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  • Matteo Renzi vuole mettere le mani sulla Procura di Milano?

    Matteo Renzi vuole mettere le mani sulla Procura di Milano?

    Scorrendo la rosa ufficializzzata oggi dei 10 candidati (qui la lista) alla successione di Edmondo Bruti Liberati, brilla tra i nomi favoriti per i bookmakers quello di Giovanni Melillo, capo di gabinetto del Ministro Andrea Orlando. “Se dovesse arrivare lui, significherebbe il commissariamento della Procura”, teorizza un pubblico ministero, e non è il solo al quarto piano del Palazzo di Giustizia a dirsi spaventato da questa eventualità.

    All’apparenza Melillo potrebbe essere il ‘procuratore straniero’ mai visto a Milano (dove da sempre vince la soluzione interna), il gran pacificatore che viene da fuori per redimere gli spiriti bollenti di una Procura distrutta dallo scontro fratricida Bruti – Robledo. In realtà Melillo in quella stagione disgraziata ci è entrato quando, a luglio 2015, il Ministro della Giustizia promosse un’azione disciplinare contro Alfredo Robledo al quale veniva contestato di aver pagato 1 milione a tre custodi per far conservare  non sul Fondo Unico della Giustizia (FUG) ma sulla banca Bcc di Carate Brianza i 90 milioni sequestrati a 3 banche estere per truffa sui derivati al Comune di Milano. Colpì il fatto che l’esercizio del potere disciplinare sul magistrato venne esercitato dopo che alla fine del 2014 la Procura Generale della Cassazione aveva già archiviato gli stessi addebiti disciplinari a carico di Robledo.

    In ogni caso, un uomo del Governo proprio ‘terzo’ è difficile immaginarlo.  Se Giovanni Melillo ha proposto la sua candidatura al Csm deve averlo fatto col consenso del Guardasigilli, al quale sembra piacere molto l’idea di porre un suo fedelissimo in cima a una Procura per tradizione riottosa alla politica (fatta salva l’ultima parte dell’epoca Bruti).

    Lui o il procuratore di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, altro nome ‘benedetto’ dai bookmakers,  potrebbero zittire le ambizioni del trio milanese di pretendenti: Alberto Nobili, Francesco Greco e Ilda Boccassini. Tra loro, il più in corsa appare Greco, il quale, nonostante sia stato consulente del governo Renzi e abbia una notevole capacità relazionale a tutti i livelli, potrebbe non essere considerato abbastanza prono ai desideri della politica. A Nobili spetta il primato di più amato dai colleghi pm milanesi: magistrato capace e  uomo saggio, viene indicato da molti come l’uomo ideale per ricompattare la Procura. Gli manca l’appeal politico, e non pare poco in un mare, come quello del Csm, attraversato da implacabili correnti.  (manuela d’alessandro)

  • Consigliere laico a Csm: aprire pratica su “moratoria Expo”

    Pierantonio Zanettin, consigliere laico del Csm, ha depositato in data 11 novembre la richiesta all’organo di autogoverno dei magistrati di aprire una pratica sulla presunta moratoria delle indagini su Expo a evento in corso di cui per primi avevamo scritto ad aprile (la-moratoria-sulle-indagini-della-procura-di-milano-per-expo-e-non-solo).

    “Alcuni articoli di stampa hanno ipotizzato un accordo tra procura della Repubblica di Milano e Governo per una non meglio precisata sospensione dell’attività requirente durante l’intero periodo dello svolgimento di Expo nei confronti di manager o comunque di altri soggetti responsabili dell’organizzazione e della gestione dell’esposizione” scrive Zanettin nella richiesta aggiungendo che la notizia se confermata richiederebbe valutazioni da parte della settima commissione del Csm. Il consigliere fa esplicito riferimento all’istituzione della cosiddetta area omogenea nell’ambito del progetto organizzativo della procura in relazione a Expo 2015.

    Ci potrebbe essere stata, secondo Zanettin, la violazione delle regole organizzative dello stesso ufficio inquirente “peraltro di diretta attuazione del precetto costituzionale di cui all’articolo 112 della Carta”. Il riferimento è al principio dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale.

    Zanettin sollecita l’apertura della pratica per le valutazioni della settima commissione del Csm.

    Il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati, in occasione della presentazione del bilancio sociale 2015, due giorni fa aveva escluso qualsiasi moratoria o sospensione delle indagini rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano le ragioni del ringraziamento del premier Renzi “per la sensibilità istituzionale” della procura in occasione di Expo.

    Non resta adesso che attendere l’apertura o meno della pratica da parte della commissione competente, anche se va ricordato che il Csm fin qui ha agito quantomeno con lentezza rispetto a presunte responsabilità del capo della procura le cui iniziative erano state censurate dal consiglio giudiziario mentre i pm di Brescia avevano addebitato a Bruti valutazioni politiche nell’assolverlo dall’accusa di abuso d’ufficio.

    Il procedimento disciplinare a carico di Bruti era stato annunciato solo quattro giorni dopo la formalizzazione della decisione da parte del procuratore capo di andare in pensione il prossimo 16 novembre. Quindi il procedimento disciplinare non ci sarà mentre il consiglio giudiziario aveva deciso il non luogo a provvedere sulla conferma nell’incarico di Bruti proprio perché in procinto di andare in pensione (frank cimini)

  • “41bis=tortura”, striscione e presidio davanti al tribunale

    Lo striscione è bianco e in blu c’è scritto: “41bis=tortura”. Siamo davanti al palazzo di giustizia per un presidio con volantinaggio organizzato da OLGa (E’ ora di liberarsi dalle galere) associazione che cura il blog paginecontrolatortura.noblogs.org.

    Si parla di isolamento per 23 ore al giorno, esclusione a priori dall’accesso ai “Benefici”, l’utilizzo dei Gom, gruppi di agenti di polizia penitenziaria specializzati in pestaggi nelle celle tipo Genova 2001, di processo in videoconferenza, come quello per “Mafia capitale” che a Roma ha visto le proteste degli avvocati.

    L’articolo 41bis del regolamento carcerario ha sostituito quello che ai tempi della repressione dlela sovversione interna, i cosiddetti anni di piombo, era l’articolo 90. “L’esigenza di evitare il perdurare dei legami con l’associazione è secondario rispetto al fine ultimo di estorcere informazioni che portino a nuove accuse, a nuove incarcerazioni – si legge nel volantino. Più di 20 anni di 41bis non hanno di certo arginato la cosiddetta criminalità organizzata che dilaga insieme alla corruzione degli apparati istituzionali. La ‘lotta alla mafia’ al pari di quella al ‘terrorismo’ risultano essere soltanto strumenti per generalizzare forme di controllo, coercizione e deterrenza necessari a governare una fase storica”.

    OLGa ricorda che chi è sottoposto al 41bis non può ricevere libri che possono essere acquistati solo dietro autorizzazione del Dap. E la Cassazione ha rigettato poco più di un anno fa tutti i ricorsi rendendo definitiva la restrizione.

    Al presidio partecipa anche il Soccorso Rosso Internazionale: “Contro il 41bis! Solidarietà ai rivoluzionari prigionieri!”. (frank cimini)

     

  • Expo, moratoria infinita solo su appalti. In cella i black bloc

    La moratoria era ed è infinita solo sugli appalti. E’ finita invece quella sulla manifestazione NoExpo del primo maggio. Stamattina è scatta la “retata” più annunciata della storia, perché pur di evitare lesioni di qualsiasi tipo all’immagine dell’esposizione gli inquirenti hanno aspettato che passasse il 31 ottobre per arrestare una decina di antagonisti (metà greci, l’altra italiani)  dopo aver trascorso sei mesi e mezzo a visionare i filmati degli scontri.

    Il capo di imputazione parla di devastazione e saccheggio, reati per i quali si rischiano pene comunque pesantissime, e la procura ha evitato voli pindarici con reati associativi e attacchi alla sicurezza dello stato con tesi giuridiche difficili da dimostrare.

    Si potrebbe obiettare che a sei mesi e più dai fatti l’attualità delle esigenze cautelari sarebbe quasi a zero, considerando che in tale lasso di tempo a livello di ordine pubblico è accaduto nulla, anche perchè, va detto chiaramente, un vero movimento noexpo mai è esistito.

    Il problema su Expo sta nei due pesi due misure tra appalti e incidenti di piazza. Sui lavori, compresi quelli dei fondi per la giustizia, affidati a trattativa privata anzichè con gare pubbliche nè i magistrati nè altre autorità di controllo hanno svolto accertamenti. Tutto si è fermato già alcuni mesi prima dell’inaugurazione dell’esposizione con gli arresti di personaggi già rottamati con Mani pulite e di manager reclutati da Peppino Sala, ormai candidato sindaco del centrosinistra e della procura di Milano.

    La legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta. Anche a Milano non c’è nulla di nuovo sotto il sole, nonostante le smentite del procuratore Bruti Liberati sull’esistenza della moratoria. A non lasciare dubbi sono i grazie di Renzi per la sensibilità istituzionale della procura, due volte, ad agosto e a novembre. Iniziative insolite. Evidentemente dettate da un sospiro di sollievo: l’abbiamo scampata bella (frank cimini)

  • Un logo per Bruti, Expo sponsor della procura o viceversa?

    C’è il coloratissimo logo ufficiale di Expo sulla pagina 8 della relazione sul bilancio della responsabilità sociale preparata da Edmondo Bruti Liberati. Siamo nell’aula magna del palazzo di giustizia per l’ultimo atto della carriera in toga del procuratore capo che dal 16 novembre andrà in pensione. In pratica è una sorta di “messa cantata” e a officiare il rito ci sono il ministro Andrea Orlando, il rettore del politecnico Giovanni Azzone, il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente dell’ordine degli avvocati Remo Danovi.

    “Sensibilità istitituzionale è rapidità delle indagini per consentire ad altre articolazioni della società di intervenire per assicurare la prosecuzione delle opere in condizioni di ripristinata legalità”. Con queste parole Bruti risponde ai giornalisti che gli chiedono a cosa si riferisse Renzi il quale prima in agosto e poi ieri aveva “ringraziato” la procura di Milano per la sensibilità istituzionale dimostrata in relazione a Expo.

    “Sensibilità istituzionale significa che la procura ha rispettato la legge” è invece l’ineffabile spiegazione del guardasigilli. Come dire che un panettiere ha fatto il pane. Quelle parole del presidente del consiglio, dette nel bel mezzo dell’evento e poi ribadite a distanza di 3 mesi  dopo la chiusura formale dell’esposizione, rappresentano una pietra miliare di una vicenda di cui si parlerà ancora a lungo.

    Quel logo sulla relazione del procuratore può essere un incrocio tra un lapsus freudiano e un bollino di garanzia sul fatto che tra le ragioni del “successo” di Expo 2015 c’è stata la moratoria sulle indagini al fine di non disturbatore il manovratore (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Assolto Mannino, requiem per la trattativa stato – mafia

    C’è un giudice a Palermo provincia di Berlino? Sembra proprio di sì. L’ex ministro Calogero Mannino è stato assolto al termine di un processo con rito abbreviato dall’accusa di minaccia a organismo politico amministrativo o giudiziario dello stato, il reato con il quale il dottor Antonio Ingroia, “il Tonino del terzo millennio” aveva inteso fotografare la presunta trattativa Stato-mafia. La vicenda è al centro di un altro processo con rito ordinario che dura da oltre due anni con diversi imputati (Riina, Dell’Utri, Mori, Obinnu) costato fin qui un sacco di soldi e che sembra destinato a fare la stessa fine del rito abbrevviato con Mannino. Ma intanto l’iter prosegue. (altro…)

  • Bruti: “non coordino più indagini Expo”. Indagini?

    Il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati con una circolare inviata ai suoi pm e al Csm comunica di aver soppresso la cosiddetta ‘Area omogenea Expo’ e di non essere più il coordinatore degli accertamenti connessi all’esposizione incarico che si era autoassegnato nel pieno dello scontro con l’allora aggiunto Alfredo Robledo. Bruti scrive anche di “obiettivi raggiunti”, ricordando che i filoni più rilevanti si sono conclusi con rito immediato e patteggiamenti. D’ora in poi qualsiasi pm dice il capo della procura, che tra due settimane andrà in pensione, coordinerà il pezzo di inchiesta coassegnato.

    Insomma con la chiusura formale di Expo Bruti Liberati tira le sue conclusioni. Bilancio molto positivo, a sentire il procuratore. Ma bisogna capire bene di che cosa si sta parlando. Molti mesi prima dell’inaugurazione formale dell’esposizione in realtà gli accertamenti si erano fermati “per non disturbare il manovratore”. Bocce tirate insieme alla convalida dei patteggiamenti di Primo Greganti e Gianstefano Frigerio, personaggi già rottamati vent’anni fa. In agosto Bruti si era preso pure un bel grazie dal capo del governo Matteo Renzi “per la sensibilità istituzionale”. Renzi indicava il comportamento di Bruti tra le ragioni del “successo” di Expo.

    In verità la procura ha scelto di fare parte del cosiddetto “sistema paese” che a Parigi aveva fatto blocco per sgominare le terribili armate di Smirne. La scelta è sta quella di non approfondire, come dicono a Napoli “di non sfottere la mazzarella a San Giuseppe”. Una vera e propria moratoria sulle indagini, con tanti saluti a quell’obbligatorietà dell’azione penale che l’Anm è pronta a sbandierare in ogni convegno e comunicato stampa.

    Da coordinare non c’è un bel niente e la circolare mandata in giro oggi dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che l’istituzione dell’area omogenea con Bruti coordinatore unico era solo un passaggio strumentale nella guerra interna alla procura. Adesso che Expo ha chiuso i battenti e che Robledo nel frattempo è a Torino a fare il giudice, si ritorna alla “normalità”.

    Il succo è che la magistratura spesso fa valutazioni politiche, iniziativa che non competerebbe a meri vincitori di concorso i quali in pratica non rispondono a nessuno perché chi dovrebbe controllare fa finta di nulla. A Bruti le valutazioni politiche furono rimproverate dai pm di Brescia nell’assolverlo dal reato di abuso d’ufficio, ma sono parole rimaste senza conseguenza. Del resto va ricordato poi che nella vicenda recitò un ruolo importante l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano precisando che i poteri dei capi degli uffici sono praticamente senza limiti. E Napolitano era pure il capo del Csm. Non risulta che il suo successore abbia cercato di capirci qualcosa.

    Il risultato è che il direttore generale di Expo, Peppino Sala, ha buone probabilità di fare il sindaco, come candidato del centrosinistra non osteggiato dal centrodestra considerando che fu a Palazzo Marino con Letizia Moratti. Insomma è il candidato del partito della nazione… e della procura di Milano. Politici e magistrati quando si mettono d’accordo riescono a fare più danni di quando litigano (frank cimini e manuela d’alessandro)

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  • Dossier illeciti Telecom, dopo 3 anni non ancora fissato l’appello

    Dal 13 febbraio del 2013, data della sentenza di primo grado, sono passati quasi 3 anni e il processo d’appello non è stato ancora fissato. Ci furono 7 condanne (tra cui 7 anni e mezzo all’ex appartenente al Sisde Marco Bernardini e 5 anni e mezzo all’investigatore privato Emanuele Cipriani). La vicenda è quella di una struttura interna a Telecom che confezionava dossier illegali su diversi personaggi. A capo c’era Giuliano Tavaroli, responsabile della security dell’azienda. Una storia di cui giornali e tg parlarono a lungo e che sembrò molto più grossa di quella che si è rivelata con il passare del tempo. Il patteggiamento di Giuliano Tavaroli, l’indagato più importante, scatenò aspre polemiche.

    Una parte dei fatti furono dichiarati prescritti dalla corte d’assise. Del processo d’appello si sono perse le tracce, non si sa quando sarà celebrato. Troppo spesso magistrati, Anm e i media che fanno da megafono all’accusa addebitano agli avvocati difensori la responsabilità dei tanti processi che finiscono in prescrizione. Almeno in questo caso specifico nessuno lamenta l’omissione della corte d’appello di Milano che non molto tempo fa aveva vantato di aver smaltito gran parte dell’arretrato beneficiando di titoli di giornale della solita stampa amica. Adesso tutti sembrano fare finta di niente, a cominciare da chi dovrebbe controllare l’operato dei giudici. C’è un ministro che ha poteri ispettivi e sta zitto, c’è un Csm che dorme quando gli conviene.  (frank cimini)

  • La disperazione di Touil verso l’espulsione: “è perso, non riconosce la madre”

    Abdelmajiid Touil, ristretto nel Cie di Torino dopo il no all’estradizione della corte d’appello di Milano, non riconosce la voce della mamma al telefono, né l’avvocato Silvia Fiorentino e ha lo sguardo perso nel vuoto. Lo denunciano in una nota i suoi avvocati secondo cui il giovane “mostra di non comprendere la situazione in cui si trova”.

    Touil in pratica ha fatto 5 mesi di carcere gratis, prima di uscirne sia per il no all’estradizione sia per la decisione della procura di Milano di chiedere l’archiviazione in relazione alla strage del museo del Bardo a Tunisi alla quale è risultato del tutto estraneo in verità sin dal primo momento. La Tunisia indizi veri sul conto del giovane non li ha mai prodotti, ma questo non ha impedito il protrarsi della carcerazione in regime di alta sorveglianza a Opera.

    Touil non riesce a esprimersi nemmeno in arabo nonostante la presenza di due interpreti, affermano Silvia Fiorentino e l’altro legale Guido Savio che ricordano la presenza all’incontro con il loro assistite del garante dei detenuti in Piemonte Bruno Mellano e dell’assessore regionale all’immigrazione Monica Cerutti.

    Per Touil è stato avviato l’iter per l’espulsione verso il paese di origine, domani si svolgerà l’idienza per la convalida davanti al giudice di pace di Torino. Il Marocco potrebbe estradarlo in Tunisia, dove è prevista la pena di morte. Sarebbe così vanificata la decisione della corte d’appello. Sono in gioco diritti formali e sostanziali, a cominciare dal diritto alla vita. Touil ha in Italia familiari con il permesso di soggiorno e stava seguendo un corso per imparare la lingua, il 20 maggio al momento dell’arresto. Le autorità italiane rischiano un provvedimento di censura a livello internazionale, come era già accaduto nel caso Shalabayeva, dove c’erano state aspre polemiche per il comportamento del ministro Alfano lo stesso che si appresta a espellere Touil e che al momento dell’arresto del marocchino aveva presieduto una pomposa quanto inutile conferenza stampa in cui presentava come prove regine i deliri degli inquirenti tunisini. L’unico rimedio a questo punto sarebbero le scuse e un permesso di soggiorno. Il minimo nell’ex culla del diritto (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Cantone: “Milano capitale morale”. E un grazie alla moratoria no?

    Il ritorno di Milano a “capitale morale”. Lo certifica Raffaele Cantone, il numero uno dell’autorithy anticorruzione in una delle tante esternazioni che caratterizzano il suo attuale incarico e che con ogni probabilità si riveleranno utili per il prossimo, quando l’ex pm anticamorra deciderà cosa fare da grande.

    Invece, “Roma non ha gli anticorpi” in vista del Giubileo, aggiunge Cantone. E gli anticorpi di Milano? Ne vogliamo parlare? Era stato meno vago Matteo Renzi ad agosto scorso quando nel decantare il successo di Expo aveva detto un bel grazie a Bruti Liberati “per la sensibilità istituzionale”. Era riferito chiaramente alla moratoria sulle indagini decisa dalla procura ben prima che Expo venisse ufficialmente inaugurata.

    Insomma, un bel regalo per non rovinare l’evento che il sistema paese aveva conquistato sbaragliando in quel di Parigi la terribile armata di Smirne. Con il 70 per cento dei lavori di Expo affidati con trattativa privata “perché siamo in grave ritardo”, senza gare pubbliche, il gioco di sponda degli inquirenti era indispensabile.

    Del resto per gli stessi fondi Expo destinati alla giustizia i vertici del Tribunale non avevano fatto ricorso a gare pubbliche. Inutile a questo punto chiedersi chi controlla i controllori. Per molto meno si fanno indagini sui comuni mortali che spesso “per scambi di potere”, senza nemmeno un passaggio di quattrini, finiscono in carcere, perché i signori che vigilano sulla legalità (ma solo su quella degli altri) sono inflessibili. Come si suol dire “non guardano in faccia a nessuno”. (altro…)

  • Le nozze gay annullate dal giudice che tifa “sentinelle in piedi” su twitter

     

    Il giudice estensore della sentenza del consiglio di stato che ha annullato la trascrizione delle nozze gay a Roma, dopo essere state celebrate all’estero, si chiama Carlo Deodato e su twitter aveva rilanciato articoli a favore delle iniziative di “sentinelle in piedi”.

    “La nuova resistenza si chiama difesa della famiglia” è il titolo dell’articolo ritwittato. Poi aveva rilanciato un tweet: “Questa è sì la volta buona per mandare a casa Renzi e per altro governo che non sfasci il paese con riforme dannose”. Il tweet era stato indirizzato a Enrico Letta, l’ex premier, da “Cristina judex”.

    Con tale attività di propaganda in corso il giudice Carlo Deodato avrebbe dovuto astenersi. Invece non lo ha fatto ed è addirittura estensore del verdetto che ha annullato la trascrizione delle nozze gay. Twitter è un luogo pubblico. Il giudice avrebbe dovuto comprendere di essere portatore di un conflitto di interessi spaventoso. Le sue idee sul matrimonio gay, come su qualsiasi altro argomento sono ovviamente legittime, ma nel momento in cui le esterna in modo così clamoroso, il giudice perde quelle caratteristiche di imparzialità, terzietà e indipendenza che sono indispensabili per chi è chiamato come professione a emettere sentenze in nome del popolo e della repubblica italiana.

    Questa vicenda, come altre, dovrebbe far riflettere l’Anm e il Csm che non perdono occasione in convegni, congressi e comunicati stampa per gridare che i magistrati sono indipendenti e autonomi. Se non possono astenersi dai processi, che almeno si astengano da twitter. (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Agente provocatore e pentiti, le idee dell’ex pm di Mani pulite

    Ci vuole un agente provocatore che vada in giro a offrire soldi a un pubblico ufficiale e farlo arrestare se accetta. E impunità totale per il corrotto o corruttore che per primo collabora con l’accusa. Sono le idee dell’ex pm di Mani pulite ora giudice in Cassazione Piercamillo Davigo, espresse in occasione del congresso nazionale della casta togata, l’Anm, a Bari.  E’ grave che un giudice che dovrebbe essere terzo ( ma non in graduatoria) faccia proposte del genere. Le sue parole sono l’ennesima dimostrazione della necessità di separare le carriere, un progetto destinato a restare inattuato in un paese in cui i pm spadroneggiano al Csm e tengono per le palle un’intera classe politica che da parte sua fa di tutto per essere sempre più impresentabile.

    Con agenti provocatori e pentiti, chi indaga avrebbe la possibilità di lavorare ancora meno rispetto ad oggi. Ovviamente contano zero i danni irreparabili che la legislazione premiale ha fatto allo stato di diritto, varata da un parlamento che delegò interamente ai magistrati la risoluzione della questione relativa alla sovversione interna degli anni ’70 e ’80. Ai magistrati va bene, anzi di lusso, così, considerando che quello fu l’inizio della fine perché accadde che proprio in virtù del credito acquisito poi nel 1992 le toghe andarono all’incasso e dissero: “Adesso comandiamo noi”.

    Con la proposta di impunità totale i magistrati ci provarono già nel 1994, nel pieno della falsa rivoluzione, ma non ce la fecero. Ora ci riprovano perché lor signori in toga non demordono. L’obiettivo è di accrescere ulteriormente il potere che hanno, allargando la repubblica penale a dismisura. Insomma Mani pulite, quasi un quarto di secolo dopo, continua a fare danni.

    “Ci vogliono delegittimare” ha gridato anche lui da Bari il numero uno dell’Anm, Sabelli, che evidentemente non ha la bontà di leggersi gli atti della guerra interna alla procura di Milano, perché scoprirebbe che i magistrati si delegittimano da soli perché emerge chiaro che fanno valutazioni politiche. E’ il “rimprovero” che i pm di Brescia hanno messo nero su bianco a proposito di Bruti Liberati, pur assolvendolo dall’accusa di abuso d’ufficio. Ma non è successo nulla. L’omertoso Csm ha taciuto, così l’Anm. Siamo nel paese in cui il capo del governo, parlando del “successo” di Expo ha ringraziato la procura milanese “per la sensibilità istituzionale”. Cioè per la moratoria delle indagini sull’evento, assurto a patria da salvare. Ma di abolire l’ipocrisia dell’obbligatorietà dell’azione penale non si può parlare.  Chi controlla i controllori? Nessuno. (frank cimini)

  • Le sei Maserati di Stato su cui nessuno del Tribunale vuole salire

    Una volta (non tanto tempo fa!) i politici avrebbero probabilmente fatto a gara per farsele assegnare. Ma oggi, in tempi in cui l’antipatia e perfino l’odio verso la Casta si sono fatti palpabili, l’idea di farsi vedere in giro a bordo di una Maserati di Stato viene schivata come la peste. Deputati, senatori, magistrati, giornalisti di grido, insomma tutta la categoria dei ‘soggetti a rischio’ a cui è stata assegnata una scorta, preferiscono veicoli più sommessi. Così le sei Maserati assegnate ai carabinieri che effettuano il servizio giacciono spesso inutilizzate nel cortile del palazzo di giustizia.
    A chi sia venuta la bizzarra idea di comprare delle supercar da adibire ad autoblu, è un mistero che si perde nei meandri dell’alta burocrazia statale. La leggenda vuole che ognuna, compresa di blindatura, sia costata più di centomila euro. Gli enormi costi di gestione hanno fatto sì che venissero inserite nel parco macchine che il governo ha deciso di privatizzare, cioè di vendere all’asta, ma ovviamente sono rimaste invendute. Così da Roma sono approdate a Milano. E lì si sono fermate.
    Basta fare un giro nel cortile che le ospita per vedere come le Maserati spicchino nel panorama non confortante dei veicoli di Stato. L’aspetto più desolante lo hanno alcuni Ducato con le insegne di polizia e carabinieri, veicoli che dimostrano quindici o vent’anni di vita e sulla cui efficienza si potrebbe nutrire qualche dubbio. Poi molte Alfa, una quantità di Punto, alcune Lancia: tutte mediamente polverose e segnate dal tempo. Sotto una tettoia c’è un Audi, si dice sia stata sequestrata anni fa, doveva essere riconvertita ad uso dello Stato, come prevede la legge, ma evidentemente se ne sono dimenticati perché è coperta da una specie di sabbia. E poi loro, le Maserati ritargate con targa civile, troppo belle per essere usate. (orsola golgi)

  • Vittime dei reati informatici, niente paura. Per voi apre uno sportello gratis nel palazzo

    Vittime dei reati informatici, questo spazio è per voi. Voi che vi ritenete diffamati su Facebook, truffati compiendo un acquisto online con la carta di credito, derubati della vostra identità. Ogni 15 giorni a partire da oggi, nella saletta dell’ordine degli avvocati di Milano, al primo piano del palazzo di giustizia avete a vostra disposizione dei legali esperti in diritto informatico che vi garantiscono un servizio di orientamento. “E’ uno sportello nato dalla considerazione che chi subisce un reato informatico è spesso una vittima più fragile di altri – spiega una delle promotrici dell’iniziativa, l’avvocato Silvia Belloni – non conosce bene la materia e non sa come muoversi. I legali  offrono un aiuto per capire come muoversi, non un servizio di assistenza. Ma se poi la vittima volesse presentare una denuncia le verranno garantite dall’Ordine tariffe calmierate per portare avanti la causa”. Tutte le toghe dietro allo sportello, assicura Belloni, “prestano la loro attività in modo gratuito adempiendo alla funzione sociale che l’avvocato deve esercitare” e sono state formate attraverso corsi organizzati dalla Procura, in particolare dal pm Francesco Cajani, in collaborazione con l’Ordine. Lo sportello è aperto di martedì dalle 14 e 30 alle 16 e 30. (m. d’a.)

  • Mantovani, sui 13 mesi di ritardo nell’arresto il gip si autoassolve

    Con un’ordinanza di cinque pagine il gip Stefania Pepe decide di far restare in carcere l’ex assessore alla salute ed ex vicepresidente della Lombardia Mario Mantovani, ma non dedica nemmeno mezza riga a quella che era stata l’obiezione più forte della difesa: richiesta di arresto datata settembre 2014 accolta a ottobre 2015 dal giudice delle indagini preliminari.

    Mantovani è accusato tra l’altro di concussione e corruzione aggravata. Il contesto, al di là ogni considerazione, non è bello (eufemismo) per l’indagato che allo stesso tempo era assessore alla salute e imprenditore nel settore delle cliniche per anziani. Ma qui non si discute del merito. E’ un problema di esigenze cautelari e soprattutto della loro attualità. Tutti comprendono che c’è differenza tra il settembre del 2014 quando l’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo inoltrò la richiesta al settimo piano e l’ottobre 2015 quando la misura è stata eseguita.

    Se allora si poteva senz’altro parlare di attualità, adesso è molto più difficile. E va ricordato che in un’altra inchiesta, un altro gip ha disposto arresti per tangenti poche settimane fa decidendo su una richiesta dei pm datata addirittura 2013. C’è qualcosa che non funziona come dovrebbe, ma a quanto pare tutti quelli che dovrebbero intervenire quantomeno per capire cosa accade fanno finta di niente, dal Csm al ministro con poteri ispettivi.

    Impossibile sapere perchél gip abbia scelto di non fornire spiegazioni all’obiezione della difesa sul punto. Magari il giudice si sarà sentito leggermente imbarazzato dal momento che non poteva che essere consapevole dell’anomalia: un anno e un mese per decidere sugli arresti di Mantovani e dei suoi coindagati. Il silenzio sul punto non risolve di certo, anzi finisce per aggravare la situazione. Insomma, dopo il conflitto di interessi di Mantovani c’è pure il conflitto di interessi del gip che si autoassolve. Per l’amministrazione della giustizia non è una vicenda di cui andare fieri (eufemismo 2). (frank cimini)

  • Notav, assolto Erri De Luca, teorema Caselli di nuovo ko

    “Il fatto non sussiste” dice il giudice a Torino assolvendo Erri De Luca dall’accusa di istitazione a delinquere per l’intervista in cui aveva detto: “Il Tav fa sabotato”. Parola che lo scrittore ribadiva in aula stamattina in sede di dichiarazioni spontanee prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio: “Sabotare è una parola nobile, la usavano anche Mandela e Gandhi, il Tav va sabotato per legittima difesa della salute, dell’aria, dell’acqua di una comunità minacciata”.

    I pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino avevano chiesto la condanna a 8 mesi di reclusione. Si tratta degli stessi magistrati che contestano la finalità di terrorismo ai militanti NoTav protagonisti dell’azione al cantiere di Chiomonte e che sono già stati smentiti dalla corte d’assise e per ben due volte dalla Cassazione. Rinaudo è considerato vicino ai “Fratelli d’Italia”, Padalino è un ex militante della federazione giovanile del Pci. Insomma l’arco costituzionale della repressione è ben rappresentato per intero soprattutto se si specifica che i due pm si muovono nell’ambito del teorema Caselli, anche dopo l’andata in pensione del capo della procura.

    E il processo istruito contro Erri De Luca è figlio della stessa elucubrazione. Chi tocca il Tav non deve avere spazio, deve essere messso in condizione di non nuocere, anche agitando fantasmi del passato. Del resto in aula i legali della Ltf, la società legata alla Torino-Lione, avevano richiamato il passato politico di Erri De Luca che fu responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua. Caselli poco prima di andare in pensione si era dimesso da “Magistratura Democratica” a causa di un articolo che la stessa Md aveva chiesto allo scrittore per l’agenda 2014. Caselli s’era arrabbiato per le parole di De Luca sull’emergenza degli anni ’70 e sui “Tribunali speciali”. Md choccata dall’addio di Caselli annullerà poi tutte le iniziative di presentazione dell’agenda che non si sa che fine abbia fatto. Probabile destinazione, un rogo.

    La sentenza di oggi, almeno a livello della libertà di espressione, mette un punto fermo. Anche se i pm non si arrenderanno e andranno in appello. Come sono andati in appello contro i militanti Notav assolti dall’accusa di terrorismo, vicenda che ha visto in aula il procuratore generale Marcello Maddalena in persona alla prima udienza, sulla base di un ricorso dai toni rancorosi nei confronti della corte d’assise. Caselli era stato pg prima di Maddalena e prima ancora procuratore capo per poi tornare nello stesso incarico. Considerando che la procura generale è l’ufficio che sorveglia istituzionalmente la procura, c’è un conflitto di interessi spaventoso davanti al quale il Csm aveva chiuso entrambi gli occhi. Una sorta di ragion di Stato occulta. Come quella che c’è dietro lo schieramento favorevole all’alta velocità: dalle principali forze politiche, alle imprese, alle banche che controllano direttamente o indirettamente i giornali.

    Intanto gli appalti del Tav sembfrano gli unici onesti e trasparenti in un paese che brulica di inchieste sulla corruzione. Chi dovrebbe indagare non vuole rompere il giocattolo per carità di patria. E’ un po’ come la moratoria delle indagini su Expo in procura a Milano per non distrurbare il manovratore, l’evento in corso. Con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale, buono da sventolare nei convegni e nei comunicati stampa, al fine di prendere per i fondelli un intero paese (frank cimini)

  • Dirsi addio nella “stanza al buio” del nuovo palazzo della giustizia milanese

    Una stanza può contenere il cielo quando c’è l’amore. Ma se il sentimento se ne va, in quella stanza crolla il buio.

    Piccole verità del cuore nella nuova palazzina milanese della giustizia, dove da adesso dovranno passare tutti i milanesi che si amarono e poi un giorno strapparono gli anelli.

    Per aiutare moltitudini di ex sposi radiosi a elaborare la fine, gli si è messa a disposizione una vasta stanza al buio nella quale iscrivere a ruolo le cause di separazione e divorzio. Quel passaggio brutale imposto dalla legge prima di far calare il sipario. “L’impianto di illuminazione non è mai stato attivato”, leggiamo sul cartello appeso all’ingresso della stanza degli addii. Non sia mai che a qualcuno  venga da rimpiangere la luce dell’amore. Nel caso, c’è un indirizzo a cui sporgere reclamo. (manuela d’alessandro)

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  • L’arresto di Mantovani chiesto oltre un anno fa da Robledo

    L’arresto di Mario Mantovani vicepresidente della Regione Lombardia ed ex assessore alla sanità era stato chiesto poco più di un anno fa dall’allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo, capo del dipartimento anticorruzione poi trasferito a Torino dal Csm a causa del contenzioso con il capo dell’ufficio Edmondo Bruti Liberati.

    La richiesta di arresto era firmata da Robledo e dal pm Giovanni Polizzi, poi rimasto a coordinare le indagini. I magistrati dell’accusa sollecitarono in via informale una decisione del gip Pepe che tardava ad arrivare facendo riferimento ai gravissimi fatti di concussione e corruzione aggravata contestati. Dopo il trasferimento di Robledo la procura inoltrò al gip anche una integrazione alla richiesta di custodia cautelare in carcere, successivamente accolta dal gip e eseguita oggi. A distanza di un anno e più. Del resto in relazione a un’altra inchiesta, quella sui funzionari del Comune trovati in possesso tra l’altro di lingotti d’oro, la richiesta di arresto era stata inoltrata nel 2013.  Il giudice delle indagini preliminari Ferraro ha dunque impiegato due anni per decidere. Sembra a causa di enormi carichi di lavoro. (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Giustizia folle, 300mila euro “per non aver educato il figlio”

    Due genitori milanesi sono stati condannati a risarcire 300 mila euro con sentenza della Cassazione “per non aver educato il figlio” che quando aveva 12 anni urtò con la sua bici quella di una donna finita nel Naviglio e morta dopo un anno e mezzo di agonia.

    “Culpa in educando” è la formula giuridica. Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Il ragazzo che ha 26 anni è tuttora in terapia psicologica, i genitori intanto hanno venduto la casa di Milano e vivono in affitto nell’hinterland. Non hanno i soldi per pagare. La mamma ha un lavoro part-time nel settore delle pulizie, il padre è impiegato in una ditta di soccorso stradale. Entrambi chiedono che un giudice rilegga le carte. Il ragazzo, che il giorno della tragedia era affidato all’oratorio, non è mai stato ascoltato nel corso della causa.

    E’ la vicenda di una giustizia che sembra ignorare cosa sia la vita quotidiana, con le toghe che hanno la presunzione di decidere in che modo si educa un bambino di 12 anni. Chi ha un minimo di spirito critico è consapevole che alcuni giudici ne fanno anche di peggio, ma il caso lascia particolarmente sbigottiti. I genitori riferiscono di essersi appellati a varie autorità “ma sono spariti tutti”. Resterebbe solo la corte europea di diritti dell’uomo, organismo che ha diverse volte in passato condannato la nostra giustizia per le ragioni più diverse. L’imputato eccellente per antonomasia, da quando si occupa di lor signori in toga per ragioni molto poco nobili, i fatti suoi e basta, propose che dei giudici fosse verificata la capacità psichica una volta l’anno. A questo punto sarebbe meglio stare sui 6 mesi. Sia per noi sia per loro. (frank cimini)

  • NoTav, i pm si aggrappano al caso Moro e alla jihad

    Al fine di dimostrare che l’azione contro il cantiere di Chiomonte fu eseguita con la finalità di terrorismo da parte dei NoTav (tesi smentita dalla corte d’assise di Torino e per ben due volte dalla Cassazione) i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo si aggrappano al caso Moro e agli attentati della jihad  “rimproverando” i giudici che avevano assolto gli imputati dall’accusa specifica.

    I giudici di primo grado avevano assolto i militanti NoTav dall’aggravante relativa al terrorismo spiegando che l’azione contro il cantiere è cosa profondamente diversa dal comportamento delle Br che, in cambio della liberazione di Moro, chiesero la scarcerazione di persone legittimamente detenute e da richieste analoghe avanzate da esponenti del fondamentalismo islamico. (altro…)

  • La decisione del giudice arriva ai legali 5 anni dopo con la posta elettronica

    Col formidabile acceleratore della Pec – fulmineo acronimo che sta per Posta Elettronica Certificata e rimanda a un mondo ideale di giustizia senza carta –  viene recapitato oggi in uno studio legale milanese l’avviso che il dieci novembre 2010 il Tribunale di Milano (in funzione di giudice del Riesame) si è pronunciato respingendo l’istanza di scarcerazione di un detenuto per reati fiscali.

    “Ora potremmo fare ricorso in Cassazione contro questa decisione”, ironizza uno dei difensori. Per fortuna, la giustizia degli uomini va più veloce di quella divina e anche di quella digitale. Così, G.B., arrestato e portato a San Vittore nel 2010, ha patteggiato nel dicembre 2010 tre anni e quattro mesi di carcere e poi gli sono stati concessi i domiciliari. Ha fatto in tempo anche a operarsi al cuore (quando era ancora in carcere) e a fare chissà quante altre cose mentre la Pec percorreva il suo onirico viaggio dalla cancelleria del Tribunale allo studio legale. (manuela d’alessandro)

  • Pm: 8 mesi a Erri De Luca. A tutela di Tav banche e “sistema”

    Erri De Luca ha istigato a commettere sabotaggi ai danni del treno a alta velocità e per questo deve essere condannato a 8 mesi carcere. Il pm torinese Antonio Rinaudo, già protagonista della causa persa sulla finalità di terrorismo contestata alle manifestazioni NoTav, non si smentisce. Aggiunge di chiedere una pena non alta per il comportamento processuale dell’imputato che non si è sottratto alle domande. Bontà sua. Per sua eccellenza in toga sottrarsi alle domande è una specie di reato.

    La volontà censoria dell’accusa è evidente. Sul Tav deve trionfare il pensiero unico. Perché la procura agisce, non solo in questo processo, a tutela di un’opera dannosa, violentatrice del territorio, devastante, ma allo stesso tempo capace di muovere un sacco di soldi per un grande affare in cui c’è la regìa delle banche che direttamente o indirettamente controllano i giornaloni. E quindi “chi tocca il Tav muore”. Non c’è spazio per altre idee.

    Il sistema nel suo complesso anche al fine di riprodurre potere di quell’opera ritiene di avere necessità assoluta. La magistratura non solo si adegua ma è ben contenta di tutelarla. Basta ricordare che gli appalti del Tav appaiono gli unici onesti e trasparenti, mai scalfiti da un’inchiesta seria. Tutte le attenzioni investigative sono riservate a chi protesta, al punto che un compressore rotto nel cantiere di Chiomonte è diventato una sorta di rapimento Moro, stando al teorema Caselli, finora sconfessato da corte d’assise e per ben due volte dalla Cassazione.

    Ora a farne le spese dovrebbe essere Erri De Luca, colpevole d’aver detto che il re è nudo. Tutti i partiti sono per il Tav. Insieme ai poteri forti spesso evocati a sproposito in questo “strano” paese, ma non è questo il caso. Anzi. (frank cimini)

  • Pm Milano, un capo da fuori. Se non ora quando? Mai…

     

    Se non ora quando? Mai, pare. Stando ai boatos dal Csm e da chi sa nemmeno stavolta la procura di Milano appare destinata a vedere un “papa straniero”, un magistrato non proveniente dal suo interno. I favoriti sono Francesco Greco, Alberto Nobili e Ilda Boccassini, tutti procuratori aggiunti in corso di porta Vittoria. Uno dei tre prenderà il posto di Bruti Liberati in pensione dal prossimo 16 novembre. Insomma nemmeno lo tsunami del durissimo contenzioso tra Bruti e Robledo porterà a ribaltare un quadro esistente da decenni.

    Troppo rischioso sarebbe affidare l’ufficio a qualcuno fuori dai giochi. Il Csm non vuole scherzi. Del resto il cosiddetto autogoverno dei magistrati aveva atteso l’annuncio del pensionamento di Bruti per avviare un disciplinare che non si farà mai. A carico dell’ex capo. Lo subirà invece Robledo, già trasferito a Torino per lesa maestà.

    Non conta nulla il fascicolo sulla Sea dimenticato per 6 mesi in un cassetto e affidato a Robledo solo quando la gara d’asta si era già consumata. Con la regìa nemmeno tanto occulta di Napolitano si era stabilito che la ragione stava dalla parte della gerarchia e basta. Magistratura Democratica, che di recente aveva rinunciato a battagliare per la presidenza del Tribunale, pretende con forza di continuare a gestire la procura, le indagini e pure le non indagini. Perché ci sono da gestire le conseguenze della moratoria investigativa investigativa su Expo, che come contropartita aveva avuto un grazie “per la sensibilità istituzionale” a Bruti dal presidente del consiglio dei ministri.

    In questa storia ci sono tanti saluti per i principi strombazzati a ogni occasione in convegni e comunicati, l’esercizio obbligatorio dell’azione penale, la legge è uguale per tutti, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura. Belle parole utili a coprire le peggiori nefandezze, per far vincere l’appartenenza, la politica nel senso deteriore del termine. Garantiscono il Csm e il consiglio giudiziario che hanno dimostrato di avere l’omertà nel loro Dna. Salvo poi farsi belli evocando Falcone e Borsellino. Abbiano almeno il pudore di lasciare in pace i morti questi signori vincitori di concorso che fanno scelte politiche senza doverne rispondere ad alcuno. Riescono a fare peggio dei politici e questa è un’impresa (frank cimini)

  • Assistenti sociali: spegnere riflettori sul piccolo A. Finalmente…

    “Per il bene del piccolo A. si spengano immediatamente tutte le luci mediatiche che hanno illuminato questi suoi primi giorni di vita dalla sua nascita data morbosamente in pasto all’opinione pubblica…Nessuno ha riflettuto sul gravissimo danno che è stato fatto a questo bambino”. E’ l’invito-appello lanciato dal consiglio nazionale dell’ordine degli assistenti sociali. Finalmente da un organo istitituzionale arrivano parole sensate in questa terribile vicenda dove in troppo hanno sguazzato strumentalizzandola al fine di farsi pubblicità e di lucrarci anche concretamente.

    Il messaggio parte dal vertice della categoria degli assistenti sociali e non sembra proprio rivolto solo ai media. Si tratta di parole dirette a tutti, giornalisti e magistrati compresi. Ovvio, in pole position c’è lui, don prezzemolino, al secolo Antonio Mazzi, puntuale a prendere parte a qualsiasi fatto di cronaca con grande rilevanza mediatica.

    Il piccolo ha diritto a una vita normale. Non ha colpe. Arriva in un mondo di pazzi per responsabilità di genitori  i quali “per purificarsi” prima della sua nascita hanno aggredito con acido muriatico Pietro Barbini, ex fidanzato di lei, e altri. Per questo dopo la condanna a 14 anni subiranno un nuovo processo.

    “Il rischio concreto è che il piccolo sia marchiato per sempre della vicenda che ha visto protagonisti i suoi genitori” dice il consiglio dell’ordine degli assistenti sociali. Il rischio è che sia stravolta la sua vita. Insomma ci vuole un bel silenzio stampa che duri il più a lungo possibile. Era ora che qualcuno lo dicesse esplicitamente, lo gridasse. Perché sinceramente di tutta questa attenzione mediatica morbosa fino a mettere in prima pagina i minimi dettagli non se ne poteva più. E non se ne può più. I rappresentanti dei media che puntano a vendere copie in più o ad avere tanti clic sfruttando il dramma relativo alla conseguenza delle aggressioni con acido si occupino d’altro oppure cambino mestiere. L’invito ovvio riguarda tutti quelli che hanno scelto questa tragedia per apparire. Insomma, “appaiano” altrove. (frank cimini)

  • Aggressione con acido, mancava solo don prezzemolino

    Mancava solo lui, “don prezzemolino” in questa storia terribile degli agguati con l’acido che nella mente malata di Martina Levato e del suo fidanzato dovevano servire “a ripulirsi” dai rapporti precedenti prima della maternità. Don Mazzi non si è fatto attendere, è arrivato puntuale, a caccia di pubblicità, di riflettori mediatici che portano anche soldi alla sua comunità insieme ai nuovi ospiti.

    Il prete si è detto pronto ad accogliere la donna e il suo bambino. Attentissimo alla cronaca, don Mazzi non perde occasione per intervenire e portare acqua al suo mulino. Un prelato molto mediatico. Come tanti magistrati. Del resto anche il pm di questa indagine Marcello Musso è andato a far visita al neonato portando un regalo e rilasciando all’uscita dichiarazioni davanti alle telecamere. E per giunta spiegando di aver chiesto per la visita l’ok alla sua collega della procura minorile. Ecco, avesse voluto chiedere l’autorizzazione a qualcuno avrebbe dovuto rivolgersi al tribunale dei minori che in quei momenti stava prendendo la decisione sulle sorti di mamma e bimbo.

    Insomma è una vicenda drammatica dove in troppi sguazzano strumentalizzandola e  andando molto al di là dei loro compiti istituzionali. Sulla pelle di un essere da pochi giorni arrivato in un mondo di pazzi. La perizia psichiatrica non bisognava farla solo ai responsabili delle atroci aggressioni. I candidati al test aumentano insieme al clamore mediatico (frank cimini)

  • Expo, Renzi ringrazia Bruti per la moratoria sulle indagini

    “L’Expo non doveva esserci ma si è fatto grazie a Cantone e Sala, grazie ad un lavoro istituzionale eccezionale, grazie al prefetto e alla procura di Milano che ringrazio per aver gestito la vicenda con sensibilità istituzionale”. Il presidente del consiglio Matteo Renzi manda dal Giappone attraverso i giornalisti al seguito un pubblico ringraziamento al capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati. Il riferimento è alla moratoria sulle indagini con l’evento in corso di cui avevamo scritto su “Giustiziami” senza essere smentiti. Quindi tanti saluti al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale e il premier ha dimostrato di apprezzare. Del resto non poteva essere diversamente. Il problema non è quanto dice il presidente del consiglio dei ministri ma quello che ha fatto il capo dei pm.

    Bruti nel contenzioso interno con Alfredo Robledo aveva tolto al suo aggiunto il coordinamento delle indagini su Expo che poi sono state fermate. Insomma hanno fatto la fine dell’inchiesta sulla gara d’asta per la Sea rimasta per sei mesi “dimenticata” in un cassetto, prima di essere affidata con gravissimo ritardo a Robldo quando chi era indagato aveva ormai saputo di esserlo e quindi non poteva più essere intercettato.

    Insabbiare, non indagare al fine di non disturbatore il manovratore è per il premier “sensibilità istituzionale”. Renzi ringrazia Bruti che ha deciso di andare in pensione, evitando in pratica il procedimento disciplinare, il 16 novembre, subito dopo la fine dell’esposizione. Tanto per essere sicuro dell’assenza di “sorprese” per l’evento, acquisito da Milano sconfiggendo le terribili armate di Smirne, con uno schieramento bipartisan dalla Moratti a Prodi, insieme appassionatamente a Parigi.

    Questa storia manda a farsi benedire la divisione e il bilanciamento dei poteri, l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale tanto gridata nei convegni e nei comunicati dell’Anm, l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. E chi ne esce peggio sono proprio le toghe. I ringraziamenti nipponici sono la ciliegina sulla torta. Una torta avvelenata nel paese in cui i politici scimmiottano i giudici, i giudici scimmiottano i politici e i giornalisti leccano un po’ gli uni e un po’ gli altri a seconda delle convenienze (frank cimini).

  • “A cosa serve il carcere? A niente”. Il libro di Ricciardi

     

     

     

    “Bisogna ‘reinserirsi’ tramite il lavoro, dicono, ma se il lavoro lo cercavi prima e non lo trovavi oppure quello che trovavi faceva schifo e per questo hai ‘infranto la legge’ che si fa? Si ricomincia da capo? Istituzioni locali, associazione e cooperative si affannano a progettare lavori per i detenuti perché, dicono, col lavoro, una volta usciti, non si torna a delinquere. Ma mi domando: tanto entusiasmo per l’inclusione sociale e lavorativa per chi finisce in carcere, perché non lo si mette in pratica prima che quei ragazzi costretti alla disoccupazione si rivolgano a pratiche illegali?”. Salvatore Ricciardi, ex ergastolano condannato per fatti connessi al tentativo di rivoluzione fallito tra gli anni ’70 e ’80, racconta la sua vita passata. “Cos’è il carcere? Vademecum di resistenza” è il titolo del libro editato da “Derive e approdi”, 125 pagine con la prefazione di Erri De Luca: ” Come un mal di denti torna nelle pagine di questo libro la domanda: a che serve? Con tutta l’esperienza accumulata e con l’addestramento che trasmette, la risposta non ci solleva dal grado zero sul livello del niente”.

    “Cosa vuol dire ‘riportare il carcere alla legalità? Quale legalità? Le leggi esistenti sono nel loro insieme la legalità, sennò che altro sono? Abbiamo fatto cose non previste dalle leggi, vietate, illegali per dare una spinta alla modificazione delle regole in senso più inclusivo e aperto, perchè ogni pensiero critico ma anche ogni pensiero in sè si sviluppa fuori dalle legge altrimenti è qualcosa di stagnante, non è un pensiero”, scrive Ricciardi per impersonare lo scetticismo cosmico sulla possibilità di “riformare” il carcere, afferma che non è vero che il carcere è meno violento di prima. Muoiono 200 detenuti l’anno, 60 per suicidio. “Il cosiddetto carcere violento, quello delle rivolte, non registrava una strage delle dimensioni del carcere pacificato che ha triplicato i suicidi… Il suicidio è l’unica cosa che puoi fare in carcere senza dover compilare la perenne ‘domandina’”.

    Salvatore Ricciardi è spietato con se stesso: “Questa è la mia storia e non uso la mia storia per sentirmi vittima del sistema anche perchè non mi ritengo vittima perchè le mie sono sempre state scelte di vita. Non me le ha imposte lo Stato nè la società. Sono scelte legate per ragioni economiche….”.

    E’ un libro che invita a riflettere. Con Adriano Sofri avrebbero dovuto invitare anche Ricciardi a quella famosa riunione ministeriale sul carcere alla quale l’ex leader di Lotta Continua decise di non partecipare per evitare che una polemica già assurda si allargasse ancora in un paese devastato da decenni di “emergenze” diventate prassi di governo, dove il carcere viene usato come discarica sociale e al fine di regolare lo scontro politico. E dove l’opinione pubblica cosiddetta troppo spesso sembra più forcaiola dei magistrati, delle forze dell’ordine, dei politici (quando non sono loro a essere toccati) e dei media. (frank cimini)

    ‘Cos’è il carcere? Vademecum di resistenza’ di Salvatore Ricciardi. Editore Derive e Approdi, 125 pagg, 12 euro