Toc toc. “Chi è?”, chiede Alfredo Robledo dal suo ufficio. “Amici!”, rispondono i due pubblici ministeri che bussano scambiandosi un sorriso. E la porta si apre. A Palazzo di Giustizia, in questi giorni, va in scena la ‘conta’ di chi sta con chi. Basta mettersi tranquilli un paio d’ore (l’esperimento è stato effettuato da chi scrive stamattina) in un punto qualsiasi del corridoio al quarto piano per godersi frammenti dello sceneggiato ‘Procuropoli’ che vede contrapposti il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto del dipartimento reati contro la pubblica amministrazione Alfredo Robledo. Poco prima in mattinata Bruti era entrato nell’ufficio di Ilda Boccassini, una delle ‘nemiche’ individuate da Robledo nel’esposto al Csm. Visita ricambiata poco più tardi nell’ufficio del capo dalla ‘rossa’, accompagnata dall’altro obiettivo della lettera – denuncia, il capo del pool reati societari Francesco Greco, che sta a Robledo come il gatto al topo o viceversa. E alcuni pm, quando parlano tra loro, sembrano Cassano e Balotelli nelle immagini televisive in Parma – Milan di domenica scorsa, quando si confidavano con le mani davanti alla bocca chissà cosa. Alle quattro del pomeriggo in ‘ Procuropoli’ irrompe l’ospite Paolo Ielo, pm ora di stanza a Roma in visita agli amici milanesi. Viene accolto da baci e abbracci bipartisan, e davanti a lui all’improvviso si manifesta l’indicibile. Bruti Liberati bussa alla porta di Robledo! E qui finisce la puntata perché sono in corso degli arresti nell’ambito di un’indagine coordinata da Robledo che coinvolge gli ex vertici di Infrastrutture Lombarda. Bruti convoca una conferenza stampa. Titoli di coda, per ora. (manuela d’alessandro e roger ferrari)
Blog
-
Lo Stato commemora Guido Galli ma lascia impuniti gli assassini
Il 19 marzo del 1980 il Giudice Guido Galli viene assassinato vicino all’aula 208 della Università Statale di Milano da un commando di Prima Linea composto da Sergio Segio, Maurice Bignami, Franco Albesano e Michele Viscardi. Guido Galli aveva “ereditato” l’indagine sui documenti trovati nel 1978 nella base milanese di Via Negroli di Corrado Alunni, un ex brigatista che era passato all’area milanese della Autonomia cui era collegata Prima Linea, indagine che l’anno prima era costata la vita al Giudice Emilio Alessandrini, assassinato il 29 gennaio e sempre a Milano, da un commando composto da Sergio Segio e Marco Donat Cattin. Evidente dunque la vera ragione di questo barbaro omicidio che nulla aveva a che vedere con quanto “rivendicato” in quel successivo delirante comunicato sulla “magistratura riformista” che giustamente la famiglia Galli dirà poi pubblicamente “di non avere capito”. Lo Stato e la Magistratura ogni anno ne commemorano la sua figura da tutti, amici e colleghi, ricordata come quella di un insigne giurista nonché persona umanamente splendida, ma cosa fecero con quelle persone di quel commando “quello” Stato e “quella” Magistratura dopo quel tragico 19 marzo 1980 ? (altro…)
-
Gli applausi di alcuni pm a Robledo, “qui non c’è democrazia”
Nell’intimità dei singoli uffici, numerosi pubblici ministeri applaudono l’esposto al Csm con cui il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha denunciato irregolarità nell’assegnazione delle inchieste da parte del procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati. “Ha fatto bene! Finalmente qualcuno lo ha detto. Anche se ci sarebbe da dire che anche l’assegnazione dei fascicoli all’interno degli stessi dipartimenti in alcuni casi avviene in violazione della regola dell’automatismo”, dice un magistrato. E un altro: “Sono tutti d’accordo che non ci sia niente di democratico in questa procura. Che questo sia stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica è solo una buona cosa”. E a un carabiniere che si chiede se da parte di Bruti Liberati ci possa essere un rallentamento delle inchieste in vista di Expo, lo stesso pm risponde: “Fa troppo il politico e poco il magistrato”.
Qualcuno comunque contesta almeno i modi scelti da Robledo: “Per me è stata un’iniziativa fuori luogo. Ne potevano parlare prima tra procuratori aggiunti, con eventuali sollecitazioni al rispetto di alcuni principi, visto che l’ufficio ha in ogni caso delle connotazioni gerarchiche”. E tra il personale amministrativo c’è chi afferma: “La verità è che bisognerebbe togliere dalla facciata del palazzo di giustizia il richiamo a Falcone e Borsellino. Fuori c’è chi associa i magistrati a queste due personalità che invece nulla hanno a che fare con questa procura”. Chi nella vicenda coglie un richiamo alla recente requisitoria al processo sulla “clinica degli orrori”, in cui il pm Tiziana Siciliano ha parlato di “megalomania” per descrivere il principale imputato, il chirurgo toracico Pier Paolo Brega Massone, e l’ormai scomparso Francesco Pipitone, l’ex socio unico della Santa Rita : “Si parlava di megalomanie che si sono tragicamente incontrate? Qui si sono scontrate…”. (entrenews)
-
Ecco l’esposto al Csm di Robledo contro Bruti Liberati
Ed eccoci alla resa dei conti. Dopo mesi di sussurri e grida nei corridoi del Palazzo è arrivata la ‘dichiarazione di guerra’ del procuratore aggiunto Alfredo Robledo contro il procuratore Edmondo Bruti Liberati e il capo del pool reati economici Francesco Greco. Giustiziami è in grado di mostrarvi l’esposto mandato al Csm, al Consiglio Giudiziario e alla Procura Generale firmato da Robledo. Lo trovate nella sezione Documenti o cliccando a questo link:
https://giustiziami.prlb.eu/wp-content/uploads/2014/03/CSM4.pdf -
Atti Sea, per 6 mesi la Procura di Milano non ha fatto indagini
Da ottobre del 2011, quando arriva da Firenze la conversazione intercettata tra Vito Gamberale e Mauro Maia sulla gara d’asta per la Sea, a marzo del 2012, in procura a Milano non viene svolto nessun atto di indagine, nonostante dalla parole scambiate tra i due manager sembri subito chiara l’ipotesi di reato, la turbativa d’asta.
Questo emerge dal deposito degli atti a fine inchiesta dove ora la Procura si appresta a chiedere il processo per Gamberale, Maia e l’indiano Sahari Vinod. E’ la storia del fascicolo “dimenticato” che impiega 6 mesi a passare dal dipartimento reati societari a quello dei reati contro la pubblica amministrazione. In definitiva il procuratore aggiunto Alfredo Robledo può iniziare gli accertamenti solo dopo che il fondo F2I di Gamberale ha acquisito la Sea offrendo un solo euro in più rispetto ai 380 milioni della base d’asta. Si indaga quando gli indagati sanno di essere sotto inchiesta e sono in grado di adottare accorgimenti e precauzioni del caso. (altro…)
-
La lunga commozione del pm Pradella al processo S. Rita
Anche i pm si commuovono. E se si spezza la voce a una ‘dura’ che fa questo mestiere da 28 anni, alcuni dei quali trascorsi sotto scorta, e che ha indagato su piazza Fontana e vari terrorismi, forse è giusto spiegare perché. Grazia Pradella ha chiesto, crediamo per la prima volta in Italia, di condannare all’ergastolo due medici per avere ucciso i loro pazienti non per sbaglio ma per rincorrere potere e denaro. Sono Pier Paolo Brega Massone e Fabio Presicci, i due chirurghi dal bisturi disinvolto che operavano alla casa di cura Santa Rita, meglio nota come ‘clinica negli orrori’ (copyright non giornalistico, ma di un intercettato).
Pradella ha pregato i giudici della Corte d’Assise di perdonare la sua commozione e, verso la fine del suo intervento, quando ormai aveva sviscerato per sette ore decine di cartelle cliniche, si è lasciata andare a una lunga ‘appendice personale’ che di rado capita di sentire in un’aula di giustizia. (altro…)
-
Oggi le baby-squillo, una volta i coniugi Mussolini tenevano famiglia
Vizi privati e pubbliche virtù. A Roma un’indagine approfondisce i rapporti tra Mauro Floriani in Mussolini e un paio di baby squillo alla quali l’ex capitano della guardia di finanza aveva telefonato. “Senza avere rapporti con loro”, dice Floriani che tanti anni fa al palazzo di giustizia di Milano era uno che contava nella squadra di polizia giudiziaria agli ordini del sostituto procuratore Antonio Di Pietro, allora uomo simbolo di Mani pulite e dell’intera categoria togata.
Un bel giorno Floriani lasciò la gdf. Per andare dove? A lavorare come manager delle Ferrovie nelle mani di Lorenzo Necci sul quale aveva indagato fino a poche ore prima. La nipote del duce cercò di tagliare la testa al toro delle polemiche riguardanti quantomeno l’ineleganza del passaggio con parole rimaste famose: “Teniamo famiglia”. Amen, insomma, erano tempi duri per criticare tutto quello che girava intorno a Tonino da Montenero di Bisaccia.
Poi saltarono fuori 70 milioni di lire arrivati a Floriani dal banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia, quello che intercettato al telefono diceva a un avvocato: “Di Pietro e Lucibello mi hanno sbancato, si pagò per uscire da Mani pulite”. “Millanterie” deciderà anni dopo un gip di Brescia. E i 70 milioni? La signora nipote ci mise una pezza spiegando che si trattava di un finanziamento per la sua campagna elettorale. Non c’erano riscontri. Ma nessuno approfondì la questione. Intorno a Di Pietro e ai suoi collaboratori la procura di Milano aveva messo il filo spinato. Floriani continuò indisturbato la sua carriera di manager pagato profumatamente e a tenere famiglia. Ora a Roma lo indagano con il sospetto di un vizietto privato per prostituzione minorile. Manco fosse Berlusconi. E di mezzo non c’è la nipote di nessun capo estero. C’è solo la nipote, nu poco ‘ncazzata, di un ex premier nostrano, un altro cavaliere, Benito Mussolini (frank cimini)
-
Madre arrestata per triplice infanticidio
intanto Alfano promette: inseguiremo l’assassinoE’ evidente, ahinoi. Il ministro dell’Interno Alfano non ci legge. Avvisatelo! Angelino, leggi giustiziami.prlb.eu che ti dà le dritte giuste.
Umilmente, per il bene degli investigatori di cui è il capo dicastero ma soprattutto per il suo bene, avevamo già provato a dargli un piccolo consiglio che potremmo sintetizzare così: non commentare, non annunciare, evita i proclami, se le indagini in corso, altrimenti rischi di fare un pasticcio (leggi qui e qui). In questo caso, pasticci da fare non ce n’erano più, ma la figuraccia, quella sì, c’è stata, e si sarebbe potuta evitare.
A Lecco una madre uccide tre figlie piccole, “una tragedia immane” avranno a dire i telegiornali, e in effetti lo è. Una storia orrenda e dolorosa. Succede tutto di mattina presto, la donna uccide le figlie piccolissime, a coltellate, poi si presenta da un vicino sporca di sangue. I carabinieri arrivano immediatamente, com’è logico. La signora viene portata in ospedale perché si è ferita tentando il suicidio dopo il delitto. E lì confesserà davanti agli investigatori e a una giovane sostituto procuratore. Già di primo mattino, le indicazioni ai giornalisti sono chiare: la pista è quella lì, “sarebbe stata” la madre, il perché è tutto da capire ma non c’è altra direzione seria in cui indagare. Certo, il padre delle bambine, anche lui albanese, in un primo momento non si trova. Ma non vive insieme a loro. E infatti si trova in Albania. Cosa che viene presto verificata. Intanto la donna è piantonata in ospedale, i carabinieri aspettano solo che la confessione arrivi. (altro…)
-
Derivati, banche assolte dopo aver “risarcito” il Comune di Milano
La corte d’appello di Milano ha ribaltato con un’assoluzione la sentenza che in primo grado aveva condannato 4 banche estere per truffa ai danni del Comune di Milano in relazione a un’operazione su contratti derivati.
La sentenza arriva dopo che a processo in corso le banche Ubs, Depfa, Deutsche Bank e JPMorgan avevano rinegoziato l’operazione, in cambio della revoca di costituzione di parte civile del Comune, facendo affluire nelle casse dell’ente pubblico 455 milioni. Formalmente non è un risarcimento ma di fatto lo è. Evidentemente gli istituti di credito avevano messo nel conto di poter essere condannate. E così fu in primo grado, un milione di euro di multa e la confisca di 89 milioni. Tutto cancellato oggi dai giudici di appello “perchè il fatto non sussiste”. (altro…)
-
Pm Esposito indagato, sullo sfondo c’è il caso Ruby?
Strana storia quella che coinvolge Ferdinando Esposito, il pm milanese figlio di Antonio, uno dei giudici della Cassazione che nell’agosto 2013 ha confermato la condanna a 4 anni per la vicenda Mediaset a Silvio Berlusconi.
Un avvocato, Michele Morenghi, lo accusa di essersi fatto prestare da lui migliaia di euro e avergliene chiesti altri con insistenza per pagare l’affitto e afferma di averlo accompagnato ad Arcore il 22 maggio 2013. Le carte dell’inchiesta non le conosciamo ma tra le ipotesi che possiamo azzardare è che la Procura sospetti che Esposito si spacciasse come una sorta di ‘talpa’ al Cavaliere e a Minetti, di cui era amico tanto da finire nei guai per una cena con lei, per l’inchiesta Ruby. Stando a quanto scrive oggi il Corriere della Sera, il giovane Esposito sarebbe accusato di concussione per le pretese economiche avanzate nei confronti del legale ma anche di millantato credito, accusa che potrebbe essere spiegata proprio con l’idea ‘talpa’. Morenghi il 10 febbraio scorso è stato anche sentito come testimone da Bruti e da Boccassini che poi hanno spedito le carte a Brescia, competente per i presunti reati dei magistrati. (altro…)
-
“La cella liscia”, un e – book racconta la tortura nelle nostre carceri
“La chiamano “liscia” perché è una cella completamente vuota, senza mobili, senza branda, senza tubi, maniglie o qualsiasi altro oggetto che possa essere utilizzato come appiglio. Fisico e mentale. E’ stretta, buia, ha un odore nauseante e più che a una camera di sicurezza assomiglia a una segreta medievale. Perché – appunto – esattamente di tortura si tratta”.
Arianna Giunti, giornalista del gruppo L’Espresso, racconta questo abisso sconosciuto dove viene rinchiuso chi sgarra, chi si oppone a un ordine o è semplicemente colpito da una crisi di nervi, nell’appassionato e documentato e-book “La cella liscia. Storie di ordinaria ingiustizia nelle carceri italiane”, edito da Informant.
La tortura viene praticata in Italia in quasi tutte le attuali sezioni d’isolamento delle carceri che ancora dispongono di una cella liscia nella quale i detenuti sono costretti anche a fare i bisogni sul pavimento e a convivere con gli scarafaggi. Un giorno Carlo, recluso al Mammagialla di Viterbo per reati di droga, spiega al padre durante un colloquio cos’è la cella liscia. “Al freddo, nudo, su un pavimento che puzza di pipì rancida, ogni tanto entrano degli agenti che ti portano l’acqua. Ti fanno fare dieci piegamenti e ti danno dieci sberle. Ma tu, pur di non restare solo e impazzire, aspetti quei momenti come una cosa bella”. Trasferito poi nel carcere di Monza, alla mamma una sera dice al telefono: “Non arriverò a compiere 30 anni”. Carlo morirà pochi giorni prima del suo compleanno per circostanze che il padre, viste le oscure cartelle cliniche del penitenziario, non è mai riuscito a chiarire.
Non c’è solo la quotidiana violazione dei diritti umani nelle mura carcerarie al centro del libro elettronico ma anche un’indagine, arricchita da storie, che fa emergere l’impossibile ritorno alla vita, e soprattutto al lavoro, fuori dalle sbarre. Chi decide di ricominciare si scontra con un ostacolo insormontabile: il certificato penale immacolato richiesto dai datori di lavoro. Marcello supera in modo brillante un colloquio per diventare promoter in una grande azienda di surgelati. Quando il direttore delle vendite gli chiede di fornirgli il certificato, si spegne il suo sorriso. Racconta una bugia (“Per me sarebbe un lavoro troppo impegnativo”) e se ne va. Nel capitolo “marchiati a fuoco” Giunti mette in fila altre storie simili a questa, abissi umani che lacerano il cuore e ritraggono il carcere italiano come un inferno con divieto perenne di uscita. (manuela d’alessandro)
-
Sea, riemerge fascicolo “scomparso”, chiusa indagine su Gamberale
A volte ritornano. E’ il caso del fascicolo “scomparso” sulla compravendita della Sea, nato dall’arrivo a Milano da Firenze per competenza di una conversazione intercettata tra Vito Gamberale, amministratore delegato del Fondo F21 Sgr spa e Mauro Maia, senior partner dello stesso fondo in cui i due parlavano di gara d’asta su misura per l’acquisizione della società di gestione degli aeroporti di Milano.
Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il processo con l’accusa di turbativa d’asta per Gamberale, Maia e Behari Vinod Sahai, procuratore speciale della società indiana Stei Ltd. Ci sarebbe stato un accordo con l’indiano affinchè questi si astenesse dqal concorrere alla gara ad evidenza pubblica indetta dal Comnune di Milano il 16 novembre del 2011. A Vinod Sahai che accettava la proposta veniva promessa una quota tra il 5 e il 7 per cento delle azioni Sea ad un prezzo pari a quello che sarebbe stato corriposto da F21 in sede di aggiudicazione. Il che avvenne il 16 dicembre 2011 a un prezzo di un euro osuperiore a quello posto a base d’asta, cioè 385.000.01,00. Questo sta scritto nel capo di imputazione. (altro…)
-
Senza più tv straniere (Ruby), via teloni da gabbie e dentro il Notav
E’ l’aula grande della corte d’assise d’appello di Milano, dove le gabbie per i detenuti erano state coperte ai tempi del processo a Berlusconi per il caso Ruby al fine di evitare di mostrare al mondo intero attraverso le tv estere le vergogne medioevali della giustizia italiana. Adesso via i teloni bianchi, le gabbie sono visibili in tutto il loro “splendore” e utili per metterci dentro Mattia Zanotti, uno dei 4 Notav accusati di terrorismo a Torino per il danneggiamento di un compressore e di qualche filo elettrico. Zanotti a Milano viene processato insieme ad altri per i fatti relativi allo sgombero del centro sociale di via Conchetta, gennaio 2009. Resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, recita il capo di imputazione, e rapina di capi di abbigliamento da un negozio di via Torino, da dove però il proprietario sentito a verbale ha detto che non mancava nulla. (altro…)
-
I verbali inediti di Proto, “tutte le mie stupidaggini”
“Non essendo io di famiglia ricca, non avendo contatti importanti, non avendo sostanzialmente niente, la finalità era quella di farmi conoscere, diciamo, dai grandi. E per farlo mandavo comunicazioni false al mercato”. Proto per la prima volta racconta Proto. Spogliato dalla baldanza che gli è valsa, sparandole grosse, addirittura la prima pagina del ‘Financial Times’ come fenomeno emergente della finanza italiana, Alessandro Proto si svela con sincerità nei verbali, finora inediti, consultati da Giustiziami. E ammette le sue colpe, quello che gli sono costate il carcere e una pena pattegiata a tre anni e dieci mesi per aggiotaggio e truffa. Vale la pena ascoltarlo perché la sua parabola dimostra come chiunque dotato di fantasia e spregiudicatezza possa ingannare per mesi i media e il mercato, diventando un autorevole finanziere solo grazie a mail e telefonate spedite agli indirizzi giusti.
“Tutte le comunicazioni al mercato, come l’acquisto di azioni Tod’s o Rcs, dalla prima all’ultima parola sono frutto solo ed esclusivamente della mia stupidaggine – ammette al gip Stefania Donadeo – Quello che contava erano i miei commenti folkloristici, tipo dire ‘i poteri forti non hanno senso di esistere’. Quello che mi viene contestato è tutto giusto. Nel senso che non è mai stato acquistato da parte mia o da parte di investitori a me collegabili nessuna partecipazione da nessuna parte.(…) Se poi, giudice, vuole sapere il perché è stato fatto glielo dico. Non sapevo che fosse di così grave importanza una cosa simile. Cioè nel senso, non pensavo che delle comunicazioni fatte in quel modo avessero un impatto così importante dal punto di vista penale”. (altro…)
-
Abu Omar, lo Stato non poteva permettersi Pollari in carcere
E’ finita con un “non doversi procedere per segreto di Stato” che assomiglia molto a una ragion di Stato, la vicenda dell’imam Abu Omar sequestrato da agenti della Cia aiutati dal Sismi, trasferito in Egitto dove venne torturato e sodomizzato e che vive dal 2003 in una sorta di libertà controllata. Lo ha deciso la Cassazione sulla base della decisione della Corte Costituzionale di accogliere il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da governi di “diverso” colore, Prodi, Berlusconi, Monti e Letta.
Nell’ultima udienza il Pg Aurelio Galasso aveva chiesto la celebrazione di un nuovo processo per valutare elementi di accusa residui dopo la decisione della Consulta. E invece la Suprema Corte ha cancellato le condanne decise dalla Corte d’Appello di Milano, tra cui quella dell’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari a 10 anni di reclusione. (altro…)
-
Angelino, perché le notizie le racconti a metà?
Angelino, perché le notizie le dai per metà? Li avete arrestati da mesi, la Procura sta per chiedere il giudizio immediato e non ci dici l’età, la nazionalità, i nomi o – che dico – almeno le iniziali! E poi spacci l’operazione come roba fresca, convocando una conferenza sul luogo del delitto e facendo per giunta incavolare gli investigatori?
Adesso ci tocca rispiegarla. A gennaio il ministro dell’Interno Alfano convoca frotte di cronisti di nera in via della Spiga. Vuole rivendicare un grande successo investigativo, l’arresto di quattro stranieri che a maggio hanno messo a segno un colpo clamoroso proprio lì, alla gioielleria Franck Muller. In pochi minuti riesce a far incavolare polizia, carabinieri e procura, che avrebbero preferito più cautela nel fornire informazioni dopo mesi di riserbo assoluto. I neristi non è che impazziscano per la storia perché, nonostante Angelino, non riescono a scovare uno straccio di nome, o l’età degli arrestati. Insomma un mezzo spot per il vicepremier, ma anche un mezzo un flop istituzionale. (altro…)
-
Bruti e pm difendono Boccassini dopo le bordate dell’Antimafia
ma qualcosa non tornaTutti in difesa di Ilda Boccassini, perfino chi l’ha attaccata. Il giorno dopo le bordate dell’Antimafia nazionale al pool di pm guidato dalla ‘rossa’ (vedi articolo di ieri su Giustiziami) c’è subbuglio a Palazzo di Giustizia. Sia il il procuratore Bruti Liberati sia i magistrati che lavorano nella squadra di Ilda ribattono con toni irritati alla Direzione Nazionale Antimafia che aveva parlato di “criticità” tra Roma e Milano. E a favore di Ilda, in un tourbillon di comunicati, interviene anche Franco Roberti, numero uno della Direzione Nazionale Antimafia dal cui rapporto annuale erano arrivate i rilievi.
Bruti in una nota sottolinea “la straordinaria rilevanza” delle indagini svolte dal pool Boccassini di cui il Procuratore valorizza il “ruolo di impulso e coordinamento”. I pm che affiancano Boccassini vanno oltre, dopo avere ribadito “stima e fiducia totale” nei suoi confronti: “Respingiamo con forza perché false le notizie ed insinuazioni di presunti contrasti e dissensi interni all’Ufficio, sia tra noi Sostituti che con il Procuratore aggiunto, come altre criticità espresse nella relazione”. Ecco, “criticità”, il termine burocratese contenuto nel rapporto annuale della Dna diffuso ieri per evidenziare lo “scarso flusso di informazioni” sull’asse Milano e Roma, attribuito a una certa reticenza da parte di Boccassini. Nel suo comunicato, senza fare nomi e cognomi (li facciamo noi), Bruti minimizza. Se ci sono stati problemi, asserisce, sono stati superati dopo che il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, ha sostituito il magistrato di collegamento tra la capitale e Milano, Filippo Spiezia, con Anna Canepa. (altro…)
-
L’antimafia nazionale sgrida quella milanese, “non ci da’ informazioni”
Il rimprovero spunta dal fitto elenco di processi e inchieste vittoriosi della Procura di Milano. Una ‘spina’ tra gli elogi che colpisce al cuore il gruppo di magistrati guidati da Ilda Boccassini nella lotta alla criminalità organizzata. In sostanza, nella sua relazione annuale l’Antimafia nazionale accusa quella milanese di passarle poche informazioni e non aiutarla nella sua attività di coordinamento. Come a dire, i ‘fuoriclasse’ della battaglia contro le mafie non fanno gioco di squadra. Nel rapporto vengono evidenziate le ”perduranti criticita’ nelle relazioni con la Dda di Milano, che incidono sull’esercizio delle funzioni di questa Dna”, dovute allo scarso ”flusso informativo” che non permette di ”cogliere tempestivamente e in modo sostanziale i nessi e i collegamenti investigativi tra le altre indagini in corso sul territorio nazionale” che presentano ”profili di collegamento” con quelle in corso nel capoluogo lombardo. Nonostante le disposizioni normative e le ”successive indicazioni contenute nelle circolari e risoluzioni adottate” dal Csm, scrive la Dna, ”l’Ufficio distrettuale di Milano non ha garantito sinora un adeguato flusso informativo in favore della Dna”. Da parte della Dda di Milano, ribadisce la Dna, non c’e’ uno scambio ”idoneo” di informazioni ”per la preclusione posta a conoscere specificatamente gli atti relativi ad indagini in corso e, tanto meno, le richieste cautelari avanzate, essendo state quest’ultime rese conoscibili solo dopo l’esecuzione delle misure” di custodia cautelare. Problemi simili, secondo la Dna, ”riguardano lo scambio informativo all’interno dello stesso ufficio”, perche’ ”le notizie relative alle indagini dei singoli procedimenti non risultano essere patrimonio comune di tutti i magistrati componenti della Dda” milanese.
-
Daccò portato in manette come una bestia all’udienza,
22 anni dopo Mani Pulite c’è ancora bisogno di questo?Parliamo di Daccò per parlare di tutti quelli come lui che ogni giorno scorgiamo nei corridoi del Palazzo. Perché urta il cuore, la ragione e il principio della dignità umana sancito da ogni Costituzione democratica vedere un imputato che non ha nessuna possibilità né di fare del male ad altri né di fuggire essere trascinato in manette, come una bestia, a un’udienza in Tribunale. Pierangelo Daccò, imputato con Roberto Formigoni nella vicenda Maugeri e prima ancora nel processo sul crac del San Raffaele, è un uomo ‘rottamato’ da una lunga detenzione (è in carcere dal 2011), con una condanna a dieci anni alle spalle e per il quale oggi la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio, ritenendolo il tramite tra la Fondazione Maugeri e Roberto Formigoni, in un dedalo di corruzione e favori da cui sbuca l’immagine ormai storica dell’ex Governatore beato a bordo di uno yacht. Reati, se provati, terribili, che distruggono la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Ma Daccò non ha ucciso, non è un violento, è un uomo ormai anziano che sta pagando le sue colpe. Precisiamo: se viene portato in manette non è certo colpa degli agenti penitenziari, ma di un regolamento che forse andrebbe rivisto, reso flessibile rispetto ai singoli detenuti. Oggi ricorre l’anniversario di ‘Mani Pulite’, una stagione che è passata alla storia anche per le immagini in manette di alcuni ‘colletti bianchi’, consegnate al popolo assetato di catarsi. E’ ancora di ‘sangue’ che abbiamo bisogno 22 anni anni dopo, anno ‘zero’ per la corruzione in Italia? (manuela d’alessandro)
-
Giustizia è fatta, ma ora al ‘menestrello’ ridate anche i bonghi
Un comandante di compagnia chiede ai suoi sottoposti di controllare la situazione. Il caso è delicato: davanti al palazzo di Giustizia c’è un “soggetto di sesso maschile che – scriveranno il maresciallo e il carabiniere scelto – urlando e attraverso l’utilizzo di una fisarmonica, séguita a disturbare la quiete pubblica a proferire frasi ingiuriose”. C’è un pm che per fortuna chiede l’archiviazione ma contemporaneamente suggerisce – attenzione – che lo strumento musicale venga distrutto. E un giudice che non solo archivia ma, bontà sua, dispone soprattutto che l’organetto, “di colore rosso, marca Comet”, sia restituito al legittimo proprietario.Anche di questo si deve occupare la giustizia penale milanese. Tutto documentato negli esclusivi documenti pubblicati da Giustiziami.Questa volta è finita bene. Ecco perché, nell’ultima missiva inviata ai migliaia di indirizzi della sua mailing list, il nostro amico Giorgio Dini Ciacci, che in rete si fa conoscere anche come “Indignato Jo”, esultava avvertendo: “In totale restano altri quattro organetti, più vari bongo, tamburi…cartelli…due organetti uno marca Comet, l’altro marca Parrot, entrambi made in Cina, sono in mano ancora ai Carabinieri.Due organetti made in Castelfidardo – uno marca Excelsior, l’altro marca Baffetti modello “saltarelle” – sono in mano ancora alla Polizia Locale di Piazza Beccaria…iniziamo con gli organetti, poi penso di riacquistare la dignità…la salute è stata ormai compromessa”.
Ecco, noi sposiamo l’appello del simpatico menestrello. Il suo Bella Ciao ipnoticamente intonato in largo Marco Biagi è parte dell’orizzonte sonoro del Tribunale. E allora restituitegli tutto. Vogliamo ascoltarlo. Suona ancora, Indignato Jo!
Il giudice ridà la fisarmonica a Dini Ciacci, il ‘menestrello’ del Palazzo
-
Il giudice ridà la fisarmonica a Dini Ciacci, il ‘menestrello’ del Palazzo
Giorgio Dini Ciacci, piaccia o no, per anni è stato la colonna sonora del Palazzo di Giustizia. La sua unica hit, ‘Bella ciao”, riproposta ogni giorno infinite volte, martellava beffarda con la pioggia e col sole chiunque entrasse in Tribunale o avesse la ventura di transitare per Corso di Porta Vittoria. Accovacciato su una sedia davanti all’ingresso principale, il barbuto menestrello, tra una suonata e un Tso e l’altro, riversava insulti su magistrati e giornalisti, con una predilezione per Ilda Boccassini e i cronisti di Mani Pulite.
Finché il 3 settembre dell’anno scorso la musica si è spenta dopo che i carabinieri lo hanno invitato a sloggiare e gli hanno sequestrato l’inseparabile fisarmonica. Ora, con somma gioia, è lo stesso Dini Ciacci ad annunciare in una delle periodiche mail a dir poco boccaccesche inviate a giornalisti e dipendenti del Palazzo che il gip Mannocci, su richiesta del pm Renna, ha archiviato il suo caso disponendo la restituzione dell’organetto al legittimo proprietario “ritenuto che non è possibile ravvisare gli estremi del reato di cui all’articolo 659 c.p. (rumori molesti, ndr) nei casi in cui le emissioni rumorose non superino la normale tollerabilità ed in quelli in cui sia oggettivamente impossibile il disturbo di un numero indeterminato di persone, ma siano offesi solamente soggetti che si trovano in luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori”.
O voi che passate davanti al Palazzo, non dite mai più a Dini Ciacci ‘smettila di suonare sempre la stessa canzone”, non pensate mai più che la sua fisarmonica produca note moleste. La Cassazione, su cui si basa il provvedimento del giudice, gli da’ ragione e se il ritornello è sempre lo stesso chi se ne importa, basta che il volume sia non troppo alto. Mica siamo a Sanremo, qui. (manuela d’alessandro)
-
No Tav, pm e politici uniti per la prima volta nella lotta
Il 14 maggio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e addirittura l’Unione Europea saranno con ogni probabilità parte civile in Corte d’Assise a Torino nel processo con rito immediato contro 4 militanti No Tav che rischiano fino a 30 anni di carcere per un attentato la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013 a un cantiere in Val di Susa. Ci furono danni per 90 mila euro, 80 mila a un compressore 10 mila a cavi elettrici e altro, ma l’accusa parla di tentato omicidio di pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, con finalità di terrorismo e azione idonea a danneggiare l’immagine dell’Italia.
Gli operai indicati come parte offesa dalla Procura e che avrebbero rischiato di morire colpiti dalle molotov si trovavano al momento dell’azione ben 150 metri dentro la galleria. Il dolo eventuale non viene infatti nemmeno contestato formalmente dai pm che lo fanno trasparire dagli atti dove, tra l’altro, vengono elencate tutte le azioni di sabotaggio avvenute negli anni come se fosse possibile addebitarle ai 4 imputati. (altro…)
-
Gli avvocati di Silvio
difesi da ‘comunisti’ e finianiMa se l’avvocato finisce nei guai, chi difende l’avvocato? E se l’avvocato nei guai è anche un politico, per lui ci vuole un avvocato-politico? E se l’avvocato-politico-uomo finisce nei guai per una vicenda che ha molto a che vedere con le donne, non sarà meglio farsi affiancare da un avvocato-politico-donna? Facciamo di meglio: qui ci vuole un grande-avvocato-politico-donna-diideeoppostealletue. (altro…)
-
Dossier illeciti, Tronchetti da’ appuntamento a Cipriani in Tribunale
Il Presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera risponde con una nota alla notizia, riportata due giorni fa da Giustiziami, della querela presentata nei suoi confronti da Emanuele Cipriani, nell’ambito della vicenda sui dossier illeciti fabbricati all’ombra di Telecom. L’ex investigatore privato sostiene di essere stato diffamato dai microfoni del programma ‘Presa Diretta’ dove Tronchetti ha ribadito, in sostanza, che i report venivano confezionati da Cipriani e da una ‘scheggia impazzita’ della Security e non su indicazione dei vertici. (altro…)
-
Da avvocato di Berlusconi a contradaiolo,
la seconda vita del vice – GhediniDa avvocato di Berlusconi, pilastro dello studio padovano Ghedini – Longo, a contradoiolo dell’Oca. A 40 anni tondi, quando la maggior parte dei suoi colleghi inizia a correre, PierSilvio Cipolotti abbandona la toga e infila la curva della ‘decrescita felice’, senza rimpianti. “Non erano tanto i ritmi di lavoro a pesarmi, perché nello studio dove per anni sono stato il ‘numero due’ di Ghedini c’era un grande rispetto per le persone. Molto più difficili da sostenere erano le alte responsabilità e le pressioni anche mediatiche di questi anni”. Dal 2001 Cipolotti ha affiancato gli avvocati – parlamentari Niccolò Ghedini e Piero Longo in tutti i processi del Cavaliere, da Mediaset a Ruby. “Preparavo le udienze, ero il punto di riferimento di Ghedini”. Un lavoro nell’ombra, ma che lo ha provato a tal punto da fargli perdere l’entusiasmo con cui aveva sposato la sua avventura da avvocato. “Già da qualche anno ero stanco e avevo cominciato a pensare a un’alternativa per quando avrei avuto le possibilità economiche di lasciare la professione”. La svolta arriva con un incontro magico. “Io, veneto da generazioni, mi sono innamorato di Siena e ho pensato che avrei desiderato andare a vivere lì nella mia nuova vita”. Nel maggio del 2005 celebra il suo ingresso nella Nobile Contrada dell’Oca col rituale battesimo e lentamente la strada si fa in discesa per affrontare la curva decisiva. Ora, prima che riprenda il carosello giudiziario di Berlusconi, alle prese con nuovi processi e l’inchiesta Ruby ter, Cipolotti scende dalla Ferrari e salta a cavallo. “Che lavoro farò a Siena? Farò il volontario per la mia contrada e ricomincerò a giocare a scacchi e a bridge, le passioni che ho trascurato per tanti anni. In questi anni ho guadagnato abbastanza da potermelo permettere”. (manuela d’alessandro)
Non è l’unico ad aver deciso di mollare la toga per ‘rallentare’. Loro la fuga l’hanno fatta in coppia: doppia-fuga-dalla-toga-laddio-ai-grandi-processi-milanesi-per-un-alberghetto-sul-mare-in-marocco
-
L’investigatore privato querela Tronchetti:
“Macché spia, i dossier li facevo per te”L’esecutore dei dossier fabbricati all’ombra di Telecom, Emanuele Cipriani, querela Marco Tronchetti Provera il quale, in un’intervista andata in onda a ‘Presa diretta’ del 27 gennaio scorso, è tornato a sostenere la sua linea processuale: i report illeciti nascevano da iniziative autonome della security guidata da Giuliano Tavaroli e non su indicazione dei vertici aziendali. I dossieraggi, assicura Tronchetti, rispondevano esclusivamente agli interessi “di spie e ladri”.
Sarà la Procura di Roma a indagare sulla denuncia per diffamazione aggravata presentata nei giorni scorso dall’ex titolare dell’agenzia investigativa ‘Polis d’Istinto’, condannato in primo grado a 5 anni e mezzo di carcere, che si è sentito chiamare in causa sia in quanto autore dei dossier, sia perché nella trasmissione di Riccardo Iacona, Tronchetti ha fatto proprio il suo nome. (altro…)
-
Rubyter, ci sono le riforme a larghe intese,
l’inchiesta è slowNon disturbare il manovratore, anche se è indagato. Il manovratore è impegnato nelle riforme, legge elettorale e persino titolo quinto della Costituzione, e allora l’inchiesta è soft e soprattutto slow. Parliamo di Rubyter, indagine dovuta perché ordinata in sede di motivazione dai giudici di due collegi, Ruby1 e Ruby2, a carico tra gli altri di Berlusconi, dei suoi legali e delle ‘olgettine’ mantenute a 2500 euro al mese per dire il falso in aula secondo l’accusa.
Non s’era mai vista un’indagine per corruzione in atti giudiziari partire senza il sequestro dei conti correnti di chi dà e di chi prende, produttore e consumatore, e senza perquisizioni. Si sa che l’inchiesta c’è, l’ha confermato il capo della procura di Milano in favore di telecamere, ma ‘calma e gesso’. A gennaio 2011 per Ruby1 in sede di indagini preliminari furono subito fuoco e fiamme. Allora il Cav era a Palazzo Chigi, una differenza non da poco e la procura avvertì subito che avrebbe chiesto il processo con rito immediato. Impegno mantenuto. Adesso l’unica eventualità esclusa con certezza è l’immediato. La scelta è quella di andare piano, magari attendere le sentenze di appello di Ruby1 e 2, lasciare che a Roma vadano in porto le riforme per evitare l’accusa di voler interferire con i tempi della politica. (altro…)
-
Arriva il primo carcere privato in Italia, rieducazione a rischio
Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo da “Carte Bollate”, giornale pensato e finanziato dai detenuti del carcere.
È in arrivo a Bolzano il primo carcere privato italiano, figlio del decreto “Salva Italia” del 2012, quello in cui Mario Monti aveva inserito la possibilità di ricorso al project financing per l’edilizia carceraria. In sostanza, grazie a una partnership tra pubblico e privato, lo Stato manterrà la gestione della sicurezza e quindi le spese e le linee di indirizzo per il lavoro di polizia penitenziaria ed educatori, mentre il privato che si aggiudicherà l’appalto si occuperà di tutto il resto, dalla costruzione alla gestione della nuova struttura. Ma non dovrà limitarsi a fornire i servizi per così dire alberghieri: gestirà anche le attività sportive, formative e ricreative. Questo significa che la funzione rieducativa del carcere, prevista dalla nostra Costituzione, sarà regolata da un attento calcolo di costi e ricavi, magari a discapito della qualità. I detenuti potranno anche essere utilizzati dal gestore ad esempio per la cucina, le pulizie e via discorrendo, ovviamente dietro la corresponsione di un’adeguata paga. Le mansioni di sicurezza resteranno appannaggio della polizia penitenziaria e dunque a carico dello Stato, che continuerà ad avere a libro paga un centinaio di poliziotti, il personale amministrativo e gli educatori. (altro…)
-
Kabobo, siamo sicuri che il carcere sia l’unica cura?
La perizia che si dichiarava “non del tutto in disaccordo” con la possibilità che Adam Kabobo, responsabile dell’uccisione di 3 persone che lui non aveva mai visto prima a colpi di piccone, venisse scarcerato a causa delle sue condizioni psichiche non è bastata. I giudici del tribunale del riesame di Milano hanno deciso che almeno per il momento la prigione è l’unica cura per il ghanese affetto da schizofrenia paranoide cronica. La perizia firmata dal medico legale Marco Scaglione si era espressa anche per un possibile ricovero in un ospedale psichiatrico-giudiziario dove Kabobo avrebbe potuto essere sottoposto a “tearpie riabilitative” e comunque sarebbe stato guardato a vista per ragioni di sicurezza, a tutela della incolumità sua e di quella delle persone a contatto con lui. (altro…)
-
La lunga migrazione di Ruby.
Piccolo esercizio di fisica per operatori della giustiziaMeglio del tapis roulant della palestra Downtown, quella frequentata da tanti magistrati milanesi. Fa bruciare più calorie, ma è gratis. E’ la lunga migrazione di Ruby. Il fascicolo, con tutte le carte che serviranno per comporre il quadro dell’inchiesta Ter sul caso della giovane marocchina, sta passando in questi minuti dall’ufficio dell’aggiunto Ilda Boccassini a quello del giovane sostituto Luca Gaglio. Stanze che si trovano quasi agli antipodi della Procura. Invece di trasportare tutto con un bel carrellino di quelli che spesso vedete nelle immagini di repertorio dei tg, l’operazione viene svolta a braccia da un militare della polizia giudiziaria e da una collega volenterosa.
Noi li abbiamo visti fare il percorso, avanti e indietro, almeno 3 volte. Lunghezza per ogni vasca: 200 metri. Per due persone. Assumendo in 5 kg il peso delle carte trasportate da ognuno e in 5 Km/h la velocità media, calcolate:
A) La lunghezza del percorso complessivo svolto dagli ufficiali di Pg.
B) Il tempo impiegato dalla coppia.
C) Il valore fisico del loro lavoro espresso in chilocalorie (Kcal) e Joule (J).
D) Il numero di altri fascicoli che avrebbero potuto trattare nel tempo impiegato se il famoso procuratore aggiunto non avesse chiesto loro il favore di liberare la sua stanza.

I protagonisti del nostro esercizio, fotografati alle ore 17.15 -
A processo gli “evasori” archiviati dal pm Francesco Greco
Ha fatto ‘bingo’ la procura generale di Milano che dalla primavera dell’anno scorso aveva tolto una serie di indagini fiscali a carico di imprenditori dopo che la procura, pm Francesco Greco responsabile del pool reati societari, voleva fossero archiviate per mancanza di elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio.
Il sostituto procuratore generale Gianni Griguolo ha citato direttamente davanti al Tribunale due gruppi di imputati, il primo di 4 e il secondo di 3, per luglio e settembre. Nel primo caso c’è omesso pagamento di Iva per 70mila euro, nel secondo per 193mila euro. Le indagini non erano state fatte. Il procuratore aggiunto Greco aveva chiesto al gip di archiviare. Il gip aveva rigettato l’istanza della procura avviando la procedura che ha portato poi la procura generale, chiamata istituzionalmente a controllare l’operato dei pm, ad avocare e a fare le indagini non eseguite prima. (altro…)
-
Guardare gli uccelli sul lago costa 8 mesi di carcere a Dell’Utri
Non ha potuto emulare il ‘Barone rampante’ di Italo Calvino, quel Cosimo Piovasco che a 12 anni salì su un albero dopo una lite coi genitori per un piatto di lumache e non scese mai più. Marcello Dell’Utri da quella ‘casetta’ inerpicata tra i rami vista lago di Como, costruita nel parco della villa di Torno, è franato in malo modo.
Atterraggio brusco dopo la senteza di primo grado pronunciata dai giudici comaschi, nove mesi di carcere (pena sospesa), mitigati oggi ma di poco dalla Corte d’Appello di Milano. Otto mesi. Tanto è costata la passione per il bird – watching all’ex senatore che era stato denunciato nel 2009 quando il piccolo Comune lacustre scoprì ‘l’intrusa’ nel giardino della dimora, una costruzione da 70 metri quadri, due piani più una torretta. Citato dal pm in primo grado, l’architetto del Comune aveva però contrastato la tesi dell’accusa sostenendo che l’edificio fosse smontabile e anche la Sovrintendeza aveva negato l’esistenza di violazioni paesaggistiche. Più severi di tutti sono stati i giudici di primo e secondo grado che hanno punito Dell’Utri per abusivismo edilizio e alterazione delle bellezze paesaggistiche.
Se Cosimo volle avvicinarsi al cielo per colpa di un piatto di lumache, Dell’Utri quand’ è sceso dalla casetta (in parte demolita su ordine del giudice) si è trovato una scintillante ricompensa. Ventuno milioni di euro scuciti dall’amico Berlusconi per impossessarsi di quella ‘favola’ da trenta locali, campo da tennis e darsena con vista sul blu. (manuela d’alessandro)
-
Ecco le prime immagini di Kabobo
Adam Kabobo, il ghanese accusato di tre omicidi volontari a colpi di piccone, arriva al palazzo di giustizia di Milano. Sono le prime immagini da quando è stato rinchiuso in carcere. Ma la sua condizione psichica, stando al perito nominato dal Tribunale del Riesame, è incompatibile con la permanenza a San Vittore.
Nessuno si scandalizzò molto quando Lele Mora, due anni fa, venne scarcerato e rimesso in piena libertà per ragioni simili: lo “stress psicofisico” dovuto alla permanenza nel reparto ‘colletti bianchi’ di Opera aveva reso impossibile la detenzione dell’agente dei vip. Senso di umanità? Più o meno. Certo, era in carcere per accuse ben diverse da quelle che ricadono su Kabobo. Ma tant’è, una parte dell’opinione pubblica non è disposta a concedere lo stesso trattamento al triplice omicida. Che ovviamente, data la spiccata pericolosità sociale, non finirà certo a piede libero. Il suo destino sarà comunque la custodia cautelare per ora, anche se in un ospedale psichiatrico giudiziario. Anche nel caso di una ipotetica assoluzione per infermità mentale finirebbe comunque in un opg, come misura di sicurezza. In ogni caso, quindi, sarà trattenuto in luogo sicuro per anni e anni. Il resto è polemica.

