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  • No dal Tribunale per i 100mila euro in 6 mesi al nuovo direttore scelto da Fiera Milano

    Non piace al Tribunale il candidato scelto da Fiera Milano spa per la successione di Enrico Mantica alla guida di Nolostand, la  società commissariata nell’ambito dell’inchiesta su presunte infiltrazioni mafiose anche negli appalti legati a Expo.  A quanto apprende Giustiziami, il nome designato per la carica di direttore tecnico sarebbe quello di Bruno Boffo, già vicedirettore generale dell’ente tra il 1998 e il 2009.  Un manager di assodata esperienza e conoscenza degli ingranaggi del gigante fieristico che tuttavia presenterebbe due pecche agli occhi dell’amministratore giudiziario Piero Capitani. Anzitutto non rappresenterebbe una sufficiente “discontinuità” rispetto al passato,  in quanto ex  figura preminente di Fiera Milano. Una cesura ritenuta necessaria dal Tribunale che già aveva ottenuto  le dimissioni dell’intero cda di Nolostand. Mantica non era indagato ma è stato rimosso per contatti con imprenditori ritenuti vicini a Cosa Nostra.E poi, fatto non secondario, avrebbe suscitato perplessità la decisione presa dal Comitato per la Remunerazione di Fiera Milano, di cui fa parte anche l’esponente del Pdl Licia Ronzulli (oltre ad Attilio Fontana e Romeo Robiglio) di determinare un compenso di 100mila euro lordi per sei mesi da versare a Boffo. Una somma ritenuta spropositata che in Fiera forse ritengono necessaria per indurre il manager a dedicarsi anima e cuore a un’impresa difficile: rimettere in pista una società squassata dall’indagine milanese in vista di appuntamenti decisivi  in programma già a settembre. (manuela d’alessandro)

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  • “Dimagrisce perché non vuole la dentiera”, detenuto in coma dopo no a scarcerazione

    E’ una storia delicata che si presta perlomeno a una riflessione quella di G.C., detenuto nel carcere di Vigevano, ora in coma farmacologico per le conseguenze di un cancro al polmone dopo che un anno fa i giudici gli avevano negato la scarcerazione o  un approfondimento del suo stato di salute.

    Nell’ordinanza con cui respingevano una richiesta di perizia presentata dal suo legale, Andrea Dondé, anche sulla base di un dimagrimento di 40 kg, i magistrati scrivevano che “nessuna delle pluralità di patologie era in sè ostativa alla permanenza in carcere” di G.C. il quale si sottraeva in parte alla “concreta attuazione delle terapie ospedaliere per sua scelta, come nel caso dell’astensione al fumo e dell’applicazione di una protesi dentaria, quest’ultima risolutiva dei problemi di alimentazione, cui è legata la perdita di peso riscontrata dal difensore”.

    Tra le patologie indicate dai giudici anche una “broncopneumopatia cronica con inziali segni di insufficienza respiratoria”. Un mese fa, G.C. che stava scontando la pena dell‘ergastolo per un omicidio, si è sentito peggio del solito ed è stato portato nell’ospedale di Vigevano dove i medici hanno constatato che le sue condizioni erano “gravemente compromesse” tanto da doverlo operare immeditamente ai polmoni e a indurre il coma farmacologico. “Si potrà dire che fumava e che quindi si è ammalato per quello di cancro – spiega Dondé –  ma quando i sanitari parlano di un paziente arrivato in condizioni gravemente compromesse mi viene da pensare che forse si poteva fare di più, almeno quella perizia che avevo chiesto”. Per i magistrati che negarono l’incompatibilità di G.C. col carcere la documentazione medica acquisita un anno fa, si legge nell’ordinanza, era invece “tale da non richiedere ulteriori approfondimenti”. (manuela d’alessandro)

    Aggiornamento del 02 agosto 2016. Il protagonista di questa storia è morto nella notte tra lunedì e martedì. Dopo aver parlato di questa vicenda, nei giorni scorsi, il figlio Andrea Francesco ci aveva scritto, commentando con rabbia amara l’evoluzione della salute del padre. Le sue parole le trovate nei commenti a questo articolo.

  • “No alla vendetta”, la lezione della mamma di Lorenzo nel giorno dell’ergastolo a Giardiello

    Ecco le parole dell’avvocato Alberta Brambilla Pisoni, la mamma  di Lorenzo Claris Appiani,  il giovane legale freddato mentre leggeva la formula del giuramento del testimone, dopo la condanna all’ergastolo di Claudio Giardiello.

    Se memoria deve restare di quella gelida mattina di sole in cui caddero oltre a Lorenzo, l’imprenditore Giorgio Erba e il giudice Fernando Ciampi,  vorremmo che fosse di questa luminosa lezione di umanità e diritto, e non si sa dove cominci una e finisca l’altro.

    “La sentenza rispetta il diritto, la giustizia sarebbe evitare che succedano queste cose. Il processo è stato fatto bene, sono state concesse delle perizie che sono state esaurienti e Giardiello ha avuto tutte le garanzie, com’è giusto che dovesse essere.  Mi è dispiaciuto essere qui presente: lo sono sempre stata quando si parla di Lorenzo e lo sarò sempre, perché quando si parla di Lorenzo io ci sarò sempre, ma non è bello asssitere alla condanna all’ergastolo di una persona. Anche se voi mi avete vista sempre sciolta e battagliera, questa è comunque un’esperienza che ti lascia un sacco di emotività perché comunque un essere della tua specie viene  condannato a una pena a fine vita. La vendetta la lascio a Giardiello, io cerco di lavorare su di me. Per me la vendetta è già un principio di delitto, non viene mai punito il pensiero vendicativo ma già da lì parte qualcosa contro il vivere civile, contro un percorso di miglioramento. La vendetta esiste ma penso che dovremmo fare di tutto per comabatterla”. (manuela d’alessandro)

     

     

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  • Il finanziere che tutte la mattine fa un pazzo giro di Milano per ritirare i giornali

     

    Che fa la Guardia di Finanza? Scopre le mazzette. Lo abbiamo visto in questi giorni, lo fa anche bene. Ci sta pure simpatica quando toglie il velo al malaffare. Tutte le mattine una mazzetta si alza e deve correre più veloce del finanziere. Non solo la mazzetta di denaro però, anche quella dei giornali omaggio.
    Tutte le mattine, infatti, a Milano un finanziere si alza e prende servizio nel “turno giornali”, il turno mazzetta insomma. Prende l’auto civetta (non confondetevi: non la ‘civetta’ con i frontespizi dei giornali davanti alle edicole, ma l’auto undercover, quella senza i colori gialli e grigi del Corpo), e inizia il suo giro nelle redazioni. Dal lunedì al sabato, verso le 7 del mattino si reca in zona corso Lodi, dove i giornalisti di Repubblica non sono ancora arrivati perché stanno leggendo la concorrenza con il loro abbonamento digital sul tablet, mentre bevono il caffè. Ritira otto copie del quotidiano. Poi vola in auto in via Solferino, dove i giornalisti del Corriere e della Gazzetta non sono ancora arrivati perché stanno leggendo Repubblica sul tablet mentre bevono il caffè a casa. E ritira Corsera e la Rosa.
    Poi vola in via Negri, a raccogliere le copie del Giornale, quattro. Poi va a recuperare gli altri: la Stampa in via Paleocapa, il Giorno, il Messaggero, eccetera. Pare che invece Italia Oggi e IlSole24Ore arrivino per posta. La routine del turnista dei giornali si spezza il mercoledì, quando si spinge fino alla provincia milanese per recuperare il settimanale Panorama, a Melzo.
    Poi iniziano le consegne. Le copie in via Filzi (Nucleo di polizia Tributaria), in via Melchiorre Gioia (comando regionale), in via Valtellina (provinciale) e in corso Sempione (interregionale).
    L’auto di servizio ha un costo di carburante, il finanziere potrebbe cercare altro genere di mazzette. Ci chiediamo con stima: ma perché i comandanti non si fanno regalare un abbonamento digital e non leggono i quotidiani sul computer, mentre bevono il caffè? O forse sbagliamo: per fortuna qualcuno legge ancora i giornali cartacei.

  • Le gravi ‘dimenticanze’ di Fiera ed Expo sui controlli per mafia

    C’è una crepa nel muro di controlli che avrebbe dovuto proteggere Expo  dalla mafia. Eppure ieri Roberto Maroni aveva rassicurato tutti (si fa per dire, visti gli esiti dell’inchiesta): “Dalla Direzione investigativa antimafia arrivò il via libera per Dominus”.

    Invece ora si viene a sapere che Expo e Fiera ebbero un’amnesia fatale sulla società al centro dell’inchiesta che ha portato a 11 arresti a cui Nolostand spa, la controllata da Fiera spa ora commissariata, subappaltò i lavori per alcuni padiglioni.

    Da fonti giudiziarie apprendiamo che  il nulla osta non poteva essere dato per una ‘dimenticanza’ alla base dei controlli: Expo e Fiera non inserirono Dominus, amministrata di fatto da 2 degli arrestati sospettati di contiguità con la mafia, in Si.Prex, la piattaforma informatica delle imprese operanti in Expo 2015. Dominus sarebbe stata indicata solo in un generico elenco cartaceo inviato da Fiera spa alla Prefettura e, per conoscenza, alla Dia e all’Autorità Nazionale Anticorruzione, il 16 maggio 2014. La lista comprendeva 216 fornitori abituali della Fiera che potenzialmente avrebbero potuto essere utilizzati per i lavori in Expo e quindi da sottoporre alle verifiche dellla Dia ma anche della Prefettura e delle altre forze dell’ordine.

    Verifiche che però sarebbero scattate solo dopo l’inserimento di Dominus nella piattaforma Si. Prex. Un passaggio ‘saltato’ nonostante Dominus fosse diventata da ‘potenziale’ a concreta fornitrice di lavori per Expo, tanto da vedersi affidata la costruzione ddei padiglioni della Francia, della Guinea Equatoriale, del Qatar e persino la passerella calcata dai milioni di visitatori per accedere all’Esposizione Universale. (manuela d’alessandro)

    La lettera anonima sull’amministratore mafioso cestinata da Fiera Milano

     

  • La lettera anonima sull’”amministratore mafioso” cestinata in Fiera Milano

    Com’è possibile che una società leader mondiale negli allestimenti fieristici non si accorga di fare affari con due tizi sedicenti amministratori di un consorzio che  sono in realtà poco più di Totò e Nino Taranto alla prese con la vendita della fontana di Trevi? Per la Procura di Milano è potuto accadere per sciatteria, ma non ci sono reati (almeno per il momento).

    “Ora state facendo politica”, ha ammonito il fresco procuratore capo Francesco Greco i cronisti che insistevano durante la conferenza stampa sulle presunte responsabilità penali di Fiera Milano nel non accorgersi che la sua controllata Nolostand spa aveva affidato in violazione dei codici etici la costruzione dei padiglioni di Expo a Giuseppe Nastasi e Liborio Pace, arrestati  per associazione a delinquere finalizzata a reati fiscali aggravata dalla finalità mafiosa. I due si presentavano come amministratori del consorzio Dominus ma sarebbe bastata una visura camerale per constatare che maneggiavano milioni di euro senza alcun titolo. I codici etici della Fiera prevedono che i contatti coi collaboratori esterni avvengano ” con la persona fisica o giuridica che rappresenta la parte”.

    Di Liborio Pace si poteva sapere che era stato imputato in un procedimento per mafia, concluso con la sua assoluzione. Ma ancor di più sconcerta quello che si sarebbe potuto sapere su Giuseppe Nastasi. Il 16 marzo  arriva in Fiera una lettera che viene cestinata in cui viene definito un “mafioso”. Ebbene: se vi arrivasse la soffiata che una persona a cui state affidando dei lavori per voi molto preziosi è un “mafioso” cosa fareste? Enrico Mantica, il direttore tecnico di Nolostand (non indagato), telefona a Nastasi e  lo informa che qualcuno va  raccontando che lui è un mafioso. Scrivono i giudici della sezione misure di prevenzione che hanno commissariato Nolostand:  “Nastasi e Mantica discutono della lettera anonima ricevuta dal dirigente di Fiera Milano (“è arrivata una lettera che poi quando passa gliela faccio vedere…”). Mantica appare a quel punto restio nel proseguire telefonicamente l’argomento (“No, eh, ci sono altre  cose che poi meglio che ne parliamo di…Quando può…meglio evitare di parlarne al telefono dai!’)”. I due poi effettivamente si incontrano e, stando a quanto racconta Nastasi a un’amica, Mantica non è apparso turbato dal contenuto della letttera anonima: “‘Mi ha detto stia sereno…e mi è apparso serenissimo, tranquillo’”.

    E così, chiosano i giudici, “per nulla scalfiti dal contenuto della lettera i rapporti tra Giuseppe Nastasi e i vertici operativi di Fiera Milano – Nolostand spa divengono sempre più fitti con il passare dei giorni, al fine di ottenere la proroga del contratto di servizi con Nolsotand spa per il triennio 2016 – 2018 (…)”. Nolostand è stata commissariata: la legge prevede che per questa misura non è necessario che l’azienda abbia commesso reati, basta solo che il libero esercizio di un’attività economica, a causa di una condotta dei sui dirigenti censurabile sul piano colposo, abbia l’effetto di agevolare persone indagate per gravi reati”.  (manuela d’alessandro)

    Il decreto che commissaria Nolostand

     

  • Procura bocciata su Antinori: la rapina di ovuli non esiste, non sono “cose”

     

    La rapina di ovuli, reato contestato per la prima volta dalla Procura di Milano a Severino Antinori, non esiste perché gli ovuli non sono “cose” ma parti del corpo umano.

    Il Tribunale del Riesame mette un punto fermo nel caos etico – giuridico sollevato dall’ indagine che ha portato il 13 maggio all’arresto del ginecologo e derubrica da rapina a violenza privata il presunto prelievo con la forza di 8 ovuli a una giovane infermiera spagnola.

    Chiariscono i giudici: “Finché in vita, il corpo umano non è una cosa e si differenzia dalle cose mobili e immobili. Così gli organi e le parti del corpo vivente (tra cui gli ovociti) non possono essere considerati cose mobili riconducibili alla normativa dei reati contro il patrimonio (…). Le parti del corpo diventano mobili solo una volta separate ma non fanno parte del corpo vivente”. Se non si puà parlare di “detenzione del fegato”, si può invece farlo con le parti che per vari motivi vengono separate.  Come i capelli o i denti. “Non si tratta di esempi macabri ma di scuola: la madre che conserva i denti da latte del bambino, la donna che cede i propri capelli per il confezionamento delle parrucche”.

    Nuovi problemi, vecchi principi. “La legge sulla procreazione assistita – conclude il presidente del collegio Cesare Tacconi – non sposta la questione in quanto riguarda sul versante penale la commercializzazione degli ovuli ma non consente di ritenerli cose mobili allorquando fanno parte del corpo”.  (manuela d’alessandro)

     

  • “Chiediamo a Signorini la verità”, i magistrati non credono a Legnini sulla toga fedifraga

    “Non risulta pendente alcun procedimento penale o disciplinare a carico di componenti del Csm”. Giovanni Legnini prova a smentire la vicenda del magistrato fedifrago svelata da giustiziami.prlb.eu inviando una  nota ai consiglieri dell’organo di autogoverno della magistratura. Nessuno sembra però credergli e anzi molti deridono i toni ambigui del comunicato.

    Legnini ha dovuto emergere dal silenzio pressato dalle centinaia di magistrati che chiedono da giorni chiarezza nelle mailing list di corrente. “Se davvero è andata così, questo signore non può continuare a sedere nel Csm”, scrivono in molti. Altri manifestano livore contro la stampa: “Quando si vuole eliminare un concorrente si prega un giornalista (è un termine improprio) e si da’ origine alla notizia”.  Nei bar attorno al Tribunale di Milano all’ora di pranzo capannelli di toghe si confrontano sul nome (lo sanno tutti) e sui risvolti della vicenda.  E lo stesso accade a Roma,  da dove stamattina il presidente del Csm Legnini si è sentito in dovere di riportare “un clima sereno e proficuo” tra i magistrati.

    Ma la sua difesa non ha convinto stando alla mailing list di Anm. “E’ uno scialbo comunicato parasovietico del tipo in Urss non ci sono furti”, azzarda uno. “Legnini scrive ‘non è pendente alcun procedimento’ – osservano altri – parlando al presente. Questo significa che in passato lo era e magari è stato definito con un patteggiamento?”. E ancora: “Se non fosse per lo sputtamento, ci sarebbe da ridere”; “Chiediamo a Signorini come sono andate le cose”.

    Chissà se il giornalista re del gossip sa se il Csm ha mai aperto un’inchiesta sul magistrato fedifrago esercitando quell’azione penale che dovrebbe essere il pane della magistratura, oppure se ora sta insabbiando un’indagine conclusa con un patteggiamento o in altro modo che avrebbe dovuto portare alla rimozione dall’incarico, peraltro importante, rivestito dal magistrato. (manuela d’alessandro e frank cimini)

  • Tutti insieme a Opera per abolire l’ergastolo ostativo

     

    Si è svolto nel teatro del carcere di Opera, alla presenza di detenuti, studenti, operatori, un convegno sul tema dell’ergastolo ostativo.

    L’ergastolo ostativo è l’ergastolo “vero”, quello che, nonostante la buona condotta, nonostante il cambiamento che anche le neuroscienze ritengono inevitabile nella mente di qualsiasi persona dopo oltre venti anni, mantiene fede alla terribile promessa scritta sulla copertina dello stato di esecuzione: fine pena 31/12/9999.

    E proprio grazie al lavoro di un gruppo di “ergastolani senza scampo” (dal titolo del libro da poco pubblicato da alcuni di relatori del convegno, i professori Pugiotto e Galliani, insieme a uno di quegli ergastolani, Carmelo Musumeci), è stato possibile radunare per la discussione operatori di livello elevatissimo, con l’ambizione di formulare una proposta condivisa per superare quello che è stato unanimemente definito un istituto contro la costituzione e comunque contro i principi di civilità di uno stato moderno.

    Nella mattinata, l’avv. Maria Brucale della Camera Penale di Roma e il prof. Mauro Palma, presidente dell’Ufficio del Garante nazionale delle persone private della libertà personale, hanno illustrato che cosa sia l’ergastolo ostativo e quali siano le sue criticità. I prof. Andrea Pugiotto e Davide Galliani hanno analizzato i suoi profili di incostituzionalità, e gli standard di tutela ricavabili dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e il dott. Roberto Chenal, giurista alla Corte europea, ha chiarito quali siano i poteri, i precedenti della Corte EDU e la valenza dei principi CEDU.

    Il pomeriggio è stato introdotto dalla presentazione del trailer del docufilm “Spes contra spem”, girato proprio ad Opera da Ambrogio Crespi, presente insieme a Rita Bernardini dei Radicali italiani.

    Di seguito gli ergastolani hanno presentato il lavoro messo a punto in una serie di incontri da noi coordinati la scorsa estate, insieme con il dott. Siciliano, direttore del carcere. Hanno preso la parola anche tre persone del gruppo, che, con forte emozione, hanno cercato di spiegare il percorso portato avanti in quest’ultimo anno.

    Infine, coordinati da Salvatore Scuto, hanno preso la parola operatori di diversissima provenienza, i quali, sebbene da punti di vista differenti, hanno espresso la comune posizione di contrarietà all’attuale sistema:  Roberto Pennisi, sostituto procuratore presso la Procura nazionale antimafia, Marcello Bortolato, magistrato di sorveglianza, Riccardo Polidoro, avvocato e responsabile dell’osservatorio carcere UCPI, Elisabetta Zamparutti, del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, Laura Vaira, criminologa, Luigi Pagano, Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Enza Bruno Bossio, parlamentare.

    Il convegno si è concluso con l’impegno a non lasciare soli gli ergastolani senza scampo e a cercare proposte condivise ed accettabili da parte della politica.

    Valentina Alberta

    Antonella Calcaterra

    Camera Penale di Milano

  • Storia di corna, membro del Csm simula furto iphone

     

    Aveva scritto via whatsapp un messaggio all’amante inviandolo per errore alla moglie che s’infuriava e chiedeva spiegazioni e lui replicava che l’apparecchio gli era stato rubato. Il nostro nel tentativo di dimostrare di essere estraneo al fatto presentava una denuncia formale alla polizia affermando di aver subito un furto. Protagonista della vicenda un componente togato del consiglio superiore della magistratura che ora è nei guai, indagato dalla procura di Roma per simulazione di reato e sotto procedimento disciplinare. Perché la denuncia si è rivelata priva di riscontri con la realtà.

    I controlli e gli accertamenti in un caso del genere sono molto più accurati e soprattutto più veloci rispetto a quando una denuncia del genere viene presentata da un comune mortale. Per cui emergeva immediatamente che l’apparecchio, peraltro intestato al Csm, era sempre stato nella disponibilità del consigliere e mai oggetto di un furto.

    Il nostro magistrato è indagato dalla procura di Roma per aver simulato un reato e sotto inchiesta disciplinare da parte del Csm. Tutto è accaduto perché il consigliere non ha avuto la forza di far fronte alla rabbia di sua moglie per quel messaggio all’amante dal contenuto diciamo “inequivocabile” e ha finito per imboccare una strada senza ritorno.

    La vicenda è clamorosa, considerando l’importante incarico ricoperto dall’interessato che è tuttora al suo posto a giudicare i colleghi in attesa dello sviluppo delle indagini. L’episodio avvenuto alcuni mesi fa è coperto dal massimo riserbo anche se risulta essere a conoscenza di un numero non certo piccolo di persone.

    Con tutti i problemi che ha il Csm mancava solo una storia di corna gestita molto male (peggio non si poteva insomma) dal protagonista principale. Adesso si tratta di stare a vedere come sarà gestita dai colleghi del nostro, a Perugia e a Roma. Mettere tutto a tacere appare francamente difficile anche se recentemente in più occasioni il cosiddetto organo di autogoverno dei giudici ha dimostrato di avere l’omertà nel suo dna (frank cimini).

  • Sala batte il gemello Parisi…l’aiutino dei giudici

    Alla fine solo un milanese su due è andato a votare, ma Beppe Sala riesce a battere il gemello Stefano Parisi e diventa sindaco. Da Palazzo Marino controllerà il dopo Expo dopo essere stato il numero uno della gestione dell’evento del quale in verità non si conoscono ancora i conti veri, ma è uno di quei casi in cui il conflitto di interessi evidentemente non conta.

    Resta la gestione opaca (eufemismo) dell’evento universale intorno al quale aveva fatto quadrato il cosiddetto sistema paese sin dal giorno in cui in quel di Parigi Milano e l’Italia avevano sbaragliato la terribile armata di Smirne. Del sistema paese ha fatto parte integrante la magistratura con tanti saluti all’esercizio obbligatorio dell’azione penale con cui ci ammorbano in convegni e comunicati stampa. Innanzitutto Sala ha potuto essere il candidato del centrosinistra perché magistrati e giudici hanno chiuso un occhio e l’altro pure sul favore che Sala nel settore ristorazione di Expo aveva fatto all’amico Oscar Farinetti. Nessuna gara pubblica, nessun abuso d’ufficio decise il gip su richiesta conforme della procura, nonostante nella tragicomica motivazione si ammettesse che mister Eataly fu favorito di fatto. Ma senza che ce ne fosse l’intenzione, furono le parole. Insomma c’era fretta, show must go on.

    Non c’era traccia di accordi sotterranei fu la tesi di pm e gip dimenticando che in tal caso l’accusa sarebbe stata di corruzione e non di abuso d’ufficio. Il giudice poi era uno di quelli che evitò le gare pubbliche per i fondi di Expo giustizia. Chi controlla i controllori non lo sapremo mai.

    Il centrosinistra era già stato beneficiato dal fascicolo sulla compravendita della Sea, dimenticato per 6 mesi in un cassetto della procura e ricomparso magicamente solo quando le indagini non si potevano più fare, scatenando la guerra interna all’ufficio inquirente in cui alla fine ha pagato l’anello debole il pm Robledo trasferito a Torino per lesa maestà dell’allora capo Bruti Liberati. In seguito partì la moratoria delle indagini sugli appalti Expo dove la ciliegina sulla torta è il proscioglimento di Sala senza nemmeno il disturbo di un interrogatorio. Il premier Renzi in ben due occasioni ringraziò Bruti Liberati “per la sensibilità istituzionale”. La legge per gli avversari si applica, per gli amici si interpreta. Nell’ex patria del diritto (frank cimini)

     

  • Boccassini diserta la cerimonia d’insediamento di Greco

    Lei, seduta nel suo ufficio, vestita di bianco e di nero, fuma una sigaretta parlando coi collaboratori. Come in un giorno qualsiasi. Lui, un piano più in giù, riceve l’abbraccio e le parole dolci (“dicono che mi assomigli per il carattere e ne sono orgoglioso”) di Francesco Saverio Borrelli, nel momento più importante della sua vita. Il pubblico alla cerimonia d’insediamento applaude, di un applauso così fragoroso che una piccola onda forse arriva anche lassù.

    Li avevamo lasciati (in apparenza?) dalla stessa parte: Francesco Greco, da oggi procuratore capo di Milano, e Ilda Boccassini, impegnati nella difesa strenua di Edmondo Bruti Liberati dall’attacco sferrato da Alfredo Robledo nella sanguinosa guerra in Procura. Ma già la sera stessa della nomina del Csm si era sparsa la voce che Ilda volesse esprimere il suo malcontento per non essere stata presa in considerazione nella corsa al vertice, esclusa perfino dai tre ‘nominati’ finali (Greco, Melillo e Nobili).

    Non basta l’investitura di un Borrelli emozionatissimo (“Sono certo che Greco sarà capace di pilotare la navicella puntando sulla coesione e l’armonia dell’ufficio”). Il nuovo corso parte con una procura ancora spaccata, anche se nell’aula dove Greco inaugura il dopo – Bruti si respira una gran voglia di ricominciare e qualche pm entusiasta addirittura registra con lo smartphone.

    Il nuovo capo ringrazia il suo predecessore esaltando il ruolo di Bruti nel difendere l’”autonomia della magistratura”, proprio quello che i suoi contestatori, tra cui tanti magistrati, gli accusano di non avere fatto, con la ‘moratoria’ sulle indagini di Expo. Non cita Bruti, e non pare una dimenticanza, il pg Carmen Manfredda, che elogia il curriculum di Greco ma non manca di ricordare la necessità di rispettare l’articolo 3 della costitiuzione e il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Manfredda aveva firmato assieme all’allora procuratore generale Laura Bertolé Viale l’avocazione di una decina di inchieste  a Greco per non aver indagato abbastanza.L’altro grande assente di giornata è il procuratore generale Roberto Alfonso, ufficialmente impegnato altrove.

    Greco promette “una procura start up: velocità, trasparenza e giustizia online”, ma il suo idolo è antico, quel piccolo uomo di 86 anniseduto in prima fila, che si alza per abracciarlo nel tripudio galvanizzato di tutti i pm. Sullo sfondo, il sinistro rumore di un’assenza. (manuela d’alessandro)

  • Sui no Expo flop della procura, crolla il teorema della ‘devastazione’

    Crolla il teorema della devastazione, l’accusa che la procura di Milano, quella della moratoria sugli appalti Expo, aveva formulato a carico di 4 imputati nel processo con rito abbreviato concluso questa mattina in relazione alla manifestazione del primo maggio. 3 imputati sono stati assolti dall’imputazione più grave, devastazione e saccheggio, uno solo è stato condannato a 3 anni e 8 mesi, pena minima considerando che per questo reato si rischiano da 8 a 15 anni di reclusione.

    Uno degli imputati è stato assolto da ogni accusa e questo significa che ha fatto 6 mesi di custodia cautelare gratis. Per resistenza aggravata il gip ha deciso due condanne; a 2 anni e 2 mesi e a 1 anno e 8 mesi. Va considerato che a ottobre scorso erano state emesse 10 misure di custodia cautelare in carcere. 5 di questi provvedimenti riguardavano giovani greci per i quali la corte di appello di Atene aveva respinto la richiesta di estradizione, puntualizzando che  la responsabilità collettiva non esiste, che c’è solo quella personale e che nel capo di imputazione non era indicata la responsabilità di fatti specifici per ognuno degli indagati.

    La motivazione dei giudici greci, illustrata dai difensori degli imputati davanti al gup, ha finito per influire sulla sentenza. “Considerando tutto, la procura ha perso 9 a 1: su 10 misure carcerarie emesse c’è un solo condannato per devastazione e saccheggio. Un decimo indagato non è ancora arrivato al vaglio dei giudici perché si trova all’estero.

    Insomma la montagna della procura ha partorito il classico topolino. Questo accade dopo che i provvedimenti restrittivi erano stati emessi a sei mesi dai fatti quando le esigenze cautelati erano tutt’altro che attuali. Si tratta di un processo che poteva essere celebrato con gli indagati a piede libero, ma la procura aveva scelto deliberatamente di drammatizzare i fatti del primo maggio, la protesta dei NoExpo.

    Tutto il contrario era accaduto con gli appalti dove dopo un po’ di arresti per corruzione relativi a personaggi già rottamati ai tempi di Mani pulite, le indagini si fermavano alcuni mesi prima dell’inaugurazione dell’evento. E’ la moratoria che ufficialmente viene negata ma che sta nei fatti. E a beneficiarne è stato soprattutto Beppe Sala, prosciolto dall’accusa di aver favorito Oscar Farinetti per la ristorazione, senza nemmeno il disturbo di essere interrogato. Sala evitava di fare la gara pubblica. Che poi è quello che per i fondi di Expo giustizia facevano i vertici del palazzo di corso di porta Vittoria affidando i lavori ad aziende amiche. Significa che assolvendo Sala la magistratura ha assolto se stessa.

    Il progetto della “giustizia” era di far pagare per Expo il conto solo a chi era sceso in piazza per protestare. Ma alla fine la procura della moratoria sugli appalti, decisa per non disturbare l’evento e in omaggio alla ragion di stato, ha raccolto ben poco, molto meno di quello che pensava. Il caso del resto si era già ridimensionato se si pensa che a ottobre, al tempo delle dieci misure carcerarie, gli investigatori avevano detto esplicitamente che c’erano altri identificati e che altre manette sarebbero arrivate. Non è arrivato nulla e ormai dal primo maggio del 2015 è passato oltre un anno. Una delle spiegazioni è che c’è un giudice se non a Berlino ad Atene, da dove per la “mitica” procura di Milano è arrivata una vera lezione di diritto. (frank cimini)

  • Giudice Salvini, pericolosa la magistratura che vuole fare le leggi

     

    Pochi giorni dopo la nomina del nuovo Procuratore e di Milano, l’ANM ha varato 14 Commissioni di studio in cui complessivamente saranno impegnati nei prossimi anni centinaia di suoi iscritti, tutti appartenenti ai vari Partiti – correnti. In queste Commissioni permanenti, che assomigliano a Commissioni ministeriali, un piccolo esercito di magistrati, oltre 300 si occuperà non solo dei temi propri della categoria – i carichi di lavoro e le condizioni di lavoro e sicurezza, il processo telematico – ma anche di tematiche generali e decisive come la riforma del diritto penale, la riforma della processo penale e l’esecuzione penale, il diritto del lavoro.

    La novità è passata senza troppo clamore – ne ha scritto solo il quotidiano ‘Il Dubbio’ – e il ministro Orlando avrebbe accolto con favore la “offerta di collaborazione della ANM, forse facendo buon viso e cattivo gioco tenendo conto che il parere su alcune proposte di legge è già previsto ma solo da parte del CSM, che è un organo costituzionale e non un’associazione privata di magistrati come l’ANM.

    Può darsi che sia un malpensiero ma tutto ciò appare un nuovo passo avanti nel progetto di concordare, tramite una consultazione obbligatoria con la magistratura come ente organico, con il Governo e il Parlamento la formazione delle leggi, quantomeno quelle del sistema giustizia. Far sì che nessuna sia varata se non con l’approvazione dell’ANM e non “passino”, con una sorta di veto, quelle non gradite o i passaggi non graditi. Penso a quelle su temi sensibili come le intercettazioni, la prescrizione, le impugnazioni e così via.

    Non sarei troppo contento che le leggi in materia di giustizia fossero fatte dall’Unione Camere Penali. L’associazione degli avvocati dice molte cose acute ma adeguandosi alle sua linea e alle sue proposte, non si farebbe alcuna indagine né si concluderebbe mai alcun processo. Ma non mi sembra, all’opposto, che si debba passare ad una “legislazione concordata” e ad un necessario via libera dell’ANM e delle sue Commissioni che i cittadini non hanno eletto in Parlamento L’estensione dell’influenza della magistratura nello scacchiere istituzionale è resa possibile dalla sua struttura, un corpo di soggetti in numero limitato, compatto, gerarchico, che opera per cooptazione interna ed è quindi facilmente controllabile dai suoi capi e non è sottoposto a periodiche verifiche elettorali ma solo a controlli autoreferenziali. Trae anche vantaggio dalla presenza ormai costante di noti ex-magistrati nell’agone politico, con i suoi riverberi sui mass- media, e anche nelle sedi decisionali della politica. Infatti i magistrati che sono entrati in politica appena dopo aver dismesso la toga e qualche volta anche prima non sono da meno nel perseguire l’aumento di influenza della magistratura. (altro…)

  • Il giudice rivoluzionario che riconosce il permesso di soggiorno per fame

    Per la prima volta un giudice italiano riconosce un permesso di soggiorno per fame. Tecnicamente, si chiama ‘protezione umanitaria’, l’ultima carta dei disperati che non hanno le caratteristiche né per lo status di rifugiato né per chiedere il diritto d’asilo. Mai era stata riconosciuta ai migranti economici.

    E’ un provvedimento visionario ed emozionante quello del giudice civile di Milano Federico Salmeri che, osserva l’avvocato Eugenio Losco, esperto della materia, “non fa una piega in diritto“. Alti e saldi sono i principi a cui si ancora per accogliere un ragazzo di 24 anni scappato dal poverissimo Gambia:  l’articolo 32 della costituzione che riconosce il diritto alla salute inteso anche come diritto ad avere un pasto; la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nella quale si fa diretto riferimento al diritto all’alimentazione; i patti internazionali ratificati dall’Italia che sanciscono “il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame”.

    Per il magistrato, il richiedente “è titolare del pieno diritto ad accedere alla protezione umanitaria affinché gli sia garantito un livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia laddove le condizioni economico – sanitarie del proprio paese non consentano un livello sufficientemente adeguato ed accettabile di vita”. Il fondo monetario internazionale, le nazioni unite e wikipedia (citati dal giudice) raccontano di un paese dalle terre infertili dove le famiglie non possono comprare nemmen un pugno di riso.

    Questo significa una “protezione di massa umanitaria?”, si chiede il giudice, prevenendo le reazioni alla sua decisione, come quella del leader leghista Matteo Salvini (“sentenza folle”). La sua risposta è: “il riconoscimento  di un diritto fondamentale non può dipendere dal numero di soggetti cui quel diritto viene riconosciuto. Per sua natura, un diritto universale non è a numero chiuso”.  Resta chiaro che la decisione di un giudice non vincola gli altri che dovranno pronunciarsi sullo stesso tema, limitandosi a essere un precedente. “Un precedente rivoluzionario – chiude l’avvocato Losco – se pensiamo anche agli immigrati italiani del novecento che scappavano da una povertà meno severa di quella di questo ragazzo”. (manuela d’alessandro)

    Il testo dell’ordinanza del giudice dal sito Melting Pot

  • In carcere con una grave cirrosi, muore 5 giorni dopo l’arresto

     

    Pericoloso, così pericoloso perché trovato in possesso di un’arma da meritare il carcere, nonostante la difesa avesse implorato di lasciarlo libero perché soffriva di una grave forma di cirrosi epatica.

    S.R., che aveva precedenti per reati non gravi, è stato rinchiuso venerdì, sabato e domenica in cella. Sempre più sofferente, con la malattia che gli mangiava il fegato e la vita, finché lunedì è stato autorizzato il colloquio coi familiari e revocata la custodia cautelare “perché a fronte di tale sopravvenuto stato di morbilità sono venute meno le esigenze che giustificavano l’adozione della misura”.

    Ieri mattina, è morto. Ne dà notizia la camera penale di Milano che denuncia “l’ennesima vittima di un sistema processuale che consente l’abuso della misura cautelare custodiale, l’ennesima vita umana, uguale a quella di coloro che la perdono in fondo al mare, durante i viaggi della speranza, alle vittime della strada, alle donne che cadono sotto la violenza degli amori assassini, uguale a qualunque altra vita umana”.

    La legge che pure è  molto chiara e prevede il carcere solo in casi eccezionali quando ci sono severi motivi di salute viene disapplicata ” a causa dell’evidente resistenza culturale della magistratura a vedere limitato il proprio potere discrezionale nell’ottica di una riduzione della custodia cautelare”. Sono 18mila i detenuti in attesa di giudizio o mai condannati in primo grado, un numero enorme, non dissimile da quello precedente alla riforma del 2015 sulle misure cautelari che “ha introdotto aggettivi e avverbi volti a eliminare il potere discrezionale del giudice”. (manuela d’alessandro)

  • Il Csm riduce la sanzione a Robledo che gridò: “Il re è nudo”

    Alfredo Robledo si vede confermare dal Csm il trasferimento a Torino ma recupera la funzione di procuratore aggiunto oltre alla perdita di sei mesi di anzianità. Insomma sanzione ridotta ma resta il fatto che Robledo è l’unico a pagare dazio per lo scontro interno alla procura di Milano con l’allora capo Edmondo Bruti Liberati, una vicenda con la quale la magistratura è riuscita a farsi male da sola e in misura superiore a qualsiasi “delegittimazione” compresa quella operata dall’imputato eccellente per antonomasia.

    Robledo con il suo esposto in pratica aveva gridato: “Il re è nudo”.  Aveva fatto emergere alla luce del sole che i magistrati fanno valutazioni politiche. Questo tra l’altro mise nero su bianco, rimproverando Bruti pur assolvendolo dall’abuso d’ufficio, la procura di Brescia. Bruti però non ha pagato dazio dal momento che il Csm annunciò il procedimento disciplinare solo quattro giorni dopo il comunicato con cui l’allora procuratore disse che di lì a poco sarebbe andato in pensione.

    Sul fascicolo Sea, insabbiato da Bruti e consegnato a Robledo con sei mesi di ritardo quando in pratica non si poteva più indagare non sapremo mai cosa accadde veramente. Francesco Greco che supportò Bruti è stato addirittura premiato come successore al vertice dell’ufficio nonostante una decina di  indagini per frode fiscale avocate dalla procura generale e finite con la condanna degli imputati dopo le richieste di archiviazione rigettate dal gip.

    Paga solo l’anello debole della catena. Così ha voluto Giorgio Napolitano al Quirinale all’epoca di fatti e misfatti e regista nemmeno tanto occulto dell’operazione, con quel suo richiamo ai poteri pressoché incontrollabili dei capi degli uffici.

    Il re era nudo per davvero. Ma la verità non interessava non interessa a nessuno. Basta scorrere le cronache con cui i giornaloni hanno incensato la nomina di Greco, da destra a sinistra passando per il centro. Almeno la smettessero di blaterare di indipendenza e autonomia, di obbligatorietà dell’azione penale a ogni piè sospinto. La smettessero di prendere per i fondelli. Non lo faranno. Impunità garantita per legge. Dal Csm che dovrebbe controllare. Il condizionale è più che mai d’obbligo. (frank cimini)

    La difesa di Robledo davanti al Csm

     

  • Il Csm dell’omertà nomina Francesco Greco Procuratore

    Ci sono voluti sette mesi per formalizzare, ma in realtà era tutto scritto, a cominciare dalla manfrina di sentire i candidati uno per uno. Una messa in scena, una ammuina, per fingere una gara vera. Almeno questo spettacolo potevano evitarlo prima di comunicarci che Francesco Greco va a capo della procura di Milano in sostituzione di Edmondo Bruti Liberati, in pensione dal 16 novembre scorso.

    Così è pienamente assicurata la continuità con la gestione di Bruti, soprattutto con la moratoria delle indagini su Expo che tra l’altro ha consentito la candidatura di Beppe Sala a sindaco di Milano, passando per un proscioglimento senza nemmeno il disturbo di un interrogatorio e con una motivazione tragicomica. Il giudice che su input della procura l’aveva firmata era lo stesso che per i fondi Expo giustizia aveva contribuito a non indire gare pubbliche ricorrendo alle solite aziende in strettissimi rapporti con l’amministrazione. Più o meno come si era comportato Sala nel settore ristorazione con Oscar Farinetti.

    Un altro giudice che contribuì a evitare le gare pubbliche, andato in pensione, ora siede comodo in due importanti consigli di amministrazione. Se Expo è stata una grande abbuffata, senza esercizio obbligatorio di quell’azione penale con cui a parole ci ammorbano da sempre, a tavola era presente anche la magistratura.

    I giornaloni illustrando il curriculum del nuovo signore del quarto piano elencano le tante inchieste fatte omettendo però di ricordare che Francesco Greco aveva sollecitato l’archiviazione in una dozzina di procedimenti per frode fiscale, con avocazioni da parte della procura generale che poi otteneva la citazione diretta a giudizio e anche la condanna degli imputati. Il Csm, informato per prassi della questione, ha fatto finta di niente.

    Del resto parliamo del cosiddetto organo di autogoverno che aveva coperto fino in fondo le responsabilità di Bruti Liberati in relazione al famoso fascicolo “scomparso” del caso Sea. L’iter disciplinare veniva annunciato solo dopo il comunicato con cui l’allora procuratore affermava che di lì a poco sarebbe andato in pensione.

    Sea è la storia di un insabbiamento. I pm di Brescia nell’archiviare l’abuso d’ufficio a carico di Bruti scrivevano che il procuratore aveva agito in base a valutazioni politiche, ma pure in questo caso il Csm se n’è fregato. Il fascicolo ricompariva magicamente solo quando le indagini in pratica non si potevano più fare per finire con sei mesi di ritardo sul tavolo dell’allora aggiunto Alfredo Robledo, l’altro protagonista con Bruti della guerra interna all’ufficio. Decisa su diretto intervento del Quirinale, gestione Napolitano. Robledo cacciato e trasferito a Torino. E per giunta processato dal Csm nello stesso giorno in cui diventa procuratore Francesco Greco componente del cerchio magico di Bruti. Il procuratore della Cassazione addirittura ha chiesto per lui la perdita di un anno di anzianità e il trasferimento ad altra sede e funzione. Lo metteranno a togliere la polvere ai fascicoli?   La continuità intanto è pienamente assicurata. E’ arduo dare la palma del peggiore tra controllati e molto presunti controllori (frank cimini)

  • Sconta 2 volte la stessa pena, per i giudici è anche colpa del detenuto che non si è attivato

    Il detenuto ha scontato 208 giorni di carcere in più per un errore della magistratura ma è in parte colpa sua perché “non si è attivato per fare in modo di far pervenire, anche mediante la direzione generale del carcere, un’istanza direttamente all’autorità giudiziaria anche eventualmente chiedendo l’ausilio per la redazione ad altri detenuti di nazionalità italiana con maggiore esperienza e capacità”. Insomma, il marocchino di 28 anni, che aveva scontato due volte la stessa pena per furto e resistenza, avrebbe dovuto travestirsi da avvocato o quantomeno interrogare i compagni di cella, ai quali vengono attribuite conoscenze da lucidi giuristi.

    Sorprendono le motivazioni con le quali i giudici della corte d’appello di Milano spiegano che l’indennizzo massimo di 49 mila euro previsto in casi come questo dalla giurisprudenza per ingiusta detenzione “deve essere congruamente ridotto a 25 mila euro per la condotta colposa dell’istante (seppure non connotata dal requisito della gravità, in considerazioni delle sue condizioni personali e culturali)” consistita nel non essersi attivato “per far valere il diritto alla scarcerazione” e anche perché era già detenuto al momento dell’errore giudiziario. I giudici non gli riconoscono  una somma di denaro più consistente anche considerando che il “soggetto è aduso non sporadicamente al regime detentivo” e l’ingiusta detenzione non gli ha causato “particolare pregiudizio di ordine patrimoniale” dal momento che era già dietro le sbarre quando l’errore gli moltiplicò la pena.

    Amine Cherouaqi potrebbe essere stato punito il doppio del dovuto per una svista nel nome trascritto con una lettera diversa nel database dell’esecuzione della pena. Aveva mandato una missiva all’ufficio matricola del carcere in cui spiegava  che aveva già passato in galera gli 8 mesi e 20 giorni. “Lui scriveva che doveva uscire  – racconta il suo legale Debora Piazza – ma loro non gli credevano e rispondevano che tutti dicono che devono uscire”.  (manuela d’alessandro)

     

     

  • L’inutilità del braccialetto elettronico, 3 ordinanze una prova

    Tre ordinanze, una prova. Tre casi di cronaca delle ultime settimane: gli arresti del sindaco di Lodi Simone Uggetti, dell’immobiliarista Danilo Coppola e dell’ex sindaco di Como, Stefano Bruni.

    Storie di presunte gare truccate e bancarotte acccomunate dal fatto che, quando il gip deve decidere tra il carcere e i domiciliari, enfatizza l’inutilità del braccialetto elettronico.

    Sentiamo i giudici.

    Ordinanza Uggetti (gip di Lodi Isabella Ciriaco): “la misura degli arresti domiciliari con lo strumento del braccialetto elettronico si rivela inidonea a garantire le esigenze cautelari, essendo pur sempre fondata sulla spontanea osservanza delle relative e più blande prescrizioni da parte di chi via sottoposto”.

    Ordinanza Coppola (gip di Milano Livio Cristofano): “la misura domiciliare coi controlli di tipo elettronico risulterebbe del tutto inefficace ed inidonea  a impedire o ostacolare la reiterazione dei reati tenendo conto della loro tipologia che non necessita di presenza fisica nei luoghi di influenza (…)”.

    Ordinanza Bruni (gip di Milano Maria Cristina Mannocci): “il controllo elettronico non può impedire i contatti con l’esterno, né la fuga, ma può solo comunicare l’ormai avvenuto abbandono del luogo di detenzione domiciliare”.

    Questi ‘monili’ sono costati oltre 100 milioni di euro pubblici. Dovevano liberare le carceri, come accade in altri paesi. Ma in Italia non si può.

    (manuela d’alessandro)

     

     

  • Le ombre del garante su chi ha avuto i fondi expo per la giustizia milanese e il pct

     

    Ora lo dice anche il garante della concorrenza e del mercato: i fondi Expo per informatizzare la giustizia milanese sono finiti senza gara a una società che ha messo in atto “condotte ostruzionistiche e discriminatorie” tali da spazzare via ogni possibile concorrenza. E chi glieli ha assegnati, e ne dovrebbe rispondere,  sono stati una parte della magistratura milanese, il Ministero della Giustizia e il Comune di Milano.

    Quello meneghino è solo un capitolo di una lunga ‘tirannide’ esercitata dalla corazzata bolognese Net Service su tutto il processo civile telematico (PCT). Finché un giorno,  siamo nell’ottobre 2015, a fuochi di Expo ancora accesi, qualcuno prova a ribellarsi. Un gruppo di imprese riunite sotto la sigla Assogestionali, che ritiene di avere le carte in regola ma non la possibilità di competere sul terreno della ‘giustizia 2.0’, si rivolge al garante. “Ci siamo resi conto che Net Service la fa da padrona in tutti i Tribunali italiani e volevamo capirne le ragioni – racconta l’avvocato Carlo Piana, autore dell’esposto – abbiamo anche chiesto invano al Comune di Milano i documenti sugli affidamenti diretti per i fondi Expo, poi trovati su Giustiziami. Che ci fossero questi soldi a disposizione era di dominio pubblico nell’ambiente, ma, come sempre per quanto riguarda il Pct, non c’è stata la possibilità di competere ad armi pari e sono andati a  Net Service attraverso affidamenti diretti. E sempre richiamandosi alla norma  del codice degli appalti per cui anche oltre i 40mila euro si può evitare la gara se viene individuato un solo operatore economico con le conoscenze tecniche richieste per aggiudicarsi il contratto”.

    Per il garante che ha avviato un’istruttoria la “strategia di Net Service impedisce l’accesso di altri produttori di software applicativi per il Pct sul mercato italiano”. ” Da un lato, questo ipotizzato abuso di posizione dominante si spiega col fatto che nel 2001 e 20012 la società ex Finemccanica si era aggiudicata le due gare ‘madri’  per la progettazione, realizzazione e gestione dell’infrastruttura centrale del Pct. Con in mano la mappa e l’architrave del Pct e delle sue continue evoluzioni, Net Service gioca d’anticipo anche sui software applicativi, traendo in inganno, ipotizza il garante, anche gli utilizzatori finali dei prodotti che la ritengono l’unica con certe competenze.

    Questo assolve chi ha assegnato i fondi Expo? Crediamo di no perché da magistrati abituati ad andare oltre le apparenze e a considerare spesso gli affidamenti diretti un’anticamera per le tangenti ci saremmo aspettati un controllo ben più rigoroso. Per esempio, se  Net Service meritava davvero di ricevere con affidamento 631 mila euro di fondi Expo per lavorare sulla consolle del magistrato. O se, più opportunamente, si sarebbe dovuta fare una gara. Ma, come sappiamo, sui fondi Expo si è giocata una durissima battaglia anche all’interno della stessa magistratura milanese tra chi ha distribuito soldi senza ombre di dubbio e chi aveva intuito che quegli affidamenti diretti a raffica non erano giustificabili.  Una battaglia di cui si trova traccia nelle decine di schermi Samsung acquistati col bottino dell’Esposizione Universale che adornano le pareti del Palazzo di Giustizia: dovevano servire per orientarsi tra aule e processi, sono inesorabilmente spenti da oltre due anni. (manuela d’alessandro)

    Il testo del provvedimento del garante

     

     

     

     

     

     

  • Continua la moratoria su Expo, la procura non indaga sulle opere non pagate

    Non ci sono solo gli appalti nella moratoria delle indagini praticata dalla procura di Milano al fine di non mettere in discussione Expo2015. Per non ledere l’immagine dell’evento tanti saluti alla strombazzata obbligatoria dell’azione penale anche sulle opere non pagate.

    Lo dice la storia dei lavori relativi al padiglione della federazione russa e di un esposto per insolvenza fraudolenta aggravata presentato dai creditori in procura a ottobre dell’anno scorso. L’ufficio inquirente ha disatteso la richiesta di sequestro della struttura senza svolgere alcun atto di indagine. E questo dopo che nell’ambito della causa civile intentata per ottenere il pagamento ci fosse stata una consuenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice che dava torto a Rsv Holding srl, società con sede a Mosca, rigettando la richiesta di non pagare le aziende italiane alle quali i lavori erano stati commissionati a causa di presunte imperfezioni e ritardata consegna.

    La società con sede a Mosca inoltre non ha versato il dovuto nemeno agli esperti che avevano eseguito la consulenza tecnica.

    Idealstile srl, Sech costruzioni metalliche, Mia Infissi, Catena Serna, Vivai Mandelli, Autotrasporti P&P risultano creditori di oltre 800 mila euro. Quattro di queste aziende hanno scelto una transazione recuperando il 20 per cento e tutte sono in difficoltà a causa dei mancati pagamenti.

    Insomma Expo non si tocca. La vicenda del padiglione russo si aggiunge alle indagini interrotte alcuni mesi prima dell’inaugurazione dell’evento, alla tragicomica motivazione dell’archiviazione dell’abuso d’ufficio a carico di Beppe Sala (una sorta di reato a fin di bene) il quale pur di favorire Oscar Farinetti ometteva la gara pubblica, come del resto avevano fatto per i fondi di Expo giustizia i vertici del tribunale di Milano. Tutto si tiene, anche perchè nessuno controlla i controllori (frank cimini)

  • Avanza la riforma che sopprime i tribunali dei minori, a rischio i diritti dei bambini

     

    Zitta zitta avanza in parlamento una riforma che mira a sopprimere i tribunali per i minorenni e le procure minorili affidandone le competenze a ‘sezioni specializzate’ nell’ambito della giustizia ordinaria.

    “Bambini trattati come adulti”, sintetizza Paolo Tartaglione, che lavora coi più piccoli ed è promotore di una petizione contraria, già arrivata a quota diecimila firme (tra loro Giuliano Pisapia e Gherardo Colombo).

    E pensare che l’Europa ha appena imposto ai suoi stati, attraverso la direttiva ‘giusto processo penale minorile’, di copiare il modello italiano. Il ministro Orlando ha nascosto nel ‘disegno di legge per l’efficienza del processo civile’ la rivoluzione sui diritti dei più indifesi, sottraendola così a un dibattito che avrebbe meritato. “La riforma sarebbe una ferita profonda per gli interessi di bambini e adolescenti – argomenta Tartaglione – rendenddo di fatto inapplicabili le leggi a loro tutela che necessitano di alta competenza per essere interpretate e applicate. Chi si occupa di incidenti stradali e marchi aziendali si occuperà anche dei bambini”.

    La deputata del Pd che col suo emendamento ha innescato l’iniziativa, Donatella Ferranti, ritiene che l’introduzione di un “giudice unico” comporti “un arricchimento di professionalità pensando ad esempio al tribunale civile e a quello dei minori che spesso lavorano sulle stesse materie, come nel caso delle separazioni”.

    “Nella maggior parte dei tribunali italiani – ribatte Tartaglione – ci sono due – tre giudici che si devono esprimere su qualsiasi materia, che non capiscono come si deve parlare a un bimbo e tutte le dinamiche complesse che ci stanno attorno. Non è colpa loro: un medico di un ospedale di campo sa fare tutto, è bravissimo, ma se ho un problema al cuore preferisco andare dallo specialista”.  I contrari sottolineano anche che la riforma sarebbe “a costo zero”,  senza una formazione dei magistrati che si andranno a occupare dei minori, e che le sezioni specializzate, salvo in città come Milano, non si faranno mai. A luglio si va in senato, dopo che la camera ha già dato il via libera. Almeno, prima, se ne parli. (manuela d’alessandro)

    il link per firmare la petizione

  • Di chi sono e che diritti hanno gli embrioni di Antinori per metà corpo di reato?

     

    C’è un affollamento di diritti e pretese attorno ai 6 embrioni sequestrati nell’inchiesta che ha portato all’arresto del ginecologo Severino Antinori. Quelli della ragazza spagnola che reclama il diritto di non diventare madre attraverso i suoi ovociti rubati; quelli delle 3 coppie che vorrebbero diventare genitori attraverso quegli ovociti; quelli dello Stato che li ha sequestrati come corpo del reato. E poi ci sarebbe il diritto degli embrioni, per di più in questo caso metà ‘leciti’ (il seme messo a disposizione dai maschi delle coppie) e metà no (l’ovocita rubato alla presunta vittima) a diventare vite umane. Ma l’embrione  ha questo diritto? E l’embrione per metà corpo di reato lo manterrebbe?

    Per il diritto italiano parrebbe di no. Nel nostro ordinamento l’embrione non è un soggetto giuridico, ma la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito con una storica sentenza nel 2015 che esso è titolare dei diritti fondamentali riconosciuti a tutti gli uomini e tra questi, primo su tutti, c’è il diritto alla vita.

    Spetterà allora a un giudice esprimersi sugli embrioni portati via dalla clinica di Antinori e ora conservati alla clinica Mangiagalli: molto presto se la ragazza spagnola presenterà attraverso il suo legale un’istanza per far distruggere gli embrioni; o più avanti, nel caso di una sentenza di condanna, quando toccherà decidere la sorte del corpo del reato.

    E sullo sfondo, se dovesse essere seguita la via europea, una  domanda gigantesca: prevale la volontà di una donna che avrebbe subito una violenza oppure il diritto di 6 vite potenziali?  (manuela d’alessandro)