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  • Da ‘limpido come acqua di fonte’ a ‘disperdetevi’, tutte le frasi di Formigoni sul processo

     

    Roberto Formigoni è stato condannato a 6 anni di carcere per corruzione e assolto dall’accusa di associazione a delinquere nel processo Maugeri. Per il ‘Celeste’ ci sarà tempo e modo di provare a dimostrare la sua completa innocenza. Noi oggi lo vogliamo omaggiare con una carrellata di frasi ‘alla Crozza’ pronunciate dal 2012, quando esplose l’indagine, a oggi.

    Triste e sfigato

    “Io in genere faccio vacanze di gruppo, il giornalista del Corriere fa vacanze sempre da solo? Che sfigato, che persona triste, sfigata e malinconica. Io, come tutti gli italiani, faccio vacanze di gruppo: alla fine del viaggio si fanno i conti ed eventualmente si pareggia”. A proposito del cronista che anticipò la sua iscrizione nel registro degli indagati.

    Limpido come acqua di fonte

    “Sono limpido come acqua di fonte. Non sono oggetto di indagine”. Dichiarazione  dopo i 5 arresti di qualche giorno prima che segnarono l’esplosione mediatica dell’inchiesta Maugeri.

    Anche Gesù

    “Anche Gesù sbagliò a scegliersi uno dei collaboratori, non pensiamo di essere impeccabili”. A proposito del suo rapporto con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò, condannato oggi a 9 anni e due mesi.

    Brad Pitt

    “Scusate tanto, non sono Brad Pitt ma le vacanze me le posso pagare, me le sono pagate e non avere tenuto le ricevute, scusate, è un reato?”

    Il reato di cena

    “Nessun atto corruttivo, non è reato eventualmente essere stato ospite a una cena con qualche persona o per qualche week – end”.

    Io e il parrucchiere

    “Quando ero presidente, non riuscivo neanche a pagare il caffè al bar e neppure il parrucchiere che mi diceva ‘lei basta che venga qui e mi fa pubblicità’. Infatti in Regione tutti avevano preso il gusto di andare dove andava Formigoni”.

    A casa in braghette

    “Presidente (al giudice del suo processo, ndr) mi permetta di dire con orgoglio che il mio impegno per la Regione era pienissimo. Uscivo di casa alle otto del mattino e tornavo alle dieci – undici alla sera. I primi tempi mi divertivo a lavorare anche alla domenica. Quando ero a casa, guardavo la televisione in braghette, ascoltavo la musica che tanto mi piace, mi rilassavo”.

    Milioni di milioni

    “Era più che naturale che milioni di persone potessero dire di avermi conosciuto e incontrato”. A proposito della data incerta in cui incontrò Pierangelo Daccò.

    Stessa spiaggia, nuova fiamma  

    “La Procura dice che avevo l’uso ‘esclusivo’ della barca di Daccò. Per dimostrare che non era così basterebbe guardare le riviste di gossip che tutti gli anni mi attribuivano una fiamma diversa pubblicando le mie foto in barca. E chi erano? Il primo anno una figlia di Daccò, il secondo una fanciulla più o meno avvenente e poi altre”.

    La crema di bellezza

    “Preciso che quella non era una crema di bellezza ma serviva per curare un’irritazione cutanea molto profonda al volto e allora siccome a Milano non si trovava l’avevo fatto arrivare da fuori”. A proposito di un’intercettazione in cui Formigoni chiede al suo segretario: “Allora è possibile recuperarla da Chenot? Tieni presente che eventualmente lì possiamo madare l’autista. Ne ho bisogno entro lunedì al massimo”.

    Non vivevo d’aria

    “Si è insinuato che io viva d’aria. Io versavo alla mia casa dove risiedo coi memores domini dai 50mila ai 70mila euro all’anno. Era un versamento unico che serviva per l’affitto, la manutenzione, per pagare la colf”.

     Un antipasto qua, un prosciutto là

    “La Procura parla di cene da settemila euro spesi da Daccò nell’interesse di Formigoni. In realtà, Daccò organizzava le cene nell’interesse di Daccò. La mia segretaria mi diceva ‘C’è una cena da Daccò’ e se potevo passavo. Avevo tre quattro inviti a cena la sera, magari mangiavo un antipasto da una parte e il prosciutto dall’altra”.

    Alle cene andavo perché si mangiava bene

    “Alle cene c’era gente che trovava comodo parlarmi invece di fare la fila in Regione. Io a quelle cene, da Sadler o in altri ristoranti, andavo solo perché si mangiava bene”.

    Silenzio ai Caraibi

    “Cinque giorni dopo la delibera sono andato ai Caraibi con Daccò e con lui non è stata detta neanche una parola su quella delibera. Un conto sono i rapporti personali anche di amicizia e solidarietà, un conto è la funzione  di amministrazione pubblico”.

    Scontrini tra amici

    “Daccò non mi ha mai presentato il conto, entrambi godevamo della compagnia tra amici. Ma tra amici ci si sambiano scontrini e ricevute? Ecco la chiave del rapporto tra me e Daccò: siamo diventati amici e ci siamo comportati da amici, nessuno calcolava il valore di quello che uno dava all’altro. Un rapporto di amicizia è la tipica cosa in cui non ci sono calcoli, è gratuita”.

    Motoscafino

    “Tra l’altro anche Simone ha il suo motoscafino” (parlando degli yacht di Daccò, Formigoni ricorda che anche l’ex assessore lombardo Antonio Simone aveva la sua piccola imbarcazione).

    Se porto il pm in Ferrari

    “Se porto in giro la Pedio (Laura Pedio, pm dell’indagine, ndr) in Ferrari, alla fine lei non dice che la Ferrari è sua. Invece, dopo le vacanze, per l’accusa le barche sono diventate mie”.

    E ora disperdetevi o vi asfalto

    “Come ve lo devo dire? In greco, latino o arabo? Ve l’ho già detto, parlerà il mio avvocato…Disperdetevi perché sennò vi asfalto…”. Ai giornalisti a margine di un’udienza del processo.

    (manuela d’alessandro)

  • Sala fa la vittima sulla notizia dell’indagine ma le cose non sono come le racconta

    Metà del messaggio postato su Facebook in cui Giuseppe Sala annuncia di voler tornare a fare il sindaco è dedicata al suo “stupore” nell’aver appreso dalla stampa di essere indagato. “Giovedì sera nessuna comunicazione ufficiale al riguardo mi era stata fatta, nessun avviso di garanzia mi era stato notificato (…). Mi direte, non è certo la prima volta. Vero, ciò nondimenno dobbiamo tutti insieme fare uno sforzo per non considerare la cosa ‘normale’. Non lo è se riguarda un cittadino e non lo è se riguarda il sindaco di Milano”.

    Questa versione del sindaco sembrerebbe prefigurare una clamorosa violazione del segreto istruttorio a suo danno, con la ‘soffiata’ di una irrispettosa procura generale al cronista di turno. La realtà è ben diversa.

    Giovedì sera, la magistratura ha notificato una mail con la richiesta di proroga dell’indagine sulla Piastra di Expo all’avvocato d’ufficio Luana Battista. E’ quello che accade al qualsiasi “cittadino” da lui evocato che non ha già un legale perché non è mai stato coinvolto in quell’inchiesta. Sala dimentica di raccontare che ha saputo dai giornali di essere accusato per la presunta falsificazione di due verbali solo perché l’avvocato d’ufficio non ha aperto la sua posta elettronica, come da lei candidamente ammesso (“Non c’erano nomi noti nella prima pagina, sembrava una nomina come le altre”). Nel frattempo, i giornalisti hanno dato risalto a un atto non più segreto in quanto (in teoria) già conosciuto dall’indagato.

    Forse al sindaco da’ fastidio aver saputo troppo tardi che l’accusa a suo carico era ‘solo’ quella di falso.  Quando sono uscite le prime notizie, racconta chi è gli è stato vicino, il suo timore era di essere accusato di turbativa d’asta, il reato attorno a cui ruota l’inchiesta sul più ricco appalto di Expo. Di qui il tono infastidito verso stampa e Procura Generale: se avesse saputo che doveva rispondere ‘solo’ di avere retrodato dei verbali non si sarebbe cacciato nel limbo scivoloso dell’autosospensione. (manuela d’alessandro)

  • “Non fate come noi”, la prima volta liberi davanti agli studenti di 2 ergastolani ostativi

    “Un cazzotto nello stomaco di ogni coscienza”. Così Giacinto Siciliano, direttore del carcere di Opera, definisce il docufilm ‘Spes contra Spem’, proiettato giovedì scorso per gli studenti dei corsi di diritto penale e penitenziario dell’Università Bicocca, su iniziativa della Camera Penale di Milano.
    Ciò che ha reso davvero speciale la proiezione è stata la presenza di tre dei protagonisti detenuti, condannati all’ergastolo. Per due di loro, Gaetano ed Alfredo, era la prima volta fuori dal carcere. Da oltre vent’anni. Eleganti nelle loro giacche, emozionatissimi, così come Giuseppe, di recente ammesso a fruire di permessi premio,
    Presentati da Sergio D’Elia di ‘Nessunto tocchi Caino’, sottolineano la volontà di dare una svolta alla propria vita e di essere utili per la società, costituendo un esempio di fallimento nei confronti dei giovani. Ricorre il concetto di “metterci la faccia” per rappresentare la sconfitta di una scelta criminale sbagliata, della quale si assumono la piena responsabilità, pur tentando di trovare spiegazioni.
    I ragazzi seguono interessati. Uno degli studenti che fanno parte della “clinica legale” spiega il lavoro fatto per preparare un’istanza di collaborazione impossibile per un ergastolano di Bollate; su domanda di Gaetano, chiarisce che l’ergastolo ostativo, dopo averlo studiato, gli appare come una pena inutile per la società, perché, impedendo un percorso rideucativo, non produce alcun miglioramento nella persona e nella società stessa.
    Una dottoranda, dopo aver espresso l’idea che l’ostatività tuteli lo Stato rispetto alla difficoltà di distacco dalle associazioni criminali, ma che, secondo lei, la valutazione del singolo che ha fatto un percorso rieducativo debba prevalere, domanda ai tre detenuti se vi sia un’alternativa. Gaetano ed Alfredo riprendono i documenti che, insieme ad altri detenuti, avevano redatto in occasione degli Stati Generali di Opera; le alternative alla collaborazione ci sono, e sono tutti i comportamenti che dimostrano pubblicamente il loro distacco dalle realtà criminali di cui hanno fatto parte, tali da rendere impossibile il loro rientro. La collaborazione, a distanza di più di venti anni dai fatti per i quali sono stati condannati, sarebbe da loro considerata una scelta sbagliata, perché sarebbe un baratto della loro libertà con la libertà di un’altra persona, che – anche se colpevole – può nel tempo essersi ricostruita una vita differente e distaccata dal crimine.  La loro presenza di fronte agli studenti a dire “non lo fate” è una scelta di rottura.

    Torna il concetto di “metterci la faccia”. Gaetano usa una metafora: “è come se la pena inizialmente sia una cura contro un cancro, che piano piano funziona; dopo 25 anni sono guarito, ma siccome 25 anni prima si era stabilito che c’era il cancro, allora il medico deve operare ugualmente anche se la malattia non c’è più. L’ostatività non lascia a me la capacità o l’intelligenza di cambiare. Tu sei stato quello e sarai sempre quello. Credo che non sia accettabile”.
    Il dibattito, su domanda di una studentessa, si sposta sul 41 bis: esperienze personali di abusi subiti ma anche di una utilità rispetto al percorso individuale di riflessione, accanto alla consapevolezza delle finalità della norma sul carcere duro. Gli interventi della professoressa Buzzelli e del direttore Siciliano chiudono l’incontro, che termina con l’auspicio che il cambiamento, a prescindere dalla possibilità di accesso ai benefici penitenziari, debba essere riconosciuto e valutato. (avvocato Valentina Alberta)

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  • La Corte dei Conti ci mette 12 anni per chiudere l’indagine sull’Agenzia regionale del lavoro

     

    C’è una giustizia della cui lentezza si parla poco. Ed è quella rappresentata dalla pensosa magistratura che deve ‘far di conto’ e indicare, tra le altre cose, quanto debba risarcire chi sottrae denaro all’erario. Oggi la Procura della Corte dei Conti ha annunciato di avere chiuso un’indagine su 117 consulenze assegnate nel 2005 dall’Agenzia Regionale per l’Istruzione, la Formazione e il Lavoro (ARIFL), ente della Regione che si occupa di interventi pubblici sul mercato del lavoro lombardo.

    Sì, 2005, quasi 12 anni fa. E’ una inchiesta ricca di spunti, questa, su una struttura che ha ottenuto fondi comunitari tra cui circa 20 milioni di euro per creare un portale in grado di offrire offerte di lavoro ai cittadini. Sicuramente non è stato semplice per i giudici che lavorano nelle vellutate astmosfere del bel palazzo di via Marina ricostruire le centinaia di “collaborazioni esterne illecite”, le mancanze nella registrazione della contabilità dell’ente, le presunte responsabilità dei 4 dirigenti ai quali è stato inviato l’atto di citazione e che, da presunti innocenti, avrebbero diritto anche loro a un epilogo.

    In coda al comunicato, si fa presente che sono in corso “ulteriori accertamenti” sulla gestione dell’Agenzia tra il 2005 e il 2010. Il danno erariale ipotizzato alla fine sarà ben superiore al poco più di mezzo milione di euro contestato solo in relazione al 2005 ma chissà quando il calcolo sarà comppleto e dei giudici si pronunceranno. Proprio non si poteva tagliare prima il traguardo?  Eppure nell’esposto dei revisori dei conti dell’ARIFL alla Corte dei Conti che ha dato il via all’inchiesta nel 2007 c’era già praticamente scritto tutto. (manuela d’alessandro)

  • Un mese per le nuove indagini sulla Piastra di Expo e ora Sala potrebbe essere convocato

     

    La Procura Generale di Milano avrà un mese di tempo per effettuare nuove indagini sul più grosso appalto di Expo, quello sulla ‘Piastra’, ossia l’ossatura architettonica dove poi sarebbe sorta l’Esposizione Universale. Un’inchiesta che ‘rivive’ dopo che il pg Felice Isnardi ha avocato il fascicolo ai pm Paolo Filippini, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi e ha  chiesto e ottenuto nell’udienza di stamattina dal gip Andrea Ghinetti la revoca della richiesta di archiviazione. Revoca concessa  dal gip senza nemmeno dare la parola ai legali dei 5 indagati perché così prevede la legge. A questo punto, Isnardi avrà trenta giorni, termine anche questo sancito dal codice, per effettuare, come ha spiegato al giudice, ulteriori “approfondimenti investigativi” sulla gara che la società Mantovani nel 2012 vinse con un ribasso del 42 per cento sulla base d’asta.

    I tre pubblici ministeri, che avevano condotto le indagini all’epoca nel pieno dello scontro in Procura tra l’allora procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il capo del pool anti- corruzione Alfredo Robledo, avevano chiesto l’archiviazione nelle settimane scorse perché “nonostante gli sforzi investigativi” non era stata “provata l’esistenza di tangenti” ma erano emerse “numerose anomalie e irregolarità amministrative”. Robledo, all’epoca della sanguinosa guerra con Bruti finita davanti al Csm e col suo trasferimento a Torino, aveva sostenuto che non era stata data a lui e ai tre pm la possibilità di indagare a fondo sulla Piastra. Tanto che, a un certo punto, l’indagine gli venne sottratta dallo stesso Bruti con la creazione della famosa ‘Area Omogenea Expo’.

    Gli indagati sono 5: gli ex manager di Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l’ex presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, e gli imprenditori Erasmo e Ottaviano Cinque.”Letta la richiesta di archiviazione – ha commentato l’avvocato Federico Cecconi, legale di Acerbo – non mi stupisco che si chieda un supplemento di indagini”.  Non è escluso che il pg convochi nei prossimi giorni l’allora commissario di Expo e attuale sindaco di Milano Giuseppe Sala (mai indagato). Agli atti ci sono le dichiarazioni dall’ex capo di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni: “Sono andato da Sala e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orrientamento perché non avevano tempo per accertare la congruità dei prezzi che erano stati stabiliti dalla Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti, Expo in questo caso, possono ma non sono obbligate a valutare la congruità delle offerte che appaiono basse in modo anomalo. Alla domanda se avesse intenzione di convocare il sindaco, il pg Isnardi, magistrato di lungo corso autore delle prime indagini sui Ligresti, si è limitato a rispondere: “Non lo so”. Ma forse, a Expo lontano, è arrivato il momento di chiedere a Sala cosa accadde attorno a quel goloso appalto.  (manuela d’alessandro)

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    un-indagato-nove-a-interrogarlo-e-larea-omogenea-expo-bellezza

  • Il testo della decisione del giudice Dorigo che boccia il prof. Onida sul referendum

     

    Nessuna violazione della sacra libertà del voto degli elettori. Il quesito referendario  sul quale dovremo esprimerci, a questo punto con certezza, il 4 dicembre, non fa una piega. Col rigetto dei ricorsi presentati dal professor Valerio Onida e dal pool di avvocati che già avevano fatto cadere il ‘Porcellum’, il giudice civile Loreta Dorigo esclude un intervento della Corte Costituzionale. 

    Il referendum riguarda tante materie diverse, che problema c’è? Nessuno, per il magistrato secondo il quale lo ‘spacchettamento’ delle domande snaturerebbe l’essenza del referendum perché “l’elettore, libero di scegliere su ogni singolo quesito, finirebbe in tal caso per intervenire quale organo propulsore dell’innovazione costituzionale”. Invece è la stessa Costituzione ad attribuire alle “maggiori forze politiche del Paese” il compito di riformarla lasciando al popolo  “un potere d’intervento del tutto eventuale e residuo”. Anzi, per il giudice  la nostra carta fondamentale va sottratta da quelli che definisce “estemporanei interventi diretti del corpo elettorale”.

    L’emerito presidente della Consulta Onida si becca pure il rimprovero di non essersi accorto che gli stessi ‘padri costituenti’ si espressero “a favore di un intervento di revisione assai ampio”. Per esempio, il buon Costantino Mortati  “che esclude in radice una possibilita’ di revisione costituzionale consentita solo in relazione ad un singolo, o a pochi articoli per volta, configurando, persino, la possibilita’ di una revisione con un contenuto di totale stravolgimento degli assi portanti dell’ordinamento costituzionale”.

    La domanda sull’abolizione del Cnel (sulla quale tutti gli italiani eccetto i componenti del Cnel medesimo sono d’accordo) non c’entra con tutte le altre a cominciare dal bicameralismo disegnato dal ddl Renzi – Boschi? Pazienza. “L’eventuale lateralità di una sola disposizione non pare sufficiente a eradicare l’unitarietà progettuale di revisione”. (manuela d’alessandro)

     

    provvedimento giudice su ricorso Onida

  • Lo Stato contro il Bel René
    questa volta è il Viminale a pagare

     

    Questa volta il ‘cattivissimo’ René e la sua bella, Antonella, si prendono una piccola rivincita sullo Stato. Lui la mano non proprio leggera della giustizia l’ha conosciuta con gli ergastoli definitivi e la perdita della semilibertà in seguito al famoso episodio “cesoie e mutande” sgraffignati al supermercato. Lei un po’ di carcere se l’è fatto nel 2013, con 21 giorni di custodia cautelare al termine dei quali ha denunciato di essere stata colpita ingiustamente.

    Portati davanti a un giudice civile, a Roma, dall’avvocatura generale che rappresentava niente meno che il ministero dell’Interno, hanno vinto loro. E ora il Viminale dovrà pagare anche le spese legali. Premessa: lo Stato dal 1978 cerca di farsi risarcire da Vallanzasca per la morte di Bruno Lucchesi, agente della stradale colpito a morte a Montecatini dopo l’evasione dal carcere di Spoleto del bandito della Comasina. Qualche decina di milioni di lire di allora si sono trasformati in un debito da 425mila euro che Renato non ha mai saldato. Qualche anno fa Vallanzasca cede i diritti per lo sfruttamento della sua avventurosa storia di sangue. Ne vengono fuori due libri e il film di Michele Placido “Gli angeli del male”. Inizialmente Vallanzasca firma una scrittura privata in cui si impegna a cedere i diritti a titolo gratuito, poi ne firma un’altra, insieme alla moglie Antonella D’agostino, che revoca le disposizioni precedenti. L’accordo vale 400mila euro. Nel 2009 i due danno conto per iscritto di averne già ricevuti 278mila dalla Cosmo Production. Ma chi incassa? Antonella. Tanto che rumors parlano di qualche dissapore tra marito e moglie. Oggi il ministero degli interni chiede al Tribunale di dichiarare che quel denaro appartiene di fatto a Vallanzasca, in modo da poterglielo pignorare per intero in virtù della sentenza Lucchesi. Vallanzasca non si costituisce in udienza. Lo fa invece, attraverso gli avvocati Ivana Anomali e Ciro Cofrancesco solamente Antonella. La quale dichiara che quei soldi sono frutto del suo lavoro alla sceneggiatura e che il bel René non c’entra un bel niente. E che, purtroppo, quel denaro l’ha comunque già interamente speso per mantenere l’anziana suocera (cosa non si fa per una suocera, del resto, ndr) e per le “esigenze del consorte”. Il giudice le dà ragione: non una lira andrà al ministero. Che anzi dovrà sborsare le spese legali. Fanno 5.800 euro, signor Viminale.

     

     

     

  • “Abbiamo sbagliato tutto, ora potremmo licenziarne 600”. Terzo esposto alla Consob sul ‘Sole 24 Ore’.

    Si, è vero, da anni sbagliamo tutto noi, ma adesso cosa possiamo fare, forse licenziare la metà dei dipendenti che sono almeno 600 persone. Terzo esposto presentato ieri alla Consob del giornalista Nicola Borzi (che potete leggere qui)  da cui emergono nuovi, sconcertanti risvolti della crisi del ‘Sole 24 Ore’ sulla quale indagano l’autorità di vigilanza e la procura di Milano. Sentite il fresco presidente del gruppo editoriale Carlo Robiglio, e tremate. Dal verbale del consiglio generale di Confindustria per il rinnovo del cda del 12 ottobre scorso riportato nel ricorso: “Ho trovato una situazione difficile, che voi non potete immaginare, al di là dei numeri, della quale tutti dobbiamo assumerci la responsabilità, perché nel gruppo, di fatto, manca una governance efficace, ormai da anni. Questo sta portando a uno scollamento pericoloso, con due – tre dirigenti che hanno le dimissioni pronte perché hanno offerte importanti. Abbiamo problemi nella raccolta pubblicitaria, e circa 1250 dipendenti di cui, forse, la metà è di troppo”.

    Pochi giorni dopo, il 16 ottobre, rispondendo all’economista Luigi Zingales, Robiglio si è espresso  sulla misteriosa società londinese D Source, chiamata in causa da Borzi perché sospettata di avere ‘gonfiato’ il numero di copie digitali multiple creando il grande inganno di un gruppo in salute che stava invece annaspando. “I rapporti con D Source – queste le parole del presidente – sono terminati a luglio scorso. Sulla base delle nostre procedure e informazioni raccolte escludiamo che nell’azionariato di D Source ci siano persone legate al Sole. In ogni caso è impossibile risalire ai proprietari finali. Lavoriamo con società di ogni dimensione, anche quotate: impossibile conoscere tutti”. Nel suo nuovo ‘appello’ alla Consob, Borzi sottolinea “l’incoerenza” delle affermazioni di Robiglio che da un lato esclude legami tra D Source e il ‘Sole’ e dall’altro ammette l’impossibilità di risalire ai proprietari finali. Nel ricorso tuttavia il giornalista fa presente, sulla base di approfondimenti suoi e della rivista ‘Valori’,  che i rapporti tra il gruppo e Martin Palmer, il fiduciario che nel 2012 ha costituito D Source, inizierebbero dal 2000 quando delle società gestite proprio da Palmer costituirono Il Sole 24 Ore Uk, società posseduta al 100 per cento dal gruppo. Materiale esplosivo che finisce all’attenzione della Consob assieme agli altri due esposti  e potrebbe suggerire spunti d’interesse al pm Fabio De Pasquale che sta indagando, per ora a carico di ignoti, con l’ipotesi di falso in bilancio. (manuela d’alessandro)

  • Assolto Ananda, per la Procura il temibile pedone ‘killer’

    Ananda, il pedone killer, va assolto. Forse mancava la volontà di commettere il reato, stando al dispositivo letto questa mattina dal giudice Costa della IX sezione penale. La storia era questa: un pedone mezzo ubriaco, Ananda G.U.L., attraversa la strada lontano dalle strisce pedonali. Viene investito da un motociclista di nazionalità indiana. Ananda, mezzo acciaccato, se la dà a gambe, mentre chi l’ha investito con il motorino resta a terra, ferito. Non muore, sia chiaro, il nostro titolo è una forzatura giornalistica.

    Insomma però il povero pedone-ubriaco-investito finisce a processo per aver omesso di soccorrere il centauro che l’ha travolto.

    Il pm ne aveva chiesto la condanna a otto mesi di reclusione. Il giudice lo ha assolto con la formula dubitativa dell’art 530 secondo comma affermando che “il fatto non costituisce reato”. Ovvero il fatto – l’omissione di soccorso – c’è stato, ma non è pienamente provato che l’imputato avesse la consapevolezza di commettere il reato: bisognerà attendere le epocali motivazioni per capire se il giudice attribuisca la mancanza dell’elemento soggettivo al fatto che il soggetto era, come dicevamo, lievemente alterato dai diabolici effetti dell’alcol.

    Festeggia il legale di Ananda, l’avvocato Enrico Belloli: “Diciamolo come direbbe D’Alema: è andata bene ma è giusto così”.

  • Assolto Ananda, per la Procura il temibile pedone-killer

    Ananda, il pedone killer, va assolto. Forse mancava la volontà di commettere il reato, stando al dispositivo letto questa mattina dal giudice Costa della IX sezione penale. La storia era questa: un pedone mezzo ubriaco, Ananda G.U.L., attraversa la strada lontano dalle strisce pedonali. Viene investito da un motociclista di nazionalità indiana. Ananda, mezzo acciaccato, se la dà a gambe, mentre chi l’ha investito con il motorino resta a terra, ferito. Non muore, sia chiaro, il nostro titolo è una forzatura giornalistica.

    Insomma però il povero pedone-ubriaco-investito finisce a processo per aver omesso di soccorrere il centauro che l’ha travolto.

    Il pm ne aveva chiesto la condanna a otto mesi di reclusione. Il giudice lo ha assolto con la formula dubitativa dell’art 530 secondo comma affermando che “il fatto non costituisce reato”. Ovvero il fatto – l’omissione di soccorso – c’è stato, ma non è pienamente provato che l’imputato avesse la consapevolezza di commettere il reato: bisognerà attendere le epocali motivazioni per capire se il giudice attribuisca la mancanza dell’elemento soggettivo al fatto che il soggetto era, come dicevamo, lievemente alterato dai diabolici effetti dell’alcol.

    Festeggia il legale di Ananda, l’avvocato Enrico Belloli: “Diciamolo come direbbe D’Alema: è andata bene ma è giusto così”.

     

  • Il sindaco – commissario che fa le gare di fretta e gli appalti spartiti: l’altra Milano negli atti sulla ‘Piastra’

     

    Milano, quante parole dolci per te in questi mesi. Città prima in tutto, prima anche ad alzare la mano per dire che sei la più brava. Città lodata ogni giorno dai media col cappello abbassato. Eccoti negli atti di una delle tante indagini su Expo soffocate dalla moratoria, quella sull’appalto della Piastra, il luogo dove sono stati deposti i padiglioni, sì, i padiglioni dei paesi di tutto il mondo, quelli che la Procura di Reggio Calabria (non di Milano) sostiene essere stati costruiti con l’aiuto della ‘ndrangheta. Ti riconosci?

    “COME SI SPARTISCONO GLI APPALTI A MILANO”

    “Cinque (imprenditore indagato, ndr) mi disse che Milano non era una piazza semplice, ma assai chiusa per la presenza di un sistema spartitorio degli appalti”. A metterlo a verbale il 25 maggio 2015 è l’imprenditore Piergiorgio Baita, indagato perché, questa è l’ipotesi dei pm,avrebbe contribuito a truccare la gara più importante di Expo, quella per la ‘Piastra,’ vinta dalla Mantovani Costruzioni, di cui era ad, con un ribasso del 42 per cento. “Nel senso – precisa – che vi era una spartizione di massima con riguardo al settore della Sanità e del settore delle Infrastrutture e costruzione di grandi Opere; il primo settore, controllato dal sistema della Compagnia delle Opere, il secondo dal gruppo delle grandi Imprese nazionali di costruttori, con prevalenza di quelle milanesi. Mi disse anche – aggiunge – che in questo sistema lui aveva la possibilità di essere tutelato grazie ai rapporti che negli anni precedenti aveva instaurato con due società chiave nela gestione degli investimenti infrastrutturali in Lombardia, ossia Ilspa e Serravalle. In particolare – conclude – egli poteva godere di ottimi rapporti con l’amministratore di Ilspa Antonio Rognoni (pure tra gli indagati) per il quale presso il Ministero delle Infrastrutture del tempo si stava adoperando per la sua nomina a direttore generale dell’Anas”.

    I MANAGER (E IL FUTURO SINDACO) CHE VANNO TROPPO DI FRETTA

    “Ottenuto l’appalto ed evitata la verifica di congruità dell’offerta per ragioni di urgenza – si legge nella richiesta di archiviazione della Procura  presentata al gip che l’ha respinta fissando un’udienza al 9 novembre  –  l’unico interesse dei manager di Expo, constatato il ritardo sul crono programma, appare quello di concludere i lavori entro aprile 205, termine assolutamente indifferibile”. “Dichiarato tale obbiettivo – proseguono i pm – si è arretrata la soglia della legittimità dell’agire amministrativo, accedendo a una deregulation dettata dall’emergenza. L’offerta con un ribasso del 42% rispetto al prezzo di gara, in forza della quale la Mantovani si è aggiudicata l’appalto, è stata ampiamente modificata nei costi e nelle originarie obbligazioni contrattuali, consentendo all’appaltatore di entrare in una anomala trattativa al rialzo con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori in corso, la cancellazione dell’Evento e la credibilità del Paese”. E tra chi va veloce, c’è anche il futuro sindaco  Giuseppe Sala, non indagato in questa vicenda. Sentite Antonio Rognoni, l’ex grande capo di Infrastrutture Lombarde, poi arrestato: “”Sono andato da Sala  e ho spiegato i motivi per cui mi sembrava irragionevole l’offerta della Mantovani. Sala mi ha risposto che loro avrebbero proseguito con questo orientamento perché non avevano tempo per poter congruire i prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani e per verificare se l’offerta era anomala o meno”.  A suo riscontro, le affermazioni del responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa: “”Proposi alla stazione appaltante di non fare la verifica di congruità nelle persone di Paris (Angelo Paris, allora ‘braccio destro’ di Sala, poi arrestato) e Sala le quali hanno accolto la proposta alla luce delle mie motivazioni”. Sempre Chiesa e Rognoni spiegano che si era deciso in Expo di non fare verifiche di congruità  qualora vi fossero offerte molto al ‘ribasso’, come quella presentata dalla Mantovani, per motivi di tempo. La legge stabilisce che le stazioni appaltanti “possono”, ma non devono, valutare la congruità di offerte che appaiono “anormalmente” basse.  Dove è la Milano puntigliosa contro la Roma crapulona? E dove sarebbe se su questa indagine che ora un gip cerca di rianimare (ma sembra tardi) non fosse intervenuta la “sensibilità istituzionale” di cui Matteo Renzi ha ringraziato i vertici della Procura?

    (Manuela D’Alessandro)


  • “Il senso del tumore per la vita”, l’incontro del cronista Paolo Colonnello con l’eternità

     

    La differenza tra il libro del giornalista sassofonista Paolo Colonnello e altri scritti da malati di tumore è che questo libro suona. Suona da quando l’amico chirurgo Tullio gli annuncia che “purtroppo è proprio un sarcoma, tra l’altro rarissimo” all’ultima scena sul “tetto che salva” dell’Istituto dei Tumori dove Paolo, finalmente “senza pigiama”, si commuove aspettando di esibirsi davanti agli oncologi che l’hanno curato, ai pazienti e agli amici.

    C’è un brano di jazz che fa da contrappunto a ogni capitolo della sua immersione nel cancro, dove sul fondale incontra un nuovo, luminoso sé stesso e personaggi fantastici come l’infermiera battezzata Madre Regina per il  piglio con cui conduce il reparto “Rari e stravaganti” (“Forza, qual è la vena più bella?”) e angeli come German, il ragazzo biondo e bellissimo che ha depositato qui per sempre il suo sorriso e l’album fotografico postumo ‘I live’.

    Paolo soffia note nel suo sax dopo la chemio, prima dell’operazione, in ogni angolo del libro, quelli pesti e quelli lucidi di speranza.

    “”Ho un tumore e non posso che improvvisare sperando di rientrare sulla battuta giusta senza perdere il tema. Allora sarà la mia musica”. E la sua musica arriva, con la scoperta del senso del tumore per la vita.  Il cronista giudiziario un po’ cinico, l’uomo sano che non guardava la sua ombra correndo davanti all’Istituto e anzi, toccandosi per scaramanzia, diventa (o torna?) l’uomo bambino che, varcando la soglia dell’ospedale per un controllo, “nella città dei grattacieli e dei passi svelti trova il tempo per raccogliere foglie colorate e nasconderle tra le pagine di un libretto”.  Come un eroe buffo delle favole, Paolo incontra vagando con la flebo per i corridoi o steso sul letto chi lo accompagna in questo viaggio di iniziazione caduto nella sua età di mezzo: Dario, Michela Salvatore, i medici trentenni “stupendi, atletici, sicuri di sé”; l’allegro vicino di letto Giuseppe che con le sue mani preziose ha costruito la linea 2 della metro e che ora la vita castiga deformandogli i polsi; la dottoressa Maura del reparto infantile dei ‘Gufetti’ che gli racconta delle “gocce di splendore” lasciate dai suoi pazienti. E quella musica, che va gonfiandosi di un senso, un giorno lo fa piombare in pigiama nell’ufficio del direttore generale per proporgli una una rassegna di jazzisti da festival mondiale sul tetto dell’Istituto. E lui, tra di loro. “Ed eccolo entrare, salutare dei signori in camice bianco e in camice verde, ha persino invitato sua moglie e i suoi figli per ascoltare tutto quanto quest’uomo ha da dire con la musica… L’uomo è contento perché ha capito che non c’è nessuna colpa nella malattia…Si muove ormai con scioltezza in questo posto, ha dei nuovi amici e ringrazia il destino per avere avuto tutto ciò che gli è stato riservato perché lo ha accettato e riconosciuto come suo”. (manuela d’alessandro)

    Il senso del tumore per la vita’ di Paolo Colonnello. Ed. Quatttro D, euro 16,90.

  • L”Agenda rivoluzionaria 2017″ di Steccanella, un inno quotidiano a chi ha cambiato il mondo

    E’ in libreria l”Agenda Rivoluzionaria 2017′ (edizioni Mimesis, 16 euro) firmata dall’avvocato Davide Steccanella che fa rivivere per ogni giorno dell’anno la fiamma di piccole e grandi ribellioni passate e recenti avvenute in tutto il mondo.

    – Davide, all’inizio dell’agenda citi questa frase diMichail Bakunin: “La rivoluzione è sempre per tre quarti fantasia e per un quarto realtà”. E’ proprio così?

    – Bakunin e questa frase mi piacciono molto ma l’agenda lo smentisce! Basti pensare proprio alla rivoluzione russa di cui quest’anno ricorre il centenario. Da qualche parte c’è sempre un fermento rivoluzionario, la storia non si ferma e non si smette mai di lottare. Ho scoperto che sono successe nel mondo tante di quelle cose  che è stato complicato sceglierne una al giorno…

    – Quali fonti hai utilizzato per trovare ogni giorno una data significativa?

    – E’ stato un lavoro faticoso, durato più di un anno. La storia per me è una passione che ho ereditato dal papà. Ho consultato tonnellate di libri, giornali e documenti dell’epoca, l’archivo ‘Cipriani’ e altri e un interessante sito web che si chiama ‘Anarcopedia’, una specie di wikipedia anarchico.

    – Perché in Italia, nonostante ci sia una progressiva compressione dei diritti, soprattutto sul lavoro, non si fa una rivoluzione?

    – In Italia e nell’occidente manca l’idea di conquistare qualcosa collettivamente, nella storia le conquiste si sono fatte sempre lottando insieme. C’entra il fatto che la nostra società è fondata sull’individualismo ma anche che si è fatta un’opera di rimozione della ribellione. E’ importante che i giovani conoscano il passato. C’è un atteggiamento molto conformista, gli unici a protestare sono i grillini ma non hanno ideologie. Ho paura che non è che non ci sono più solo le ideologie ma nemmeno le idee.

    – C’è ancora qualcuno che defineresti rivoluzionario nel nostro paese?

    – I ragazzi del movimento No Tav per esempio. Il loro è un dissenso giudicato fastidioso perché oggi viene tollerato solo quello ‘interno’ al potere, il resto è criminalizzato.

    – E’ vero che si nasce rivoluzionari e si muore pompieri?

    – No! Tanti non hanno fatto questo percorso, ma di loro non si parla, si parla degli altri.

    – Chiudiamo con una domanda personale. Cè una data che ha rivoluzionato la tua vita?

    – Si, il 9 aprile 1986 quando mi sono fidanzato con un uomo e ho capito che la mia vita poteva essere bella lo stesso.

    (manuela d’alessandro)

  • L’imbarazzo della Gdf, indaga sul Sole 24 ore con cui ha un accordo di formazione

    C’è un aspetto che potrebbe mettere in imbarazzo la Guardia di Finanza chiamata a indagare sui conti del gruppo ‘Sole 24 Ore’, senza che ciò significhi un’automatica diminuzione della forza investigativa.  Un’inchiesta appena aperta dal procuratore Francesco Greco con l’iscrizione di un fascicolo a ‘modello 45’, per adesso senza indagati né ipotesi di reato, ma che è potenzialmente la più calda tra quelle in rampa di decollo.

    Il 25 gennaio scorso l’allora comandante delle Fiamme Gialle Saverio Capolupo e Donatella Treu, all’epoca ad del gruppo editoriale, hanno siglato una convenzione di durata triennale che prevede, a titolo gratuito, l’accesso per i finanzieri a ‘Plus Plus 24′, l’immensa banca dati del gruppo editoriale, e la possibilità per i militari della Gdf di partecipare ai corsi e ai master targati Sole 24 Ore e di essere relatori a convegni organizzati dell’azienda di Confindustria. “Un’opportunità di straordinaria valenza”, aveva commentato Capolupo, poi sostituito dal generale Giorgio Toschi  alla guida del Corpo.

    Al momento dell’intesa, c’erano almeno tre dipendenti del Gruppo che potrebbero essere chiamati in Procura a testimoniare su quanto accaduto negli ultimi anni alle finanze del Sole: oltre a Treu anche il direttore del quotidiano Roberto Napoletano e l’ex presidente del Gruppo Benito Benedini. (manuela d’alessandro)

    i dettagli dell’accordo Gdf – Sole 24 Ore

    gli esposti alla Consob che raccontano il crac del Sole 24 Ore

     

  • Nei 27′ di video Berlusconi – Polanco i licenziamenti in Mondadori, ‘Striscia’, la Georgia e molto altro

    Striscia la notizia? Da chiudere, “costa troppo”. Balotelli? “Negro”. “Ho evitato la guerra tra Russia e Georgia”. “La gente è cattiva”. Signorini per quelle foto sul settimanale, “l’ho già chiamato, te lo giuro”. “Non ho mai preso in giro nessuno in vita mia”. Chi pronuncia queste frasi? Indovina.

    LE FRASI RAZZISTE
    “Una che va con un negro mi fa schifo, tu sei solo abbronzata, quello è proprio nero”, diceva Silvio Berlusconi. Ma quando? Il video, di cui vi abbiamo riferito in esclusiva ieri, è databile tra giugno e settembre 2011, ovvero 5 anni fa. L’inchiesta Ruby è già scoppiata, Raffaella Fico è fidanzata con Mario Balotelli, Berlusconi è presidente del Consiglio in carica, la stagione televisiva autunnale non è ancora iniziata. Lo si ricava dalla lettura dagli atti dell’indagine Ruby ter relativi alla conversazione avvenuta ad Arcore, e ripresa di nascosto da Marystelle Polanco. Ne sono protagonisti lo stesso Berlusconi, la soubrette Polanco e le sue colleghe Barbara Guerra, Concetta De Vivo, Aris Espinosa, e la giovanissima Iris Berardi. Il bomber Mario Balotelli non è ancora in rossonero, lo diventerà solo nel 2013, due stagioni dopo. Non sa ancora che in casa Berlusconi i giocatori di colore vengono definiti “negri” o ancora “negretti” (cit. Paolo Berlusconi 2013).

    FICO E BALOTELLI
    Tutte contro Raffaella Fico, ‘colpevole’ di lavorare troppo. La aiuti tu, accusano le giovani rivolte all’allora cavaliere, il quale si difende, “non la vedo da quattro mesi, lei ha trovato la sua strada”. “La dà a qualcuno”, maligna l’affilatissima Barbara Guerra. “Ma no, poi lei sta con Balotelli perché le è morto il padre da poco”. “Va in giro tutta vestita di nero”, chiosa Marystelle. “Appunto, e va in giro con Balotelli…” Risponde Berlusconi. Che Elogia la Fico: è brava, “lavora da tanto, è conosciuta, è bellissima”. Replica piccata Marystelle: “Se parliamo di bellezza quella c’ha due piedi grossi così, è nana, ha le vene varicose”. Sempre carine…

    STRISCIA LA NOTIZIA
    Le ragazze ce l’hanno con Antonio Ricci, che non le vede di buon occhio in Mediaset. Lo hanno incrociato da Bulgari, non le ha degnate di uno sguardo. Berlusconi: “Ma cos’è Bulgari?”. Con pazienza, la sedicente squattrinata Marystelle gli spiega che è un albergo in centro a Milano dove si va a fare aperitivi. È allora che Silvio annuncia: “Ti dico che quest’anno Striscia la Notizia potrebbe chiudere. Costa troppo”. Ma Silvio, Striscia è un bel programma, lo avverte l’esperta di tv Marystelle, “la Rai non la guarda nessuno, Mediaset va bene”. Sì ma costa, “forse si passerà dai telegiornali ai programmi della sera saltando Striscia”. “Mondadori deve licenziare il 30 per cento dei suoi dipendenti”, argomenta il Cav per spiegare il momento di difficoltà delle sue aziende, “sono preoccupatissimo”. Forse era davvero intenzione di Berlusconi chiudere un programma che è stato un simbolo delle sue televisioni. Non è poi andata così. Del resto spiega, “io in Mediaset non sono più presidente di niente”.

    SIGNORINI E CHI
    “Ma non hai chiamato Alfonso per quelle foto!”, lo attacca Concetta De Vivo riferendosi a un servizio fotografico posato che ritraeva lei e la gemella Eleonora col pancione. Si aspettavano di vederlo pubblicato immediatamente sul settimanale Chi. Non è ancora uscito. “Ma se ti dico che ho chiamato, ho detto che ci tenevo molto”, assicura Berlusconi. “Nella mia vita non ho mai oreso in giro nessuno”.

    LO STATISTA
    Nel video di 27 minuti c’è anche spazio per qualche sfogo. Berlusconi rivendica i suoi meriti, lamenta la cattiva pubblicità che gli ha provocato il caso Ruby. “Tutto quello che ho fatto da statista, ho evitato la guerra tra Russia e Georgia…tutto cancellato per questa storia del bunga bunga…”

    video-inedito-di-berlusconi-balotelli-negro-tu-polanco-solo-abbronzata

  • Ecco gli esposti che raccontano il crac del Sole 24 Ore su cui indaga la Procura

    Al ‘Sole 24 Ore’ ci sono giornalisti che sanno fare molto bene il loro lavoro anche quando alzano i tappeti di casa propria. Uno è Nicola Borzi che ha presentato a ottobre due esposti alla Consob di grande interesse anche per la Procura di Milano, impegnata nella ricerca della verità sui conti del gruppo dopo avere aperto un’inchiesta per ora a modello 45, senza indagati né ipotesi di reato. Documenti che, come un’inchiesta giornalistica, raccontano lo strazio contabile del gruppo di Confindustria che il 16 dicembre 2007, giorno della quotazione in Borsa, valeva 750 milioni di euro e ora appena 51. Nonostante un ‘rosso’ che si allargava in modo tragico, il quotidiano diretto da Roberto Napoletano vantava una crescita imperiosa delle copie digitali. A marzo 2016, Ads l’organismo che registra la diffusione delle testate, certificava questa ascesa in 109mila copie digitali multiple, quelle cioè relative ad abbonamenti venduti in blocco ad aziende. Un dato decisivo per la raccolta pubblicitaria che vedeva il Sole staccarsi in modo clamoroso da Repubblica (2363) e Corriere (5761). Copie che però poi sono risultate  fasulle tanto da indurre Ads a non conteggiarle.Nell’esposto viene ipotizzato che molte di esse siano state acquistate da una società anonima londinese, la Di Source.

    Borzi riporta uno scambio di sms in cui il manager della società inglese Filippo Beltramini conferma di occuparsi degli abbonamenti digitali. Scrive il cronista che “fonti interne ed esterne” gli hanno riferito che la Di Source è legata al Sole 24 Ore “da un giro di fatture per prestazioni di servizi e/o consulenze che sono state segretate” e che “siccuperebbero di gestione, raccolta, attivazione di abbonamenti delle testate del Sole 24 Ore altrimenti inattivi e non registrabili nella rendicontazione Ads perché appartenenti anche alla categoria delle copie multiple, in copia di denaro”. Della Di Source sappiamo che è stata costituita dalla fiduciaria Jordan Cosec  utilizzata, stando a una sentenza spagnola, per far sparire i soldi degli sponsor al calciatore Lionel Messi ed evitare così di dichiararli al fisco. Ma quanti abbonamenti gestiva per conto del Sole? Quanto ha contribuito a generare l’abbaglio delle vendite?  La certezza sono i numeri dell’ultima semestrale: un patrimonio netto crollato a a 28,2 milioni rispetto ai quasi 90 della fine dello scorso anno, perdite per quasi 50 milioni solo nei primi sei mesi dell’anno. Mercoledì scorso i giornalisti hanno sfiduciato il direttore Roberto Napoletano in una percentuale superiore al 70 per cento ma il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia gli ha confermato il suo appoggio.

    (manuela d’alessandro)

    Sole 24 Ore esposto 5 ottobre 2016

    Sole 24 Ore esposto 7 ottobre 2016