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  • Kabobo in tribunale. Ecco le prime immagini

    Adam Kabobo, il ghanese accusato di tre omicidi volontari, arriva al palazzo di giustizia di Milano. Sono le prime immagini da quando è stato rinchiuso in carcere. Ma la sua condizione psichica, stando ai periti nominati dal Tribunale del Riesame, sono incompatibili con la permanenza in carcere.

    kabobo

    Nessuno si scandalizzò molto quando Lele Mora, due anni fa, venne scarcerato e rimesso in piena libertà per ragioni simili: lo “stress psicofisico” dovuto alla permanenza nel reparto ‘colletti bianchi’ di Opera aveva reso impossibile la detenzione dell’agente dei vip. Senso di umanità? Più o meno. Certo, era in carcere per accuse ben diverse da quelle che ricadono su Kabobo. Ma tant’è, una parte dell’opinione pubblica non è disposta a concedere lo stesso trattamento al triplice omicida. Che ovviamente, data la spiccata pericolosità sociale, non finirà certo a piede libero. Il suo destino sarà comunque la reclusione, in un reparto psichiatrico. Anche nel caso di una ipotetica assoluzione. Per ragioni di sicurezza, sarà trattenuto in luogo sicuro per anni e anni. Il resto è polemica.

     

     

  • Ma quale “gogna mediatica”…
    I giornali sono la “cassa di risonanza” delle Procure

    Faceva una certa impressione vedere la solenne parata di sabato per l’annuale inaugurazione giudiziaria degli ‘ermellini’. Tra i vari interventi pervenuti dalle  sedi, mi hanno colpito quelli di Milano, Torino e Palermo perché si è fatto esplicito riferimento alle più importanti indagini condotte dalle locali Procure.
    Grande enfasi di stampa ha avuto poi la denuncia di “gogna mediatica” del Presidente Canzio, che ha rivendicato il merito di una risposta sobria ed imparziale dei magistrati milanesi.
    Ha fatto benissimo il Presidente, ci mancherebbe, a pubblicamente lodare il lavoro del suo distretto, ma lascia un filo perplessi quel pubblico lamento sulla “gogna”.
    Da almeno 40 anni in Italia infatti, e gli esempi sono così elcatanti che risulta inutile qui ricordarli, assistiamo ad una quotidiana, quanto preoccupante, “cassa di risonanza” da parte dei media nostrani alle principali inchieste delle varie Procure, e anche quella milanese in questi anni non si è certo sottratta.
    Non molto tempo fa un articolo del Corriere della Sera ha sollecitato la Suprema Corte di Cassazione ad una rapida fissazione di una udienza che evitasse il rischio di una prescrizione “importante” ed è noto come andò.
    Anche gli anni di “Mani Pulite”, ma prima ancora quelli delle “emergenze terrorismo e mafia”, videro una sorta di rincorsa alla notizia stile “sbatti il mostro in prima pagina” da parte dei media più seguiti. Insomma, e per farla breve, non pare davvero che nel nostro paese la Magistratura soffra di una stampa così ostile.
    Ad eccezione di quella palesemente schierata e di parte ovvio, ma questo non la rende una ennesima “emergenza”, di cui come noto il nostro paese è sempre in cerca per sopravvivere, così “stringente”. Anzi, se dobbiamo dirla tutta, mi paiono più preoccupanti della “gogna” certe ricerche di “ribalta” che in questi anni non sono certo mancate, e spiace non aver sentito da Canzio, ma questo per vero ha riguardato anche tutti gli altri interventi, il benché minimo accenno, neppure larvato, a quello che in gergo comune si usa definire “esercizio di autocritica”.

    (avvocato Davide Steccanella)

  • Anno giudiziario, il Procuratore contro i giudici che non ricostruiscono i fatti

    Avanti così e anche i sindaci potranno diventare giudici e infliggere pene. Questa la sintesi brutale del discorso di uno dei magistrati più rigorosi e raffinati della Procura di Milano, il Procuratore Generale Manlio Minale, che vince la palma di più applaudito all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “Non voglio tornare al giudice ‘bocca della legge’ di Benedetto Croce perché la società evolve”, ammette Minale, ma proprio non gli va giù che ci siano magistrati più attenti a quello che sta attorno a loro che al codice. “Croce sosteneva che la sentenza è frutto di un percorso logico, non esisteva che fosse un atto politico.  Invece – affonda – vedo segnali che vanno in questa direzione. In una sentenza abbiamo letto che non è compito della Corte ricostruire i fatti”. E, sempre su questa scia, ricorda i verdetti  sugli omicidi stradali,”con capovolgimenti di fronte frutto solo di valutazioni” e il sempre maggiore ricorso alla mediazione per risolvere i conflitti giudiziari. “Ci sono “esigenze”, dettate dalle spinte sociali, sprona Minale, “di venire a una decisione che non passi da un percorso logico, ma sono tutti sommovimenti ai quali bisogna opporsi nettamente”.  “Se la giurisdizione – conclude con una ‘visione’ inquietante –  non è soggezione del giudice alla legge allora anche il sindaco e altri soggetti potranno decidere in futuro” sulla libertà delle persone. E pensare al sindaco -avvocato Giuliano Pisapia, seduto in platea, trasformarsi in giudice, fa un po’ impressione. (manuela d’alessandro)

  • Chi è Gaglio, il giovane pm che ha rimesso in carcere Chiesa
    e ora indaga su Berlusconi

    Luca Gaglio, 40 anni compiuti a novembre, è l’uomo del giorno al Palazzo di Giustizia di  Milano. Tutti bussano alla sua porta, in un corridoio laterale del quarto piano, lontano dall’ufficio di Ilda Boccassini, che da oggi esce ufficialmente dall’affaire Ruby per gli “impegni pressanti” da lei assunti su altri fronti, come ha spiegato il procuratore Bruti Liberati. Faccia da ragazzino, battuta pronta, Gaglio è nato a Trieste e, dopo avere superato il concorso in magistratura, ha svolto un periodo di uditorato a Milano. Si è ‘fatto le ossa’ come sostituto procuratore a Busto Arsizio dove è rimasto sei anni per tornare poi da dove era partito, a Milano. Fa parte del pool ‘fasce deboli’ guidato dal procuratore aggiunto Pietro Forno al quale spetterà ‘dirigere’ le indagini della neonata inchiesta Ruby ter affiancato dal giovane collega. Il suo arresto più noto, quando era pm a Busto Arsizio, è stato quello di Mario Chiesa, l’uomo che aprì la stagione di ‘Mani Pulite’, finito di nuovo dentro in una vicenda legata al traffico illecito dei rifiuti. Più recenti le indagini su un sedicente santone di origine danese che violentava le sue clienti e su Marinella Colombo, la donna accusata di avere portato via i figli all’ex marito tedesco. Oggi Gaglio ha cercato in tutti i modi, sempre sorridendo, di sottrarsi al fotografo dell’Ansa che non aveva in archivio neppure una sua foto. Alla fine il flash è scattato. I pm ‘berlusconiani’ sono sempre protagonisti da prima pagina. (manuela d’alessandro)

  • Ore 10 e 59, suona la sveglia dello smartphone di Bruti.
    “Orologeria” per il Ruby ter.

    Davanti a telecamere e giornalisti riuniti in occasione dell’indagine più annunciata della storia perché ordinata da due collegi giudicanti, il capo della procura Edmondo Bruti Liberati fa suonare davvero la sveglia del suo smartphone alle 10,59, l’ora che lo stesso magistrato aveva indicato nei giorni scorsi. Manca la troupe della Rai, ma si inizia lo stesso e il perché lo spiega Bruti in versione ironica: “Se è ad orologeria…”. E così sia.

    Un comunicato di 5 righe viene letto dal procuratore per dire che in data odierna è nato un fascicolo sulla base di quanto deciso e trasmesso dai giudici della quarta sezione penale del Tribunale e poi dai loro colleghi della quinta, i processi Ruby e Ruby2.

    Gli indagati sono 44 più uno, aggiunto in extremis sulla base delle ultime carte arrivate al quarto piano. “Nomi non posso farne, le ipotesi di reato sono quelle citate dai collegi”. C’è come reato più grave la corruzione in atti giudiziari di cui risponde Silvio Berlusconi insieme alle ragazze che avrebbero incassato (ma ora non più) 2.500 euro al mese per dire il falso nei processi in relazione alle feste di Arcore e anche i suoi legali Niccolò Ghedini e Piero Longo. (altro…)

  • Offese al pm Robledo, Formigoni dovrà pagargli 40mila euro

    Erano i tempi in cui Roberto Formigoni le vinceva tutte sul campo giudiziario e sul suo capo brillava la corona di ‘re’ indiscusso del Pirellone. Un giorno, il 28 marzo 2006, proclamò che quel pm che aveva ficcato il naso nello scandalo planetario sulle tangenti marcate ‘Oil for food’ indagando un suo fido collaboratore, Fabrizio Rota, mandava “squadroni in giro per il mondo con grande dispendio di energie, perquisizioni, telefoni controllati” per fare le pulci alla Cogep, un’azienda genovese ‘segnalata’ dal Celeste niente meno che all’ex vicepresidente iracheno Tarek Aziz.  “Ogni volta che si avvicinano le elezioni – aveva affondato il Governatore –  questo magistrato inquirente fa partire articoli sui giornali, passa notizie. Lo scopo credo che lo capiscano tutti i cittadini”.

    Sette anni dopo, triturato dall’inchiesta  giudiziaria sulla Maugeri che l’ha consegnato per il tramite di Crozza al pubblico scherno come l’uomo che faceva favori in cambio dei giri su lussuosi  yacht, l’attuale senatore Roberto Formigoni deve pagare un conto salato al pm Robledo. Il Tribunale di Brescia (competente sulle ‘toghe’ milanesi) l’ha condannato a risarcire 40mila euro a Robledo il quale l’aveva querelato all’indomani di quegli attacchi sprezzanti.  Formigoni, quel 28 marzo, era inviperito perché era uscita la notizia che Rota  era indagato in un rivolo italiano di quella brutta faccenda che girava intorno al programma ‘cibo in cambio di petrolio’ nel martoriato Irak.  (manuela d’alessandro)

     

  • Troppo silenzio sulla sentenza che 35 anni dopo riconosce la “tortura di Stato”

    Un assordante silenzio dei vari media (con ben rare eccezioni) sembra accompagnare l’avvenuto deposito delle motivazioni di una recente Sentenza di revisione della Corte di Appello di Perugia, la n. 1130/13 siglata dai Magistrati Ricciarelli, Venarucci e Falfari.

    Si dirà che in fondo è un fatto vecchio che non fa più “notizia” posto che si trattava della condanna a suo tempo inflitta per calunnia ad Enrico Triaca, un oscuro “tipografo” romano arrestato il 15 maggio 1978 in occasione delle indagini sul sequestro Moro.

    Costui aveva a suo tempo denunciato all’allora Giudice Istruttore di Roma, Gallucci, lo stesso Magistrato che nel 1979 attribuirà al veneto Toni Negri la diretta paternità della celebre telefonata fatta dal marchigiano Mario Moretti alla signora Moro, di avere subito pesanti torture nella notte tra il 17 ed il 18 maggio presso il Commissariato romano di Castro Pretorio, prima di rendere il proprio interrogatorio il   18 maggio.

    Per tali affermazioni Enrico Triaca fu puntualmente condannato per calunnia dal Tribunale di Roma il 7 novembre 1978 scontando interamente la propria pena.

    Dopo 35 anni la Corte di Appello di Perugia ha accolto l’ istanza di revisione di Enrico Triaca “revocando”, per quel che ormai può servire, quella condanna per il semplice motivo che quanto a suo tempo dichiarato dall’imputato era vero. (altro…)

  • Né movente né giudice, dopo la Cassazione su Garlasco è caos

    Alberto Stasi non e’ un pedofilo e questa fino ad oggi e’ l’unica verita giudiziaria emersa dal 13 agosto 2007 quando la fidanzata Chiara Poggi e’ stata uccisa nella sua villetta di via Pascoli a Garlasco. Dopo due sentenze di condanna per il possesso di alcuni frammenti di immagini pedopornografiche trovate nel suo computer, ieri sera gli ermellini hanno ribaltato i pronostici e assolto il ‘biondino’.

    Una sorpresa, come quella che ad aprile porto’ altri giudici della Suprema Corte a chiedere che, dopo due assoluzioni dall’accusa di omicidio, Stasi tornasse in aula per rispondere nuovamente del delitto.

    Confusione a parte delle toghe, bisognera’ attendere che si fissi la data del processo d’appello bis per scoprire il nuovo movente dell’accusa. La visione di quelle immagini raccapriccianti da parte di Chiara sarebbe stata la molla dell’omicidio, secondo quanto già spiegato nel primo appello dalla pg Laura Barbaini che pare non abbia gradito il verdetto di ieri.

    Riassumendo. Niente testimoni, nessuna traccia dell’arma, e, a nove mesi di distanza, non è ancora stato individuato chi dovrà ‘firmare’ la nuova sentenza. Per uno strano incrocio del destino, avrebbe dovuto guidare il collegio Sergio Silocchi, il presidente della prima corte d’assise ed ex marito del pg Barbaini, il quale ovviamente ha deciso di astenersi. Neppure i giudici della seconda assise che avevano scagionato Stasi potranno celebrare il nuovo processo e allora non restano, ‘per eliminazione’, che quelli della terza sezione della Corte d’Appello. Sembra non esserci nulla di facile in quello che è il rebus di cronaca nera più intrigante degli ultimi anni. (oriana lupini e manuela d’alessandro)

  • La relazione segreta sugli ultras
    Dove sto io non stai tu
    Altrimenti ci arrabbiamo

    Allo stadio il territorio è tutto. Quello che è mio non è tuo, dove stai tu non vengo io. Altrimenti saltano le barriere. E volano le botte. Lo dimostrano i fatti di San Siro del 14 settembre scorso e lo spiega bene la Digos di Milano nell’informativa che costituisce il documento più importante delle indagini appena chiuse dal pm Marcello Musso nei confronti di 12 ultras. Una relazione di poche pagine in cui si parla in continuazione di “calci e pugni”, “regolamenti di conti”, “propositi di vendetta” e “inaudita ferocia”. Violenze scatenate da un gesto la cui gravità non è comprensibile se non all’interno delle regole – non dette, incivili, infantili, ma pur sempre regole chiare – della tifoseria organizzata: un capo ultras si è permesso di mettere piede dove i tifosi della squadra avversa stanno esultando per la rete della propria compagine, la Juventus. Cos’è successo? Guardatevi questi:

    rissa stadio  rissa stadio 2 rissa stadio 3

    “E’ noto che le due tifoserie, con particolare riferimento alle frange ultras più estreme delle stesse, sono divise da un acerrimo rapporto di rivalità che spesso è sfociato in episodi di violenza, situazione questa che si è riproposta anche in occasione dell’evento in questione e culminata con violenti scontri fisici”, scrive la Digos. Parliamo della terza giornata del campionato di serie A in corso. Inter-Juve. Il primo tempo finisce a reti inviolate, nel secondo Icardi insacca per i padroni di casa al 73esimo. Ma due minuti dopo Vidal, per bianconeri, segna l’1 a 1. Che sarà poi il risultato finale. Quel secondo gol è l’inizio di tutto.

    “Il noto ultrà interista Dario B., appartenente al gruppo degli ‘Irriducibili’, in occasione della rete siglata dalla squadra torinese, trovandosi indebitamente all’interno del settore ‘secondo anello arancio’, ha ingaggiato un’animata discussione con alcuni tifosi bianconeri, i quali avevano appunto esultato per il gol della loro squadra. L’animata discussione degenerava, passando alle vie di fatto, in una violenta colluttazione durante la quali B. aveva la peggio. Violentemente percosso, rovinando lungo la scalinata e terminando la sua caduta a ridosso della balaustra delimitante gli spalti”. (altro…)

  • La Cassazione libera Brega Massone per un “errore” della Procura Generale

    Torna libero per quello che la Cassazione ha giudicato un errore dei magistrati milanesi Pier Paolo Brega Massone, il chirurgo arrestato e condannato a 15 anni e mezzo di carcere per avere effettuato decine di operazioni inutili nella casa di cura Santa Rita, diventata tragicamente nota come ‘clinica degli orrori’. La Suprema Corte ieri ha annullato l’ordine di carcerazione, con la conseguenza che, riferiscono i suoi legali Oreste Dominioni e Luigi Fornari, il medico lesto a sfoderare il bisturi per aumentare stipendio e possibilità di carriera in assenza di esigenze terapeutiche, “sta per lasciare il carcere di Opera”.

    Per capire come si sia arrivati alla scarcerazione, bisogna riavvolgere il nastro al giugno 2013, quando la Cassazione ha annullato per un errore di calcolo nella prescrizione di alcuni reati la condanna in secondo grado e disposto un nuovo appello per rideterminare la pena. E’ in questo momento, prima dell’appello bis,  che la Procura Generale di Milano emette un ordine di carcerazione ritenendo il verdetto degli ermellini definitivo nella parte in cui non era stato annullato. Il provvedimento restrittivo viene ribadito dalla sezione feriale della Corte d’Appello a cui si rivolgono gli avvocati di Brega per farlo annullare.

    Il 15 novembre scorso, il processo d’appello ‘bis’ sancisce  la sua condanna per le accuse di truffa, falso e una novantina di lesioni dolose a 15 anni e sei mesi. Ieri il colpo di scena con la Cassazione che annulla sia la decisione della sezione feriale sia l’ordine di carcerazione. Sempre per la smania di operare (“la mammella mi rende moltissimo, pesco polmoni dappertutto”, diceva in una delle intercettazioni più cruente agli atti dell’inchiesta), l’ex capo dell’equipe di chirurgia toracica è attualmente imputato in un secondo processo in cui risponde di 4 omicidi e altri casi di lesione. Arrestato nel giugno 2008, Brega è stato in carcere per quattro anni e mezzo con una breve parentesi di libertà. (manuela d’alessandro)

  • La Polizia tiene il riserbo per un mese
    ma Alfano spiattella tutto in gioielleria

    C’è un segreto investigativo che tiene strenuamente da almeno un mese. Polizia, carabinieri e procura di Milano tutti d’accordo: “Acqua in bocca!”. C’è da risolvere in silenzio il caso di una delle più spettacolari rapine avvenute a Milano negli ultimi anni. Obiettivo, la gioielleria Franck Muller in via della Spiga, pieno quadrilatero della moda, l’area più lussuosa della città, nota soprattutto a quei turisti milionari che da tutto il mondo arrivano a frotte per lo shopping di alto livello. A maggio scorso una banda armata di molotov, mazze e picconi entra, picchia due dipendenti, spacca le vetrine e fugge nel giro di pochi minuti. Un colpo studiato, violento e a suo modo perfetto.

    Più di un mese fa, arrivano i primi arresti, due. Poi, alla spicciolata, finiscono in galera altri due complici. Silenzio. Non c’è uno sbirro che si faccia sfuggire la dritta al vecchio amico cronista di nera. Non un magistrato che ceda alle lusinghe della stampa. E neppure un avvocato disposto a ‘vendersi’ il cliente in cambio di una citazione sui giornali. Poi arriva lui. Il ministro. Dell’Interno. Quello che sovrintende alle forze di polizia. Quello che, proprio nel giorno della clamorosa rapina, si trovava a Milano per presiedere un comitato provinciale sull’ordine e la sicurezza e annunciare l’intenzione di spedire nel capoluogo 140 militari: “Non è un’operazione spot. La capitale economica del Paese va salvaguardata a partire dalla sicurezza”, aveva tuonato a favore di telecamera. Ecco, oggi Alfano era di nuovo a Milano. Presenza prevista almeno da venerdì, quando alcuni pezzi grossi delle forze dell’ordine si sono presentati alla gioielleria Muller di via della Spiga per spiegare ai dipendenti che oggi avrebbe avuto luogo un’occasione speciale: “C’è il ministro”. E quindi presentarsi in ufficio, vestiti decorosamente, per rendere i dovuti onori. Poco importa se quei dipendenti oggi, da orario, dovevano stare a casa a dormire. Qualcuno aveva impegni privati importanti. E allora, perché Alfano passava in negozio? Per comprare un solitario? Un bell’orologio? No, per annunciare un successo. (altro…)

  • Hollande e Cav, Europa unita nel nome di quella cosa

    Francoise Hollande rischia fortemente di emulare il “nostro” Cav, quei croissant fragranti portati dall’unico poliziotto di scorta per il ristoro di monsieur le president e dell’attrice dopo la trombata notturna potrebbero essere devastanti come il “bunga-bunga” di Arcore.  Certo solo mediaticamente, ma non è poco.

    Andando in giro praticamente senza le tutele previste dalla norma per l’inquilino dell’Eliseo, Hollande, dicono i critici, avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale tramite la sua persona. Insomma, il guaio è la gnocca. Pure un altro Francoise, Mitterand, l’aveva sempre al centro dei suoi pensieri, quella cosa, ma era super – protetto, a cominciare dal sistema dei media. Ma erano altri anni, non solo in Francia. In Italia accadde pure che i sequestratori dovessero sobbarcarsi la consegna di missive vergate dall’illustre ostaggio in direzione dell’amante, mentre erano in gioco le sorti della Repubblica.

    Comunque Hollande non è Berlusconi. Non andò anni addietro in piazza San Pietro con Casini e Fini, altri soggetti con disponibilità di più famiglie e f… plurima, a manifestare “per l’unità della famiglia” e, ovvio, “nel nome di Santa Romana Chiesa”. Fu “il family day”, una delle più grandi prese per il culo della storia patria. Come poi riscontrato anche ufficialmente dal Ruby-gate e dal processo sempre per quel pelo di troppo costato al Cav una condanna a 7 anni di reclusione.

    Sono vulnerabili i politici del terzo millennio, a differenza dei loro predecessori, esempio i vecchi democristiani che facevano tutto al riparo di tutto. Un esponente veneto della “Balena bianca” era solito recarsi in Namibia per gridare al momento dell’orgasmo “z’è nera, z’è nera”.

    Di questi tempi l’unico a non rischiare è lo zar Putin. Di tutto quello che accade nelle dacie, dove il Cav è frequente ospite, non sapremo mai nulla. E giustamente. Il Bel Paese può replicare con le pudenda del premier ceco Topolanek immortalato a villa Certosa in una foto che fece il giro del mondo. Ecco, a ‘sto punto manca solo l’immagine relativa all’attrezzo del regista del bunga-bunga, per mettere il cartello “completo”. (frank cimini)

  • Strage di via Palestro
    Le carte che incastrano il basista

    Sempre interessante la ricostruzione della stagione delle stragi mafiose. Con questo arresto, un altro tassello di quella storia trova il suo posto. E’ il ruolo di Filippo Tutino, basista della strage del 1993 in via Palestro, a Milano. Ecco qui l’ordinanza di custodia cautelare a suo carico, con tutte le sue mosse, le sue amicizie, le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza. In allegato, l’ordinanza in un formato leggero. (manuela d’alessandro)
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  • Sbianchetta un documento in Tribunale
    E voilà il Tao è di nuovo nei guai

    Il personaggio è uno che in tribunale, quando ce n’è bisogno, sa usare i fuochi d’artificio. E i colpi li mette a segno, non c’è che dire, se è vero per esempio quanto dichiarò a qualche mese fa a ‘la Zanzara’ su Radio24: “Il più grande criminale che ho difeso? Un politico della Prima Repubblica, un criminale vero, ma io l’ho fatto assolvere, una grande soddisfazione”. Carlo Taormina le aule di giustizia le ha viste da ogni angolatura. Da avvocato prima, da magistrato poi, infine di nuovo da legale. Ma pure da imputato. Le ultime due posizioni non sono affatto inconciliabili, per altro. Si può essere avvocato in un processo e imputato in un altro. Proprio quello che è capitato a lui. Tanto che gli impegni, nel caso che vi raccontiamo, si sono accavallati portandolo a cadere in un pasticcio che gli è costato una condanna a 10 mesi di reclusione, pena sospesa, per falso. Tutto per una cosa da poco, quasi uno scherzo da liceo: la sbianchettatura di un documento.

    (altro…)

  • Ruby ter. Ecco i 44 nomi

    Chi e quanti saranno gli indagati nell’annunciata inchiesta Ruby Ter? Non ci vuole grande fantasia per indovinarli. I nomi li hanno già suggeriti alla Procura di Milano, mettendoli nero su bianco, i giudici dei due processi di primo grado sul caso. Nomi scritti nei dispositivi delle sentenze: quella a carico di Silvio Berlusconi e quello nei confronti di Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora. Il tribunale ha disposto “la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per quanto di competenza in relazione agli indizi di reità ravvisati”, come si può leggere nel dispositivo della condanna “Ruby bis”.

    Ecco perché, tenuto conto degli articoli 331 n° 4 e 335 del codice di procedura penale (vedi qui http://www.altalex.com/index.php?idnot=36798) abbiamo fatto le nostre previsioni. Possiamo sbagliarci. Ma visto il meccanismo, la Procura dovrebbe limitarsi a prendere atto e iscrivere, salvo rivedere le cose in seguito, decidendo di archiviare. Oppure invece proseguendo l’azione penale. L’iscrizione, di per sé significa poco e non necessariamente va vista come un’infamia.

    Tra gli indagati allora dovrebbero esserci un ex presidente del Consiglio attualmente fuori dal parlamento, un paio di ex sottosegretari, un fisioterapista, un dj, un famoso autore di musica napoletana, due coppie di giovani gemelle, tre avvocati due dei quali attualmente parlamentari, una sfilza di ragazze, alcune delle quali indicate dalla stampa come ‘le olgettine’, e una funzionaria della Questura di Milano. Quarantaquattro nomi in totale. Le accuse saranno diverse, calibrate a seconda del comportamento dei singoli. Una sarà certamente “corruzione in atti giudiziari”, per altre persone sarà invece “falsa testimonianza”.

    Non siamo neppure all’inizio dell’inchiesta Ruby Ter. Per noi, potrebbero essere tranquillamente tutti assolti, o persino archiviati al termine delle indagini. L’iscrizione è per alcuni un atto dovuto. E tuttavia, secondo molti osservatori, alcuni episodi illeciti della futura indagine sono più provati di quelli per cui è già stato emesso un verdetto di condanna. Chissà come andrà a finire. In ambienti legali, c’è chi ipotizza con giustiziami.prlb.eu un provvedimento di sequestro del profitto del reato (si parla delle olgettine in questo caso: ve lo immaginate? Almeno 2500 euro moltiplicato per un certo numero di mesi oltre alle auto e agli altri benefit liberalmente elargiti da Berlusconi). Bando alle chiacchere. Volete sapere i nomi? Li trovate qui sotto, nel file allegato “Ruby ter, potenziali indagati”. (nino di rupo, manuela d’alessandro)

    Ruby ter, potenziali indagati

  • Il santino di Calabresi nella fiction anti – storica della Rai

    A prescindere dal valore tecnico di una fiction su cui già si è espresso il noto critico Aldo Grasso sul Corriere, ho trovato molto grave l’“operazione televisiva” mandata in onda in questi giorni sul primo canale RAI, e di cui sono già previste altre due parti che dovrebbero, il condizionale è d’obbligo, ricostruire altrettanti significativi episodi che hanno contrassegnato la recente Storia del nostro Paese.

    Già dal titolo (“Gli anni spezzati”), nonché dalla lettura di nomi e credenziali di chi ha collaborato alla stesura della sceneggiatura, era evidente la scelta precisa da parte degli autori di raccontare una storia molto poco Storia come del resto accaduto già troppe altre volte quando si è affrontato nelle sedi più “paludate” un periodo sul quale, per le note e più volte dette ragioni, non si è mai voluto fare davvero i conti.

    E così, un po’ come aveva già fatto (anche se con ben altra perizia) il regista Giordana con “Romanzo di una strage” si è voluto costruire un santino intorno ad una figura alquanto complessa e che si muoveva in una realtà nazionale (e non solo) ancor più complessa, per un popolo bue che evidentemente in grave penuria di uomini in cui credere, abbisogna di eroi.  (altro…)

  • L’avvocato con la passione dei funghi che cambia la storia dei cognomi italiani

    E’ Luigi Fazzo, legale civilista milanese di 56 anni con la passione per i funghi, l’uomo a cui le mamme italiane devono la possibilità di trasmettere il cognome ai figli grazie alla sentenza depositata oggi dalla Corte Europea dei Diritti Umani. I giudici di Strasburgo hanno sancito il diritto di dare ai figli il solo cognome materno, condannando l’Italia per avere violato i diritti dell’avvocato Fazzo e della moglie Alessandra Cusan, 49 anni, mamma a tempo pieno.

    – Oggi è una giornata di festa in casa Fazzo – Cusan…

    – Sì, oggi siamo felici che si sia chiusa una vicenda giudiziaria lunghissima e che i giudici abbiano dato la possibilità alle nostre due bambine di 15 e 13 anni di non esssere discriminate e al loro fratellino di 10 di poter scegliere quale cognome dare ai suoi figli quando ne avrà.

    – Come mai lei e sua moglie siete arrivati fino alla Corte di Giustizia Europea per vedere riconosciuto questo diritto?

    – Nessun motivo particolare di natura personale e nemmeno la definirei una questione di principio, il nostro desiderio era quello di far venire meno una discriminazione. (altro…)

  • In Parlamento teorizzò “Ruby nipote di Mubarak”
    Paniz è il nuovo avvocato di Fede

    “Egli telefonò, sì telefonò! Ma lo fece senza esercitare pressioni di sorta! Per chiedere un’informazione, nella convinzione che Karima El Marough fosse parente di un presidente di stato”.

    Chi non ricorda quel vulcanico intervento alla Camera, pronunciato in un’aula trasformata in bolgia, con i deputati della maggioranza sommersi dai fischi dell’opposizione di centrosinistra? Era il 3 febbraio 2011, il Parlamento doveva decidere se autorizzare o meno le perquisizioni negli uffici del ragionier Spinelli, l’uomo che teneva la contabilità della famiglia Berlusconi. Sì, di nuovo Berlusconi, e cioè “Egli”. La Procura di Milano chiedeva di entrare e sequestrare un po’ di roba. Solo che la mattina delle perquisizioni, sugli uffici di Milano 2 era comparsa l’etichetta “Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Territorio di Silvio, non si entra senza chiedere permesso. E allora il trio dei pm Boccassini-Forno-Sangermano inviò formale richiesta alla Camera di appartenzenza del Cav. Il Pdl in forze si schierò a difesa del suo presidente ufficializzando in sede politica la versione del caso Ruby con cui Berlusconi si sarebbe poi difeso nelle aule di giustizia: Silvio certò telefonò in Questura, ma solo perché convinto che la marocchina Karima-Ruby fosse parente del presidente egiziano Mubarak. Dichiarazioni che divisero il Paese. Metà dei cittadini-elettori-telespettatori a ironizzare, l’altra metà ancor più fermamente convinta della buona fede dell’allora presidente del Consiglio. A enunciare la tesi fu un parlamentare del Pdl e principe del Foro di Belluno: Maurizio Paniz. (altro…)

  • Il reato di omicidio stradale? E’ la riedizione della legge del taglione

    Legiferare “con la pancia”, a seguito di fatti di cronaca, o peggio ancora per accontentare le associazioni delle vittime della strada, magari, inopinatamente, presiedute da qualche avvocato. Questo é il modo per produrre danni, per intervenire a spot, senza poi preoccuparsi di coordinare e razionalizzare le varie norme. Questo è il progetto di legge sull’omicidio stradale di cui si parla in questi giorni.

    L’idea base, neanche innovativa peraltro, è quella che aumentando le pene si riducano i reati, teoria già discutibile per i reati dolosi, assurda per quelli colposi, dove manca la volontà di commettere il reato. Oppure aumentare i minimi della pena, per impedire al giudice di commisurare la sanzione alla gravità del reato, auspicando che tutti gli autori di questo reato così debbano finire in carcere. Si tratta della riedizione addolcita della legge del taglione; al reato, segue la carcerazione del reo, quale punizione, più che quale sanzione giusta.

    Siamo tornati al medioevo giuridico. Più carceri per accontentare l’opinione pubblica. Senza pensare che mettere in carcere per un lungo periodo un soggetto magari al primo reato non serve a nulla, mentre magari cercare di fargli capire la gravità della sua condotta, attraverso lavori socialmente utili, in ospedali dove ci sono persone che hanno subito incidenti stradali ad esempio, può servire a eliminare la possibilità che reiteri il reato. Oppure un’attività finalizzata al risarcimento del danno delle vittime, troppo spesso insufficiente. Non si sentiva proprio il bisogno di inventarsi un nuovo reato, proprio mentre si ragiona su ipotesi di “depenalizzazione”, di “diritto penale minimo”, anche perché questo modo di legiferare crea situazioni ingiuste. Perché allora non istituire l’omicidio sui posti di lavoro, forse perché “si notano di meno”‘ perché magari i morti vengono buttati a mare? Non ci siamo proprio, è proprio vero che quando la politica si occupa di giustizia questa esce sempre perdente…a prescidendere direi.  (Mirko Mazzali, avvocato e presidente della commissione sicurezza del Comune di Milano)

  • “Ha scritto il vero”, ma il giudice condanna il giornalista al carcere

    “L’articolo è certamente fedele ai fatti che accadevano all’interno delle discoteche che per tale motivo erano state chiuse (…) ha descritto in toni efficaci l’uso frequente di cocaina, le abitudini di vita, i luoghi in cui veniva fornita o consumata, la situazione di promiscuità in cui uomini e donne si trovavano per assumerla…”. A leggere tre quarti delle motivazioni della sentenza una persona normale si aspetta di trovare in fondo al documento l’assoluzione del giornalista, Luca Fazzo, accusato di aver diffamato P.T. definendolo “accanito cocaimane” sulla base delle stesse dichiarazioni a verbale del diretto interessato, il quale aveva raccontato oltre allo spaccio il consumo della sostanza quattro volte la settimana.

    E invece, in fondo, c’è la condanna a 7 mesi di carcere senza condizionale, ben oltre le stesse richieste dell’accusa che aveva proposto solo una multa. (altro…)

  • Le balle giudiziarie top del 2013: dai diamanti della Lega all’imprenditore assolto

    La cronaca giudiziaria è materia scivolosa, si sa, e allora alla fine di questo 2013 ci prendiamo un po’ in giro anche noi.  Ecco le notizie false che abbiamo contribuito, anche con l’aiuto di fonti e intervistati, a mettere in circolazione.

    1) LA ‘BUFALA’ DELL’IMPRENDITORE ASSOLTO PER LA CRISI

    Alcune testate scrivono che un imprenditore è stato assolto per la crisi, dando pieno credito alla versione dei suoi avvocati. Invece nelle motivazioni, uscite diversi giorni dopo la notizia, il giudice spiega che il motivo dell’assoluzione dall’accusa di evasione andava individuato nell’interpretazione ‘tecnica’ di una norma sui concordati  preventivi. Nemmeno una parola sulle sue difficoltà finanziarie. Ma la ‘notizia’ che è passata, una delle più cliccate nelle cronache del 2013, è che se un imprenditore evasore affoga insieme al Paese nei debiti può anche guadagnarsi l’assoluzione.

    2) LO YACHT DI RICCARDO BOSSI

    In piena bufera sulla Lega, spunta uno yacht da 2,5 milioni di euro ormeggiato in Tunisia, la cui proprietà sarebbe di Riccardo Bossi. Il sospetto, spiegano i giornali, è che l’imbarcazione di lusso sia stata comprata coi soldi dei rimborsi pubblici. Il rampollo del ‘Senatur’ riesce però a dimostrare di non c’entrare nulla con lo yacht.

    3) LA ‘PAGHETTA’ DEL TROTA E I DIAMANTI DI ROSI

    Ancora Lega e ancora forzature giornalistiche (non sempre invenzioni, a volte anche le fonti sbagliano). Renzo e Riccardo Bossi, scrivono i giornali, avrebbero ricevuto una ‘paghetta’ da 5mila euro mensili coi soldi dei rimborsi elettorali del Carroccio. L’ipotesi viene smentita in ambienti giudiziari pochi giorni dopo essere finita in prima pagina e avere creato ironie e moti d’indignazione popolare. Negli atti depositati con la chiusura delle indagini di qualche giorno fa non c’è traccia dello ‘stipendio’ per i figli di Umberto Bossi. Una balla anche la notizia che Rosi Mauro aveva comprato i famosi ‘diamanti della Lega’ con i soldi dei rimborsi elettorali. Dopo che lo scoop è stata sparato, si è scoperto che la ‘pasionaria’ li acquistò coi suoi risparmi personali.

    4) LE BUGIE DI MICHELLE

    “Io c’ero, ho visto tutto. Il Cavaliere ha passato almeno una notte con Ruby quando lei era minorenne”. Il racconto è di Michelle Conceicao. Il bravo collega riporta tutto in un’intervista che sembra segnare una svolta nel caso Ruby. Invece poi il pm Ilda Boccassini analizza i tabulati e vede che la prostituta brasiliana non è mai stata ad Arcore quando c’era anche Ruby. E Michelle in aula non osa mentire alla ‘rossa’.

    5) LA FANTASIA DI PROTO

    In questo caso i giornalisti italiani sono in buona compagnia perché anche il Financial Times, folgorato dalla sua immaginifica ascesa, gli ha dedicato la prima pagina. Alessandro Proto ha tenuto per mesi in scacco la Consob e i giornali millantando Opa e operazioni finanziarie di alto livello. Tutte balle enfatizzate dai giornali, come ha certificato la sentenza con cui ha patteggiato 3 anni e dieci mesi, lo scorso 22 ottobre.

    (Manuela D’alessandro, Roger Ferrari, Nino Di Rupo)

  • Le 5 assoluzioni ‘top news’ del 2013

    Abbiamo scelto le cinque assoluzioni che hanno fatto più notizia nel 2013 perché gli imputati sono stati ‘sbattuti’ in prima pagina, com’è giusto che fosse vista la rilevanza delle inchieste in cui erano coinvolti. Le assoluzioni nella maggior parte dei casi non sono ancora definitive e i pm avranno modo di fare ricorso, se lo riterranno opportuno.

     

    1) VIDEO CHOC SU DISABILE: TUTTI ASSOLTI I MANAGER DI GOOGLE

    La loro condanna in primo grado nel 2010 a sei mesi di carcere fece il giro del pianeta, scatenando la stampa americana che le aveva interpretate come una censura della libertà del web. Tre manager di Google erano stati giudicati colpevoli dal Tribunale di Milano per non avere impedito che fossero caricate sul motore di ricerca le immagini in cui un ragazzino disabile subiva angherie dai compagni di scuola. Ieri la Cassazione li ha assolti in via definitiva confermando il verdetto d’appello. Nessuna responsabilità da parte loro nel non avere impedito che quelle immagini crudeli diventassero uno dei video più cliccati in rete.

    2) INQUINARONO L’AREA CALCHI TAEGGI: 17 ASSOLTI

    L’accusa era terribile: avere avvelenato l’area Calchi Taeggi, 300mila metri quadri su cui dovevano essere edificati appartamenti. Invece, nel maggio scorso 17 imputati, tra i quali imprenditori e dirigenti dell’Arpa, sono stati assolti ‘perché il fatto non sussiste’. Secondo la Procura, gli imputati avevano voluto costruire senza bonificare l’area e avevano “alimentato l’espandersi dello stato degli inquinanti nel terreno”. Niente di tutto ciò per il giudice.

    * Il 2 giugno 2014 la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di assoluzione.

    3) SCALATA DI UNIPOL A BNL: ASSOLTO L’EX GOVERNATORE FAZIO

    “Il fatto non sussiste”. Il 6 dicembre scorso la Corte d’Appello di Milano (dopo un annullamento con rinvio della Cassazione) ha assolto Antonio Fazio dall’accusa di aggiotaggio nella tentata scalata di Unipol a Bnl. Scagionati anche gli ex vertici della compagnia di assicurazioni Giovanni Consorte, Ivano Sacchetti e Carlo Cimbri, l’ad del nuovo colosso assicurativo nato dalla recente fusione tra Unipol e Fonsai. Si è chiuso così uno dei capitoli più roventi dell’estate dei ‘furbetti del quartierino’, quella che portò alle dimissioni dell’allora Governatore di Bankitalia (comunque condannato per la scalata di Bpi ad Antoveneta).

    4) PAOLO MALDINI CORROTTO? NO, ASSOLTO

    Per gli appassionati di calcio era stata una fucilata al cuore: Paolo Maldini, giocatore di talento e fair play adamantini, processato per avere corrotto un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Nel febbraio scorso i giudici l’hanno assolto “per non avere commesso il fatto”. “Giusta conclusione di un processo assurdo”, il commento della bandiera del Milan e della Nazionale.

    5) CRAC SAN RAFFAELE, INCOLPEVOLI GLI IMPRENDITORI

    L’accusa era associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta per avere contribuito ad affossare sotto una montagna di debiti l’ospedale San Raffaele. Il 30 aprile gli imprenditori Fernando Lora, Gianluca Zammarchi e Carlo Freschi sono stati assolti con formula piena. Un ‘passo falso’ per un’inchiesta che ha avuto il merito di scoperchiare le trame che hanno portato al quasi crac dell’ospedale fondato da Don Verzé. (manuela d’alessandro)

  • Forza Cane sta per decidere, Dudù va al Ppe con bandana

    Dudù non può andare a Bruxelles alla riunione del Ppe. Almeno non potrà farlo insieme al suo “paparino”, bloccato dai pm. La sentenza del processo Mediaset crea problemi pure alla libera circolazione delle bestie nella Ue. Nessuna deroga era possibile e del resto mai un condannato in attesa di espiare la pena aveva chiesto il permesso di andare all’estero. Il Cavaliere ci aveva provato anche per far respirare un’aria internazionale al cagnolino che sta diventanto grande dal momento che ha appena compiuto un anno e ha bisogno di fare esperienza. La procura ha recitato la parte del “signor no” perchè l’area Schengen ha spazzato via l’obbligatorietà dei controlli ma non quella della disponibilità di un documento valido per l’espatrio. Non c’erano precedenti giuridici, il Cav ha stabilito un altro record. Convinto di essere il migliore e il primo in tante cose aveva cercato di “svoltare” anche da condannato in gita all’estero.

    In teoria non è detta l’ultima parola, perché la decisione dei pm può essere impugnata davanti al Tribunale a livello di un incidente di esecuzione, ma l’attesa per il risultato sul ricorso comporterebbe di aspettare ben oltre la giornata di domani quando è programmata la riunione dei “popolari” a Bruxelles.

    A questo punto “Forza Cane” per sfidare giudici e burocrazia, per non dargliela vinta senza combattere, è riunita per decidere se mandare Dudù da solo al Ppe. Ad abbaiare con una bandana in testa. (frank cimini)

  • Pinelli, un video, il ricordo di una storia di 44 anni fa…attuale

    La sala del Grechetto a pochi metri dal ‘Palazzo dell’ingiustizia’ è piena, persone anche in piedi, a 44 anni dalla notte in cui Pino Pinelli fu ucciso in Questura, c’è la proiezione del video di Alberto Roveri dove parlano la vedova Licia, le figlie Claudia e Silvia. Sala piena, ma la maggior parte dei presenti allora c’era già, giovani pochissimi. Trasmettere la memoria non è facile.

    Licia, una bella sciarpa rossa al collo, voce squillante, ricorda di aver visto il marito vivo l’ultima volta partito da casa per ritirare la tredicesima e poi di averlo reincontrato sul marmo dell’obitorio. Nel frattempo aveva chiamato in Questura lamentando di non essere stata avvisata della morte di Pino e il commissario Calabresi le aveva risposto: “Signora qui abbiamo da fare”.

    In sala il giornalista Piero Scaramucci racconta che Calabresi indagò su Pinelli post-mortem per cercare di trovare almeno un elemento che lo collegasse a qualche bombarolo. “Gli stessi responsabili dell’omicidio di Pino poi iniziarono a parlarne bene un brav’uomo, ma era tutto funzionale a costruire anche il santino di Calabresi” aggiunge Scaramucci.

    Capelli e barbe bianche sul filo dei ricordi. Per riaffermare che Pinelli non ha avuto giustizia, anche se è diventato un santino. Al pari del ‘commissario-finestra’. Lui era il più alto in grado, la stanza dalla quale Pino Pinelli “cadde” era la sua. Ci furono depistaggi e imbrogli, la verità fu nascosta accuratamente per responsabilità degli inquirenti e della politica a cominciare da quello che allora era il più grande partito di opposizione. Gli atti giudiziari di piazza Fontana e dintorni dicono che Pinelli fermato e trattenuto illegalmente per 3 giorni morì di “malore attivo”. Una storia di 44 anni fa… attuale…

    Cucchi, Aldrovandi e tanti altri, vittime delle “forze dell’ordine”, sacrificati sull’altare della “sicurezza” che secondo gli utili idioti non sarebbe nè di destra nè di sinistra (frank cimini)

  • Al Pirellone se mangiano tra loro non è reato…”e io pago”

    Ci sono pranzi e cene “con soggetti ben identificati appartenenti ad altre istituzioni” a metà strada tra le spese di rappresentanza e lo scrocco ai danni della collettività, al pari di acquisti di personal computer e software vari che non è possibile considerare reato a causa sia della mancanza dell’elemento psicologico del reato sia dell’irrisorietà delle somme in questione (la richiesta di archiviazione è consultabile nella sezione Documenti).

    Per questi motivi la procura di Milano ha scremato, distinguendo il grano dal loglio, l’elenco di 92 consiglieri ed ex consiglieri regionali chiedendo al giudice per le indagini preliminari di archiviare l’accusa di peculato a carico di 33 indagati tra i quali Pippo Civati, candidato alla segreteria del Pd battuto da Matteo Renzi e Rosi Mauro, un tempo pasionaria del Carroccio e badante del senatur Umberto Bossi.

    Questo significa che a metà gennaio per gli altri 59 tra cui Chiara Cremonesi di Sel, l’ex capogruppo Pd Luca Gaffuri, Nicole Minetti e Renzo Bossi il pool per i reati contro la pubblica amministrazione chiuderà le indagini in vista della richiesta di rinvio a giudizio.

    Nella richiesta di archiviazione i pm Robledo, Filippini e D’Alessio fotografano come “plausibile la strumentalità rispetto all’esercizio delle funzioni consiliari” ma aggiungono che non ci sarebbe materia per arrivare davanti a un giudice. “La modestia di alcune spese rende l’approccio degli indagati estraneo a quella volontà di approfittamento illecito delle risorse pubbliche” si legge nel documento della procura.

    L’ultima parola spetterà a un gip e considerando che anche per i 33 c’è il rischio di una condanna per danni erariali davanti alla Corte dei conti la decisione di archiviare non è proprio scontata. Il gip potrebbe pensarla diversamente e ordinare l’imputazione coatta.

    L’esiguità delle spese al centro della vicenda avrebbe forse dovuto indurre la procura a iscrivere meno consiglieri nel registro degli indagati, ma ai tempi si era nel pieno della polemica anticasta, non si andava troppo per il sottile e anche i magistrati risentono del contesto in cui operano. (frank cimini)

  • Pena ridotta a Ganzer, non l’unico a uscire male da vicenda grave

    Il generale ora in pensione Giampaolo Ganzer, ex comandante del Ros dei carabinieri, è stato condannato in appello a 4 anni e 11 mesi in relazione a operazioni sotto copertura, irregolari secondo l’accusa che aveva chiesto in primo e secondo grado 27 anni di reclusione per associazione a delinquere traffico di droga, peculato e altri reati. L’associazione era già “caduta” davanti al Tribunale che aveva condannato l’ufficiale a 14 anni. In appello sono state riconosciute le attenuanti generiche che hanno finito per ridimensionare la pena.

    La vicenda invece resta gravissima, perché Ganzer e altri ufficiali e sottufficiali della cosiddetta “Benemerita” utilizzando mezzi e strutture dell’Arma, oltte che trafficanti di stupefacenti professionali, inventavano brillanti operazioni al fine di acquisire meriti e fare carriera. E c’è pure il giallo di una discreta somma di denaro sparita misteriosamente. (altro…)

  • ll bacio in aula tra il pm e l’ex comandante dei carabinieri imputato

    Si sono abbracciati e baciati come due vecchi amici. E vecchi amici sono, perché impegnati per anni sullo stesso fronte, quello della lotta alla droga. Solo che la scena non poteva passare inosservata perché uno è un pubblico ministero, Marcello Musso, e l’altro era un imputato in attesa di una sentenza, e che sentenza.

    Giampaolo Ganzer, l’ex comandante del Ros di Milano, era accusato di avere orchestrato una banda di uomini in divisa  autrice di scorribande  illecite dietro lo schermo delle attività anti – droga.  Prima del verdetto di oggi che ha ridotto la sua pena a 4 anni e undici mesi rispetto ai 14 del primo grado, l’alto ufficiale (ora in pensione) non ha tradito nessuna emozione nei lunghissimi secondi che precedono il fatidico ‘In nome del popolo’.

    Dopo la lettura del dispositivo ha accolto con un largo sorriso le manifestazioni d’affetto e solidarietà dell’amico pm Musso, magistrato noto per il suo rigore e per i suoi successi in ambito di criminalità organizzata.  A volte l’amicizia richiede gesti coraggiosi, che vanno anche oltre gli steccati professionali,  e quello di Musso lo è stato, al di là delle valutazioni sull’opportunità. (manuela d’alessandro)

  • Sciolse un bimbo nell’acido, è lo storico ufficiale della Repubblica

    E’ la fotografia di un Paese, non solo della sua giustizia…. C’è un signore, si fa per dire, che sciolse un bambino nell’acido e che da anni è protetto dallo Stato perché un parlamento di pagliacci istigati dai magistrati approvò una legge sciagurata e incostituzionale…Costui da un’aula bunker sta riscrivendo la storia d’Italia con tutti i mezzi di informazione che gli fanno da megafono, come se avessero a che fare con un oracolo…

    Ovvio che nessuna Corte Costituzionale dirà mai che la legislazione premiale non è congrua con la Carta, per usare un eufemismo. Perché c’è la ragion di Stato. Quelle norme nate per risolvere il problema della sovversione interna, etichettato come “terrorismo” e “anni di piombo”, delegato dalla politica ai magistrati, non possono essere messe in discussione. Il discorso vale per l’intera madre di tutte le emergenze. Basti pensare che Magistratura Democratica, la corrente di “sinistra” delle toghe ha sospeso la presentazione dell’agenda 2014 dopo aver chiesto e ottenuto da Erri De Luca un bellissimo articolo che toccava il nervo scoperto dei vincitori che processano i vinti. Insomma l’agenda 2014 finirà al rogo. Quello è l’unico periodo della storia patria di cui non si può parlare. Nessuna obiezione è possibile.  Affinchè nei tribunali della Repubblica si possa continuare a giudicare le persone non per quello che hanno o avrebbero fatto ma per cosa pensano di ciò che hanno fatto. E allora chi sciolse il bambino nell’acido diventa lo storico ufficiale di un Paese dove la politica iniziò a suicidarsi mettendo nelle mani dei giudici compiti che erano suoi, salvo lamentarsi poi che le toghe hanno troppo potere. (frank cimini)

  • Lerner conduce, va in onda il primo talk show in un Tribunale

    Milano, Italia. “Gad, ma perché ti hanno chiamato?”. “Eh, non lo so, è nota la mia incompetenza in materia giudiziaria”.

    Lerner presenta il primo bilancio sociale – talk show nella storia del Palazzo di Giustizia di Milano e d’Italia, e prima di salire sul palco fa il modesto coi colleghi (sembra sincero). A lui il procuratore Bruti Liberati affida la conduzione dello spettacolo di fine d’anno in cui vengono snocciolati dati a volte pirotecnici (più 60% di reati fiscali rispetto al 2012), emergenze eterne (organici ridotti al lumicino) e nuove (l’Expo dei reati nel 2015) , condite da qualche pillola di auto – celebrazione. Tra il pubblico, magistrati (pochi,  l’avranno approvato tutti questo bilancio?), qualche cancelliere e i soliti cronisti giudiziari, sorpresi per l”inedito show.

    E che sia un vero talk, allora. Arrivano gli ospiti! Quelli scontati (l’avvocato Salvatore Scuto che rappresenta la Camera Penale)  ma anche i jolly, che dovebbero tirare su l’audience: Giuseppe Roma, direttore generale del Censis e Daniela Piana, elegante professoressa in Relazioni Internazionali dall’Università di Bologna.  Cosa accomuna Lerner, Roma e la signora Piana? Che tutti e tre ammettono nei rispettivi interventi di saperne poco o nulla  in tema di giustizia. Si vede che hanno studiato la sera prima, però. Gad conduce da par suo anche se un errorino lo fa, quando si riferisce alla vicenda di un imprenditore che sarebbe stato assolto perché in crisi economica (non ha letto le motivazioni della sentenza). Roma e la prof Piana espongono in modo brillante argomenti che conoscono appena, girandoci attorno con maestria. Tutto fila come in un talk compresa quella sensazione strana quando spegni la tv di avere ascoltato tante parole ma nessuna decisiva. Per fortuna, poi, qui ci sono le sentenze. (manuela d’alessandro)