Categoria: Pubblica Amministrazione

  • Firme false, 2 anni 9 mesi a Podestà che Bruti non voleva far indagare

    Due anni e 9 mesi per falso elettorale. E’ la condanna di Guido Podestà, all’epoca dei fatti e ancora fino al 31 dicembre presidente della Provincia di Milano, per le firme false raccolte a sostegno del listino di Formigoni e della lista Pdl in occasione delle elezioni regionali del 2010. Il pm Alfredo Robledo aveva chiesto 5 anni e 8 mesi per falso ideologico. Il giudice Monica Amicone dimezza la richiesta di pena e riqualifica il reato. Ma la sostanza è che l’impianto accusatorio tiene in una vicenda che ha fatto parte del contenzioso tra il capo della procura Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Robledo fino a poco tempo fa responsabile del dipartimento dei reati contro la pubblica amministrazione. (processo-a-podesta-sospeso-per-scontro-bruti-robledo-a-rischio-anche-quelli-a-formigoni-e-berlusconi).

    Lo ha ricordato anche il professor Gaetano Pecorella in sede di conferenza stampa post-sentenza presentando un book di “22 domande senza risposta” (titolo “Che Italia è questa- Il processo di Robledo contro Podestà”) che farà da traccia per impugnare la condanna. “Bruti Liberati aveva invitato Robledo a compiere alcuni accertamenti e a non procedere all’iscrizione di Podestà, ma Robledo preferì procedere lo stesso”, sono le parole di Pecorella.

    Robledo, questa ormai è praticamente storia, intese quell’invito del procuratore

    come una sorta di interferenza nell’indagine a tutela della politica, un’azione insomma dello stesso segno di quella che avrebbe portato a “dimenticare nel cassetto per 6 mesi” il fascicolo Sea, quella volta a tutela della giunta di centrosinistra di Milano.

    Pecorella quasi si diverte a citare il giurista Carrara, “quando la politica entra dalla porta la giustizia esce dalla finestra”, per poi ricordare di aver chiesto il trasferimento del processo da Milano a Brescia perché il suo cliente sarebbe stato una vittima della guerra interna alla procura.

    La difesa lamenta la mancata citazione di diversi testimoni che avrebbero scagionato Podestà. Ci sarà il deposito delle motivazioni tra 90 giorni quando con ogni probabilità sia Bruti sia Robledo non saranno più in Procura per decisione del Csm e questa vicenda interesserà tutti un po’ meno di oggi (frank cimini)

  • Bruti scrive a tutti pm: ma voi i soldi sequestrati li date al Fug o alle banche?

    “Caro collega”, ma tu hai mai fatto come Robledo?  I soldi sequestrati li dai alle banche “con eventuale nomina di custodi giudiziari”o al Fug (Fondo Unico di Giustizia)? Il ‘sondaggio’ è firmato dal procuratore Edmondo Bruti Liberati e rivolto, via e – mail, a tutti i pm. Bruti vuole sapere se è mai capitato ai magistrati di affidare il denaro, presunto frutto di reati, agli istituti di creditocome fece Alfredo Robledo nel 2009 quando depositò presso due banche cooperative 170 milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta sui derivati. E lo vuole sapere con una certa velocità, “anche se la riposta fosse negativa”, entro il 26 novembre, “dovendo io presentare una relazione complessiva per il Csm”. Siamo, l’avrete capito, sempre nel ‘ring’ dove i due si sono sfidati negli ultimi mesi. Uno dei colpi più duri sferrati da Bruti al ‘nemico’ fu l’accusa di essersi sottratto alla regola che imporrebbe di dare i soldi sequestrati al Fondo Unico per la Giustizia, un’articolazione di Equitalia che per legge, dal 2009, deve gestire tutti i fondi sequestrati dalle Procure. Robledo rispose che nominò un custode perché glielo ordinò il giudice che dispose il sequestro  e consegnò i soldi alle due banche brianzole perché non investono in derivati ma in progetti economici destinati alle piccole imprese. (m.d’a.)

  • Da Bruti ok alla Boccassini
    Forno dà il via libera a Robledo
    Ma chi valuta Bruti?
    E comunque i pareri sono da buttare

    Un girotondo spezzato. Il Procuratore dà un giudizio su un suo vice, un altro procuratore aggiunto valuta un collega pari-grado, ma poi nessuno valuta il procuratore stesso.

    Questo accade alla Procura di Milano. In valutazione, tre pedine fondamentali, che aspettano di sapere dal Consiglio giudiziario, e poi dal Csm, se saranno riconfermate nei propri ruoli per i prossimi quattro anni. Ciascuno ha bisogno di un parere, tranne il procuratore stesso. Quindi Bruti Liberati valuta positivamente Ilda Boccassini, capo della Dda. Pietro Forno, numero uno del pool sui reati che riguardano i soggetti deboli, valuta positivamente Alfredo Robledo, capo dell’anticorruzione fino al giorno in cui Bruti l’ha esiliato all’Esecuzione. Ma chi dà il voto a Bruti, anche lui attualmente in valutazione? Nessuno, è capo di un ufficio e non è previsto che sia il Procuratore generale, per esempio, a formulare una valutazione da sottoporre al consiglio giudiziario.

    Fatto singolare, poi, è che il consiglio giudiziario ha appena rispedito al mittente i pareri di Bruti su Boccassini e di Forno su Robledo. Perché? Troppo generici, non rispettavano i quesiti previsti. In sostanza, secondo alcuni membri dell’articolazione locale del Csm, quelle schede di valutazione assomigliavano troppo a una specie di copia-incolla del bilancio di responsabilità sociale della Procura, il rapporto che annualmente viene distribuito a tutti i sostituti, ai vertici del Palazzo di Giustizia, e anche ai giornalisti. Non una valutazione specifica sui magistrati in questione, insomma, ma un riepilogone dei dati che riguardano i loro dipartimenti. Curiosa in particolare la carenza di dettagli su un punto: la capacità di rapportarsi con i sostituti. Chissà cosa ne pensano i pm della Dda, o quelli del secondo dipartimento. Bruti per Boccassini, e Forno per Robledo, pare si siano astenuti dal precisarlo.

  • Quel monitor di Expo al passo carraio dove non serve a nessuno

     

    Uno dei 173 monitor di marca Samsung comprati coi fondi Expo nell’ambito di un appalto del valore complessivo di 1 milione e settecentomila euro è stato appeso nel passo carraio del Palazzo di Giustizia affacciato su Corso di Porta Vittoria (sospesi-gli-affidamenti-diretti-expo-per-la-giustizia-milanese-il-verbale-che-svela-il-clamoroso-cambio-di-rotta).

    Scelta che appare bizzarra se pensiamo che questi maxi schermi dovrebbero servire a orientare il pubblico che quotidianamente affluisce nel Palazzo (“rifacimento dei segnali informativi e dei percorsi guidati del palazzo di giustizia, sistema informatico tramite monitor”, si legge nelle carte ufficiali). La zona del passo carraio è off limits per il pubblico, resta quindi il mistero su a chi o a cosa serva questo schermo. Negli ultimi giorni, ne sono spuntati diversi anche fuori dal Palazzo: uno vicino al Tribunale del Riesame, un altro  nei pressi dell’archivio (cui prodest?). Ci è stato spiegato che l’utilità di questa innovazione tecnologica sarebbe quella di ‘sostituire’, tra l’altro, i vecchi  fogli di carta, quelli affissi sule porte delle aule  che forniscono i dati essenziali delle udienze. Per adesso sugli schermi continua a lampeggiare la scritta ‘No cable connected’ e crescono ironie e malumori su questi ingombranti nuovi inquilini che richiederanno ardite torsioni del collo per essere consultati. (manuela d’alessandro)

  • Addio a Giuggioli, per 18 anni il ‘Presidente’ degli avvocati milanesi.

    Questa notte è mancato all’età di 77 anni lo ‘storico’ Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano Paolo Giuggioli. Il ricordo dell’avvocato Davide Steccanella.

    “Per me è stato e rimarrà il mio “Presidente”.
    Non che avessimo molto in comune, né che ci frequentassimo extra-Tribunale, anche per ragioni di età, però ero molto affezionato al sempiterno Giuggioli, come si diceva a Palazzo, e oggi la notizia della sua morte improvvisa mi ha reso triste anche se credo che abbia vissuto facendo quello che voleva fare.
    Non mi hanno mai molto “appassionato” le campagne elettorali per la elezione del Presidente dell’Ordine e quindi ero poco interessato alle varie accuse di attaccamento alla poltrona che da più parti gli venivano mosse, e molto spesso provenienti da chi su quella poltrona avrebbe voluto subentrare.
    Quelle rare volte che per la mia professione ho avuto bisogno di parlare con qualcuno del mio ordine professionale lui era sempre disponibile e sorridente, insomma avevo l’impressione di avere un Presidente, ecco perché ogni due anni il mio primo nel segreto dell’urna voto era sempre per lui.
    Anni fa organizzai a Palazzo un importante convegno su un tema che da sempre molto mi appassiona e mi ricordo che la prima volta che glielo proposi mi disse subito di si con entusiasmo mettendomi a disposizione i “potenti” mezzi di cui come Presidente dell’ Ordine poteva disporre, e poi venne a quel convegno e partecipò nel più sentito dei modi.
    Voglio però ricordarlo in un episodio gustoso che non c’entra nulla con il solito “palazzo” perché avvenne sulla autostrada Milano-Bologna un accaldato pomeriggio di settembre di qualche annetto fa. (altro…)

  • Sospesi gli affidamenti diretti Expo per la giustizia milanese
    Il verbale che svela il clamoroso cambio di rotta.

    Ci eravamo lasciati con una domanda (Le carte degli appalti Expo senza gara): perché  gran parte del ‘tesoretto’ dei fondi Expo assegnato alla giustizia milanese è stato distribuito con una pioggia di affidamenti diretti e non con gare pubbliche?

    LA SVOLTA.

    Qualche giorno dopo la pubblicazione di quell’articolo, tutti i vertici dell’amministrazione giudiziaria milanese si sono riuniti coi rappresentanti del Comune e del Ministero per fare il punto sui 16 milioni di euro complessivi che, in nome dell’Esposizione Universale, sono stati destinati al Palazzo.

    Ed è arrivata una sorprendente svolta: da adesso in poi, e per quel che resta da spartirsi, niente più affidamenti diretti, solo gare pubbliche. Con retromarce repentine sui contratti per alcuni lavori che appaiono dettate sia dall’improvvisa attenzione mediatica sul tema, sia dalle ‘pretese’ di una parte degli uffici giudiziari (Procura Generale e Corte d’Appello)  rimasti esclusi della spartizione dei soldi e che ora reclamano la loro fetta. In concreto, ciò significa che per l’inizio di Expo, maggio 2015, salvo miracoli, il previsto maquillage del Palazzo non sarà completato perché le gare richiedono molto più tempo rispetto alla procedura sprint degli affidamenti fin qui adottata.

    UNA RIUNIONE MOLTO TESA.

    E’ il 10 ottobre e nell’elegante stanza della Corte d’Appello l’aria si fa subito gelida. Il ‘padrone di casa’, il Presidente Giovanni Canzio, esordisce affermando che  da febbraio era stato da lui invano atteso e sollecitato più volte un incontro sui progetti di informatizzazione finanziati coi fondi Expo.  Le parole che leggiamo nel verbale dell’incontro, di cui siamo entrati in possesso (Il verbale della riunione sui fondi Expo), fanno immaginare volti,  sguardi e toni di chi sta giocando non una partita comune sotto l’egida di Expo ma una corsa dove ognuno sembra andare per la propria strada.  Non a caso, il termine che si lascia sfuggire più spesso nei suoi interventi il Presidente della Corte Giovanni Canzio è “disallineamento” e la sua continua esortazione è quella a una maggiore “serietà” da ora in avanti.  Espressioni che evocano con toni diplomatici gli aspri contrasti nel conclave di chi decide le sorti dei fondi.

    Dei 16 milioni destinati alla giustizia ambrosiana, 10 sono già stati assegnati con il primo e il secondo finanziamento attraverso una raffica di affidamenti diretti di cui ha beneficiato soprattutto il Processo Civile Telematico; ne restano circa 6,  da distribuire nell’ambito della terza e della quarta tranche programmate nel 2010 quando l’”oro” di Expo ha cominciato a circolare nel Palazzo.

    LA RIVELAZIONE.

    Tocca a Laura Tragni, segretario generale della Corte d’Appello, svelare due freschissimi cambi di programma nella gestione dei soldi Expo.  Dalla lettura dell’ultimo rendiconto, spedito dal giudice Claudio Castelli alla Commissione qualche giorno prima della riunione, Tragni ha appreso “con stupore” che è stata prevista una gara europea per l’utilizzo dei fondi Expo destinati a Unep (Uffici Notificazioni Esecuzioni e Protesti) per la Corte d’Appello.  Un progetto che dovrebbe rendere elettroniche le notifiche dei provvedimenti giudiziari. “E’ stata una doccia fredda”, “qualcosa di assolutamente diverso da quanto mi era stato comunicato nel luglio di quest’anno”, lamenta, sottolineando che il ricorso alla gara europea dilaterà di molto i tempi per Unep.  A luglio, questa è la ricostruzione offerta dalla rappresentante della Corte d’Appello, era già stata individuata la società che, col solito meccanismo dell’affidamento diretto, avrebbe dovuto occuparsi del progetto ed erano “già state acquisite le valutazioni di congruità tecnico – economica”. Adesso però si è deciso che è tutto da rifare, e questa volta con la gara europea, quella che garantisce la massima ‘democrazia’ nella scelta del contraente.

    E questo non è l’unico cambio in corsa che ha sconcertato la dottoressa Tragni. “Il secondo profilo di preoccupazione” espresso dalla segretaria – si legge infatti nel verbale – nasce da un confronto tra il rendiconto di settembre, dove spunta, a pagina 1 del Prospetto delle acquisizioni da commissionare relative al terzo finanziamento, accanto alla voce riguardante il Processo Civile Telematico (del consistente importo di 1 milione e 400mila euro) l’indicazione ‘Ricevuta offerta e congruità. In sospeso per inoltro criticità su affidamento’”. Tragni definisce “allarmante” il fatto che all’improvviso sia stata bloccata la procedura dell’affidamento diretto per un settore “nevralgico e sofferente” come quello fallimentare dove il processo telematico sta creando molti problemi.

    Il direttore del Settore Uffici Giudiziari per il Comune, Carmelo Maugeri, e la Direttrice Generale del Dgsia (Direzione Generale per i Sistemi Informativi del Minstero della Giustizia), Daniela Intravaia, spiegano a Tragni che “3 lotti andranno in gara pubblica, non trovando altrimenti giustificazioni tecniche” e che non ci sono i presupposti per utilizzare l’articolo 57 comma due del codice sugli appalti, quello che consente di fare affidamenti diretti allo stesso fornitore già in precedenza individuato da un’amministrazione. Proprio quell’articolo di legge in nome del quale sono stati distribuiti diversi milioni di euro targati Expo, alcuni dei quali proprio a quella NetService che, anche in questo caso, sembrava essersi accaparrata l’affidamento diretto prima della sospensione. Il nuovo scenario non convince la segretaria della Corte d’Appello che insiste: perché all’inizio queste “criticità” sugli affidamenti diretti non erano state evidenziate?

    Le sorprese non sono finite.  Anche Intravaia si lascia andare a una rivelazione interessante: per la prima volta l’organo di controllo interno dell’articolazione ministeriale da lei diretta ha mosso un rilievo interno “sul perché ci si è appellati alla continuità tecnologica dell’articolo 57 sul contratto fatto al loro abituale fornitore Net Service”. A questa società erano stati assegnati due affidamenti diretti per la realizzazione del Processo Civile Telematico invocando la “continuità tecnologica” che adesso viene messa in discussione.  (altro…)

  • Bruti ai 46 pm in assemblea: ‘Mai indagine insabbiata o rallentata’.

    “Mai un’indagine è stata insabbiata e nemmeno rallentata. Non ci sono stati ostacoli. I giornali hanno strumentalizzato scrivendo di procura lacerata, io non sono mai intervenuto sui media, non ho replicato e quindi ho una conoscenza parziale dei fatti”. Così ha parlato il capo della procura di Milano Edmondo Bruti Liberati davanti a 46 pm da lui convocati in assemblea per ritrovare la compattezza dell’ufficio inquirente, la cui immagine è stata scalfita dalla querelle tra lo stesso Bruti e uno dei suoi vice Alfredo Robledo, che ora dovrà essere definita dal Csm.

    Per 40 minuti nel corso dell’assemblea si è parlato di “Giada” il programma per fissare le udienze finanziato con soldi Expo e che ha creato fin qui più problemi di quanti non ne abbia risolti. E pure su questo punto Bruti ha trovato il modo di prendersela con i giornali e con le rappresentazioni che ne hanno dato. Un’assemblea un po’ surreale, in un clima difficile dove a un certo punto un pm si è sentito iun dovere di non essere stato lui a fornire le mail per un articolo su “Giada”.

    Nessuno ha fatto cenno invece ai fondi Expo della giustizia assegnati senza gare proprio nel palazzo in cui si prendono provvedimenti restrittivi della libertà in materia di turbativa d’asta. E su “nessun rallentamento di indagini o insabbiamento” non è stata pronunciata da alcuno la parola Sea, il nome del fascicolo “scomparso” per 6 mesi, da ottobre 2011 a marzo 2012, affidato da Bruti a Robledo quando la gara d’asta era già stata fatta, e che poi ha visto il proscioglimento di Vito Gamberale e degli altri imputati. Hanno preso la parola per fare rilievi critici Luca Poniz, Luca Gaglio e Paola Pirotta (solo quest’ultima viene considerata ‘roblediana’), i quali hanno sottolineato come ad alcuni pm vengano messi a disposizione più mezzi (polizia giudiziaria e carichi di lavoro meno pesanti) rispetto ad altri.  Alla fine è arrivato un timido applauso attribuito da chi c’era ai ‘fedelissimi’ del capo.

    Per Bruti “l’assemblea è andata bene, le assenze sono dovute a impegni di udienze o comunque di lavoro”. Il capo ha preanniunciato altre riunioni e l’aggiunto Francesco Greco ha proposto di fare unba nuova assemblea “anche prima di Natale”.

    Prima dell’inizio della riunione,  Bruti, di cui è nota la proverbiale gentilezza coi giornalisti (anche con chi lo critica), è apparso insolitamente nervoso. “Se il procuratore Robledo vuole fare le conferenze stampa, le faccia”, si è rivolto con stizza ai giornalisti che facevano la ‘conta di presenti e assenti’ davanti alla sua stanza ed erano appena usciti dall’ufficio del ‘rivale’. “Non state qui ad origliare, spostatevi, faremo un verbale che poi resterà a noi e ci faremo una ragione di chi viene e di chi non viene”. Poi è tornato al consueto aplomb e, stando a quanto riferito da chi era presente, ha fatto anche cenno ai problemi più importanti della vita di fronte ai quali anche la sua lite con Robledo viene sminuita.  (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • A leggere Beccaria avvocati, giornalisti e un solo giudice, Roberta Cossia

    Si legge Beccaria nell’atrio del palazzo di giustizia per iniziativa della commissione carceri del Comune di Milano e della camera Penale. Ognuno legge un paio di passi. In piedi, al microfono, l’eco non è delle migliori (eufemismo) ma questo si sapeva e si sa.

    Si alternano avvocati e giornalisti. E un solo giudice, Roberta Cossia, ex gip che lavora da anni al Tribunale di Sorveglianza. Si tratta di uno dei pochi magistrati che Beccaria lo ha letto bene, lo conosce, lo ha capito. Insomma se ne intende e non avrebbe bisogno di rileggerlo. E invece è qui. Altri no. Molti sono impegnati a studiare come arrestarsi tra loro. Vent’anni fa dovevano e volevano cambiare il mondo, ora si guardano in cagnesco facendosi le pulci, combattendosi nel nome delle correnti. Scimmiottano i partiti e hanno pure il coraggio di gridare indignati che sono indipendenti e autonomi. Da chi? Leggessero Beccaria. (frank cimini)

  • Alla riunione convocata da Bruti
    molti pm avranno altro da fare

    Rischia di trasformarsi in un autogol la riunione convocata per giovedì prossimo dal procuratore capo Bruti Liberati con tutti i colleghi magistrati del quarto piano. Dove si farà? Nella sua anticamera. Ma non è un posto un tantino piccolo per più di 80 pm? “E chi ha detto che ci andranno tutti?”, risponde un magistrato ancora incerto sul da farsi: “Di certo non ci andranno alcuni ‘anziani’”. Nome ovvio, e di peso, tra gli assenti, è quello di Ferdinando Pomarici il quale, stando ai bookmakers di Freguglia Street, non si presenterà all’appuntamento. Ma come lui sono parecchi i pm che potrebbero essere impegnati in altre faccende. In tal caso allora la grande stanza con il tavolo a ferro di cavallo in cui il Procuratore organizza le conferenze stampa potrebbe bastare e avanzare. “C’è il rischio che si parlino con il megafono per sentirsi”, scherza il magistrato di cui sopra, implicitamente sbilanciandosi sulle proprie intenzioni.

    C’è anche chi, invece, da altri e più alti uffici, medita una discesa al quarto piano, a sostegno emotivo di chi tra i pm vorrà esserci, per sorreggere idealmente i colleghi che vorranno sollevare qualche obiezione sulla gestione dell’ufficio fin qui condotta dal Procuratore della repubblica. C’è chi immagina colpi di scena, come l’annuncio di dimissioni anticipate da parte di Bruti Liberati per evitare una possibile valutazione negativa da parte del consiglio giudiziario sulla sua conferma a capo dell’ufficio. E chi invece ritiene che giovedì non avverrà nulla di particolarmente eclatante, al di là di una riunione condita da un certo imbarazzo viste le divisioni in atto e l’altrettanto forte speranza – fin qui tradita – di superare il momento di difficoltà. Quasi tutti danno per scontata l’assenza del rivale di Bruti, Alfredo Robledo, ‘esiliato’ al dipartimento esecuzione penale, il quale potrebbe magari motivare la propria defezione con una spiegazione scritta.

  • Tremonti indagato, al Tribunale dei Ministri la procedura è incerta

    Non si sa nemmeno, stando alla procedura, se Giulio Tremonti, indagato per corruzione, abbia diritto o meno a leggere gli atti che lo accusano prima dell’eventuale interrogatorio davanti al Tribunale dei Ministri, dove intanto è stata depositata la nomina del suo difensore, il professor PierMaria Corso.

    Il legale, stamattina, ha incontrato il pm Roberto Pellicano che due settimane fa, insieme al collega Giovani Polizzi, decise l’iscrizione di Tremonti nel registro degli indagati per una presunta tangente da 2,4 milioni ricevuta da Finmeccanica attraverso una consulenza fiscale inesistente affidata allo studio da lui fondato e dov’è tornato dopo l’esperienza ministeriale.

    E anche per un professore come Corso è difficile districarsi tra le norme del Tribunale dei Ministri che risalgono al 1989, prima della riforma del processo penale. Non è dato sapere se il Tribunale dei Ministri debba o meno varare un provvedimento di chiusura delle indagini con conseguente messa a disposizione degli atti affinché l’indagato possa consultarli e difendersi. E’ ragionevole ipotizzare che nel caso il Tribunale Ministeriale decida la convocazione di Tremonti debba dargli la possibilità di leggere le carte. E’ certo invece che in caso di rinvio a giudizio il processo verrà celebrato alla Camera dei Deputati e la Procura che ha avviato l’indagine verrà sentita al fine di acquisire il suo parere. (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • Guido Salvini, “Tranfa ha inquinato il processo, dove sono Csm e Anm?”

    E’ stata sempre un’abitudine, quasi un automatismo, una comoda scorciatoia linguistica per i capi dell’Anm, alcuni dei quali assurti al Csm, evocare la “delegittimazione” della magistratura dinanzi a qualsiasi critica nei confronti della categoria, anche una semplice inezia, anche non infondata, anche del tutto disinteressata.

    Ora tanto l’Anm quanto il Csm tacciono imbarazzati davanti al gesto del Presidente del processo Ruby, tra l’altro esponente non di secondo piano dell’associazionismo a Milano, che si è dimesso, quasi sbattendo la porta, scrivono i cronisti, subito dopo il deposito delle motivazioni della sentenza. A quanto sembra, anche se la vicenda è avvolta in parte nell’ambiguità, la sua sarebbe una protesta contro l’assoluzione di Berlusconi dopo essere stato messo in minoranza dagli altri due giudici. Non è solo un episodio di scarso buon gusto. Il Presidente avrebbe potuto, come qualsiasi altro giudice e come consente la legge, motivare il suo dissenso e lasciarlo scritto in una busta chiusa depositata a futura memoria in cancelleria, senza violare il segreto del voto in camera di consiglio e senza mostrare poco rispetto nei confronti dei due colleghi. E nulla gli impediva, se proprio lo desiderava, di spiegare il suo punto di vista, magari tra qualche anno, in un libro quando anche il processo Ruby, come ogni cosa, sarà diventato storia. (altro…)

  • Bruti, tra poco me ne vado, ma prima “recuperiamo l’orgoglio”


    Bruti Liberati annuncia quello che già tutti sapevano, che presto riporrà la  toga per raggiunti limiti d’età, ma prima dice di voler provare a recuperare l’”orgoglio” perduto dalla Procura più tormentata d’Italia. Con una lettera inviata a tutti i pm milanesi, Bruti convoca  per il 6 novembre un’assemblea generale aperta a tutti i colleghi per “voltare pagina e rilanciare l’orgoglio di appartere a una una Procura della Repubblica che è stata ed è parte della storia del nostro Paese”.

    “Tra non molto tempo andrò in pensione – scrive –    Non ho altro obbiettivo che quello di garantire il miglior funzionamento possibile dell’Ufficio anche in vista e durante Expo 2015 e di lasciare questa Procura ben organizzata e con un clima di collaborazione e serenità”. Prima ammette che “il nostro Ufficio ha attraversato un periodo indubbiamente difficile”, ma poi attacca:  l’”immagine” di una Procura paralizzata da scontri interni presentata all’opinione pubblica non corrisponde alla realtà” perché essa “ha continuato ad assicurare un servizio giustizia di qualità al Paese”. Si può ipotizzare che il “tra non molto” significhi comunque che Bruti resterà al timone fino a dicembre 2015, quando, salvo proroghe per ora non previste, dovrà  andarsene. Difficile che lasci prima di Expo che, a questo punto, sembra sia il crocevia di ogni destino sul patrio suolo.  (manuela d’alessandro)

     

     

  • Sea, quando il gup è anche relatore al consiglio giudiziario

    Venerdì prossimo 24 ottobre il gup Anna Maria dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta di mandare sotto processo per turbativa d’asta Vito Gamberale e altri due imputati in relazione all’acquizione della Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Milano. Stiamo parlando del famoso fascicolo “scomparso”, assegnato con 6 mesi di ritardo al procuratore aggiunto Alfredo Robledo e punto cruciale della guerra interrna all’ufficio inquirente con il capo della procura Edmondo Bruti Liberati.

    Il giudice Zamagni fa parte del consiglio giudiziario del distretto ed è relatore sulla querelle Bruti-Robledo insieme alla collega Annunziata Ciaravolo. Dovrà riferire dunque anche sul capitolo di cui si occupa in sede di udienza preliminare. Il giudice recita due parti nella stessa commedia. E non si tratta di una vicenda qualsiasi, ma della storia che ha diviso la procura milanese e dove il Csm fin qui ha brillato per la sua capacità di rinviare e di non decidere, pur avendo da tempo tutte le carte a sua disposizione per farlo.

    Il doppio ruolo del giudice Zamagni rischia di finire per aumentare le incertezze e le contraddizioni di un’inchiesta, quella sull’acquisizione della Sea, già azzoppata dal ritardo con cui il fascicolo era arrivato al dipartimento di competenza dopo che se ne erano perse le tracce a causa di “una mia colpevole dimenticanza”, per citare parole con le quali Bruti Liberati si era assunto la responsabilità dell’incidente.

    Non era stato possibile intercettare Gamberale e gli altri indagati perché era finito l’effetto sorpresa dal momento che i diretti interessati sapevano della loro iscrizione nell’apposito registro. Nonostante ciò a conclusione delle indagini Robledo chiedeva il rinvio a giudizio su cui dovrà decidere il gup. Insomma è un fascicolo che non trova pace nell’ambito di una storia che all’immagine della magistratura nel suo complesso ha fatto non pochi danni. E nel caso specifico nessuno può alludere a complotti organizzati da imputati, nemmeno dal più eccellente di tutti (frank cimini)

  • Indagine avocata a pm Greco.
    Imprenditore patteggia 4 mesi.

    Ha patteggiato 4 mesi di carcere convertiti in 30mila euro di multa un imprenditore edile accusato di mancato versamento dell’Iva nell’ambito di una delle indagini che erano state avocate dalla Procura Generale di Milano dopo che la Procura aveva chiesto l’archiviazione e il gip aveva detto di ‘no’. (la-procura-non-indaga-tolte-sette-indagini-a-greco)

    Altri due imprenditori che rispondono dello stesso reato (l’evasione ammonta a 193mila euro) saranno processati col rito ordinario a partire dal 22 dicembre. L’imprenditore che ha patteggiato, col consenso del pg Gianni Griguolo, oltre al versamento della tassa dovrà pagare la multa in dieci rate mensili da 3mila euro l’una.

    E’ la prima delle inchieste avocate che viene definita con una condanna (manipolo-titoli-per-85-mln-procura-generale-chiude-unaltra-indagine-avocata-a-pm-greco). Era stato il procuratore aggiunto Francesco Greco a chiedere l’archiviazione valutando che nella denuncia arrivata dall’Agenzia delle Entrate non vi fossero fatti di rilevanza penale. Alcune delle altre indagini avocate sono già state chiuse nei mesi scorsi dalla Procura Generale. (a-processo-gli-evasori-archiviati-dal-pm-francesco-greco)

    (frank cimini e manuela d’alessandro)

  • La carte degli appalti Expo senza gara per Tribunale.
    A chi e perché sono finiti i fondi per la giustizia milanese

     

    Abbiamo trovato negli uffici del Comune di Milano le carte (consultabili qui: Documenti appalti Expo e Documenti appalti Expo 2) che giustificano gli affidamenti diretti a imprese beneficiarie dei fondi Expo per migliorare la giustizia milanese. Un  bel ‘tesoretto’ di diversi milioni di euro  che è stato distribuito a fortunate aziende o enti scelti senza una gara, diremmo quasi ‘sulla fiducia’.  La legge prevede questa possibilità anche per appalti al di sopra dei 40mila euro, la soglia sotto la quale i contraenti fanno un po’ quello che vogliono, senza bisogno di una competizione. Ma se si scavalca l’asticella dei 40mila euro l’affidamento diretto è un’eccezione e bisogna spiegare molto bene perché non si faccia la gara, con “adeguata motivazione nella delibera o determina a contrarre”.  Seguiteci nel nostro viaggio che ha cercato di rispondere, appalto per appalto, alle domande che ci eravamo posti nei giorni scorsi (inchiesta-milioni-di-fondi-expo-per-il-tribunale-assegnati-senza-gara-perche). Ma ve lo diciamo subito: più che trovare risposte abbiamo trovato nuove domande, che giriamo agli interessati. Senza pregiudizio, ma con molta curiosità.

    FACCIAMO BELLO IL SITO DEL TRIBUNALE

    Perché sono toccati proprio alla Camera di Commercio trucchi e pennelli per fare il maquillage del sito internet del Tribunale di Milano e la ‘regia’ per sviluppare l’intranet (la rete informatica del Palazzo)? E perché è stata prescelta senza gara per ricevere a questo scopo 265.295mila euro di fondi Expo? Nella determinazione dirigenziale datata 23 maggio 2013 col timbro di Palazzo Marino, si fa riferimento al dlgs. 163 del 2006, la norma del codice degli appalti che prevede l’affidamento diretto come ipotesi percorribile solo in casi puntuali. I funzionari non indicano in base a quale articolo di questa legge, richiamata solo in modo generico, la scelta sia caduta sulla Camera di Commercio. Il documento è tuttavia chiaro nello spiegarci le caratteristiche che deve avere chi desidera  questo contratto: “l’implementazione dell’intranet nonché la realizzazione del nuovo sito deve avvenire, vista la particolarità del sito utilizzatore, a cura di un operatore economico in grado di garantire la massima segretezza e riservatezza soprattutto in ordine alle notizie di cui verrà a conoscenza necessarie al fine di realizzare quanto richiesto”.
    Bene. Allora uno s’immagina che vengano lodate le capacità di mantenere i ‘segreti’ da parte della Camera di Commercio. Invece i dirigenti spiegano così i passaggi che portano all’individuazione dell’ente. “Gli Uffici Giudiziari del Palazzo hanno comunicato che da tempo è in essere un rapporto istituzionale consolidato tra gli stessi uffici e la Camera di Commercio in ordine all’esecuzione di attività varie”.

    Questo rapporto in realtà, non era tra tutti gli uffici giudiziari bensì solo tra il Tribunale e la Camera di Commercio. Restavano fuori quindi Procura, Procura Generale, Corte d’Appello. Ma cosa riguardava esattamente questa collaborazione? Qualcosa che ha messo in luce la capacità della Camera di Commercio di mantenere i segreti? Non proprio. La convenzione del 23 luglio 2008 “è dedicata principalmente all’informatizzazione dell’iter delle procedure concorsuali ed è stata integrata con addendum specifico per la gestione della pubblicità delle aste. Questa collaborazione – si legge nel foglio – ha consentito al Tribunale di usufruire di alcuni importanti servizi della Camera, tra cui la diffusione delle informazioni relative alle procedure concorsuali pendenti”. Quindi, la Camera di Commercio viene scelta come operatore in grado di garantire la segretezza perché ha dimostrato di essere brava a dare pubblicità alle aste? Eppure questo è il know how “specifico” indicato nel documento di Palazzo Marino di cui è in possesso la Camera “all’interno di organizzazione complesse come può essere il Tribunale di Milano”.

    Sia il sito della Procura che quello della Corte d’Appello sono stati invece realizzati gratis, con risorse interne all’ufficio il primo e con l’aiuto di AsteGiudiziarie. spa il secondo.

    CHI MANOVRA LA CONSOLLE DEL MAGISTRATO?
    Ed eccoci a uno dei ‘piatti’ più succulenti alla tavola giudiziaria di Expo: milioni di euro per i lavori necessari a mettere a punto la consolle del magistrato, il software che dovrebbe proiettare le toghe nell’era 2.0.  e, più in generale, utile allo sviluppo degli strumenti del Processo Civile Telematico.  Sono quattro le tranches di denaro uscito dal ‘cappello’ di Expo che vengono assegnate a questo fine e tutte se le aggiudicano Elsag Datamat  e Net Service, società entrambe nel ‘regno’ di Finmeccanica.

    1) A Elsag Datamat finiscono con affidamento diretto 959.952 mila euro del primo finanziamento Expo. Vediamo qual è l’asserita “adeguata motivazione”  per evitare la gara. Nella delibera del 26 novembre 2010 viene spiegato che la Datamat spa già il 28 luglio 2002, quando Expo era un miraggio, aveva vinto una gara europea per costruire l’”infrastruttura tecnologica” della consolle. In seguito a quella gara, il Ministero della Giustizia aveva sottoscritto nel 2003 un contratto con Datamat che poi si era fusa con Elsag. E tanto basta per far dire al Comune, 7 anni dopo, che il contratto va rinnovato a quella che nel frattempo è diventata  Elsag Datamat “per ragioni di natura tecnica”.

    L’articolo di riferimento è il numero 57 comma 2 lettera b del codice degli appalti per cui è possibile l’affidamento diretto “qualora per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente a un operatore economico determinato”. Quali siano le “ragioni di natura tecnica” per cui solo Finmeccanica era in grado di effettuare la prestazione non viene esplicitato in questa sede.

    2) Con identica motivazione contenuta nella determinazione dirigenziale del 24 gennaio 2011 viene affidato direttamente un altro gruzzoletto da 958.620mila euro sempre a Elsag Datamat, ancora una volta da destinarsi alla consolle del magistrato e al processo civile telematico.

    3) Stesso scenario per il 1.264.147,50 euro del secondo finanziamento che viene affidato alla società bolognese Net Service srl per il processo civile telematico. Ancora spicca il riferimento all’articolo 2 lettera b dell’articolo 57 per giustificare l’affidamento diretto e quello alla gara Ue di molti anni prima. Nella determina dirigenziale, notiamo anche che l’amministrazione comunale affida il denaro a Net Service su richiesta del Dgsia (Direzione Generale Sistemi Informativi Automatizzati), previo rilascio di un parere favorevole dello stesso Dgsia.

    4) Anche una fetta del terzo finanziamento viene utilizzata per migliorare la consolle del magistrato e il processo civile telematico. Per l’esattezza 631.960mila euro sono assegnati con affidamento diretto a Net Service. Nella determinazione dirigenziale del 7 novembre 2013 si fa anche un cenno all’esistenza del  “cruscotto del Presidente che consente al capo dell’Ufficio di esercitare un monitoraggio costante e proattivo dei singoli fenomeni di interesse”. Tutto e sempre in ne della “ragioni tecniche” indicate nel codice degli appalti che determina l’eccezione alla regola della gara.

    A questo punto viene da chiedersi: il Processo Civile Telematico funziona? E’ ovvio che un’innovazione così epocale ha bisogno di tempo per esprimere al massimo le sue potenzialità però fa impressione leggere in un recente  documento ufficiale dell’Anm di Milano che il “Pct attualmente dipende e si fonda su un parco macchine di estrema fragilità e su dotazioni software incomplete e inadeguate allo sfruttamento completo delle potenzialità dello strumento”.  (il-processo-civile-telematico-piu-lento-di-quello-cartaceo-e-poco-efficiente-nonostante-i-fondi-expo)

     

    IL SOFTWARE E’ MIO E ME LO GESTISCO IO
    Un altro affidamento diretto è quello del giugno 2011 da 40mila euro concesso a Tecnoindex spa per il “sistema di gestione Easy Doc Portal” e l’evoluzione del sistema “Giada”. Tecnoindex è la società che si è aggiudicata l’appalto informatico per la Camera dei Deputati e dietro alla quale ci sarebbe, come risulta da fonti aperte (‘Il Fatto Quotidiano’, 2 novembre 2011), Giuseppe Bonifacino, già coinvolto in Mani Pulite. Anche qui sembra che a determinare la partita abbia giocato un ruolo clou il Cisia, un’articolazione del Ministero a livello locale, i cui “rapporti” vengono indicati nella determina come decisivi per la scelta di questa società “che possiede un approfondito know how e, fra l’altro, risulta essere il produttore e manutentore del software utilizzato”.
    Nel 2014, la RedTurtle Technology, sempre con affidamento diretto, si porta a casa circa 30mila euro con affidamento diretto per l’”evoluzione del sistema gestionale Easydoc Portal”. E’ la stessa RedTurtle – leggiamo – a inoltrare “direttamente agli uffici del Tribunale la proposta tecnico – economica”. Dunque, il beneficiario ente pubblico (Tribunale) riceve dal privato contraente la proposta.

    PG E CORTE D’APPELLO, “NOI NON C’ENTRIAMO NULLA CON QUESTI APPALTI”.

    Torniamo al punto di partenza del nostro viaggio. I fondi Expo in teoria dovrebbero servire per rendere più efficiente agli occhi del mondo la giustizia milanese e, in particolare, a permetterle un salto nel futuro col Processo Civile Telematico. Nelle carte che abbiamo avuto modo di vedere sembra che dalle scelte contrattuali che hanno portato a diversi affidamenti diretti siano stati esclusi Corte d’Appello e Procura Generale.  Siamo andati a chiedere ai diretti interessati.

    “Noi abbiamo detto che non ci interessava come venivano destinati questi soldi e l’abbiamo fatto capire per vie di fatto, non andando alle riunioni”, ci spiega l’Avvocato dello Stato, Laura Bertolé Viale. Netta anche la posizione espressa da Giovanni Canzio, Presidente della Corte d’Appello: “Noi e la Procura Generale – afferma – siamo stati completamente estranei alla fase contrattuale. Abbiamo solo indicato le nostre necessità”. “Il nostro sito – risponde Canzio a una domanda sull’affidamento diretto alla Camera di Commercio – ce lo siamo fatto noi e anche gratis. Non solo non sappiamo niente di questi contratti ma niente ne vogliamo sapere. Questo deve essere chiaro perché la conoscibilità delle cose, in generale, implica delle responsabilità. Come mai il Tribunale è così presente nelle carte? Chiedetelo a loro….”. 

    (manuela d’alessandro)

     

  • Quel “testa di c.” era troppo poco
    A Torino l’insulto è giusto

    Quel “testa di c.” era troppo poco, ricordate? Lo metteva nero su bianco, con qualche giro di parole, un pubblico ministero di Busto Arsizio riferendosi alle parole usate da un ragazzo del Varesotto nei confronti di un omofobo – lui nega -, l’ex sindaco di Sulmona Fabio Federico.
    Critica “sin troppo contenuta”, argomentava il pm bustocco. E allora qual è l’insulto giusto? La risposta è dentro di voi, e forse è comunque giusta. Perché dal punto di vista giudiziario sembra sia lecita praticamente qualunque espressione per commentare dichiarazioni omofobe. Almeno se si considera il decreto di archiviazione firmato dal giudice per le indagini preliminari di Torino Cristiano Trevisan. Che cosa ne dite dell’affermazione, riferita al politico sulmonese, “sembra uno che di notte paga le trans per farsi inc…”? I puntini li abbiamo messi noi. L’espressione era scritta per esteso nel commento, su Youtube, al famoso video “Federico e i gay”. L’aveva postata un torinese, il quale come al solito si è trovato indagato per diffamazione, su querela del primo cittadino abruzzese.
    Sotto la Mole, il pm Marco Sanini chiede l’archiviazione: “La notizia di reato oggetto del presento procedimento penale appare infondata, ricorrendo a favore dell’indagato (…) la speciale scriminante contemplata dall’art. 599 co, perlomeno sotto il profilo putativo”. Il pubblico ministero si riferisce all’articolo del codice penale che ‘assolve’ chi offende l’altrui reputazione sotto l’impulso di uno “stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”.
    Cioè: il primo a offendere è Federico. L’altro si indigna, è offeso, o “perlomeno” sente di essere stato provocato e colpito nella sua dignità. Il legale di Federico insista perché si vada a processo, si oppone all’archiviazione, e riporta quella frase non proprio tenera utilizzata dall’uomo torinese a corredo del filmato: “sembra uno che di notte”, eccetera. Il gip archivia. Ok, l’insulto è giusto. Un giorno forse farà giurisprudenza.

  • Il provvedimento con cui Bruti ha silurato Robledo

    Ecco il documento con cui il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha esautorato Alfredo Robledo dal ruolo di capo del pool anti – corruzione. Un provvedimento ‘storico’, che segna l’ultimo colpo di scena nella faida interna alla Procura di Milano. (m.d’a.)

    Bruti denuncia robledo 3 ottobre 2014(1)

     

  • Nessuno vuole il posto di Robledo, Bruti se lo tiene

    Il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati aveva contattato alcuni magistrati al fine di trovarne uno disposto a prendere anche provvisoriamente l’incarico di reponsabile del dipartimento anticorruzione occupato fino a venerdì della scorsa settimana da Alfredo Robledo esautorato e “sbattuto” al settore esecuzioni penali dallo stesso Bruti in una vicenda di esposti  e controesposti al Csm che sembra senza fine.

    La pesca non è andata a buon fine. Non ha abbocato all’amo nemmeno un’acciuga. Per cui Bruti è stato in pratica costretto a riservare a sè la delega del dipartimento in attesa che il Csm senza fretta designi l’aggiunto numericamente mancante dopo l’andata in pensione di Nicola Cerrato e che parta l’interpello formale per sostituire Robledo.

    E’ insolito che in una grande ufficio inquirente il capo tenga per sè il coordinamento di un dipartimento, ma in questa vicenda troppe circostanze sono insolite. Insomma non ci sono precedenti e non sappiamo come finirà, anche perchè il Csm sembra abbia tutto fuorchè l’urgenza di prendere decisioni. Nonostante stia per arrivare sui tavoli dell’organo di autogoverno la replica di Robledo alle contestazioni di Bruti con la richiesta di essere sentito con urgenza. Ma i consiglieri togati e laici  si sono appena insediati, dovranno studiare la pratica. Il problema è avvicinarsi il più possibile alla data della pensione di Bruti, 31 dicembre 2015. Decidere di non decidere, rinviare, esattamente ciò che in questa storia è successo fino a oggi. I magistrati non sono meglio dei politici. E’ il messaggio che arriva dalla querelle Bruti-Robledo. Amen. (frank cimini)

  • Lotta di potere in procura, Bruti caccia Robledo dall’anticorruzione

    L’aggiunto Alfredo Robledo reagisce sorridendo e dicendosi tranquillo: “Me l’aspettavo, eccome”. Da stamattina Robledo non è più a capo del secondo dipartimento quello che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Lo ha deciso con un ordine di servizio il capo della procura Edmondo Bruti Liberati contro il quale Robledo aveva presentato un esposto al Csm lamentando tra l’altro violazioni in materia di assegnazioni di inchieste e in particolare il ritardo di sei mesi (“fascicolo scomparso”) per l’arrivo sul suo tavolo dell’indagine sulla acquisizione della Sea, affare sensibile per l’allora neonata giunta di centro-sinistra.

    La “guerra” era iniziata addirittura prima che Bruti venisse designato quasi all’unanimità dal Csm capo della procura di Milano. Quella di oggi è una svolta importante dopo che Bruti prima aveva escluso Robledo da alcuni interrogatori sul caso Expo e poi gli aveva tolto l’inchiesta. Stamattina il terzo atto. Da subito Robledo dovrà prendere servizio come aggiunto al dipartimento delle esecuzioni penali dove da tempo lavora il sostituto procuratore anziano Ferdinando Pomarici una sorta di memoria storica della procura, famoso da quando bloccò per primo i beni dei sequestrati per evitare che i familiari pagassero il riscatto. Parliamo di decenni fa, altra era era geologica. Pomarici, protagonista di uno scontro durissimo con Bruti sul caso Sallusti, lasciando la sua stanza per il pranzo è lapidario: “Sono riusciti a distruggere quello che era il miglior ufficio giudiziario del paese”.

    Di coordinare il dipartimento anticorruzione si occuperà direttamente Bruti, probabilmente fino al giorno in cui dovrà andare in pensione il 31 dicembre dell’anno prossimo. Contro la decisione del suo capo Robledo non potrà ricorrere. Potrà solo rispondere punto per punto alle contestazioni di Bruti inviando memorie al consiglio giudiziario e al Csm che eventualmente faranno le loro valutazioni. Ma si annunciano sicuramente tempi lunghi. E il Csm ha già fatto ampiamente capire di non avere fretta per usare un eufemismo anche perchè il capo dello stato Giorgio Napolitano presidente dell’organo di autogoverno dei magistrati sulla lotta di potere interna alla procura di Milano ha più volte preso posizione salvaguardando Bruti Liberati. E non è detto che il suo successore nel caso arrivi prima della fine del 2015 abbia voglia di mettere subito  le mani in un guazzabuglio che comunque finisca ha scoperto molti altarini e messo in dubbio principi tanto sbandierati a parole dall’Anm come indipendenza e autonomia della magistratura e obbligatorietà dell’azione penale.

    Se il movimento del ’68 perse la sua innocenza con la strage di Piazza Fontana si può dire che la procura di Milano e con lei l’intera magistratura ha perso la verginità ammesso e non concesso che l’abbia mai avuta. Perchè scorrendo gli atti della querelle Bruti-Robledo viene fuori im modo chiarissimo che la politica non è certo estranea alle toghe con i suoi giochi di potere. E i fatti, per ultimo quello di oggi, finiscono per ledere l’immagine delle stesse delicate inchieste in corso. “Non sappiamo cosa fare, come procedere” mormora un pm. Trema il palazzo che fu simbolo di Mani pulite e a causa di un terremoto interno. Non ci sono complotti estrerni organizzati da inquisiti eccellenti e nemmeno dal più importante di tutti. Insomma i magistrati si sono dati la zappa sui piedi. Potessero, a questo punto si arresterebbero tra loro. E non è detto che non accada perchè la storia è ancora lunga (frank cimini)

  • Che fai, mi cacci?
    Bruti spedisce Robledo
    al dipartimento esecuzione

    Ecco il documento con cui il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati toglie l’aggiunto Alfredo Robledo dal dipartimento pubblica amministrazione ‘esiliandolo’ al dipartimento esecuzione penale. Poche righe molto formali e ben scritte. Ultimo atto della guerra in Procura. Disposizioni sul coordinamento dei Dip. II, VI ed Esecuzione penale

     

     

  • La candida divisa da gelataio non piace
    a chi fa le pulizie per i giudici

    Bella la nuova divisa del gelataio, no? Trasmette senso di pulizia. Ah no, a Palazzo di giustizia, di gelatai non ce ne sono. (Certo, qualcuno potrebbe avere obiezioni sul punto). Ci sono invece una cinquantina di addetti delle pulizie assunti da una cooperativa, la Coop Multiservice, che ha pensato di imporre a tutti quanti, uomini e donne, una bella divisa bianca e azzurra. Il colore più adatto per chi ripulisce il Tribunale, capirete bene. New look. Prima, erano blu. Come le tute blu, che non ci stanno più. Forse per questo gli addetti alle pulizie sono diventati bianchi e azzurri. Dalla cinta in giù, candidi come la neve (fino alla prima ramazzatura, ça va sans dire). Sopra, la camiciola a righine bianche e azzurre.


    Per gli utenti di palazzo il dettaglio che aggiunge colore al già eccitante panorama piacentiniano. Un po’ meno estasiati sono coloro che quelle divise le devono indossare. “A fare le pulizie, sai, ci si sporca. E di divise ce ne danno solo due. Scrivilo, siamo un po’ arrabbiati”. Più che arrabbiato, chi pronuncia queste parole sembra vergognarsi un po’, ha lo sguardo triste. Cinquecento euro al mese per un part-time, sui 900 per chi lavora a tempo pieno. La camicia è a maniche corte. D’estate va benissimo, d’inverno un po’ meno, ma è comoda. Così è e così sia, nel palazzo di giustizia.

  • Annibale compie 80 anni.
    Da Mina ad Alessandrini, i suoi 45 anni nel Palazzo.

     

     

     

    “Ciao, sono un certo Carenzo”. Da 45 anni, dalla sala stampa del Palazzo di Giustizia di Milano, le sue telefonate in redazione cominciano sempre così, con un filo di understatement. Poi, detta poche righe: anche quelle senza aggettivi, né iperboli, notizie clamorose e ‘brevi’ di cronaca, raccontate sempre allo stesso modo, come si insegnava una volta ai cronisti delle agenzie di stampa.

    Oggi Annibale Carenzo, decano dei cronisti giudiziari milanesi, compie 80 anni. E li compie al suo posto, sempre in giacca e cravatta, alla piccola scrivania in fondo alla sala stampa che nessuno dei tanti colleghi più giovani osa insidiare, dietro alla macchina da scrivere che è il suo unico strumento di lavoro insieme al telefono. “Mi avevano convinto a usare il computer. Una volta ho mandato un pezzo e non è arrivato. Così ho preso il computer, l’ho infilato in un cassetto e non l’ho più toccato”.

    Nei lanci di agenzia di Carenzo sono passati decenni di storia giudiziaria di Milano e del paese. Un punto di osservazione privilegiato per un professionista dell’informazione, ma anche nel raccontare la sua vita tra aule e processi Carenzo schiva qualunque enfasi.

    Annibale, ti sei divertito in questi anni?

    “No”.

    Come no?

    “Non mi sono mai divertito a venire qui e non mi diverto neanche adesso, ma preferisco stare qui che a casa a fare niente. Il divertimento è un’altra cosa. E’ quando vedo le partite del Toro o quando trovi una da portarti a letto”.

    Come sei arrivato a Palazzo? Ti ricordi il tuo primo giorno?

    “Sono arrivato nel 1969 con la strage di piazza Fontana dopo avere lavorato per parecchi anni con la ‘Provincia Pavese’ e un giornale, ‘Il Giornale di Pavia’, che avevo creato con una collega di Mantova. Quando ha chiuso perché il proprietario è stato dichiarato fallito anche se andava bene, mi hanno chiamato dall’Ansa chiedendomi se venivo a lavorare qui. Io ho ringraziato e sono venuto subito”.

    In quegli anni hai anche avuto un’esperienza in politica…

    “Sono stato uno dei sindaci più giovani d’Italia, a Copiano, in Liguria. Ero stato eletto nella Dc ma poi sono stato il primo sindaco a mettere in giunta un comunista. In quel periodo scrivevo anche canzoni, ero iscritto alla Siae come paroliere e alcune mie canzoni le ha cantate anche Mina”.

    Com’era il Tribunale quando sei arrivato?

    “Aveva solo 4 piani. La sala stampa era al piano terra”.

    Erano gli anni del terrorismo, sei mai stato minacciato?

    “No, non ho mai avuto paura, qui nel Palazzo mi sembrava di essere molto protetto, molto controllato”.

    C’è qualche processo o personaggio che ricordi con particolare emozione?

    “Sì. Io sono uno che non piange mai. Una delle poche volte che ho pianto è stato quando hanno ammazzato Alessandrini. Era uno assolutamente normale, una persona dolcissima. Con lui lavorava come uditrice la dottoressa Manfredda, che ora è alla Procura Generale”.

    Il rapporto coi magistrati è cambiato in questi anni?

    “Non direi. Io mi sono sempre trovato a mio agio sia con gli avvocati che con i magistrati, a parte qualcuno un po’ strano. Sì, Di Pietro era uno un po’ strano ma alla fine sono andato d’accordo anche con lui.  Nessun problema anche coi colleghi, anche perché, lavorando per l’Ansa che per anni è stata l’unica agenzia di stampa presente qui, non avevo concorrenza”.

    Tu hai un appuntamento fisso a pranzo…,

    “Tutti i giorni un’amica che lavora qui da 18 anni cucina per me nel cortile del Palazzo”.

    Come li vedi i colleghi più giovani?

    “Bene, è una generazione di ragazzi preparati”.

    Fino a quando verrai qui?

    “Fin quando la salute mi assisterà”.

    (manuela d’alessandro e orsola golgi)

  • Giustizia sprint: l’ordinanza del Tribunale “contro” il difensore su modulo pre – stampato

     

    “Contro”, a prescindere. La giustizia va lenta e il Tribunale di Milano la velocizza tirando fuori dal cassetto un’ordinanza con la scritta “contro” pre – stampata (di solito è a penna) per rispondere alla richiesta di revoca del provvedimento presentata da un avvocato.

    Un ‘leggero’ pregiudizio contro la difesa? Così parrebbe, però concediamo al magistrato di avere dimostrato un verecondo riguardo verso il legale cerchiando la parola “contro” a penna: come a dire, mi è scappato il pre – stampato, ma poi stai tranquillo che ci ho anche pensato su. (m.d’a.)

  • A Milano record di avvocati che non pagano la quota
    Nomi e cognomi vanno in bacheca

    E’ record di toghe non paganti nelle aule del Palazzo. “Da dicembre a oggi abbiamo convocato per sollecitare il pagamento della quota annuale 260 legali. Non sono mai stati così tanti in passato”, fa i conti Cinzia Preti, tesoriera dell’Ordine degli Avvocati. La curiosità di chiederle in quanti non pagano l’obolo ce l’ha fatta venire l’insolitamente nutrito elenco degli avvocati morosi, con tanto di nomi e cognomi (ma la privacy?), esposto nelle bacheche dell’Ordine a Palazzo.

    “La ragione sta in parte nella crisi, ma bisogna considerare anche i tanti colleghi che si trasferiscono all’estero, e che smettono di  pagare”, è la lettura l’avvocato Preti. Una volta ‘ammoniti’ dall’Ordine, la maggior parte degli inadempienti tuttavia rimedia in fretta. “Dei 260 richiamati, 35 li abbiamo sospesi, e sono quelli che si possono leggere in bacheca, mentre gli altri si sono messi in regola “. Il nuovo regolamento approvato nella primavera scorsa obbliga  gli Ordini a inviare al Consiglio Nazionale Forense la lista dei non paganti e i provvedimenti presi nei loro confronti. Il mancato avvio nei 60 giorni successivi alla comunicazione dell’elenco della procedura di sospensione dall’albo comporta per gli Ordini  una segnalazione al Ministero della Giustizia. Un meccanismo che rende gli Ordini ancora più zelanti nello scovare e ‘denunciare’ gli avvocati riottosi. (manuela d’alessandro)

     

     

  • Addio fogli sulle porte, arrivano i ‘tabelloni elettronici’ per le udienze

    Addio ai vecchi foglietti appiccicati sulle porte con l’elenco delle udienze e degli imputati. Sulle pareti del settimo piano del Palazzo di Giustizia sono spuntati tre mega – schermi, a cui ne seguiranno altri, che dovrebbero permettere alle parti del processo di conoscere tutti i dettagli delle udienze per non smarrire l’orientamento. “Un po’ come mettere una copertina nuova allo stesso libro”, commenta, non si capisce quanto sarcastica, un giudice. Non è ancora chiaro se i nomi degli imputati saranno riportati sugli schermi oppure se si privilegerà una politica della privacy, considerando che in fondo si parla di processi, non è un talent – show.  In questo secondo caso, bisognerà contare su imputati e testimoni molto preparati che siano in grado di riconoscere dal numero del procedimento il loro destino. (m.d’a.)

  • Gentile redazione,

    qualche tempo fa sono stata coinvolta in qualità di legale in una vicenda processuale che, sotto alcuni profili, me ne ha poiricordato un’altra, ben più nota in quanto giunta all’attenzione della cronaca della stampa non solo nazionale. Il primo processo aveva ad oggetto una rapina in un McDonald’s a carico di Mirco B., il secondo era quello a carico di Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile, nell’ambito del cosiddetto “caso Ruby”. Tali vicende, giudicate dal medesimo collegio, quello dell’allora IV sezione penale del Tribunale di Milano, composto dal presidente Turri e dai giudici De Cristofaro e D’Elia, avevano avuto qualche analogo risvolto processuale. Ciò mi ha spinto a raccontare la vicenda a un giornalista mio conoscente che l’ha pubblicata su questo sito. Facendomi “prendere la penna” da un eccesso di vis difensiva, ho pronunciato parole che potevano risultare offensive per il collegio giudicante e offrire un resoconto distorto del processo, delle sue risultanze e del contenuto della sentenza. Tali parole sono state poi riprodotte nel pezzo pubblicato. Ho tenuto a scrivere questa precisazione proprio perché non era mia intenzione offendere alcuno, meno che mai i membri del collegio giudicante di cui nutro sincera stima. Proprio per questo se i magistrati in questione hanno ritenuto lesa la loro reputazione dalle mie parole non ho difficoltà a rammaricarmene e a scusarmi. Con i migliori saluti, 

    avvocato Simona Giannetti

  • 7 anni fa se ne andava Corso Bovio.
    Quanto ci manca.

    Sette anni fa la notizia assurda: è morto l’avvocato Corso Bovio.

    Ero un improbabile “pischello” alle primissime armi quando sentii arringare per la prima volta l’avvocato Corso Bovio al “processo dei casinò” dove difendeva il noto Liguori, quello del “covo del nord-est di Santa” per intenderci. Fantastico, un misto soave di leggerezza, ironia, spessore ed alta classe, si parlava di mafia e di altre oscenità, ma il tutto in bocca sua si trasformava in storia, vita ed esperienza. Chi non si “trasformava” era…lui: sarà così anche nella vita, pensavo tra me e me, rapito dalla sua aristocratica presenza, dalla autorevolezza di quella proposta sapienza frammista di studio e di innato talento. Grazie al mio Maestro, l’avvocato Isolabella, altro fuoriclasse, e per contare i veri fuoriclasse del foro bastano le dita di una mano sola, ovviamente suo amico, ebbi poi occasione di incontrarlo svariate volte, e di verificare che di persona era uguale, generoso nell’impegno ma alla apparenza distaccato, come tutti i “signori”, quelli di una volta, come avrebbe detto la mia nonna. (altro…)

  • Mediatrade, perché sono stati assolti Berlusconi jr e Confalonieri

    Le irregolarità nella compravendita dei diritti tv di non passavano dagli organi societari. Sembra questa la logica della sentenza Mediatrade, una coda del processo principale che aveva portato alla condanna definitiva del fondatore del gruppo Silvio Berlusconi per frode fiscale. Nel caso Mediatrade invece il presidente e il vicepresidente di Mediaset, Fedele Confalonieri e Piersilvio Berlusconi, sono stati assolti dall’accusa di frode fiscale perché il fatto non costituisce reato per le annualità 2006, 2007, 2008. Per il 2005 è stata dichirata la prescrizione che prevale in caso di insufficienza o contraddittorietà della prova.

    Berlusconi padre per Mediatrade era stato prosciolto dal gip Maria Vicidomini. Ora arriva l’assoluzione anche per gli attuali vertici della società. Resta la condanna dell’ex Cav per Mediaset a 4 anni, di cui 3 indultati e un anno da scontare in affidamento in prova. Le assoluzioni di oggi non rimettono minimamente in discussione il verdetto a carico di Berlusconi,  che ha più volte detto di voler chiedere la revisione del processo. I suoi legali avevano preannunciato l’iniziativa a cui però non hanno dato seguito. La strada resta in salita perché per rifare il processo a Berlusconi c’è bisogno di produrre elementi nuovi mai valutati in passato. dai giudici. (frank cimini)

  • E ora Robledo accusa Bruti di ritorsione…

    E ora, nella foga del duello, Alfredo Robledo accusa Edmondo Bruti Liberati di ritorsione nei suoi confronti. L’antefatto è di qualche giorno fa:      Bruti scrive al ‘suo’ vice  manifestandogli l’intenzione di “procedere a un riesame di vari aspetti dell’indagine” sui derivati piazzati al Comune di Milano da 4 banche estere. Inchiesta condotta da Robledo e sfociata in una condanna in primo grado per gli istituti di credito per truffa aggravata ai danni di Palazzo Marino e in un’assoluzione in appello a marzo. Insomma, il ‘capo’ vuole sapere come mai si sia arrivati a un’assoluzione. 

    Ora arriva la puntuale e stizzita  risposta di Robledo che viene indirizzata al Consiglio Giudiziario, impegnato proprio oggi a valutare alcuni aspetti della ‘sanguinosa’ controversia tra i due. La lettera in cui Bruti annuncia di voler scavare sulle ragioni dell’assoluzione viene definita da Robledo “un atto vagamente ritorsivo”.  (manuela d’alessandro)

  • La lettera di Bruti ai suoi pm:
    “a dispetto di piccole, circoscritte polemiche è tutto ok”.

    Oggi scade il quadriennio di Edmondo Bruti Liberati come capo della Procura di Milano e, annunciando che presenterà la richiesta di conferma, il magistrato ‘festeggia’ inviando una lettera a tutti i suoi pm. E se da un lato si assume “la responsabilità” delle “insufficienze e degli errori come stimolo per operare per il meglio in futuro”, dall’altro rivendica un “bilancio del quadriennio largamente positivo”. “A dispetto di qualche piccola, circoscritta polemica degli ultimissimi mesi  – scrive con riferimento alla contesa col suo vice Alfredo Robledo sfociata davanti al Csm –  l’apprezzamento per l’opera della Procura di Milano nel quadriennio corso è stato ampio e condiviso e il prestigio indiscusso”. “Ma ciò che rileva – insiste – sono i riscontri ottenuti a livello di giudizio, in termini di accoglimento delle richieste e dei tempi di definizione”. Infine, affermando di attendere “con piena serenità” la decisione del Csm sulla sua riconferma, Bruti augura “buon lavoro a tutti noi”.  (manuela d’alessandro)

  • Sciopero degli avvocati.
    Un giudice ha minacciato pene più pesanti per testi “inutili”.

    “Se insistete a voler sentire dei testimoni inutili, in caso di condanna sarò più severo con gli imputati”. Il 20 giugno il giudice del Tribunale di Milano Filippo Grisolia si rivolge così agli avvocati durante un processo.

    Oggi gli avvocati della Camera Penale annunciano che il 17 luglio ripiegheranno le toghe e si riuniranno in un’assemblea dove verranno discusse le ragioni della protesta. Non c’è solo quella che è stata percepita come una ‘minaccia’ da parte del giudice al centro della ribellione ma “la violazione riscontrata in più occasioni del principio dell’oralità attraverso l’iragionevole e grave compressione dell’esercizio del diritto difesa”. “Non mi stancherò mai di ripetere – avrebbe detto il giudice –  che secondo me quando si insiste in un processo a sentire dei testi che si rivelano inutili ovviamente si può essere assolti, ma se si è condannati sicuramente il Tribunale ne tiene conto ai fini del comportamento processuale, e mi dispiace che sugli imputati a volte ricadano le scelte dei difensori”.

    Durissimo il giudizio dei legali sul magistrato autore dell’aut – aut. “Ha violato l’autonoma determinazione del difensore nelle proprie scelte processuali – scrivono nella delibera con cui decidono l’astensione – che deve essere libero di valutare l’opportunità o meno di svolgere il proprio controesame; e, dall’altro, le norme che riconducono la commisurazione della pena esclusivamente a fattori ricollegati alla persona dell’imputato; e inoltre  ha mostrato un’assoluta noncuranza per alcuni dei principi cardine del processo accusatorio, ovvero quelli del contraddittorio nella formazione della prova e dell’immediatezza del giudizio”.  (m.d’a)

  • Gatti e mobili in vendita:
    la nuova vita delle bacheche sindacali con la crisi

    Meglio occuparsi del tempo libero che del lavoro, in tempi grami per il lavoro. Il glorioso Statuto dei Lavoratori del 1970 all’articolo 25 offrì ai lavoratori la possibilità di affiggere “pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e di lavoro”. Dello spirito di quel testo che esaltò la dignità di chi lavora è rimasto ben poco. Oggi dagli spazi sindacali, non solo da quelli nella foto, ma anche da altri presenti in Tribunale, spuntano gattini smarriti tra i meandri del Palazzo o in vendita al miglior offerente, mobili in offerta e biglietti per concerti a buon prezzo. Il gatto nobilita l’uomo? (m. d’a.)

  • Inchiesta, milioni di fondi Expo per il Tribunale assegnati senza gara. Perché?

    Alcuni milioni di fondi governativi sono stati destinati al Tribunale di Milano nel nome di Expo col meccanismo degli appalti diretti, lo stesso che viene indicato nelle inchieste della Procura di Milano sull’Esposizione Universale come la possibile anticamera delle tangenti. Progetti per consegnare al mondo un’immagine efficiente della giustizia ambrosiana messi nelle mani di imprese senza gara, né italiana, né europea, sebbene la legge preveda l’affidamento diretto come un’ipotesi residuale quando in ballo ci sono appalti ghiotti.

    E’ una storia lunga quella che vi stiamo per raccontare, iniziata molti mesi fa da un passaparola nei corridoi del Palazzo. “C’è qualcosa che non quadra sui fondi Expo”. Abbiamo bussato alle porte di alcuni uffici giudiziari e a quelle del Comune per capire come siano stati spesi i 12, 5 milioni di euro destinati a rendere scintillante il Tribunale. La gestione del denaro è avvenuta su un doppio fronte, politico e giudiziario: da un lato la magistratura milanese e il Ministero della Giustizia, dall’altro Palazzo Marino. Non è stato facile capirci qualcosa. La richiesta di esaminare le carte degli appalti formulata al Presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio è stata ritenuta “irricevibile” con l’invito di rivolgersi al Comune. In Comune, il funzionario che si occupa degli appalti degli uffici giudiziari, Carmelo Maugeri, ci ha rimandati all’assessore ai Lavori Pubblici Carmela Rozza. Quest’ultima, con molto garbo e appellandosi alla “trasparenza” dell’amministrazione di fronte alle ritrosie di Maugeri,  ha consentito l’accesso, con divieto di farne copia, a un file stracolmo di documenti, delibere, determinazioni.  Un mare di burocrazia. (altro…)

  • Escluso dagli interrogatori, esposto bis di Robledo al Csm contro Bruti

    Pensavate che fossimo ai titoli di coda? E invece no. Arrivano le puntate estive del sequel Bruti vs Robledo. Il procuratore aggiunto ha presentato un nuovo esposto al Csm in cui contesta al suo capo Edmondo Bruti Liberati di non averlo fatto partecipare agli interrogatori nelle indagini su Expo. Abusando del  ruolo di coordinatore dell”Area Omogenea Expo’, questa la tesi di Robledo, il leader della Procura di Milano gli ha proibito di essere presente ai confronti con Angelo Paris e Antonio Rognoni.

    I due, rispettivamente ex manager di Expo2015 spa ed ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde, entrambi arrestati con l’accusa di avere pilotato delle gare, sono stati sentiti la settimana passata  nell’ambito degli approfondimenti sull’appalto della ‘piastra’, il più prelibato tra quelli appetiti dalle imprese in vista dell’evento. Presenti i pm Paolo Filippini, Giovanni Polizzi e Roberto Pellicano, ma non Robledo, che presiede il dipartimento di cui i tre fanno parte, quello dei reati contro la pubblica amministrazione.

    Lo scopo delle disposizioni contenute in una mail inviata da Bruti a Robledo il 18 giugno in relazione al procedimento sulla ‘Piastra’ di cui Robledo è coassegnatario è, scrive il pm nell’esposto, “chiaro ed evidente”: non quello di delegare gli atti ai tre sostituti, ma quello di escludere me”. “Non c’è invero – affonda Robledo – nessuna ragione per cui io non possa partecipare a quegli atti, rispetto ai quali sono, anzi, in grado di garantire l’essenziale patrimonio conoscitivo che consente la migliore comprensione della vicenda processuale, essendo stato titolare fin dalla sua origine”. “Tanto premesso – argomenta il pm rivolgendosi a Bruti “con la consuete franchezza” – aggiungo che la tua indicazione con riferimento ad interrogatori da compiere, per la quale ‘l’atto di indagine sarà effettuato solo dai tre sostituti assegnatari” è viziata da una palese illegittimità”. Questa volta la decisione del Csm, stando a fonti ben informate, dovrebbe arrivare abbastanza velocemente perché sul tavolo c’è solo un’accusa e ben precisa. (manuela d’alessandro)

  • La fattura elettronica? Era meglio la coda in Posta. Parola di avvocato.

    Dal 6 giugno scorso se un soggetto vuole emettere una fattura nei confronti di una Pubblica Amministrazione deve farlo necessariamente per via elettronica. I problemi iniziano subito, perché bisogna preliminarmente accreditarsi presso l’Agenzia delle Entrate. Come? Effettuando una pre-iscrizione nel sito e, dopo aver ricevuto dei codici, compilando un modulo di richiesta in cui devono essere indicati diversi dati (tipo di attività svolta, albo di iscrizione, PEC, ecc…) e fino a qui è abbastanza semplice il tutto. Il problema sorge nell’invio della suddetta richiesta con relativo allegato, perché la stessa deve essere firmata digitalmente tramite chiavetta.
    Perché è un problema questo? Perché la fatturazione elettronica interesserà prevalentemente gli Avvocati penalisti che nella maggior parte dei casi non dispongono della chiavetta utilizzata dai Colleghi civilisti per il processo telematico. In questo caso si apre un’altra epopea che, per mia fortuna, ho già superato.
    Una volta apposta la firma digitale sulla richiesta, la stessa va inviata all’indirizzo PEC. Si attende fiduciosi circa una settimana sino a quando l’Agenzia delle Entrate invierà una e-mail alla casella di posta elettronica certificata comunicando altri codici che devono essere inseriti nel sito per autenticarsi.
    Alle parole “l’autenticazione è avvenuta con successo” comparse sul pc sono stata pervasa da una serenità che non mi coglieva da anni.
    Invito però i Colleghi a non pensare a questo punto (come ho fatto io) “è andata”, perché a quel punto con tutti gli User, password e PIN si può solo accedere al sito www.fatturapa.gov.it e tramite il servizio “simulazione” si può compilare finalmente l’agognata fattura elettronica.
    Peccato che per compilare una fattura elettronica si debbano riempire una serie infinta di campi (giusto per capire di che cosa si sta parlando guardate qua: http://www.fatturapa.gov.it/export/fatturazione/sdi/fatturapa/v1.0/Formato_FatturaPA_tabellare_1.0.pdf).
    Io a questo punto mi sono fermata, perché prima di inviare la mia prima fattura elettronica devo studiarmi i due manuali di 120 pagine complessive per capire cosa si intenda ad esempio per “progressivo invio” o “formato trasmissione”. In questi momenti rimpiango solo le lunghe code alla Posta del Tribunale per ritirare in contanti gli onorari della difesa di un soggetto irreperibile. Bei momenti….(avvocato Paola Bellani)

  • E adesso la Lega chieda scusa a Rosi Mauro,
    espulsa dal partito e oggi archiviata dai pm

    E adesso la Lega chieda scusa a Rosi Mauro, l’unica espulsa dal partito insieme all’ex tesoriere Francesco Belsito con voto unanime del consiglio federale nel 2012 e per la quale oggi la Procura chiede l’archiviazione dall’accusa di appropriazione indebita nell’ambito dell’inchiesta ‘The Family’.

    Schiacciata dal sospetto di avere pagato coi soldi dei rimborsi elettorali anche una laurea per il suo bodyguard Pierangelo Moscagiuro, l’allora vicepresidente del Senato aveva scelto di non dimettersi dalla sua carica con vivo disappunto del Carroccio. “Il rancore prevale sulla verità”, sentenziò l’energica rappresentante dei lumbard a proposito dell’epurazione invece risparmiata a Umberto Bossi e suoi figlioli, Renzo e Riccardo, anche se al ‘Trota’ va dato atto di essersi dimesso dal Consiglio Regionale. Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e i pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini hanno chiesto il processo per tutti i Bossi’s e per altre sei persone, tra cui Belsito, l’uomo che maneggiava con leggerezza i denari del partito. Rosi Mauro si è salvata ‘da sola’ presentando ai pm, subito dopo l’avviso di chiusura delle indagini nel novembre scorso, documenti e spiegazioni relativi a quei 99mila e 731 euro che, secondo l’accusa originaria, avrebbe ‘rubato’ dalle casse di via Bellerio. Ha portato le carte che dimostrano che 16mila euro li incassò dalla Lega alla quale aveva venduto una vecchia auto che non le serviva più; che l’assegno da 6600 euro sulla cui matrice Belsito aveva scritto ‘Rosi’sarebbe stato un escamotage del tesoriere per “ritirare denaro contante attribuendolo ad altri”; e, infine, che non investì (?) 77mila euro per comprare una laurea albanese a Moscagiuro, il quale, peraltro, non era neppure diplomato e neanche era il suo fidanzato, come si vociferava (o, almeno, entrambi smentiscono). Tesi, scrivono i magistrati, “accoglibili e comunque tali da rendere assai dubbia la solidità della prospettazione accusatoria”. E adesso Rosi, nel frattempo scomparsa dai radar della politica, meriterebbe una spiegazione dal partito sul perché per lei non valeva il garantismo concesso ad altri. (manuela d’alessandro)

  • “Presidente sono il suo incubo” il bigliettino dell’avvocato al giudice sfuggente

    L’avvocatessa L.M. deve avere qualcosa di molto importante e urgente da chiedere al giudice Piero Gamacchio. Possiamo apprezzare il suo originale pressing in un biglietto da visita appiccicato alla porta del magistrato. L’esordio è quasi da stalker auto – proclamata: “Sono il suo incubo”, ma poi i toni rientrano in una corretta dialettica processuale per concludersi, dopo avere invitato il giudice a contattarla, con l’”ossequio” finale.  (m.d’a.)

     

     

  • Bruti – Robledo caso chiuso
    con l’incredibile auto – censura del Csm di fronte al Colle

    Con l’epilogo della vicenda Bruti – Robledo la magistratura ha perso una grande occasione di essere e mostrarsi libera. Dopo il nitido manifestarsi della volontà del capo dello Stato Giorgio Napolitano (che è anche Presidente del Csm) attraverso una “lettera non ostensibile” consegnata al fedele luogotenente Michele Vietti, i cittadini devono chiedersi di cosa parliamo quando parliamo di “autogoverno” della magistratura. Perché quello che abbiamo visto nella ultime ore, su qualunque fronte si voglia stare in questa sfida, è apparso un rassegnato inchinarsi alla volontà di un sovrano da parte della (presunta) assemblea libera delle toghe.  Due commissioni del Csm hanno modificato le loro risoluzioni da presentare al plenum piegandosi al diktat del Presidente. Sono state cambiate all’ultimo secondo le parole dei documenti faticosamente ‘costruiti’ in settimane di istruttorie e analisi, smussando le critiche al procuratore capo Bruti Liberati ed esaltando quelle al denunciante Robledo. Il plenum ha ratificato il volere di Napolitano e archiviato l’esposto presentato dal procuratore aggiunto. Parte degli atti sono stati mandati alla Procura Generale della Cassazione, ma non quelli  sul caso Ruby, mentre i titolari dell’azione disciplinare dovranno pronunciarsi su Sea ed Expo. E Vietti non ha avuto nemmeno il pudore di tacere. “Sono state rispettate le indicazioni di Napolitano”, ha esultato.

    A cosa serve dunque il Csm se non è che la grancassa di un uomo solo? A cosa è servito convocare mezza Procura di Milano a Roma se poi all’ultimo secondo sono state stravolte le conclusioni dei magistrati? Nella sua lettera “segreta” Napolitano si sarebbe limitato a ricordare che “i poteri di organizzazione dell’ufficio sono divenuti prerogative del capo della Procura”. Ma questo il Csm l’ha sempre saputo e non significa che siano poteri lunatici o senza regole. Per questo il Csm godeva di un illimitato spazio di libertà e anche dopo il diktat di Napolitano non c’era nessuna necessità di cambiare le risoluzioni. Invece i rappresentanti dei magistrati si sono macchiati del peccato più  imperdonabile contro la libertà: l’auto – censura. (manuela d’alessandro)

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  • E’ un pm il ‘papà’ della pianta che cammina
    e ci racconta la sua storia

    Ricordate la disperata invocazione di un anonimo che chiedeva rispetto per la pianta sofferente al quarto piano della Procura? la-pianta-che-cammina-nel-palazzo Ecco, il ‘papà’ del vegetale ha voluto ringraziarci con una scritta a penna, come vedete nella foto, per avere sposato la causa di questo vegetale in cerca d’amore. Possiamo solo dirvi che è un pubblico ministero molto simpatico, ma di più non è lecito rivelare sulla sua identità. Ci ha però autorizzati a raccontare la tormentata storia di questa pianta.

    Un giorno il nostro pm decide di portarla a Palazzo da casa della mamma, dove giace in condizioni critiche, sperando di darle nuovo vigore. Ma la pianta sparisce all’improvviso e lui la cerca in ogni angolo finché non la ritrova in un ufficio della Procura. La rimette nella sua ‘casa’, quel fazzoletto tra gli ascensori e i finestroni che danno sull’Umanitaria, al quarto piano, e lascia un bigliettino con la scritta “Grazie di averla accudita con cura”.  Ma la pianta ‘cammina’ e sparisce di nuovo. Lui non demorde e la rimette al suo posto col biglietto quasi in rima che potete leggere nell’immagine. Dopo il nostro interevnto, aggiunge la scritta di ringraziamento per Giustiziami. Come tutti i benefattori non vuole che si faccia il suo nome ma ci tiene a sottolineare che la sensibilità è di casa anche in questo luogo di sofferenza.

  • Un indagato, nove a interrogarlo
    E’ l’area omogenea Expo, bellezza

    Per fare un’area omogenea, bisogna omogeneizzare. E in effetti l’ultimo interrogatorio di Pierpaolo Perez, ex braccio destro di Antonio Rognoni, arrestato il 20 marzo scorso nell’inchiesta su Infrastrutture Lombarde, è parso ad alcuni il frullato, concentrato, di una serie di situazioni paradossali nate dallo scontro in procura tra il capo Bruti Liberati e l’aggiunto Robledo. Frizioni arrivate fino al Csm e a cui il numero uno della Procura ha di recente tentato di mettere un freno – per qualcuno un tappo – costituendo una “area omogenea” per le inchieste in qualche modo attinenti all’esposizione universale. (altro…)

  • Scontro in Procura, il documento del Csm con la proposta di archivizione

    Così parlò il Csm. Nel documeno che potete leggere qui Csm su Bruti – Robledo sono contenute le conclusioni della Prima Commissione sulla cruenta battaglia in Procura cominciata con l’esposto di Alfredo Robledo di cui viene chiesta l’archiviazione. Secondo l’organo di autogoverno, “non si ravvisano ipotesi in alcun modo significative rispetto alle competenze della Prima Commissione in quanto non risulta essere stato turbato l’esercizio dell’attività giurisdizionale, sebbene siano state rilevate asprezze interpersonali e discutibili decisioni organizzative interne”.  Tuttavia, viene disposta la trasmissione della delibera, votata a maggioranza,  al pg della Cassazione sia per Bruti che per il suo vice e alla quinta commissione del Consiglio, competente per gli incarichi direttivi.  (m.d’a.)

  • Guerra in Procura al Csm
    ‘Indignato Jo’ in via Freguglia
    con tarallucci e vino

    Noi del suo parere teniamo sempre conto. Perché la sua è una visione ‘laterale’, frutto della forma mentis di chi conosce la Procura come le sue tasche ma non risponde esattamente alle logiche della quotidianità tribunalizia. Ebbene, Giorgio Dini Ciacci, sabato scorso, si è presentato all’ingresso di via Freguglia così.

    Ha provato a entrare ma lo hanno fermato al metal detector di via Freguglia. Meglio di un editoriale. Il modo più diretto per esprimere la previsione sul finale della lunga guerra in Procura tra Bruti Liberati e il suo aggiunto Robledo. Come andrà a finire al Csm? Prima ancora che si conoscesse il contenuto delle proposte della prima e della settima commissione, l’Indignato Jo aveva già detto la sua. Con tarallucci e vino.

  • Esclusiva. Il documento di Bruti sulle assegnazioni delle indagini.

    Ecco il documento inviato dal procuratore Edmondo Bruti Liberati ai pm in cui, tra l’altro, sono contenuti i nuovi criteri di assegnazione delle indagini. E’ la risposta, tardiva, alle contestazioni di Alfredo Robledo che hanno dato il via allo scontro davanti al Csm. Oggi l’organo di autogoverno ha contestato a Bruti la mancanza di una chiara disciplina delle assegnazioni dei fascicoli.

     

    2014 criteri bozza 9 giugno-1

  • Bruti doveva motivare atti a Boccassini
    E il procuratore detta i ‘nuovi’ criteri organizzativi

    Se c’è un vincitore ‘ai punti’, almeno per il momento, è Alfredo Robledo.  E lo è il giorno dopo che, a quanto apprende Giustiziami, il suo ‘rivale’, Edmondo Bruti Liberati, ha inviato ai pm una circolare di una sessantina di pagine contenente i nuovi ‘criteri organizzativi’ di assegnazione delle indagini, tema al centro dello scontro che infiamma la Procura. Nel documento si legge, tra l’altro, che i procuratori aggiunti (come Robledo, per intenderci) non possono più essere co – assegnatari di indagini.

    Qualche grave errore nel distribuire le inchieste ai suoi pm – adesso è la settima Commissione del Csm a metterlo nero su bianco a maggioranza, in un documento che verrà valutato dal plenum – il ‘capo’ l’ha commesso nei mesi scorsi, a cominciare dal fascicolo più insidioso, quello nato dalle rivelazione di Ruby. Colpa di Bruti anche non avere dettato una “precisa disciplina relativa all’assegnazione” dei fascicoli ai vari dipartimenti, cosa che, a quanto pare, il procuratore avrebbe fatto soltanto ieri.

    Bruti Liberati, scrivono i rappresentanti dei magistrati, doveva motivare le ragioni per cui assegnò il coordinamento di questa inchiesta a Ilda Boccassini anche “per scongiurare qualunque possibilità di rischio di esporre l’ufficio al pur semplice sospetto di una gestione personalistica delle indagini delicate” su Silvio Berlusconi. E anche quando nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele “si è proceduto all’iscrizione di fatti corruttivi (col coinvolgimento di Formigoni, ndr) non è stata attivata la necessaria interlocuzione” con Robledo. Un passaggio, è il rilievo mosso dal Csm a Bruti, che doveva essere compiuto per “verificare la possibilità di una coassegnazione dell’inchiesta” avviata dal dipartimento guidato da Francesco Greco.

    Quanto all’ormai noto fascicolo Sea dimenticato da Bruti nell’armadio, il Csm sembra non approvare il comportamento di nessuno dei due contendenti, censurando sia il “ritardo” di Bruti nel consegnarlo al collega, che era competente, sia “l’inerzia” di Robledo “nel sollecitare l’adempimento”. “Nessun rilievo organizzativo” può essere mosso invece al procuratore per la gestione dell’inchiesta su Expo.  Anzi, qui sembra essere Robledo quello messo peggio perché al pg della Cassazione Ciani e al Ministro della Giustizia Andrea Orlando  spetterà valutare l’”insistenza di Robledo nella richiesta di trasmisione degli atti”, nonostante ci fosse già un coordinamento, e la “possibile messa a rischio della segretezza delle indagini” con l’invio di atti al Csm. Infine, viene sollecitato il parere del pg anche sul presunto doppio pedinamento di un undagato nell’inchiesta Expo, ‘rivelato’ da Ilda Boccassini ma negato dalla Guardia di Finanza che ne sarebbe stata protagonista. (manuela d’alessandro)

  • La pianta che cammina nel Palazzo

    “Non toccare / non è abbandonata / è un dono per l’ufficio / c’è chi ne cura / l’idratazione / il nutrimento e / l’esposizione / grazie / Non fatecela cercare di nuovo per tutto l’ufficio, chi porta una pianta poi la vuole almeno vedere”.

    Chi ha detto che la Procura è un luogo arido? Non lo è nei sentimenti, per lo meno, se si leggono questi versi sciolti vergati da un anonimo lavoratore del palazzo di giustizia. Magistrato? Cancelliere? Chi può dirlo. Ma là dove c’è amore per una pianta che soffre, là c’è cura anche per le altre cose, e soprattutto per le persone che popolano quel luogo. La pianta, visibilmente sofferente, con tanto di nastro da pacchi attorno al tronco, si trova al quarto piano, quello della Procura, lato via San Barnaba, nello spazio tra gli ascensori e i finestroni che danno sull’Umanitaria, per chi conosce la geografia del palazzo. Lì il vegetale trova la luce di cui ha bisogno. C’è chi si cura di dargli l’acqua. Per qualche tempo, evidentemente, qualcuno l’ha nascosta, poi il proprietario l’ha ritrovata, ma ci sono volute affannose ricerche. Appropriazione indebita? Furto con destrezza? Prestito? Starà alla Procura accertarlo. Ora la pianta è tornata al suo posto. Non spostatela più. Altrimenti scatta il poema.

  • Il Procuratore c’est moi, riferite tutto a me su Expo

    Bruti Liberati manda una circolare a tutti i pm, annunciando la nascita dell’Area Omogenea Expo “cui sono attribuite tutte le indagini che, a vario titolo, concernono direttamente o indirettamente l’evento”.  “Appare necessario e urgente istituirla” – spiega – “in modo tale da assicurare efficace e pieno coordinamento dei procedimenti pendenti presso i diversi Dipartimenti di questa Procura”. 

    Cosa significa “Area Omogenea Expo”?

    Dalla lettura del documento si capisce bene cosa non vuole essere. Non è la creazione di un  pool di pubblici ministeri che si occupano del tema perché  “non è opportuno  prevedere un organico proprio per l’Area Omogenea Expo”.  Un’altra cosa che si capisce bene è che Bruti rivendica con piglio deciso i suoi poteri in questo ambito. Eccoli, come li scolpisce nella circolare: “il Procuratore della Repubblica riserva a sè stesso il coordinamento dell’Area Omogenea Expo”; “i Procuratori aggiunti e il coordinatore Sdas riferiranno prontamente al Procuratore della Repubblica in ordine a tutti i procedimenti” su Expo; “le notizie di reato saranno trasmesse direttamente al Procuratore della Repubblica il quale provvederà all’assegnazione dei procedimenti ai sostituti assegnati ai diversi Dipartimenti, in ragione delle rispettive specializzzioni, tenendo conto altresì delle connessioni e /o collegamenti investigativi, nonché, se del caso, provvedendo ad opportune coassegnazioni, ove emergano diversi profili di specializzazione”.   Cosa sarà esattamente l’Area Expo lo capiremo nei prossimi mesi, per adesso sembra un ‘urlo’ di Bruti nella Procura lacerata per ricordare a tutti che il capo è lui, e al momento non pare abbia voglia di abdicare. (m.d’a)

     

  • Processo a Podestà sospeso per scontro Bruti – Robledo.
    A rischio anche quelli a Formigoni e Berlusconi.

    La cruenta sfida in Procura blocca il processo, ormai in dirittura d’arrivo, a Guido Podestà, accusato di falso ideologico in relazione alle presunte firme false raccolte a sostegno della candidatura di Roberto Formigoni alle regionali del 2010.  Il giudice della quarta sezione penale Monica Amicone, come prevede la legge, ha sospeso l’udienza a carico del Presidente della Provincia di Milano dopo che i suoi legali, gli avvocati Gaetano Pecorella e Paolo Veneziani, avevano presentato alla Cassazione un ricorso per chiedere lo spostamento da Milano a Brescia a causa dello scontro tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. Nell’istanza i difensori ricordano che l’inchiesta è uno dei ‘casus belli’.

    Dalla lite tra i due ‘galli’ della Procura, secondo la difesa, sarebbe derivata una “anomala e irrituale duplicazione” del procedimento: quello iscritto per prima all’epoca e poi archiviato, che era assegnato a Bruti, e quello aperto da Robledo mentre pendeva la decisione del gip  sulla richiesta di archiviazione dell’altro fascicolo.  L’indagine sulle firme false è tra quelle indicate come motivo del contendere davanti al Csm anche perché Bruti ha accusato Robledo di non averlo avvisato con tempestività dell’iscrizione nel registro degli indagati di Podestà, mentre Robledo sostiene di avere infomato subito il suo capo dell’interrogatorio della teste Clotilde Strada che aveva indicato elementi d’accusa contro il politico del Pdl. Il processo è stato sospeso in attesa di una decisione della Suprema Corte. E adesso, sull’esempio della difesa Podestà, potrebbero presentare analoghe istanza anche i legali di Berlusconi e quelli di Formigoni nei processi Ruby e Maugeri, entrambi portati al Csm come ‘pomi della discordia’. Qui sotto riportiamo l’istanza di Podestà, se avessero bisogno di ispirazione.(m. d’a.)

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  • Pomarici al Csm, quel pm alla Dda solo perché uditrice di Ilda

    Quel giovane pm, Paola Biondolillo, è stata assegnata alla Dda solo perché è stata uditrice di Ilda Boccassini. In una lettera inviata a Bruti Liberati, ora depositata al Csm  nell’ambito della ‘sfida’ Robledo – Bruti Liberati, il pm Ferdinando Pomarici, è molto severo a proposito della nomina della collega alla Direzione Distrettuale: “Mi sembra – scrive il sostituto nella missiva anticipata da panorama.it – priva di alcun requisito idoneo all’assegnazione alla Dda se non quello, pare, di essere stata uditrice giudiziaria dell’attuale coordinatore (Ilda Boccassini, ndr)…”Mi stupisce che un esponente storico come te   di Magistratura Democratica, che si è sempre caratterizzata per le battaglie più decise in tema di concorsi interni, abbia poi rinunciato a tali principi quando, forse, richiesto di derogarvi da chi gradiva l’assegnazione di colleghi di propria personale fiducia”.  Sempre in questa lettera, il pm che indagò sulla vicenda Abu Omar annuncia al capo che non intende più partecipare alle riunioni della dirigenza: “Il disagio si è fortemente acuito per effetto di alcune tue scelte che assolutamente non condivido e che non voglio in alcun modo avallare”

    Nella seconda lettera, Pomarici critica  Bruti sulla scelta di assegnare il caso Ruby a Ilda Boccassini, secondo lui intervenuta esercitando una informale «auto assegnazione». Pomarici parla di violazione “di una norma che ha costituito per anni cavallo di battaglia di Md proprio per evitare il fenomeno delle assegnazioni “pilotate”, fonte di timore diffuso che anche le successive indagini possano apparire all’esterno parimenti “pilotate”. (m.d’a.)

  • Podestà chiede di trasferire processo a Brescia per scontro in Procura.
    E Giustiziami arriva in Cassazione.

    Guido Podestà chiede che il processo in cui è imputato per falso ideologico in relazione alle presunte firme false a sostegno della candidatura di  Roberto Formigoni alle regionali del 2010 venga trasferito per “legittimo sospetto” da Milano a Brescia “stante la evidente gravità, non altrimenti eliminabile, della situazione locale, idonea a turbare lo svolgimento del processo”. E, tra le fonti di prova che sottopone alla Suprema Corte, cita anche due articoli apparsi su Giustiziami.

    In un ricorso di 13 pagine depositato alla Cassazione, i suoi legali, Gaetano Pecorella e Paolo Veneziani, ricordano che l’inchiesta è uno dei ‘casus belli’ al centro dello scontro tra Bruti Liberati e Robledo i quali avrebbero dato vita a una “anomala e irrituale duplicazione” di questo procedimento, quello iscritto per primo e archiviato – assegnato a Bruti – e quello iscritto da Robledo mentre pendeva la decisione del gip sulla richiesta di archiviazione del primo, entrambi relativi ai medesimi fatti e per le medesime ipotesi di reato”. Della doppia inchiesta la difesa di Podestà aveva già parlato invocando il principio del ne bis in idem sia in udienza preliminare che in dibattimento ma ora – si legge nell’istanza – tutto ciò trova un “senso”  alla luce dell’esposto di Robledo che ha dato il via alla contesa davanti al Csm tra i due magistrati. “Uno scontro che in soli due mesi – sottolineano i legali – ha travalicato il limite del confronto tra i due coinvolgendo, oltre all’ufficio del pm, le correnti esistenti in seno alla magistratura e determinando all’interno della sede giudiziaria milanese una situazione così grave da turbare lo svolgimento del processo a carico di Podestà”. E per dimostrare la crudezza della lotta, citano, oltre a quelli di altri giornali, anche due articoli di Giustiziami,  in particolare quello in cui riportiamo il rimprovero di Bruti al collega  perché il nostro Frank Cimini era a conoscenza dell’imminente  chiusura dell’indagine.

    Su questa inchiesta, in effetti, i due litiganti se ne sono dette di ogni. Il capo ha accusato Robledo di non averlo avvisato con tempestività dell’iscrizione nel registro degli indagati del politico, mentre Robledo sostiene di di avere subito informato Bruti dell’interrogatorio della teste Clotilde Strada sul tema delle firme false raccolte dal Pdl e che l’unica reazione di Bruti sarebbe stata quella di preoccuparsi se questo poteva creare problemi al Pdl. (manuela d’alessandro)

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  • Nobili al Csm, mai rinunciato in 34 anni a un’indagine

    E’ fnita.  Il Csm serra  le quinte dichiarando chiusa l’istruttoria sulla vicenda Bruti – Robledo con l’ultimo atto, l’audizione del procuratore aggiunto Alberto Nobili. Era stato Robledo a chiedere che venisse ascoltato il pm sull’assegnazione del fascicolo Ruby  a Ilda Boccassini. Secondo la sua versione, Nobili non rinunciò a coordinare l’indagine partita dalle rivelazioni della giovane marocchina perché “mai è stato interpellato sul punto, né è stata richiesta la sua opinione”. “Nobili – si legge nella memoria di Robledo – venne meramente informato della decisione che era già stata presa dal Procuratore della quale si limitò a prendere atto”.

    Bruti invece aveva sostenuto davanti al Csm che il fascicolo sulle notti ad Arcore era stato assegnato a Boccassini col beneplacito del magistrato che in quel momento avrebbe dovuto coordinarlo, il procuratore aggiunto Nobili. Ebbene, oggi un consigliere del Csm ha letto testualmente a Nobili quanto scritto da Robledo nella sua memoria chiedendogli se corrispondesse al vero e, non solo il procuratore, protagonista di tantissime ‘storiche’ inchieste sulla criminalità organizzata, ha confermato di non essere stato interpellato prima della decisione sul passaggio dell’inchiesta alla sua ex moglie Boccassini, ma ha anche sottolineato di non essersi mai tirato indietro in 34 anni di carriera di fronte a un’indagine.  Quando Bruti gli comunicò che l’inchiesta non gli saprebbe spettata, Nobili ha detto di averne “preso atto”, senza avere “nulla da obbiettare”. Sia la Prima che la Settima Commissione hanno a questo punto chiuso l’istruttoria avviata in seguito alla denuncia di Robledo su presunte irregolarità nella gestione della Procura da parte di Bruti. La Settima Commissione si riunirà in seduta straordinaria martedì prossimo, giorno in cui potrebbe già formulare le conclusioni da proporre al plenum, mentre la Prima Commissione si riunirà solo all’ inizio di giugno. (manuela d’alessandro)

  • Raccolta di firme tra pm
    non siamo come media ci dipingono

    I pm di Milano provano a ridisegnare l’immagine di una Procura spezzata dalla violenta contesa finita davanti al Csm tra il loro capo, Edmondo Bruti Liberati, e il ‘rivale’ Alfredo Robledo. Armando Spataro, che tra poche ore potrebbe salutare l’ufficio ed essere nominato alla guida della Procura di Torino, è tra i  promotori una raccolta di firme a sostegno di un documento, che Giustiziami ha potuto leggere. In essa, il magistrato che ha seguito alcuni tra i più importanti processi di terrorismo interno e internazionale contesta l’immagine che sembrerebbe emergere dalle ultime vicende di una Procura alcova dei peggiori sentimenti. “Nell’ovvio rispetto delle future determinazioni del Csm (…) – si legge nel documento – non possiamo non intervenire in ordine alla rappresentazione mediatica non corrispondente al vero che viene offerta alla pubblica opinione (…) con un’immagine di una Procura dilaniata dalla contrapposizione interna. Respingiamo ogni tentativo di delegittimazione complessiva dell’operato della Procura che rischia di danneggiare la credibilità e compromettere l’efficacia dell’azione dell’ufficio”. A quanto ci risulta, il foglio fatto girare negli uffici ha raccolto il consenso della maggioranza dei pubblici ministeri, anche se non l’unanimità. Hanno firmato in 62 su un’ottantina complessiva di pm in servizio a Milano.  Alcuni di loro non si è riusciti a contattarli, altri hanno invece non hanno condiviso il contenuto del documento. In qualche caso ci sono stati anche dibattti molto duri tra i sostenitori dell’iniziativa e chi non ha firmato.

    Francamente, con tutta la stima per Spataro e per molti altri pubblici ministeri che giustamente rivendicano la serenità per lavorare, non ce la sentiamo di assumerci la responsabilità di avere raffigurato la Procura così come non è. E’ un fatto che sia in corso al quarto piano una lotta senza esclusione di colpi che non coinvolge soltanto il capo e Robledo ma anche tutte le toghe, e sono tante, che hanno preso posizione a favore dell’uno o dell’altro, a volte con toni anche molto duri nella camera caritatis delle loro stanze. E questo fatto è stato raccontato, bene o male. Ci si è anche ricamato sopra, a volte in modo discutibile, ma il dato di partenza è che a Milano sta succedendo qualcosa che prima mai si era visto. (manuela d’alessandro)

  • Sea, ora l’inchiesta della ‘guerra’ in Procura rischia l’avocazione della Pg

    Il fascicolo Sea, prima ‘dimenticato’ nell’armadio dal capo della Procura e poi ‘pomo della discordia’ tra Bruti Liberati e Robledo, rischia di finire avocato dalla Procura Generale su richiesta delle difese. L’istanza  sarebbe motivata dalla mancanza di serenità in Procura dove il litigio interno ha portato a una paralisi dell’attività investigativa che riguarda altre numerose inchieste dei dipartimenti guidati da Francesco Greco, reati societari e finanziari, e Alfredo Robledo, reati contro la pubblica amministrazione.

    Sempre in relazione alla Sea, c’è un’indagine per aggiotaggio in mano al pm Sergio Spadaro. Il caso che suscita maggiori perplessità e interrogativi inquietanti è quello del cosiddetto ‘Ruby ter’. I giudici dei processi Ruby uno (Berlusconi) e Ruby due (Fede, Minetti e Mora) hanno in pratica ordinato alla Procura di svolgere indagini sulle presunti corruzioni e false testimonianza di ‘olgettine’, poliziotti e varia umanità. Invece non si muove foglia perché, riferiscono le ‘voci’ del Palazzo, la Procura avrebbe deciso di aspettare le sentenza di appello dei due processi che potrebbero arrivare in estate ma anche oltre. L’impressione è che Berlusconi, in questo momento, interessi molto meno che in passato sia per il suo ruolo nelle riforme sia perché messo all’angolo dall’affidamento ai servizi sociali.
    Lungo è l’elenco delle inchieste che da mesi segnano il passo e si tratta di indagini equamente distribuite tra i due dipartimenti al centro della contesa di cui si stanno occupando  il Csm con tre commissioni e il pg della Cassazione per l’aspetto disciplinare. (altro…)

  • Bruti riscrive al Csm, Robledo pedinò senza informarmi

    Sintesi delle puntate precedenti. C’è stato un doppio pedinamento che ha intralciato l’inchiesta Expo (Bruti). No, dici il falso, non c’è stato (Robledo). E’ vero, non c’è stata nessuna sovrapposizione (Guardia di Finanza).

    Oggi ecco una nuova puntata di ‘Procuropoli’, i cui intrighi sono degni di una soap opera degli anni ottanta.

    Titolo: E invece sì, il doppio pedinamento c’è stato, il bugiardo sei tu. (Bruti).  Trama: il capo della Procura scrive una nota di una paginetta e mezzo al Csm in risposta a quella inviata ieri da Robledo per ribadire che un indagato – a quanto ci risulta potrebbe essere il manager di ‘Expo2015′  Angelo Paris – sarebbe stato seguito sia dagli uomini della polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, sia da quelli del Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle. Anzi, è l’ accusa di Bruti,  smentendo il doppio pedinamento Robledo implicitamente ammette di avere disposto un servizio di osservazione durato circa due mesi senza informarlo. (altro…)

  • Robledo a Csm, Gdf è con me, nessun doppio pedinamento

    Affermazioni “del tutto inveritiere e fuorvianti”, “radicalmente inventate e prive di qualunque fondamento”. Alfredo Robledo il giorno dopo il violento attacco subito da Edmondo Bruti Liberati risponde al suo capo con altrettanta veemenza inviando una nota al Csm.

    A Bruti che gli contesta di avere intralciato le indagini sull’inchiesta che tocca  Expo anche attraverso il doppio pedinamento di un indagato, Robledo ribatte calando l’ass0. Allega alla sua nota un documento in cui il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza mette nero su bianco che “per quanto consti agli atti d’indagine, nel corso delle attivita’, nel corso delle attivita’ di osservazione e controllo svolte da personale di questa articolazione non si sono registrati episodi di sovrapposizione operativa con personale della pg della Guardia di Finanza presso codesta Procura della Repubblica”. Bruti afferma invece che gli uomini del Nucleo si sarebbero sovrapposti a quelli della sezione di Polizia Giudiziaria del Palazzo nella ‘caccia’ a un indagato.

    Alla nota spedita all’organo di autogoverno della magistratura, Robledo allega “copia dei ‘Rapporti di Servizio’ redatti da personale di questo Nucleo di Polizia Tributaria riferiti a sopralluoghi nonche’ attivita’ di osservazione e controllo esperite nell’ambito del procedimento penale”. Di fatto, almeno una parte della Guardia di Finanza si schiera dalla parte del leader del pool dei reati contro la pubblica amministrazione, smentendo il doppio pedinamento ipotizzato da Bruti. La nota e’ firmata dal comandante del Nucleo Vito Giordano e dal comandante del gruppo Alberto Catalano. Per Robledo, “le inveritiere affermazioni” di Bruti “appaiono altamente lesive della dignita’”  della sua funzione. Nessuna contro – risposta per il momento da parte di Bruti in una contesa che adesso sta mettendo in serio imbarazzo anche le Fiamme Gialle.  (manuela d’alessandro)

     

  • Expo, ammissioni da tutti, ma il ‘compagno G’ resta una sicurezza

    La storia non è un’amante fantasiosa, spesso ama riproporre  i copioni. In quello dell’inchiesta Expo tutti hanno ammesso piccole e grandi responsabilità,  qualcuno ha perfino confessato di avere con sé al momento dell’arresto i biglietti “con la contabilità delle tangenti”, tutti tranne Primo Greganti, Gianstefano Frigerio e Luigi Grillo, i tre politici già coinvolti in indagini che hanno segnato la storia d’Italia.  Fedele alla linea, il ‘compagno G’, come accadde in Tangentopoli, si è dichiarato innocente, sostenendo che lui si occupava della “filiera del legno”, mica degli appalti  e così ha fatto l’ex parlamentare della Dc Gianstefano Frigerio.  Grillo ha negato tutto come già fece quando finì indagato per la scalata ad Antonveneta e la storia in quel caso gli diede ragione perché venne assolto dopo una condanna in primo grado.  Gli altri invece si sono lasciati decisamente andare con ammissioni  di rado riscontrate   al ‘primo giro’ degli interrogatori di garanzia. L’ex udc Sergio Cattozzo rivela di avere provato a nascondere i bigliettini su cui annotava le mazzette ai finanzieri, il manager di Expo Angelo Paris da’ le dimissioni con tante scuse (“Colpa mia, mi sono fidato delle persone sbagliate, ho raccontato informazioni sulle gare che dovevano restare riservate”),  mentre l’imprenditore Enrico Maltauro ammette che sì, i fatti sono proprio quelli descritti nell’ordinanza. (manuela d’alessandro)

     

  • Arrestato Expo, il Ministro delle Finanze Vaticane sta con noi

    Il Vaticano è, dopo la sinistra e la destra, il “terzo canale” nel mondo di quella “squadra” fortissima che vince tutti gli appalti della sanità e di Expo. Un amico di questa “squadra”, leggendo gli atti dell’inchiesta che ha portato in carcere anche l’ex Pci Primo Greganti, sembra essere l’uomo alla guida della Prefettura gli Affari Economici del Vaticano, una sorta di Ministero del Bilancio, il Cardinale Giuseppe Versaldi.  Il suo nome spunta da un giro di telefonate tra gli indagati, impegnati in un pressing che dovrebbe portare il manager Stefano Cetti a conquistare una poltrona nella società A2A.

    Un, due, tre, vediamo le  porte a cui deve bussare il ‘giocatore’ Cetti.

    “Sì, sì, Cetti lo devi vedere – suggerisce l’ex Dc Giandomenico Frigerio all’ex Udc ligure Sergio Cattozzo, in un’intercettazione del 23 dciembre 2013 che vede protagonisti i due futuri arrestati – perché gli ho detto, gli ho parlato di A2A nella prospettiva e gli ho detto, ci sono tre canali da seguire: il primo canale è il rapporto con la sinistra, devi parlare con Sergio perché ti fissano un appuntamento con Primo e li vedi tutti e tre perché tu l’hai mancato completamente, quella sera non c’eri, eri impegnato”; poi gli ho detto poi sulle banche che sono gli azionisti veri il canale è Gigi (Grillo,ex senatore di Forza Italia) ma anche lì devi parlare con Sergio un’altra volta e fissare un appuntamento con lui; poi c’è il terzo canale che è il mondo cattolico e lì ti faccio parlare io col cardinale con quelli lì, ma i primi due canali sono fondamentali, quindi parlane con Sergio al più presto”.

    Un, due, tre. La parola “Cardinale” compare ben 9 volte nelle fittissime pagine dell’ordinanza, ma solo due volte è seguita da un nome. “Non posso parlare – comunica l’ex senatore forzista Luigi Grillo all’imprenditore Enrico Maltauro – ti chiamerò tra circa un’ora appena finisce la conferenza stampa del cardinale Bertone”. Che ci fa Grillo alla conferenza stampa? Misteri della fede. Sempre al telefono, Frigerio catechizza Cetti: “Il terzo canale è il mondo del Vaticano, dove noi abbiamo amici il Ministro delle Finanze che è il cardinale Versaldi e anche il Segretario di Stato con…quindi magari lì ti mando un mio amico il Walter Iacaccia che è legato a Versaldi…poi ti porta lui da Versaldi”. Sembra che questo incontro col Cardinale  poi si combini davvero: “Guarda che è il Cardinale – dice Frigerio al manager di Expo Angelo Paris, parlando di un incontro fissato per il “giovedì”- perché è proprio un mio amico il Cardinale …è una persona seria…uno di Alessandria…ma poi un uomo di quelli di una volta”.    (manuela d’alessandro)

  • Lettera di Bruti a Robledo, perché Frank sa le cose in anticipo?

    Anche il nostro Frank Cimini entra in ‘Procuropoli’, l’appassionante saga giudiziaria in onda al Tribunale di Milano che sta vivendo il picco di ‘audience’ con le audizioni al Csm in questi giorni.  In una lettera del 27 aprile 2012 che potete leggere cliccando il link qua sotto, ora all’attenzione dell’organo di autogoverno della magistratura, il procuratore Edmondo Bruti Liberati rinfaccia ad Alfredo Robledo una fuga di notizie sull’inchiesta relativa alle firme false raccolte a sostegno di Roberto Formigoni per le elezioni regionali del 2010. Frank ‘spione’ nella guerra di  Procuropoli? Barba finta? No, credete a noi, la sua barba è verissima!

    Ecco la lettera di Bruti: Frank barba finta?

  • Robledo: Bruti mi disse “potevo dire a qualcuno di fare la pipì e farti sbattere all’esecuzione”

    Ecco la lettera che Alfredo Robledo ha scritto al pg Manlio Minale in cui viene riportato un dialogo davvero poco istituzionale tra i due contendenti davanti al Csm. Il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati avrebbe preso in giro il suo rivale sottolineando che se è diventato aggiunto lo deve a un voto della sua corrente, Magistratura Democratica : “Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Consiglio che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto, che poi avremmo sbattuto all’esecuzione”. La lettera, che è all’attenzione del Csm, meritadi essere letta tutta perché offre altri spunti interessanti per entrare nel clima della ‘battaglia’.

     

    robledo-liberati6.pdf