra può schierare in campo. Di recente Roberto Mancini si era lamentato proprio del fatto che giovani e giovanissimi a differenza dei campionati di altri paesi non sono quasi mai titolari. Ma lui Mancini quando era all’Inter giocava con almeno sette o otto stranieri.
    Per il presente e il futuro del calcio italiano non ha alcuna importanza sapere chi ha ragione tra Aurelio De Laurentis e Luciano Spalletti. Ma ci accapiglieremo proprio su questo. Intanto il calcio vero quello che conta si giocherà solo altrove. Forse anche in Arabia Saudita, ma non qui dove una volta si parlava del campionato più bello del mondo.
    (frank cimini)

  • Non manca nulla, pure il pizzo di Stato sui detenuti

    Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari annuncia che sarà costituito un fondo per le vittime dei reati da alimentare con una piccola parte degli stipendi dei detenuti che lavorano. “Credo che sia un bel segnale che chi con i propri comportamenti ha offeso la collettività violando la legge contribuisca risarcire in qualche modo chi da quel comportamento è rimasto offeso” aggiunge Ostellari dopo aver premesso che i fatti questi giorni, ovvero i tre suicidi “ci impongono una riflessione sul futuro del sistema carcerario che a mio avviso non può prescindere da due parole chiave, regole e diritti”.

    Insomna a fronte di reclusi che scelgono di togliersi la vita perché non reggono un sistema pentitenziario e condizioni di detenzione a dir poco inique a pagare il conto deve essere la popolazione carceraria che lavora. Siamo a una sorta di pizzo di Stato sugli ultimi, nella Repubblica del vittimario anche se Ostellari bontà sua ammette che il 98 per cento dei reclusi che lavorano poi una volta fuori non rientra nel circuito criminale. E di conseguenza, stando al ragionamento dell’”illuminato” sottosegretario alla Giustizia questi detenuti devono pagare un prezzo ulteriore accettando di buon grado la decurtazione del salario. Vale a dire di essere ulteriormente sfruttati. E devono dire grazie a chi li sfrutta a cominciare dalle imprese che assumendo detenuti hanno diritto a forti sgravi fiscali.

    ”Più lavoro, più attività di rieducazione, ma niente sconti per chi crea disordini e mette in pericolo l’incolumita’ del personale e del resto della popolazione detenuta” continua il ragionamento. Non conta niente invece il fatto che spesso gli agenti di polizia penitenziaria accusati di aver picchiato e torturato i reclusi nel corso delle rivolte o anche in assenza di eventi di questo tipo dopo un po’ di tempo vengono reintegrati in servizio e rimessi addirittura nella stessa struttura dove avevano operato in precedenza.
    (frank cimini)

  • Pista anarchica eterna solidarietà a Cospito è reato grave

    Per Alfredo Cospito non basta la tortura del 41bis fino al divieto di tenere in cella le foto dei genitori defunti. Cospito continua ad essere processato un po’ ovunque. Per stare agli ultimi giorni tra Perugia, Genova, Firenze e Carrara con misure cautelari destinate a chi lo ha sostenuto perché come scrive il giudice delle indagini preliminari del capoluogo ligure inneggiare a Cospito è un reato.

    Il circolo culturale anarchico “GogliardoFiaschi” di Carrara in un comunicato parla di una decina di misure che la procura di Genova aveva chiesto come custodia in carcere e che il giudice ha trasformato in quattro arresti domiciliari, cinque obblighi di dimora. In cella a La Spezia è finito solo un indagato perché viveva in una casa occupata.

    Associazione sovversiva con finalità di terrorismo, istigazione a delinquere. Tutto ruota intorno al quindicinalea Sergio “Bezmotivny” peraltro già chiuso per articoli a partire dal 2020 che avrebbero offeso l’onore e il prestigio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

    Nel dicembre scorso il circolo di Carrara aveva manifestato solidarietà a Cospito postando sul proprio profilo Facebook la foto di un intervento dell’anarchico detenuto a Sassari Bancali risalente addirittura al 1990 durante l’occupazione di un teatro cittadino.

    il nome del quindicinale, ritenuto dai magistrati stampa clandestina, richiama la vicenda degli anarchici del primo novecento in Russia contro il regime zarista. Il circolo è da tempo attivo con iniziative di tipo culturale e letterario con temi che riguardano lavoro ambientale e ecologia. Gogliardo Fiaschi era un partigiano deceduto nel 2000 che tredicenne aveva preso parte al,a Resistenza sulle Alpi Apuane nella formazione anarchica “Gino Lucetti”.

    Computer cellulari e materiale di area tra cui manifesti contro Marta Cartabia sono stati sequestrati dalla Digos. Sotto accusa addirittura “due casi di proselitismo nei confronti di minorenni”.

    Il gip nell’ordinanza dice che anche il giudizio sulla personalità degli imputati conferma il fortissimo pericolo di reiterazione dei reati e prosegue addebitando “la reattività contro qualsiasi imposizione proveniente dallo Stato identificato come il nemico principale”. Poi c’è “l’adesione convinta alla pratica anarchica fino a farne una ragione essenziale di vita”.

    Insomma dalla lettura dell’ordinanza emerge chiaramente che il problema è politico. “E’ l’ennesimo tentativo di dimostrare l’esistenza di una associazione con finalità di eversione, tutti tentativi già falliti in passato, peraltro in questo caso relativa a mere pubblicazioni e nessun atto concreto da parte degli indagati – dicono gli avvocati Fabio Sommovigo, Marta Magnanini e George Botti – Si tratta di scritti che si suppongono istigatori o apologetici e quindi di un ambito strettamente connesso all’espressione della libertà di pensiero”

    E aggiungono i i legali: “2 anni di indagini con due fascicoli aperti pedinamenti e intercettazioni dimostrano che oltre a scrivere gli indagati null’altro hanno fatto e soprattutto che non vi è stata alcuna condotta loro attribuibile concretamente offensiva per persone o cose”

    (frank cimini)

  • 41bis Pensare l’impensabile tentare l’impossibile. Un libro

    Pensare l’impensabile tentare l’impossibile” è il titolo di un lavoro di 73 pagine (10 euro Edizioni Colibrì’) a cura dell’Archivio Primo Moroni, Calusca City Lights e Csoa Cox 18 che sintetizza un dibattito avvenuto a Milano nei mesi scorsi e va oltre aggiornando il caso di Alfredo Cospito e del 41bis del quale viene messa in discussione la definizione di carcere duro perché significherebbe pensare che possa esistere un carcere leggero.

    Insomma il problema è il carcere. “Pensare l’impensabie, tentare l’impossibile” è una frase di Alfredo Cospito riferita da uno dei suoi legali Maria Teresa Pintus. “Il 41bis è una misura di pressione non una condanna come si sente dire nei talk show e pure nei telegiornali. La condanna la infligge il giudice il 41bis no – sostiene Pintus- La sottoscrizione avviene a firma del ministro della Giustizia, quindi dell’esecutivo. Se da un punto di vista tecnico è un errore da un punto di vista popolare il 41bis invece resta effettivamente una condanna di cui è molto difficile ottenere la revoca. Il 41bis diventa un marchio. L’unico giudice competente a revocarlo è nel nostro paese il Tribunale di Sorveglianza di Roma che si configura come un tribunale speciale”.

    E non è vero che il 41bis viene applicato solo a chi ha l’ergastolo ostativo. Tra i destinatari anche reclusi in attesa di giudizio.

    Charlie Bernao parla del collegamento fortissimo tra guerra è populismo penale, attività interna di repressione di punizione e di uso della tortura. “I giuristi creano a tavolino il diritto penale del nemico e contro il nemico si creano i presupposti per utilizzare la tortura che sarebbe vietata dalle convenzioni internazionali. Gli psichiatri e gli psicologi ci dicono che l’effetto dell’isolamento sulle funzioni cerebrali del prigioniero è molto simile a ciò che succede quando un uomo viene picchiato affamato o privato del sonno”.

    Insomma il 41bis è una forma aggiornata e particolarmente disumana di tortura.

    Elton Kalica parla di “carcere di annientamento” oltre che di tortura. Kalica che è stato detenuto in regime di alta sicurezza racconta che “ti contavano i calzini le mutande i pantaloni le magliette e soprattutto i libri. Al 41bis sono morti gran parte dei membri di Cosa Nostra e altri ormai in età avanzata moriranno nei prossimi anni. Poi si cercherà altra gente a mettere al 41bis o si deciderà di chiuderlo? “A mio avviso – conclude Kalica – il fatto di averlo reso permanente attesta l’intenzione di perpetuarlo. Magari mi sbaglio ma voi non contateci”.

    ”In tanti vogliono il morto ma nessuno si assume la responsabilità di vestire i danni del boia – dice Anna Beniamino coimputata di Cospito nel processo per i pacchi bomba di Fossano – in compenso sono tanti i becchìni pronti per preparare la fossa all’anarchico, un balletto sguaiato intorno a una forca. La lotta di un anarchico in sciopero della fame ha spezzato la narrazione imperante nonostante il ridicolo tentativo di dipingerlo colluso con i mafiosi”.

    L’avvocato Flavio Rossi Albertini ricorda che quando Cospito ha deciso di interrompere lo sciopero della fame ha ringraziato tutti e tutte coloro che hanno reso possibile “questa tenace quanto inusuale forma di protesta”.

    Considerazione finale inevitabile. Di questo lavoro sarebbe stato orgoglioso, e lo dimostra la partecipazione all’iniziativa dell’Archivio, il Maestro Primo Moroni che aveva dedicato molti anni della sua vita alla battaglia contro il carcere e l’articolo 90 il padre del 41bis all’inizio dell’infinita emergenza italiana. Infinita e infatti siamo ancora qui.

    (frank cimini)

  • Al 41bis più facile avere ventilatore e gamberoni che libri

    Ristretti al 41bis è più facile avere il ventilatore e i gamberoni piuttosto che un paio di libri chiesti più di un mese fa. È la considerazione che fa l’avvocato Flavio Rossi Albertini difensore delL’anarchico Alfredo Cospito detenuto nel carcere di Sassari Bancali commentando la vita quotidiana del suo assistito.
    Niente di nuovo sotto il sole per giunta visto a scacchi nelle due ore d’aria concesse dall’articolo del regolamento penitenziario relativo al carcere duro.
    Del resto se sono considerate pericolose le foto dei genitori defunti prima negate poi concesse e quindi di nuovo tolte figuriamoci i libri. Sono le “regole” della tortura legalizzata avviata nel caso di Cospito dal maggio del 2022 dalla falsa garantista Marta Cartabia e confermate dal suo successore Carlo Nordio altro liberale a parole che all’istanza di revoca del 41bis non si è degnato di rispondere delegando di fatto la decisione al Tribunale di Sorveglianza di Roma giudice unico in Italia con il compito di decidere sui reclami dei sepolti vivi. Forse accadrà in autunno quando anche il Tribunale circondariale di Torino farà la sua scelta in merito alle foto “incriminate”.
    (frank cimini)

  • Non ci sarà il processo di appello Rubyter

    Non ci sarà un processo di appello per la vicenda denominata Rubyter. E non c’entra assolutamente niente che l’imputato principale Silvio Berlusconi è passato a miglior vita il 12 giugno scorso. La procura della Repubblica di Milano dopo molte discussioni e riunioni ha deciso di non impugnare la sentenza del Tribunale che a febbraio scorso aveva assolto tutti gli imputati.

    Alla fine è passata la linea del procuratore capo Marcello Viola di non presentare alcun ricorso. Il verdetto del Tribunale viene considerato inappuntabile e inattaccabile. L’impugnazione insomma si sarebbe risolta in una perdita di tempo, di lavoro e di denaro pubblico. E va considerato anche che la procura generale della Repubblica non avrebbe sostenuto il ricorso come era accaduto nel processo per corruzione internazionale ai vertici dell’Eni.

    E’ la prima volta che un’assoluzione in un processo a carico di Berlusconi non viene impugnata.

    Nel motivare l’assoluzione i giudici della settima sezione penale del Tribunale di Milano avevano parlato di una “omissione di garanzia”. Le ragazze che frequentavano le feste e le cene nella villa di Arcore avrebbero dovuto essere indagate già all’epoca dei processi Ruby e Rubybis per gli indizi di corruzione presenti a sentire come tali quindi con l’assistenza di un avvocato e la facoltà di non rispondere.

    Il fatto che ciò non sia accaduto ha irrimediabilmente pregiudicato l’operatività di fattispecie di diritto penale sostanziale. E per queste ragioni sono cadute le accuse a carico di Silvio Berlusconi e di altri 28 imputati.

    Nel caso le ragazze fossero state imputate si sarebbe potuto discutere di contestare l’induzio e a non rendere dichiarazioni nei confronti del solo Berlusconi. Ci sarebbe questo errore di qualificazione giuridica alla base dell’esito del processo finito con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

    Nel caso le ragazze fossero state sentite in modo corretto sarebbe stato possibile anche discutere dell’accusa do corruzione in atti giudiziari con riferimento a quelle che avessero consapevolmente deciso di rendere dichiarazioni sulla responsabilità altrui.

    Insomma le cosiddette “Olgettine” sarebbero dovuto essere indagate già all’epoca dei fatti non ascoltate come testimoni semplici. Per cui non si può contestare il reato di salsa testimonianza ne’ quello di corruzione in atti giudiziari.

    L’autorita’ giudiziaria deve assicurare come ha spiegato il collegio della settima penale il rispetto del caso concreto del bilanciamento tra la garanzia dell’individuo e le istanze della collettività di accertamento dei reati come nelle norme sullo statuto dei testimoni.

    Va ricordato che il processo sarebbe finito con le assoluzioni si era già capito alla fine dell’anno scorso quando i giudici del Tribunale avevano accolto l’apposita eccezione formulata dall’avvocato Federico Cecconi, il difensore di Silvio Berlusconi. In sede di requisitoria il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il sostituto Luca Gaglio comunque chiedevano la condanna degli imputati senza successo. I pm avrebbero voluto presentare ricorso contro la sentenza del Tribunale ma alla fine è stato il capo della procura a imporsi.

    Va ricordato che in questa intricata vicenda c’erano stati altri comportamenti anomali della procura retta all’epoca da Edmondo Bruti Liberati. Berlusconi venne iscritto tra gli indagati il 21 dicembre del 2010 mentre le ragazze frequentatrici di Arcore venivano pedinate dalla primavera. Insomma avevano indagato su Berlusconi da mesi senza formalizzarlo.
    (frank cimini)

  • Volantini alla Santa Messa e lo zampirone terrorista

    La nuova inchiesta della procura Bologna, reduce da diversi insuccessi sugli anarchici, comprende tra l’altro un lancio di volantini il 27 novembre dell’anno scorso nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù in occasione della Santa Messa in solidarietà con Alfredo Cospito.

    Un paio di settimane prima nel parcheggio della M.A.R.R. Spa viene contestato il posizionamento di quattro ordigni incendiari artigianali mediante l’innesco costituito da uno zampirone e il tutto recita l’accusa veniva reso vano da circostanze contingenti non dipendenti da chi agiva sempre nell’ambito della campagna in chiave antimilitarista in solidarietà con Cospito allora impegnato in un lungo sciopero della fame contro l’articolo 41bis del regolamento carcerario.

    L’azione di sabotaggio si legge nel provvedimento della procura che contesta l’associazione sovversiva a fini di terrorismo seppure non concretizzata veniva rivendicata mediante la pubblicazione di un comunicato “intriso di invettive formulate in chiave anticarceraria e in appoggio al già menzionato militante del “Nucleo Olga – FAI/FRI pubblicata sul sito di controinformazione ‘il rovescio.info’”.

    Le 6 persone indagate rispondono di aver organizzato una associazione di stampo anarco-insurrezionalista “strutturata in modo non gerarchico e spontaneista che agisce secondo il patto di mutuo appoggio e attraverso la solidarietà rivoluzionaria in ambito nazionale e internazionale con l’accordo sulla scelta dell’azione diretta compiuta con l’uso di ogni mezzo, benzina, materiali incendiari”.

    C’e’ anche la storia di chi saliva in un cantiere in cima a una gru di proprietà della Iba Spa “fissando alla struttura portante della predetta macchina la scritta “Il 41bis uccide – Alfredo Libero – Tutti liberi – Morte allo Stato”. Poi veniva costituito un cordone di sicurezza lungo il perimetro del cantiere, accendendo alcuni fumogeni e innalzando striscioni per impedire le eventuali operazioni di videoripresa e individuazione dei rei”.

    La procura di Bologna aveva già messo sotto inchiesta le manifestazioni di solidarietà con i detenuti nel bel mezzo dell’emergenza Covid. Gli arrestati venivano liberati nel giro di poco tempo dal Tribunale del Riesame. L’indagine era coordinate dal sostituto procuratore Stefano Dambruoso che da pm a Milano era finito sulla copertina di Time come cacciatore di fondamentalisti islamici.

    Adesso, e non poteva essere diversament, è il turno della manifestazioni a favore di Alfredo Cospito equiparate ad azioni di eversione dell’ordine democrstico. Insomma c’è sempre una pista anarchica da perseguire. Restando a questa nuova inchiesta l’appuntamento è per i 5 luglio al fine di eseguire accertamenti irripetibili sul materiale repertato e se ne occupa il Ris di Parma. Gli indagati sono stati invitati a nominare legali e consulenti di fiducia.

    ((frank cimini)

  • Fame di case? Pista anarchica tutti condannati

    C’è fame di case a Milano come in tutte le grandi città dove abbondano invece gli appartamenti sfitti e per studenti lavoratori famiglie non c’è niente da fare. Per chi occupa stabili va malissimo. Oggi sono stati condannati al temine di un processo con rito abbreviato a otto mesi pena sospesa una trentina  di anarchici che nell’ottobre del 2020 avevano occupato uno stabile in via dei Mille. Disabitato e in disuso da tempo.

    I protagonisti sono gli anarchici del Corvetto così definiti nella relazione con cui la Digos li aveva denunciati alla magistratura.

    “È opportuno sottolineare come esiste un modus operandi che caratterizza le modalità con cui avvengono le occupazioni e la difesa degli spazi delle aree e degli edifici da parte di questo collettivo anarchico – è la prosa della polizia nella denuncia – una chiara dimostrazione dell’esistenza di un gruppo omogeneo e ben organizzato che mutuando ideologicamente dal passato alcune delle battaglie del movimento anarchico sceglie modalità di lotta politica e sociale che passano attraverso il rifiuto di qualsiasi forma di controllo sociale delle regole e delle leggi in generale esprimendo un dissensò che si manifesta spesso in uno scontro aperto con le istituzioni”.

    La Digos parlava anche di “blitz occupativo a ridosso dei weekend è chiamata solidaristica a sostegno delle occupazioni attraverso la rete internet utilizzando il profilo Facebook Galipettes Occupato”.

    (frank cimini)

  • Corriere della Sera condannato diffamò giovane anarchico

    Il “Corriere della Sera” è stato condannato per aver diffamato l’anarchico Marco Re Cecconi in occasione del suo arresto in Francia. Il giornalista Andrera Galli dovrà pagare una multa di 1.800 euro, il direttore Luciano Fontana per omesso controllo di 2.000 euro. Entrambi, in solido,  dovranno risarcire la parte offesa con 20.000 euro.

    ”Gli avvenimenti ricostruiti dal giornalista non corrispondono a quanto realmente accaduto e vengono illustrati con modalità espositive prive di obiettività – scrive il giudice nel motivare la sentenza -. Re Cecconi viene definito quale devastatore del Primo Maggio, pregiudicato soggetto noto alle Forze dell’Ordine per un passato di furti, occupazioni, ed è probabile che dall’Italia l’abbiano foraggiato con i soldi, che contava sulla storica ospitalità concessa dalla Francia a fuggiaschi italiani di ogni sorta di crimine, balordi che ancora oggi dopo anche aver ucciso vivono la‘ in pace è serenità “.

    ”Si denota dalle espressioni terminologiche usate dal giornalista l’uso di un tono sproporzionalmente sdegnato, il riferimento a insinuazioni nonché a sollecitazioni emotive, espedienti che compromettono la leale chiarezza a cui l’informazione deve essere improntata – continua il giudice -; emerge che la persona offesa ha partecipato alla manifestazione del Primo Maggio 2015 contro l’Expo. Al momento della pubblicazione dell’articolo la persona offesa non poteva essere definita né devastatrice n tantomeno pregiudicata e nota per i reati indicati dal giornalista in quanto Re Cecconi è stato giudicato con sentenza del gip di Milano solo nel 2021 e tra l’altro risultando poi assolto dai reati di devastazione e incendio “.

    Quanto ai riferimenti all’ ospitalità ricevuta dalla Francia e al fatto che sia stato foraggiato con i soldi sono solo “insinuazioni”, è la posizione del giudice. La richiesta di rettifica dell’articolo fu ignorata dal “Corriere”, anche se la pubblicazione non fa venir meno la diffamazione. Il giudice scrive di non ritenere possibile la concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Procur di Milano aveva chiesto l’archiviazione.

    (frank cimini)

  • Difesa Cospito: visionare in aula filmato dell’attentato

    Visionare in aula nel contraddittorio tra le parti e non solo in camera di consiglio il filmato dell’attentato alla scuola carabinieri di Fossano in modo da rendersi conto della scarsa entità dei danni. È questa la richiesta che l’avvocato Flavio Rossi Albertini farà in aula davanti alla corte di assise di appello di Torino dove riprenderà il processo a carico di Alfredo Cospito e Anna Beniamino dopo l’interruzione in attesa che la Corte Costituzionale decidesse sulla possibilità di concedere le attenuanti.

    Il procuratore generale di Torino Piero Saluzzo aveva chiesto per Cospito l’ergastolo dopo che la Cassazione aveva aggravato l’imputazione contestando l’attentato alla sicurezza dello Stato.

    ”Il filmato assume valore dirimente in ottica difensiva ai fini della quantificazione della pena – scrivono nell’istanza gli avvocati Flavio Rossi Albertini, Gian,una Vitale e Caterina Calia – in modo da tenere conto dell’effettiva entità e delle specifiche esigenze dei singoli casi. Si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali tanto di ordine generale, principio di uguaglianza, quanti attinenti direttamente alla materia penale”.

    ”La necessità che l’elemento obiettivo del fatto, ovvero la gravità che lo stesso ha integrato per la sicurezza dello Stato va mostrato in aula anziché visionato in camera di consiglio. Questo appare irrinunciabile anche e soprattutto in ossequio al principio di pubblicità dell’udienza e della funzione che tale garanzia e’ diretta ad assolvere” continuano i legali.

    La pubblicità della procedura tutela le persone sottoposte a giudizio tutelandole da una giustizia segreta che si sottragga al pubblico. La pubblicità interessa la cittadinanza affinché sia consapevole delle modalità con cui viene esercitata l’azione penale soprattutto nei confronti di coloro che vengono tacciati di essere nemici dell’assetto costituito del Paese, è il ragionamento della difesa.Affinché l’atteggiamento sanzionatorio statale venga praticato in coerenza con l’assetto normativo.

    (frank cimini)

  • Steccanella: le manette a senso unico dei magistrati

     

    In questi giorni infuria la polemica per la netta presa di posizione dell’ANM contro l’annunciata riforma del Ministro Nordio che vorrebbe abolire il reato di abuso d’ufficio. Abolizione discutibile e più che legittimo che una delle categorie di addetti ai lavori ne segnali le criticità, in questo sbaglia Nordio a parlare di “interferenza”, perché in una democrazia chiunque è nel pieno di diritto di criticare qualsiasi provvedimento legislativo che non condivide, e ci mancherebbe altro che uno dei tre poteri, indipendenti, che ne contrassegnano la di lei vita, dovesse zittirsi supino ai voleri dell’altro.

    Però, detto questo, il dato che colpisce è che, come accaduto in precedenza quando si è parlato di prescrizione, ergastolo, 41 bis, introduzione di leggi sempre più punitive con nomi talvolta anche grotteschi (femminicidio, omicidio stradale, reati ostativi, spazzacorrotti, trojan et similia) gli strali corporativi degli applicatori della legge si elevano sempre a senso unico nel tutti uniti verso la galera per tutti, manco fosse la riesumazione moderna del siparietto comico di quel tale Giorgio Bracardi, che per qualche annetto proprio su quello slogan ci campò travestendosi da duce (ma erano altri tempi, allora si rideva, oggi si applaudirebbe).

    Durante il tragico ministero che non so quanto in “buonafede” introdusse le peggiori nefandezze, non una voce si elevò al cielo da parte di costoro per segnalare la pericolosa deriva giustizialista (temine che rappresenta l’ossimoro della Giustizia con la G maiuscola) che si stava sempre più assecondando, in nome della difesa delle vittime di cui di base, in realtà, non gliene è mai fregato niente a nessuno.

    Ora, sul punto assai delicato, proprio perchè attiene ai rapporti istituzionali che dovrebbero intercorrere tra i tre diversi poteri dello Stato, credo che sia venuto il momento da parte di costoro di fare chiarezza una volta per tutte, perché non c’è nulla come l’ipocrisia a generare alla lunga sfiducia e perdita di autorevolezza nei confronti dei cittadini.

    In Italia ci sono ancora oggi – oppure mancano ancora, il che è la stessa cosa – leggi fondamentali che diano finalmente attuazione “pratica” alla nostra bella costituzione, tipo il fine pena mai, il diritto di scegliere il proprio fine vita, il riconoscimento di figli incolpevoli di coppie che ricorrono a procedure da anni pienamente applicate in altri paesi, il diritto di campare in condizioni economiche decenti per sostenere le sempre più spregiudicate speculazioni della cinica economia global, e potrei andare avanti per ore.

    Gentili signori, operatori primari del diritto, perché in tutti questi casi non dite nulla riparandovi comodamente dietro il principio secondo cui “il testo della norma ce lo impone”, che tutto assolve e in primis la coscienza, mentre ogni qual volta si propone di ridurre il numero spropositato (non lo dico io, ma i numeri) di processi e galere vi elevate a tutori della questione morale?

    Qualche tempo fa lessi che un PM, deluso dalla decisione di un GIP di non mettere in galera chi aveva portato in udienza in manette, disse pubblicamente che “non avrebbe più preso un caffè con la collega”.

    La domanda è: credete davvero che il vostro delicatissimo mestiere consista nel prendere il caffè solo con chi ingabbia e non con chi libera?

    Siete sicuri, domando sommessamente, di avere scelto il mestiere più giusto?

    Lo chiedo perché mia madre e la gran parte delle persone che frequento, pensano sempre che ogni condanna sia troppo lieve, che ogni assoluzione sia ingiusta e che bisognerebbe riempire le patrie galere con tutti quelli che per un motivo o per l’altro non ci piacciono, ma loro, per fortuna, hanno scelto di fare un altro lavoro.

    Davvero pensate che il vostro compito sia quello di mettere in galera più gente possibile?
    avvocato Davide Steccanella

     

     

     

     

     

  • “La repubblica giudiziaria ben prima di Mani Pulite”

    Vale la pena di leggere le quasi 300 pagine del saggio “La repubblica giudiziaria – Una storia della magistratura italiana” frutto del lavoro di Ermes Antonucci soprattutto per un motivo spiegato nella controcopertina: “Molui credono che la preminenza della magistratura sulla politica sia stata innescata dal terremoto provocato da Mani pulite, ma solo un ingenuo puo’ pensare che questa rottura sia avvenuta all’improvviso”.

    ”Lo strapotere della magistratura è il risultato del sommarsi di tensioni tra diverse ‘ faglie’ istituzionali“ si spiega. Chi scrive queste poche righe per invogliare a leggere il libro di Antonucci aggiunge che tutto comincia con la madre di tutte le emergenze, quella rubricata con l’etichetta di terrorismo ma che fu in realtà un tentativo di rivoluzione fallito.

    Decina di migliaia di persone passate per le carceri rappresentarono un problema politico che la politica non volle affrontare direttamente delegando la questione della sovversione interna alla magistratura che ne approfittò per aumentare il proprio potere e per andare a riscuotere il credito acquisito nel 1992.

    Le leggi premiali utilizzate per risolvere il problema furono pretese e ottenute dalla magistratura sempre storicamente interessata alle scorciatoie come poi andrà in epoca successiva con l’utilizzo smodato delle intercettazioni fino al trojan che continua a fare danni irriparabili ai diritti dei cittadini.

    Con le leggi premiali non vale più quello che un imputato ha fatto ma ciò che pensa delle sue azioni e soprattutto se fa l’autocritica agli altri. La catena di Sant’Antonio delle chiamate di correo finirà per fare anni agli stessi politici in occasione della falsa rivoluzione di Mani pulite. Quando la politica si suicida abolendo l’immunita’ parlamentare sotto la forma dell’autorizzazione a procedere.

    E per quella scelta la politica non ha mai voluto fare i conti fino in fondo salvo lamentarsi che la magistratura ha un potere eccessivo che esercita tuttora. Con la differenza che in passato lo faceva soprattutto svolgendo indagini e ora quando le conviene lo fa evitando di compiere gli accertamenti che sarebbero doverosi secondo il codice. Basta ricordare il caso di Expo quando l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi ringrazio’ la procura di Milano per avere dimostrato responsabilità istituzionale.

    E a questo proposito basta riportare il passaggio in cui nel libro si ricorda “il lungo percorso culturale, politico e ideologico di una istituzione divisa fra la fedeltà a valori comuni e visioni della giustizia contrastanti. In una accurata ricostruzione storica che svela luci e ombre di un ‘ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere’, la parabola di un sistema controversi, tra interessi personali e rappresentanza delle istanze collettive”.

    (frank cimini)

  • Gip: indagini sugli anni ‘70 siano per l’eternità

    Le indagini sulla lotta armata siano per l’eternita’. È questo il messaggio contenuto nell’ordinanza emessa dal gip torinese Anna Mascolo che accogliendo la richiesta della procura ha riaperto le indagini su un fatto di quasi 50 anni fa, la sparatoria di Cascina Spiotta, in relazione all’omicidio del brigadiere D’Alfonso di cui risponde l’ex brigatista Lauro Azzolini, nonostante questi fosse stato già prosciolto nel 1987 dal giudice istruttore di Alessandria.

    Ci sarebbe stato tra l’altro un problema di competenda territoriale, ma il gip lo ha bypassato spiegando che essendoci di mezzo la finalità di terrorismo la competenza si radica nel capoluogo del distretto. La norma specifica però è del 2001 e i fatti risalgono al 5 giugno del 1975. Quando c’e’ di mezzo la parolina magica terrorismo evidentemente salta qualsiasi regola e non è possibile obiettare nulla.

    La sentenza del 1987 inoltre non era stata allegata agli atti perché introvabile causa alluvione ma il giudice passa sopra anche su questa circostanza affermando che non vi è dubbio vi sia stata.

    Il gip afferma che era già previsto all’epoca l’istituto della revoca della sentenza di proscioglimento emesso dal giudice istruttore nel caso siano soravvenuti nel frattempo nuovi elementi di prova.

    Secondo il difensore Davide Steccanella emerge al massino che Azzolini potrebbe aver toccato il dattiloscritto documento riferito ai fatti del 5 giugno e sequestrato in occasione dell’arresto di Renato Curcio il 19 gennaio del 1976. “Circostanza del tutto neutra posto che quel documento in cui si riferivano i dettagli del fatto in cui era morta una fondatrice delle Brigate Rosse venne ovviamente esaminato da moltissimi militanti dell’organizzazione e persino oggetto di una pubblicità,un’azione su un giornale clandestino. Per cui sarebbe impossibile che non vi comparissero altre impronte oltre a quelle di Azzolini per cui è da escludersi che il documento una volta redatto e consegnato a Curcio sia stato immediadatamebte chiuso in una cassaforte come un talismano da preservare visto che era stato redatto proprio per informare tutti gli altri membri dell’organizzazione che non erano presenti di come erano andate le cose quel drammatico giorno alla Spiotta” si legge nella memoria della difesa.

    Del resto la stessa procura è consapevole dell’inconsistenza di tale elenco probatorio ai fini di una condanna considerando che l’accusa chiede la riapertura delle indagini e non il rinvio a giudizio.

    ”Se io raccontassi all’estero che un giudice in Italia può revocare una sentenza di assoluzione per fatti di 50 anni fa di cui non dispone materialmente mi prenderebbero per matto” dice Davide Steccanella.

    Anna Mascolo è un giudice giovanissimo. Evidentemente non aveva genio non se la sentiva di opporsi alla richiesta della procura piu forcaiola e arrogante del paese e ha fatto copia e incolla con l’istanza dei pm. Ci troviamo in un teatro dell’assurdo. Le indagini prorogate dopo decenni per sei mesi con ogni probabilità porteranno a niente ma servono ad agitare un fantasma del passato nell’ambito dell’infinita emergenza italiana dove magistratura politica e giornaloni sono uniti nella lotta (frank cimini)

     

  • 41bis, Tribunale speciale a Roma e tutti zitti o quasi

    Dalla caduta del fascismo in poi in Italia non c’erano stati tribunali speciali. Neanche durante la madre di tutte le emergenze per risolvere la questione della sovversione interna perché allora c’era stato un uso speciale dei tribunali ordinari poi proseguito con la lotta alla mafia e la farsa di Mani pulite. Ma dall’anno di grazia 2009 a Roma c’è il Tribunale di Sorveglianza che ha la competenza esclusiva a decidere sui reclami contro l’applicazione del 41bis del regolamento penitenziario il carcere duro provenienti da tutto il paese.

    Tutto questo nel silenzio generale o quasi a eccezione dell’Unione delle Camere Penali che già nel 2008, un anno prima della riforma controriforma sulla questione avevano avvertito sui pericoli a livello di diritti.

    Anche nel novembre del 2017 le Camere Penali denunciavano “l’anomalia” parlando di prassi distorte che vanno oltre le reali necessità. “Si pensa così di rispondere all’esigenza di evitare pronunciamenti giurisprudenziali eterogenei da parte di diversi tribunali. In pratica la negazione della giurisdizione dove invece l’eventuale contrasto tra decisioni è il sale del diritto”.

    In pratica viene negato il rispetto del principio costituzionale  diritto al giudice naturale. Il quadro diventa sempre più grave ricordando che sottoposti adesso al 41bis ci sono 750 detenuti il doppio rispetto al periodo delle stragi mafiose. Di carcere duro si è parlato molto in questi ultimi tempi a causa del lunghissimo sciopero della fame delL’anarchico Alfredo Cospito che ha rischiato la vita per sottoporre all’attenzione  generale una questione che non riguardava e non riguarda solo lui. Ma sul punto si sono visti in giro ben pochi garantisti i soliti quattro gatti oltre alle manifestazioni ai cortei e ai presidi dei movimenti anarchici. Nessuno ha messo in discussione il 41bis e l’anomala esclusiva competenza della sorveglianza di Roma che sul punto ha da tempo pieni poteri. Si tratta a livello istituzionale di una vera e propria sfiducia nei tribunali di sorveglianza di un intero paese. Ma la magistratura e le associazioni di categoria tacciono mentre sono pronte da anni a denunciare tentativi di delegittimazione della giurisdizione a ogni piè sospinto.

    (frank cimini)

  • La pm Adriana Blasco irriducibile con la toga addosso

    Nun ce vonno sta… La magistratura di Milano, cioè la pm Adriana Blasco, in base a un diverso calcolo della prescrizione spiegato con una dichiarazione di pericolosità sociale a 40 anni dai fatti ha emesso un nuovo ordine di carcerazione per Luigi Bergamin uno degli ex militanti nell’elenco delle estradizioni respinte dalla Cassazione di Parig lo scorso 28 marzo. Gli irriducibili in toga.

    Dice l’avvocato difensore Giovanni Ceola:
    “Penso sia una mossa prodromica a un mandato di arresto europeo per la misura di sicurezza. Ma la misura di sicurezza si sconta dopo la pena. La pena non è scontabile. E i presupposti per una estradizione sono già stati giudicati dalla corte di istruzione di Parigi. Poi esiste , per emettere un MAE un principio di proporzionalità , legato a quello di ragionevolezza. E noi paghiamo lo stipendio alle irriducibili in toga?”.

    Staremo a vedere come va a finire. La sensazione è che la magistratura e la politica italiana sbatteranno la testa contro il muro. Neanche la Cassazione francese li ha convinti ad arrendersi. Siamo davanti a una determinazione e a una ferocia degne di una causa migliore. Agitano un fantasma del passato per rafforzare il potere che hanno oggi. Uniti nella lotta una volta tanto magistrati e politici come accade per il caso di Alfredo Cospito. Anche adesso in tempi di repressione senza sovversione.

    (frank cimini)

  • Negata a Cospito visita di un secondo medico di fiducia

    “Ci impediscono il diritto alla salute, secondo loro un solo medico deve provvedere alle necessità di cure di un detenuto al 140 esimo giorno di digiuno” dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini commenta di la decisione del Ministero di negare la visita di un secondo medico di fiducia, la dottoressa Giovanna Barbara Cicardi.
    Secondo il Ministero con le visite del dottor Andrea Crosignani il diritto alla salute di Cospito sarebbe già soddisfatto. Tenuto conto che il detenuto è sottoposto al regime del 41bis per recidere i collegamenti con il mondo anarchico non si ritirne di dover ammettere un ulteriore sanitario al fine di non pregiudicare la ratio del provvedimento è la spiegazione.

    Ma non è finita. Racconta ancora l’avvocato: “Dentro il reparto 41 bis del San Paolo oggi c’era il direttore di opera, il direttore sanitario del San Paolo e il garante nazionale dei detenuti.

    Alfredo riferisce che gli hanno fatto dichiarazioni sibilline e che lo vogliono spaventare avvisandolo che il cuore può cedere all’improvviso lasciandolo “mezzo scemo sulla sedia a rotelle con il lecca lecca in bocca”.
    Lui non sa quanto vogliono spaventarlo e quanto di vero ci sia.
    Teme l’alimentazione forzata.
    Grande censura sui telegrammi, 4 in due giorni”. Il legale aggiunge di escludere che sia stato il garante dei detenuti a cercare di intimorire e terrorizzare Alfredo Cospito. Ma insomma la tortura continua.

    (frank cimini)

     

  • Il ‘buco nero’ della democrazia nella gestione dei militari in Val Seriana

    Non basta un’inchiesta gigantesca, una piramide di carta alta quaranta faldoni che schiumano informative, messaggi, documenti, testimonianze. Non basta per spiegare fino al cuore cosa accadde nella notte italiana del Covid quando a un certo punto quattrocento militari marciarono dalla Lombardia e da altre regioni perché chiamati a proteggere le comunità di Nembro e Alzano che si assottigliavano ora dopo ora, senza fiato e senza cura, fino a quando i militari arrivarono davvero ma per posare i corpi sui camion che al camposanto la terra era gonfia di bare.

    L’inizio e la fine li conosciamo: il 6 marzo 2020 partirono, l’8 marzo se ne tornarono a casa.

    Le carte di Bergamo raccontano una storia a cui possiamo, dobbiamo credere perché un presidente del consiglio e una ministra dell’Interno sono stati invitati a testimoniare e quindi a dire la verità davanti ai magistrati. Luciana Lamorgese ha messo a verbale che diede “ordini orali” ai militari di effettuare “un’attività ricognitiva e di sopralluogo e che tutte queste disposizioni non sono state cristallizzate in provvedimenti formali”. Giuseppe Conte, ha aggiunto, “non sapeva dell’invio delle forze armate proprio perché il fine era di natura ricognitiva”. “Se ci fosse stato un Dpcm di cinturazione lo avrei avvertito”, puntualizza, e bontà sua: forse lui se ne sarebbe acccorto firmando un DPCM. E Conte conferma: “Dell’invio dei militari lo seppi dopo, credo dalla stampa. Non credo fosse stato disposto dalla ministra Lamorgese”.

    Dunque: abbiamo un capo del governo ignaro che si stanno mobilitando centinaia di militari in un momento in cui anche una democrazia matura come quella italiana appariva all’improvviso fragile, tramortita dalla furia del virus. Un capo di governo che lo viene a sapere “forse” dai media. Abbiamo la titolare del Viminale che decide che non è il caso di avvertire il premier che sta pensando di spostare truppe di uomini e donne in divisa. Un vuoto di comunicazione democratica che a noi genera una certa vertigine ancor più se ci immaginiamo con gli occhi sull’abisso di quell’inizio crudele di primavera in cui ai morti nemmeno la grazia dei fiori poteva essere donata.

    “Non credo Lamorgese avesse disposto l’invio”: fermiamoci su queste parole di Conte. Sempre dall’inchiesta  sappiamo che di certo invece Lamorgese lo fece. Lo dice lei: “La disposizione è partita dal ministero dell’Interno in quanto legata all’ordine e alla sicurezza pubblica”. Lo dicono anche i quattro fonogrammi spediti dal ministero su carta intestata del Viminale. Il primo messaggio è indirizzato al Comando generale dei carabinieri, al Prefetto e al Questore di Bergamo: “Scopo implementare dispositivo vigilanza, ordine e sicurezza pubblica in provincia, pregasi porre disposizione Questore Bergamo, da giorno 6 et fino al 20 marzo 2020, salvo proroghe, rinforzo nr.100 carabinieri. Trattamento economico indennità, ordine pubblico. Proministro Gabrielli”. Altri due fonogrammi analoghi vengono mandati alla Direzione Centrale Anticrimine e al Comando Generale della Guardia di Finanza lo stesso giorno, con riferimento all’invio rispetivamente di “114 operatori reparti prevenzione  anticrimine” e di “44 finanzieri”. E  infine c’è una quarta comunicazione firmata dal primo dirigente della Polizia di Stato, Raffaele Alfieri, in cui si chiede di “mettere a disposizione del Prefetto di Bergamo, da domani 6 marzo 2020, 120 militari con esclusione delle aliquote di comando e di controllo, per il concorso nei servizi di vigilanza delle aree sensibili individuate in relazione all’emergenza epidemiologica Covid 19”.

    Tre giorni dopo arriva il dietrofront. Il ministero dell’Interno scrive alle forze dell’ordine che “a seguito et modifica” del messaggio precedente “pregasi disporre revoca con effetto immediato at disposizione Questore Bergamo”.

    Aggiungiamo un dettaglio: i comandanti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza devonono per norma informare i loro superiori funzionali, quindi sapevano anche il ministro della Difesa e quello delle Finanze. Tre ministri e un capo della Polizia dispongono uno spostamento di militari e il presidente del Consiglio non lo sa.

    Ora sappiamo chi decise, chi sapeva e chi no e con quali modalità. Perché accadde? Ecco Lamorgese: “Abbiamo ritirato gli uomini perché l’8 marzo il presidente Conte ha emanato il noto DPCM con il quale ha emanato disposizioni contenitive per l’intera regione”.

    Se fosse stata disposta la zona rossa 48 ore prima, come già era accaduto per i Comuni del lodigiano in una situazione di contagio simile, sarebbero morte meno persone?. E’ una delle domande dell’inchiesta a cui forse nessuna perizia potrebbe dare una risposta. Il buon senso suggerisce che qualche vita si sarebbe potuta salvare.

    Fin qui la storia che restituisce l’indagine ma ce n’è un’altra che ha iniziato a correre  parallela a novembre del 2020 quando l’agenzia di stampa AGI chiede al Viminale con un accesso civico agli atti i fonogrammi mandati alle forze di polizia. “No per ragioni di sicurezza nazionale e ordine pubblico” è la risposta. Ricorso al Tar che invece dice sì “perché l’accesso civico è finalizzato a favorire forme di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle forze pubbliche”. Ma il Consiglio di Stato qualche tempo dopo sospende la decisione del Tar e poi decide nel merito sulla base di una relazione  firmata il 2 febbraio del 2022 dal capo della polizia che convince i magistrati delle “rilevanti e apprezzabili esigenze di riservatezza”. Passaggio cruciale: il ministero fa sapere alla giustizia amministrativa che “non c’è stato alcun atto governativo specifico di impiego delle forze militari di Nembro e Alzano” e che “per contrastare il Covid soono stati impiegati gli stessi contingenti addetti all’operazione ‘Strade Sicure’ il cui utilizzo è stato disposto in attuazione delle direttive generali di pianificazione annuale, in relazione alle quali sussiste un’esigenza di riservatezza volta a secretare le linee della programmazione strategica di impiego delle  risorse umane e strumentali”. Non avete capito? Nemmeno noi e nemmeno i nostri avvocati Gianluca Castagnino, Eugenio Losco e Mauro Straini. Fatto è che i documenti vengono negati “perché la richiesta di accesso andrebbe ad attingere un livello di programmazione strategica di più vasta portata e come tale inattingibile da un livello di acquisizione parziale”.

    Solo che adesso vieni fuori che gli unici atti che riguardano quell’invio sono quei quattro fonogrammi, giustamente striminziti come devono essere delle comunicazioni sbrigative in ambito militare.

    Quali “linee della programmazione strategica” andavano protette per non nuocere alla pubblica sicurezza? Noi non lo sappiamo ma uscendo da questo viaggio ci faccciamo acccompagnare dalle parole di Pier Paolo Pasolini: “Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole”.

    Manuela D’Alessandro

  • Steccanella: Covid pm Bergamo e il panpenalismo

     

    Due anni fa denunciavo in apertura del mio libro “La giustizia degli uomini” (Mimesis, 2020) il sempre più crescente fenomeno tutto italiano del “Panpenalismo”, in cui, dopo avere fornito i dati del numero esorbitante di avvocati e processi, introducendo il capitolo “PANPENALISMO E GIUSTIZIALISMO TV” con una citazione di Popper “Noi siamo cercatori di verità ma non siamo suoi possessori” di Karl Raimund Popper, scrivevo:
    “Quest’ultimo dato è lievitato negli ultimi anni a causa del fenomeno noto come ‘panpenalismo’, ovvero l’irresistibile propensione a introdurre, indipendentemente da qualunque fenomenologia criminale e da qualunque osservazione degli effetti che le pene producono concretamente, nuove figure di reato al fine di soddisfare un sempre più diffuso ‘giustizialismo’. Si tratta di un giustizialismo di tipo popolare, accompagnato da un’accentuata tendenza a celebrare i processi in TV o sui social ben prima che nelle aule di tribunale, producendo inevitabilmente un tifo da stadio. Ma il risultato peggiore è la perdita di autorevolezza del processo penale agli occhi dei cittadini, poichè le sentenze emesse ‘in nome del popolo italiano’ vengono in verità percepite, da chi avrebbe auspicato un esito diverso, come sentenze emesse ‘in nome di una parte sola’. L’aumento a dismisura di avvocati, magistrati e processi ha indebolito il prestigio di queste figure e la loro efficacia presso l’opinione pubblica, facendo parallelamente aumentare il numero di coloro che si sentono ormai in grado di commentare processi, pur non avendo mai messo piede in un tribunale”.
    Nel capitolo successivo, denunciavo il conseguente giustizialismo forcaiolo (vd. recenti scene dopo la sentenza sulla tragedai di Rigopiano e quanto capitato al GIP di Verbania che “osò” bocciare la prima ricostruzione aborracciata della locale Procura):
    “il diritto di questi tempi sembri non piacere più. Piace piuttosto la legalità intesa nel suo senso peggiore, quella che fa esultare per una gabbia che si chiude e indignare per una che si apre, al punto che si sono coniati sciocchi neologismi come ‘garantista’ per definire un giudice impegnato semplicemente ad assicurare il rispetto della legge”.

    (avvocato Davide Steccanella)

  • Ruby, Cav assolto bocciato l’imbroglio dei pm

    Non è un cavillo quello che ha portato all’assoluzione di Silvio Berlusconi e di tutti gli altri inputati nel processo Rubyter. Si tratta di rispetto delle regole. È un vecchio trucco quello delle procure di sentire persone come testi e non come indagati al fine di costringerle a dire la verità. Le dichirazioni rese da chi è informato sui fatti però poi non si possono utilizzare nel processo dove i diretti interessati diventano imputati.

    Tutto qui. Il Tribunale lo aveva già chiarito con l’ordinanza emessa due anni fa e lo ha ribadito oggi assolvendo l’ex premier insieme alle ragazze che frequentavano la villa di Arcore dall’accusa di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari.

    Cosi va in fumo il processo per un pelo di quella lana dopo che il Cav era stato assolto in appello nel primo  dibattimento dove rispondeva di concussione e prostituzione minorile. Solo nel Ruby bis c’erano state due condann. Per Emilio Fede e Nicole Minetti. Un bottino davvero magro per una saga ultradecennale imbastita guardando dal buco della serratura.

    L’intera vicenda però non va esaminata solo sotto l’aspetto penale. In un paese normale un premier che telefona in questura per perorare la sorte di una minorenne fermata per furto sparisce dalla scena pubblica e non c’è bisogno di fare alcun processo. Purtroppo viviamo da mezzo secolo nella repubblica penale dove i magistrati e i giudici hanno superpoteri che gli sono stati affidati dalla politica dai tempi della madre di tutte le emergenz. E così tutto finisce in un’aula di Tribunale perché il paese intero è privo di anticorpi creando tra l’altro una opinione pubblica sempre più forcaiola.

    Per una volta la procura che come dicono a Napoli “terzea” le carte esce sconfitt. E parlare di cavilli serve davvero a poco. La toppa è peggio del buco.

    (frank cimini)

  • Steccanella a Cospito: da te una lezione mirabile

    La lezione di Alfredo Cospito!!! (lettera aperta a chi ancora combatte per la libertà)

    “Caro Alfredo, non ti conosco, ma mi piacerebbe farti sapere che la tua straordinaria lezione è arrivata anche a me.
    ‘Non lo faccio per uscire io, ma perché il 41 bis venga abolito per tutti, perché impedisce la manifestazione del pensiero’, hai detto ieri (o forse oggi), dopo che il Ministero, improvvisamente trovatosi a dover gestire pubblicamente un “problema” del quale fino a quel momento se era, come tutti, ampiamente sbattuto, ha disposto il tuo trasferimento in un nuovo carcere per “calmare le acque”.
    Con il tuo sacrificio, spinto fino alle estreme conseguenze, hai sollevato un gigantesco vaso di Pandora sull’ipocrisia regnante nel nostro Paese verso la drammatica e perdurante vergogna del suo sistema penitenziario, medievale e degno solo di un’epoca storica forcaiola e ignorante, dove le persone ormai magnano e basta, e non pensano più.
    Tu, solo e murato vivo, sei riuscito a creare, da quell’orrendo buco sordo e senza luce, questo pandemonio istituzionale, e ormai non c’è giorno che la tua fotografia non faccia bella mostra sui giornali, quella di un uomo che fino all’altro ieri nessuno manco sapeva chi fosse, a parte i suoi compagni.
    Ti hanno paragonato a Bobby Sands o ad altri eroi che hanno nobilitato con la loro vita il dopoguerra del “secolo breve”, quello in cui di fronte alle ingiustizie ci si mobilitava in massa e non si guardava Sanremo con la passerella di un contendente in una guerra che non si combatte ma dove si mandano armi, tra una canzone di Giorgia e un commento di Fazio.
    Ma loro erano in tanti, e Tu invece sei solo, non hai compagni reclusi con te in quell’inferno e neppure dietro i combattenti dell’IRA o altri sostegni, se non quanti scrivono, più sui social che sui muri per vero, “Alfredo libero”.
    Un po’ pochino per crepare, direbbe chiunque, ma a tutti quei chiunque, tra i quali ovviamente mi ci metto io per primo, ormai ti sei contrapposto tu!
    E finchè ci sarà anche solo uno disposto, ancora negli orrendi anni Duemila, a sacrificare la propria vita per un’idea, tutti gli altri rimarranno dall’altra parte della barricata, quella degli indifferenti, quella dei colpevoli di non avere reagito.
    Spero umanamente che non debba essere come sempre la Storia a dover dire chi stava dalla parte giusta, e che quasi mai coincide con la pigra maggioranza degli sdegnati democratici.
    Quelli che si imbrodano ogni giorno della Costituzione ma stanno lasciando morire un uomo che combatte per la libertà, e come diceva qualcuno, se non stai da una parte o dall’altra della barricata, “sei la barricata”.
    Grazie per averci ricordato a tutti che si può anche non essere come tutti noi, e adesso saranno cazzi nostri con le nostre coscienze, ammesso che molti di noi ne abbiano ancora una, ma come immagino potresti dire tu da quell’inferno se te lo consentissero: “peggio per voi!”.
    La tua Lezione mirabile è che anche al giorno d’oggi di un uomo si possono prendere tutto, anche il corpo, ma non la mente di chi ne ha conservata…una!
    (avvocato Davide Steccanella)

  • La vita di Cospito vale meno degli imbrattamenti

    La vita di Alfredo Cospito vale meno degli imbrattamenti sui muri del consolato italiano di Barcellona, meno di un’auto incendiata all’ambasciata di Berlino, meno di un ripetitore di telefonia sulle colline di Torino, meno del tentato incendio del citofono di un imprenditore umbro nella cui azienda erano morti quattro opera. Era inevitabile che accadesse questo.

    Politici al potere ma anche dell’opposizione si dicono indignati per le azioni violente. La procura di Roma che sembra non avere nulla di meglio da fare come al solito apre un’indagine con la solita competenza territoriale di fatto inventata ma utile per avere titoli sui siti dei giornaloni sempre pronti a ospitare manifestazioni di celodurismo allo stato puro.

    Alfredo Cospito peggiora di giorno in giorno, in sciopero della fame dal 20 ottobre, 42 chili fa. Sta morendo ma lo stato democratico e antifascista nato dal CLN ha già fatto capire se non proprio esplicitamente detto che è in grado di fottersene.. La repubblica penale fondata sul 41 bis è capacissima di reggere la notizia relativa al suo cadavere. Del resto hanno utilizzato il reato di strage politica contro la sicurezza dello Stato per due pacchi o meglio petardi senza morti e feriti mentre la stessa accusa non venne contestata neppure per gli attentati dove morirono Falcone e Borsellino due giudici da un lato celebrati come eroi e dall’altro presi in giro insieme ai loro familiari.

    Insomna non se ne esce. Un ex famosissimo ex magistrato bercia che lo stato non può farsi ricattare. Certo dopo aver usato e continuare a usare il 41bis per dire “o ti penti e collabori o ti arrendi oppure sei murato vivo”. È la democrazia del mondo libero. La vita che Alfredo Cospito sta mettendo a forte rischio pe tutelare i suoi diritti e quelli di altri 800 “ospiti” del carcere duro non vale niente. Zero.

    (frank cimini)

  • Deputati Pd vanno da Cospito, il problema è solo politico

    Mancano interventi concreti e incisivi che servirebbero a risolvere la situazione, ma la politica comincia a occuparsi direttamente del caso di Alfredo Cospito l’anarchico in sciopero della fame per protesta contro il 41 bis nel carcere di Sassari Bancali. Ieri una delegazione di parlamentari del Partito Democratico tra i quali l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando ha raggiunto la prigione sarda intrattenendosi sia con il recluso sia con i medici.
    Dice Walter Verini senatore del Pd: “Al momento non è apparentemente in grave pericolo, ma siccome ha rinunciato al cibo da molto tempo ci sono livelli del sangue che stanno diminuendo e che potrebbero creare in ogni momento scompensi a organi vitali. La situazione è sotto controllo ma non è certo rassicurante anche se come dice lui stesso non risultano pericoli imminenti”.
    Debora Serracchiani capogruppo alla Camera dei deputati sostiene fosse importante venite a verificare le condizioni di salute di questa persona ascoltare le sue ragioni come facciamo sempre visitando le prigioni. Serracchiani fa riferimento all’articolo 27 della Costituzione soprattutto nella parte in cui dice che l’esecuzione della pena non può essere contraria a principi di umanità e deve tendere alla rieducazione del condannato. “Pensiamo che l’articolo 27 vada applicato fino in fondo” conclude la deputata impegnandosi a prendere tutte le iniziative necessarie per migliorare la vita di chi vive o lavora in carcere.
    Silvio Lai deputato sardo spiega che Cospito “è sempre più fragile, non è in una situazione di salute stabile. C’è una cura medica attentissima, un quadro sotto controllo da parte dei medici del carcere e da quello di fiducia indicato dal suo avvocato. Lui rimarca le ragioni della protesta ritiene irragionevole che gli venga applicato questo regime ma serviva incontrarlo per rendersi conto delle condizioni in cui sta scontando la pena che è stata applicata è sottoposta alla Cassazione. Ora attendiamo quello che succederà”. Ieri Cospito è stato visitato anche dal medico di fiducia Arcangela Melia. Preoccupano soprattutto i valori del potassio che incidono direttamente sul cuore.
    L’aspetto importante della visita dei parlamentari è che potrebbe nonostante tutte le difficoltà aiutare a far comprendere che il problema è prettamente politico. Non solo per Cospito ma per i quasi 800 detenuti sottoposti all’articolo 41bis del regolamento penitenziario in maniera che spesso va oltre la ratio della norma. È diventato strumento per ottenere confessioni e chiamate di correo dai “mafiosi” e rese da parte dei “terroristi”.
    Intanto sono diventare 4103 le firme dei giuristi e degli intellettuali a sostegno di Cospito nell’appello lanciato da “Volere la luna”.
    Una manifestazione di protesta contro il 41bis c’è stata ieri davanti al tribunale dell’Aquila in occasione dell’udienza con imputati 31 attivisti che avevano protestato il 24 novembre 2017 “contro la tortura e l’accanimento vessatorio” nei confronti di Nadia Lioce condannata per gli omicidi D’Antona e Biagi. All’udienza di ieri si è arrivati per l’opposizione al decreto penale di condanna per le proteste di ormai sei anni fa.
    (frank cimini)
  • Cospito, botta e risposta tra corte d’assise e questore

    Nel giorno in cui escono le motivazioni con cui la corte d’assise di appello di Torino rivolgendosi alla Corte Costituzionale sostiene che l’ergastolo a Alfredo Cospito per un’azione che non ha fatto morti e feriti non si può dare il Questore di Torino in conferenza stampa dice  di non escludere il passaggio degli anarchici in clandestinita’.

    “È una realtà e un segmento che guardiamo con attenzione perché non escludiamo il passaggio dalla soluzione pubblica della manifestazione alla soluzione clandestina da parte di singoli soggetti”. Così il questore Vincenzo Ciarambino, nella conferenza stampa di inizio anno, interpellato sulle manifestazione anarchiche in solidarietà ad Alfredo Cospito, che si sono svolte anche a Torino, dove è in corso il processo d’Appello per gli attentati a Fossano. “C’è attenzione più che allarme – spiega il questore – perché la componente anarchica qua a Torino ha fatto registrare azioni imprevedibili, scarsamente prevedibili o di difficile prevedibilità. Come ad esempio l’attento alla scuola allievi carabinieri di Fossano di cui si è reso responsabile Cospito o gli attentati alla Crocetta con la classica tecnica del doppio scoppio per attirare e per poi far male. Anche nel recente passato sono stati inviati pacchi bomba da Genova mandate a figure istituzionali dell’amministrazione penitenziaria”. “Continua la nostra attenzione – aggiunge Ciarambino – gli anarchici adesso stanno manifestando in strada e stanno cercando di pubblicizzare quella che loro ritengono essere la sofferenza di Cospito, che è attualmente sottoposto al 41 bis” “Sono frange che non escludiamo possano passare dall’attività di manifestazione in strada all’attività clandestina con alcuni elementi cani sciolti che possano portare a termine attentati contro istituzioni che ritengono responsabili di questa vicenda. Facciamo attenzione a questi eventi e cerchiamo di intercettare ogni segnale e pericolo possibile”,

    La corte d’assise di appello invece trasmettendo gli atti del processo di Torino per i pacchi esplosivi di Fossano sostiene la tesi della lieve entità dei danni spiegando che il trattamento sanzionatorio sollecitato dal procurate generale il massimo della pena sarebbe incostituzionale. Insomma il questore mette le mani avanti cercando di influenzare sia la Consulla che dovrà decidere sulla concessione delle attenuanti evitando l’ergastolo sia la Cassazione chiamata a esaminare il ricorso dell’avvocato Flavio Rossi Albertini contro l’applicazione del carcere duro previsto dall’articolo 41 bis del regolamento penitenziario. Le parole del questore ipotizzando il passaggio in clandestinita’ degli anarchici che manifestano solidarietà a Cospito hanno un signicato chiaramevte intimidatorio che non viene colto ovviamente dai giornali e dai politici di tutti i partiti (frank cimini)

  • Vietata manifestazione per Cospito storia di democratura

    La Questura di Milano dice no alla manifestazione di solidarietà per Alfredo Cospito attaccandosi al mancato preavviso da parte dei movimenti anarchici che in un’assemblea avevano deciso di scendere in piazza. Da un punto di vista meramente formale il divieto ci sta ma si tratta di una pessima scelta politica dal momento che si rischia (eufemismo) di aumentare la tensione intorno al caso dell’anarvhico in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso.

    Giuseppe Petronzi il questore ha vietato la manifestazione annunciata per domani alle
    18 in piazza Duomo in solidarieta’ ad Alfredo Cospito,
    l’anarchico in carcere a Sassari in regime di 41 bis.
    La decisione della manifestazione era stata presa durante una
    assemblea di anarchici e antagonisti e l’invito a partecipare
    era arrivato da realta’ come il Galipettes occupato, i cui
    militanti erano saliti su una gru del cantiere del teatro alla
    Scala per srotolare striscioni contro il carcere duro lo scorso
    novembre.
    “La Questura di Milano – spiegano da via Fatebenefratelli –
    ha notificato il divieto di manifestare nei modi e tempi
    annunciati ieri in rete dall’area anarchica che, senza
    presentare preavviso alcuno al Questore, ha indetto una
    manifestazione per domani 29 dicembre alle ore 18 in piazza
    Duomo”. Contro la manifestazione si era espresso anche Riccardo
    De Corato, parlamentare di Fratelli d’Italia che aveva chiesto al Comune di intervenire per  lo sgombero dell’occupazione.

    Insomma c’è il comportamento di istituzioni ottuse che decidono per un divieto senza senso. Intanto Cospito sempre più determinato a digiunare domani riceverà per un’altra visita il medico di fiducia Angelica Melia nel carcere di Sassari Bancali. Nel paese dell’emergenza infinita il divieto di manifestare è un classico e dietro la scelta del Questore c’è solo veramente la politica insieme ai mezzi dì informazione, un quadro unito e compatto tipico delle democrature (frank cimini)

  • “Cospito non si è dissociato” per i giudici il 41bis è ok

    “A fronte di un profilo elevatissimo di pericolosità sociale non risulta alcun segno di ravvedimento o di dissociazione del detenuto il quale anzi dimostra di non aver effettuato alcun percorso di revisione critica”. Questo scrivono i giudici del Tribunale di Sorveglianxa di Roma per motivare il rigetto della richiesta dei legali di Alfredo Cospito di revocare l’applicazione del carcere duro prevista dall’articolo 41 bis del regolamento penitenziario.
    Lo status derivante dalla condizione di detenuto ordinario anche in alta sicurezza secondo i giudici non consentirebbe di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza la Federazione Anarchica Informale.
    A carico di Cospito c’è anche la “proposta di un nuovo manifesto anarchico”. Il linguaggio e i toni usati dai giudici farebbero pensare a un periodo di morti ammazzati per le strade tutti i giorni che non risulta essere assolutamente quello che stiamo vivendo.
    “Nonostante tutto Alfredo Cospito dimostra forza tenacia e determinazione” dice l’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini che ieri lo ha incontrato nel carcere di Sassari Bancali dove il detenuto è in sciopero della fame da oltre due mesi. “E continuerà a digiunare, è determinatissimo in questo” aggiunge l’avvocato che sta già preparando il ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale.
    Secondo Rossi Albertini le condizioni di salute del suo assistito sono già al limite, “ma – ripeto – Cospito non ha intenzione di recedere”. Insomma mette seriamente a rischio la propria vita per difendere i suoi diritti e quelli di altri detenuti sottoposti alla tortura del 41bis.
    (frank cimini)
  • Steccanella, stop su Facebook per commento su 41bis

    Per essermi limitato (come molti altri) a pubblicare qualche giorno fa il testo di una dichiarazione depositata da un imputato al 41 bis nel corso di un’udienza pubblica di un processo che lo riguardava, FB mi ha bloccato le attività di condivisioni e permangono limiti al mio account. Poichè, a torto o a ragione (opto più per la prima…) non sono un sovversivo clandestino che attenta alla democrazia, ma solo uno sfigato 60enne incensurato che lavora, paga le tasse, ha adempiuto al servizio di leva e persino regolarizzato in Comune la propria unione civile, ritengo inaccettabile che in un Paese che si autoproclama civile possa accadermi questo, e non è la prima volta (visto che qualche annetto fa mi sono anche sentito definire “il grande vecchio del terrorismo internazionale” dalla Digos, sic!!!). Ma in realtà la cosa mi stupisce fino a un certo punto, perchè contrariamente a quello che pensano le tante anime belle che sento quotidianamente sproloquiare sui paesi altrui, in Italia non viviamo affatto in una democrazia, al punto che la censura del 41 bis te la applicano anche senza sbatterti in galera.
    Avvocato Davide Steccanella

  • Continuano torture di Alfredo Cospito, ok dei giudici

    Alfredo Cospito continuerà a essere torturato nel carcere di Sassari Bancali. Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettando il reclamo contro l’applicazione dell’articolo 41bis del regolamento penitenziario presentato dall’avvocato Flavio Rossi Albertini e discusso nell’udienza del primo dicembre scorso. Cospito, considerato l’ideologo della Federazione Anarchica Informale, continua lo sciopero della fame contro il carcere duro iniziato oltre due mesi fa. Il commento del difensore: “Avranno un martire. Tra 100 anni i posteri si ricorderanno di Cospito e non dei suoi persecutori”
    La decisione era nell’aria, considerando il clima non certo quello meteorologico, creato intorno alla vicenda dalla politica e dai giornali che avevano chiamato in causa Cospito per l’attentato incendiario avvenuto in Grecia ai danni di Susanna Schlein, viceambasciatrice e sorella di Elly candidata alla segreteria del Pd. Cospito aveva implicitamente replicato di non essere a capo di tutte le cose anarchiche che accadono nel mondo.
    Era Cospito nell’aula della Corte d’Assise di Appello di Torino chiamata decidere sulla richiesta di ergastolo formulata dalla procura generale in relazione ai pacchi esplosivi di Fossano contro ì carabinieri. Azione che non provocava morti e nemmeno feriti. Tanto che i giudici decidevano di mandare gli atti alla Corte Costituzionale che nei prossimi mesi ma non certo a breve dovrà decidere sulla concessione o meno delle attenuanti per la lieve entità dei danni provocati.
    Era apparso un piccolo passo in avanti in relazione e alla posizione di Cospito che sta già scontando la condanna per il ferimento del manager dell’Ansaldo Roberto Adinolfi. Ma il Tribunale di Sorveglianza di Roma, unica autorità giudiziaria alla quale spetta di decidere sul 41bis, non ha evidentemente inteso sentire ragioni. Per altri quattro anni, a meno che la decisione non venga modificata in sede di ricorso, Cospito starà con la posta bloccata sia in entrata sia in uscita e con solo due ore di aria al giorno in un cubicolo da dove non si vedono il sole o le nuvole e con socialità praticamente inesistente.
    “A questo punto qualsiasi conseguenza in questa vicenda è addebitare esclusivamente allo Stato” rilanciano i siti anarchici. Il difensore Flavio Rossi Albertini prepara il ricorso che a questo punto non sembra avere molte speranze di essere accolto. Cospito ha deciso di mettere a rischio la vita per affermare i suoi diritti di detenuto, la possibilità di scrivere dalla cella articoli e Interventi da pubblicare sulle riviste dell’area anarchica.
    (frank cimini)
  • Qatargate Indagini fatte da servizi segreti euroemergenza

    Diciamo, tanto per usare un eufemismo, che non sembra molto tranquillizzante la circostanza emersa nelle ultime ore da Bruxelles relativa a indagini fatte dai servizi segreti. Nei paesi dove le indagini le fanno i ”servizi”, lo dimostra la storia, parlare di democrazia è difficile se non impossibile.
    La lotta alla corruzione spetta in primo luogo alla politica. La magistratura indaga per portare i presunti responsabili davanti ai Tribunali dove si fanno i processi nel rispetto delle regole per stabilire chi ha violato la legge e chi invece no. Ma le indagini fatte dai servizi sono inquinate perché è praticamente impossibile controllare se eseguite con mezzi leciti o illeciti.

    Ricordiamo tutti quello che è accaduto in Italia con la farsa di Mani pulite, la finta rivoluzione dove comunque non risulta formalmente che vi furono accertamenti e raccolta di indizi da parte delle “barbe finte”.

    Poi c’è da dire  che questo signor Claise figura a metà trada tra un pm poliziotto e un giudice istruttore appare fin troppo muscolare. Gli piace presentarsi cone uno che ce  l’ha duro. Poi danno il loro devastante contributo i media che lo paragonano a Di Pietro incensando sia la toga belga che l’uomo simbolo di Mani pulite il quale utilizzò il codice come carta igienica.

    Insomma possiamo parlare di una sorta di euroemergenza. Cioè il paese dove l’emergenza è infinita da circa mezzo secolo tra “anni di piombo”, mafia e corruzione farebbe da modello nell’intero continente.
    (frank cimini)

     

  • Anna Beniamino forse sospende lo sciopero della fame

    Anna Beniamino sta per sospendere lo sciopero della fame nel carcere di Rebibbia a causa delle sue condizioni di salute peggiorate negli ultimi giorni. Il suo avvo sto difensore Caterina Calia l’ha consiglista in quella direzione.

    ”Effettivamente Anna ha la pressione molto bassa – racconta l’avvocato – – la massima non supera mai gli 80 e da almeno una settimana la direzione spinge per un ricovero che lei ha sempre rifiutato. Domani lei dovrebbe chiamarmi intorno all’una e mezza e comunicarmi la sua decisione sulla prosecuzione dello sciopero. Io spero domani si fermi. A lei finora non è stata paventata esplicitamente l’alimentazione forzata    ma un ricovero per monitoraggio, tuttavia è chiaro che in ospedale interverrebbero almeno con la flebo per stabilizzare la pressione. Io mi auguro comunque che lei domani mi comunichi che smette, sia perché sarebbe bruttissimo smettere se per Alfredo ci sarà un rigetto sia perché se lei sta male quella diventerebbe la notizia mentre l’attenzione deve rimanere su Alfredo”.

    Per Anna Beniamino la procura generale di Torino aveva chiesto la condanna a 27 anni di reclusione e l’ergastolo per Alfredo Cospito in relazione ai pacchi esplosi dell’attentato di Fossano. I due imputati sono in attesa della decisione della Corte Costituzionale in merito alla concessione delle attenuanti relative alla lieve entita’ dei danni (niente morti e feriti).

    Cospito come ricordava l’avvocato attende la decisione sul reclamo contro l’applicazione del carcere duro previsto dall’articolo 41 bis dopo la discussione in udienza del primo dicembre scorso. Non ci sono molte speranze a questo punto che il reclamo venga accolto. Le manifestazioni esterne di solidarietà rischiano di alimentare la tesi della pericolosità sociale e essere controproducenti come già accaduto in passato per altri detenuti politic.

    L’avvocato Calia porta l’esempio di un altro suo assistito l’ex Br Marco Mezzasalma. “A me hanno rigettato qualche giorno fa il reclamo di Marco Mezzasalma perché ci sarebbero contatti con gli anarco-insurrezionalisti dimostrati dalle manifestazioni contro il 41 bis, figuriamoci per Alfredo. Magari appena preparo il ricorso potremmo sollevare la questione del 41 bis riguardo a Marco..perché è una situazione davvero allucinante”.

    (frank cimini)

  • Cospito al medico di fiducia: continuo sciopero della fame

    Alfredo Cospito continua lo sciopero della fame iniziato oltre cinquanta giorni fa. Ha detto di essere intenzionato a proseguire con sempre maggiore determinazione alla dottoressa Melia che lo ha visitato nella tarda mattinata di oggi nel carcere di Sassari Bancali.

    Secondo il medico Cospito “sta reggendo abbastanza bene nonostante veleggi verso i due mesi di digiuno. Prende solo qualche cucchiaino di zucchero al fine di tenere sotto controllo la glicemia ed è molto pallido anche perché non usufruisce di ore d’aria”.

    Cospito, dopo la decisione dei giudici di Torino di inviare gli atti del processo per i pacchi esplosivi di Fossano alla Corte Costituzionale in merito alla concessione dell’attenuante relativa alla lieve entità del danno,  è in attesa della scelta del Tribunale di Sorveglianza di Roma sul reclamo contro il 41 bis, l’applicazione del carcere duro con blocco della corrispondenza sia in entrata sia in uscita, socialita’ pressoché azzerata.
    I giudici si erano riservati la decisione lo scorso primo dicembre. “Anche oggi come tutti i giorni dall’udienza mi sono recato in sorveglianza per chiedere se vi fossero novità – racconta l’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini – mi è stato risposto che il sabato è permesso l’accesso solo per atti urgenti e che non essendo tale la vicenda, da più di 50 giorni 8n sciopero della fame, non potevo neppure entrare in Tribunale. Ho spiegato che ci sarebbe stata visita medica e che avrei potuto eventualmente comunicare l’esito ma neppure questo argomento ha modificato l’atteggiamento del cancelliere di turno”.

    (frank cimini)

  • Nordio: solo annotazione non trascritte coccole e miao

    “Va immediatamente posto in risalto che la conversazione menzionata nell’atto di sindacato ispettivo oggetto di captazione elettronica in data 7 agosto 2020 è riportata nella brogliaccio come ‘D.L. Parla col gatto’ non risulta essere stata trascritta ne’ tantomeno citata dalla procura di Torino tra gli  atti di indagine perché considerata irrilevante”. Questo afferma il ministro della Giustizia Carlo Nordio rispondendo all’interrogaazione del deputato Roberto Giachetti dopo la pubblicazione dell’articolo su Il Riformista su questo povero blog e sulla ripresa di Dagospia in merito all’intercettazione nella camera da letto di Dana Lauriola portavoce del movimento NoTav intenta a coccolare il gatto Tigro, 17 anni portati benissimo dopo tutto quello che era stato costretto a passare compresa la carcerazione della padrona condannata a 2 anni di carcere senza sospensione condizionale della pena per aver parlato con un megafono durante una manifestazione in autostrada.

    Dana Lauriola è indagata per associazione per delinquere nell’inchiesta sul centro sociale Askatasuna, un procedimento penale dove è autorizzato l’uso di “siffatto mezzo di ricerca della prova” precisa il ministro che definisce “corretta la condotta di menzione e generica sintesi nel brogliaccio ad opera della polizia giudiziaria. La sintetica indicazione non contiene di certo espressioni lesive della reputazione dell’indagata, riportando in sostanza ciò che si è verificato o riferisce dati personali definiti sensibili dalla legge”.

    Secondo Nordio “non appare censurabile la condotta della procura di Torino neanche sotto il profilo dell’omessa vigilanza dell’attività della polizia giudiziaria. Appare evidente allo stato l’assenza di ogni anomalia e irregolarità nell’operato della procura”. Sono queste le parole del ministro all’esito del lavoro degli ispettori.

    Insomma non sono state trascritte le coccole di Dana e i miao del micio. Non si capisce comunque l’utilità dell’annotazione tecnica per le indagini e nemmeno la sua citazione tra gli atti dell’inchiesta che comunque c’è stata perchè pin caso contrario non ne avremmo saputo niente.

    ”La vicenda non fa più nemmeno sorridere” è il commento di Dana Lauriola che comunque nei giorni scorsi era intervenuta sui social rivolgendosi a Nordio: ”Caro ministro io ho avuto tre cimici in casa cucina camera da letto e salotto tutto i telefoni controllati e le mail per anni. Hanno reso pubbliche le mie conversazioni con Tigro, quelle con g,i avvocati, il tutto per una battaglil politica contro il movimento NoTav e le realtà antagoniste. 3 anni di intercettazioni per avere nessuna prova e sole supercazzole che in sede di processo per associazione per delinquere diventano oggetto di prova di chissà quali funeste intenzioni. Nessun reato a me ascritto, ma sono accusata di sognare la rivoluzione dei popoli e essere una militante NoTav”.

    (frank cimini)

  • 1969-2021 50 canti collettivi, storie di ingiustizia e altro

    “Se per qualcuno il destino dell’umanità è dimenticare per noi ricordare è indiscutibile necessità“. Questo il programma prettamente politico dell’opera firmata da Filippo Kalomenidis e dal CollettIvo Eutopia raccontando le 50 storie di donne e uomini in rivolta “condannati a morte e alla morte oltre la morte”.

    50 storie che formano la storia di chi ha perso in un tempo in cui i vincitori rivendicano il diritto di essere loro soli a raccontare. È la favola della storia condivisa con cui ci ammorbano da sempre. In poco più di 200 pagine gli autori contrastano chi ha vinto spiegando che comunque un’altra verità esiste anche per ipotizzare un futuro diverso una speranza di pace e uguaglianza.

    ”Canti da dire ogni volta che ci sorprendiamo incapaci di pensare l’impensabile da tramandare per riconnettere il passato e futuro reinnestando la benjaminiana promessa di redenzione” scrive nella prefazione Silvia De Bernardinis, ricercatrice specializzata negli anni ‘70, quelli con cui il cosiddetto sistema paese rifiuta di fare i conti.

    Il primo dei 50, lo indichiamo anche perché siamo nei giorni dell’ennesimo anniversario senza verità e senza giustizia, è Giuseppe Pinelli scaraventato da una finestra dell’ufficio politico della questura di Milano dove si trovava in stato di fermo illegale da oltre 48 ore. Parleranno gli uomini delle istituzioni di suicidio morte accidentale malore attivo. Per il giudice Gerardo D’Ambrosio “appare verosimile l’ipotesi di precipitazione per improvvisa alterazione del centro di equilibrio”. Pinelli alto un metro e 67, la finestra è posta a 97 centimetri da terra. Dati che rendono fantasiosa l’ipotesi. Pinelli ha subito la sevizia della deprivazione del sono e del cibo e con ogni probabilità i poliziotti stavano praticando su di lii la tortura della sospensione dall’alto. Volevano fargli confessare un eccidio non commesso. La moglie Licia e le figlie Silvia e Claudia non hanno mai ricevuto risposte sull’assassinio di Giuseppe.

    Elena Pacinelli, 19 anni, uccisa nel 1977 da un gruppo di fascisti che sparava all’impazzata contro giovani fermi a chiacchierare davanti alla Casa Rossa di Monte Mario. Per Elena non ci sono targhe, murales, una giornata che ricordi questa ragazza caduta nella guerra dello Stato e della manovalanza nera contro la generazione in rivolta del ‘77.

    Maria Silvia Spolato è stata la prima italiana a dichiararsi lesbica. Muore nel 2018 in una casa di riposo a Bolzano a 83 anni dopo aver vagabondato per l’Italia con un carrello della spesa sempre alla ricerca di libri e giornali.

    Anna Maria Mantini mi,istante dei NAP uccisa a 22 anni da un protettile esploso in pieno volto a 50 centimetri di distanza. i tribunali avallano la tesi del colpo esploso accidentalmente. Nessun colpevole nessuna condann.

    Said Zigoni, 45 anni, si uccide buttandosi da una finestra dell’ospedale di Messina il 12 gennaio del 2005. Migrante “irregolare” secondo la legge Turco Napolitano. Dal 1998 a oggi si contano decine di deportati senza volto uccisi dai lager ora denominati Cper.

    ”Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti”. Così scriveva Maria Baratto, un tempo in servizio alla Fiat a Pomigliano D’Arco. Il 21 maggio del 2012 a 47 anni si uccide in casa ad Acerra compendosi ripetutamente all’addome con un coltello. Dopo aver attraversato gli ultimi 6 anni tra una miserevole Cig e lo stabilimento punitivo di Nola.

    C’e’ il canto dedicato a Giorgiana Masi. ”Sono morta a 18 anni perché il PCI chiese ‘fermezza, ordine, sicurezza… Sono morta a 18 anni ma sono viva, la festa deve ancora cominciare“. Colpita a morte da uno dei tanti proiettili sparati dai poliziotti in borghese.

    Fabrizio Caruso muore colpito da un proiettile della polizia mentre difendeva le case occupate a San Basilio. “Soltanto 19 anni/ per loro non eri nessuno/ soltanto 19 anni e per loro non eri che uno come tanti, un cameriere, un garzone d’officina, un operaio, un disoccupato un emigrante” recita il testo di una canzone anonima a lui dedicata.

    Nella postfazione Barbara Balzerani ricorda Aldo Bianzino fermato perché i poliziotti trovarono nell’orto qualche pianta di marijuana. Finisce in carcere con la moglie che poi viene liberata e chiede del marito. Le viene risposto che potrà vederlo dopo l’autopsia. L’esame che dirà di lividi e lesioni interne resta solo un insignificante dettaglio. Un anno dopo morirà di cancro Roberta. Rudra oggi è un giovane uomo che ancora reclama di sapere come e perché sia morto suo padre.

    (frank cimini)

    Per tutte, per ciascuna, per tutti, per ciascuno

    Canti contro la guerra dellItalia agli ultimi

    Edizioni D.E.A. 209 pagine 20 euro